mercoledì 24 settembre 2025

SOULREAPERS - "UN NUOVO INIZIO"




FORTI DI UN PRIMO ALBUM INTITOLATO "MELODY OF CHAOS", I SOULREAPERS LASCIANO IL SEGNO IN TERMINI DI AUTENTICITA', PASSIONE E ATTITUDINE. MIKE TARANTINO (EX-NATRON, EX-PENIS LEECH) E GIUSEPPE "BUZZ" NICOLO' (LOSTSOUL STUDIOS, MEMORIES OF A LOST SOUL, DEGENERATED, TRAUMAGAIN, etc.), GLI UNICI DUE MEMBRI COINVOLTI NEL PROGETTO, SI DIMOSTRANO MUSICISTI DI TUTTO RISPETTO, CAPACI DI ELEVARSI AD UN LIVELLO SUPERIORE GRAZIE AD UN'ESPERIENZA ORMAI CONSOLIDATA IN TANTI ANNI DI ATTIVITA', DANDO COSI' PROVA DELLE LORO IMPRESCINDIBILI POTENZIALITA'. IL SUCCITATO DEBUTTO, PUBBLICATO DALLA GREAT DANE RECORDS, GARANTISCE A QUESTA BAND UN POSTO DI RILIEVO NEL CIRCUITO DEL MELODIC DEATH METAL NAZIONALE ED INTERNZIONALE. E' STATO UN VERO PIACERE INTERVISTARE MIKE E GIUSEPPE.

Come siete entrati in contatto e quali sono le ragioni che vi hanno spinto a dare vita al progetto SoulReapers? La creazione di questa band ha avuto una lunga gestazione?


Mike: La storia dei SoulReapers è stata un po' un 'divenire' piuttosto che una lunga gestazione. Io e Giuseppe ci conosciamo e ci stimiamo da tempo, e ci tenevamo in contatto sporadicamente sui social. La scintilla è scoccata quando ho registrato un paio di pezzi per l'ultimo album degli amici Stige. Appena è uscito il videoclip, Giuseppe mi ha contattato per propormi di cantare su un suo brano. Le affinità musicali erano così evidenti che ho accettato subito la sfida. Ho allestito con il suo supporto una piccola postazione di registrazione in casa e, quello che doveva essere un singolo pezzo, si è moltiplicato rapidamente, fino a diventare un intero album. È stata una progressione naturale, un flusso creativo alimentato dall'entusiasmo e dall'amore per la musica.

Come avete lavorato per preparare tutto il materiale racchiuso nel vostro album di debutto “Melody of Chaos”, oltre che per arrangiare ogni singola traccia. Immagino non sia stato facile collaborare a distanza.

Mike: Facile, no, ma incredibilmente divertente. Giuseppe, il 'Buzz', è una vera e propria fucina di idee, un produttore instancabile di melodie potenti e intriganti. Il nostro processo creativo è stato una continua staffetta: lui registrava le basi e le condivideva, e io davo i miei input mentre lui le riarrangiava e le perfezionava. Una volta che la struttura del pezzo era solida, mi dedicavo a immaginare le linee vocali, scrivere i testi e registrarli. La nostra sinergia era talmente forte che la distanza non è mai stata un ostacolo. Ogni passaggio era una condivisione costante di idee e feedback, basata su un rispetto reciproco totale. È proprio grazie a questo flusso di lavoro che il risultato finale, "Melody of Chaos", ha superato ogni nostra aspettativa.

Quanto è stato difficile adeguare il vostro stile (come musicisti) alle esigenze del progetto SoulReapers?

Mike: La cosa incredibile è che non abbiamo incontrato alcuna difficoltà, al contrario. Io e Buzz abbiamo gusti musicali molto ampi e non ci piace vincolarci a un solo genere. Questo approccio aperto è stato fondamentale, perché ci ha permesso di creare musica senza sentirci costretti in schemi predefiniti. Il nostro denominatore comune è la passione per il death metal melodico, e da lì siamo partiti. Buzz, in quanto autore della musica, ha seguito il suo istinto creativo, componendo pezzi che sapeva si sarebbero adattati al mio stile vocale. Io, dal mio punto di vista, ho arricchito il mio growl con nuovi esperimenti, trovando il modo di fonderlo perfettamente con la musica. Il risultato è un sound autentico e originale, che riflette pienamente chi siamo come musicisti.

Molto spesso si dice che le differenze possono creare cose speciali, poiché la valorizzazione della diversità porta a una maggiore creatività. Sei d’accordo con me?

Mike: Assolutamente. Crediamo che le differenze, se gestite con maturità ed elasticità mentale, siano la più grande risorsa creativa. Ci si può chiudere nella propria opinione, rimanendo immobili e bloccando ogni possibilità di crescita. Oppure, si può scegliere la strada del confronto costruttivo. Quando si valorizzano i punti di vista diversi, si innesca un processo che porta non solo alla crescita personale di ogni individuo, ma anche a un risultato finale che va ben oltre ciò che una singola persona avrebbe potuto concepire. Nel nostro caso, questo processo ci ha permesso di creare qualcosa che non avremmo mai potuto realizzare lavorando da soli. "Melody of Chaos" è il risultato di questa sinergia, una fusione di idee e prospettive che ha dato vita a un suono unico, più grande della somma delle singole parti. Questo principio, del resto, vale in ogni ambito: nella musica, come nella vita e nel lavoro.

Quale funzione assumono le voci femminili nell’atmosfera del disco?

Giuseppe: Abbiamo voluto che le voci femminili avessero un ruolo ben preciso, quasi teatrale. La loro funzione è quella di un richiamo angelico che si contrappone al nostro growl, un contrasto tra bene e male, tra ragione e caos. Sono una voce narrante, un'eco che guida l'ascoltatore attraverso i nostri testi, un consigliere che si rivolge all'umanità. Per questo ruolo, abbiamo scelto di collaborare con Annalisa Logoteta, conosciuta come Dysphoria, un'artista dark emergente che ha già dato prova del suo talento con i M.O.A.L.S e nel progetto G.A.E.A. La sua performance ha aggiunto un'ulteriore profondità all'atmosfera del disco.

Qual è il vostro personale background musicale? Presumo che abbiate influenze differenti, a prescindere dalla passione per la musica metal.

Mike: Il mio background affonda le radici nel rock e nel metal, in tutte le loro sfumature. Il primo amore sono stati i Queen, per poi passare al rock melodico di band come gli Europe e i Bon Jovi. Ma la vera svolta è arrivata con 'Keeper of the Seven Keys Part II' degli Helloween, l'album che mi ha 'battezzato' al metal. Da quel momento, ho esplorato ogni sottogenere: dal power all'epic, fino al death, black e symphonic. Nelle mie playlist attuali si possono trovare nomi diversissimi, dai Sentenced ai Cradle of Filth, dai Soen ai Septicflesh e Dark Tranquillity, dai Suffocation ai Falling in Reverse e The Gathering, dai Testament ai Witherfall. Questa vasta gamma di ascolti ci permette di spaziare e di integrare influenze differenti nel nostro sound, a prescindere dalla nostra comune passione per il metal.

Giuseppe: Le mie influenze vanno ben oltre il metal, spaziando dalle colonne sonore di Ryūichi Sakamoto all'elettronica. Credo che questo approccio aperto sia fondamentale per creare un sound originale. Nel death metal, io e Mike abbiamo un forte apprezzamento comune per band come i Carach Angren, i Septicflesh e i Dark Tranquillity. Ma il mio gusto è eclettico, ascolto molto power metal e anche il pop degli anni '80. La combinazione di queste diverse passioni crea una "miscela" unica, che si riflette nel nostro sound.

Mi incuriosisce pensare che tutto il lavoro compositivo sia stato sviluppato da due persone distanti geograficamente, e allo stesso tempo da due musicisti differenti nella propria sensibilità e personalità. In merito a questa considerazione, vi chiedo: quanto del vostro “lato umano” c’è all’interno di “Melody of Chaos”?

Mike: Una domanda fuori dagli schemi, mi piace. Il nostro 'lato umano' è probabilmente l'elemento più presente in "Melody of Chaos". Per me, l'album è stato un modo per rimettermi in gioco e superare una sfida personale che non pensavo di affrontare. Ho dovuto abbattere le barriere del tempo, della logistica e della mia stessa 'voce in pensione', e il confronto continuo con un professionista come Buzz è stato fondamentale. La parte più complessa è stata l'auto-giudizio. Sono estremamente competitivo con me stesso, e questo ha reso difficile ogni fase delle registrazioni. Ho rifatto diverse parti più volte, perché volevo che il risultato fosse il migliore possibile, e decidere di fermarsi nei ritocchi continui non è mai stato semplice. Ma è stata la stesura dei testi a liberare completamente le mie emozioni. Mi sono fatto trasportare dai miei pensieri e dalle mie sensazioni, scrivendo di argomenti che mi toccano profondamente: la famiglia, gli orrori della guerra visti con la sensibilità di un padre, la religione, la giovinezza e il tempo che scorre. È un album che parla di noi, delle nostre vite e dei nostri pensieri.

Giuseppe:
Credo che "Melody of Chaos" sia profondamente intriso del nostro lato umano. L'album racchiude le nostre esperienze più personali, come il pezzo che Mike ha dedicato a suo figlio, o le melodie che io ho composto in un periodo particolarmente buio della mia vita. In quei momenti, la musica è stata la mia ancora di salvezza e ha rappresentato una via d'uscita. È incredibile come ci sia stata da subito una sintonia perfetta sulle tematiche e sulle sonorità. Ho sempre nutrito una profonda stima per Mike, che considero uno dei migliori cantanti delpanorama italiano. Anche io canto, e so bene che in questo ambiente in Italia spesso regnano invidie e rivalità. La sua decisione di fidarsi di me e di accettare di collaborare a un progetto mi ha riempito di orgoglio. È stata una fiducia non solo nel musicista, ma anche nel fonico e produttore emergente che sono. "Melody of Chaos" è il risultato di questa incredibile fiducia reciproca e di una passione che ci ha guidato in ogni fase.

Cosa può rendere speciale una qualsiasi sfida che affrontiamo? Non solo nella musica.

Mike: Quello che può rendere speciale qualsiasi sfida è la volontà di vincerla. L'ostinazione e la caparbietà, ma soprattutto l'amore che mettiamo in ogni singola azione per raggiungere l'obiettivo. Mentre ti rispondo, penso al tuo progetto "The Old Blood" (theoldblood.it) e a quante difficoltà avrai affrontato. Ma l'amore che hai per la musica, il tuo profondo attaccamento alla scena underground, ha reso il risultato finale qualcosa di eccezionale. È la passione a trasformare un ostacolo in un traguardo significativo.

Giuseppe, quali sono stati i tuoi punti di riferimento iniziali per poter partire con la composizione dei brani? Si deve sempre partire da qualcosa. Il tuo lavoro sul disco, come musicista e produttore, è stato incredibile.

Giuseppe: Grazie, Christian, per le tue parole. In realtà, i primi brani dei SoulReapers sono nati dai miei primi esperimenti come produttore, e da allora sono migliorato molto, tanto da lavorare con band internazionali. Il mio punto di partenza è stato un classico riff di death metal svedese, ma il sound ha preso forma in modo molto più chiaro e definito non appena ho sentito la voce di Mike. La sua timbrica e il suo stile sembravano provenire da un incubo, e ho capito che l'album doveva seguire quella stessa direzione. La musica doveva essere un riflesso di sensazioni oscure e inquietanti, ma allo stesso tempo doveva spingere l'ascoltatore a riflettere. Ecco perché il disco suona in questo modo.

In base a quali criteri avete selezionato l’ordine dei brani presenti nella tracklist?

Giuseppe: La tracklist è stata una scelta ponderata, e mi sono affidato a Mike, che ha una grande sensibilità per i testi e la narrazione. L'idea di base era quella di creare una sorta di percorso, strutturando l'album in blocchi tematici e intervallandoli con i brani strumentali di Annalisa. Il primo blocco, da "Terrifying Souls" a "Blood of My Blood", rappresenta il primo, violento impatto con l'orrore. In questa sezione dell'album, la nostra visione si manifesta attraverso brani che affrontano le ingiustizie del mondo, le anime tormentate e tutto ciò che, della nostra realtà, ci tormenta e ci rende inquieti. Vogliamo che l'ascoltatore si senta parte di questa inquietudine. Successivamente, da "Blank Slates" a "Useless Return", la critica alla società si fa ancora più tagliente. L'Outro finale chiude il cerchio, lasciando l'ascoltatore a riflettere su tutto il percorso.

Quali connessioni intercorrono tra la copertina, il titolo dell’album e i tuoi testi?

Mike: Il titolo "Melody of Chaos" racchiude perfettamente l'essenza dell'album. La copertina raffigura un mondo decadente, quasi in rovina, un luogo in cui il caos ha preso il sopravvento. Ma in questa disperazione c'è un elemento di speranza, una melodia armonica che rappresenta la capacità dell'uomo di trovare un senso nonostante tutto. I testi sono la lente d'ingrandimento su questa condizione. Esplorano le debolezze e i limiti dell'essere umano, ma anche la sua forza interiore. Affronto temi come la malinconia nell’accettare la caducità della vita, la ricerca di uno scopo, il ruolo della religione e la perseveranza di fronte alle difficoltà. È un percorso che descrive la vita in tutte le sue sfide, ma con un messaggio di fondo: anche nel caos più profondo, è possibile creare la propria melodia.

A livello lirico, mi è piaciuto molto il tuo approccio vocale. Il tuo modo di cantare ha sempre messo in luce delle doti incredibili, mi riferisco alla versatilità, all’estensione, alla potenza espressiva. Ma ascoltando attentamente la musica dei SoulReapers, ho anche notato una certa evoluzione nella tua performance, senza perdere la timbrica che ha sempre contraddistinto il tuo stile, assolutamente riconoscibile. Pensi che queste novità siano il frutto della tua esperienza accumulata nel tempo oppure è stato un desiderio per sperimentare qualcosa di leggermente diverso?

Mike: Credo che si tratti di un mix tra esperienza e la voglia di sperimentare. Il mio percorso musicale si è sempre sviluppato nel brutal death metal, dove sono cresciuto e mi sono fatto le ossa con musicisti eccezionali. Ho avuto modo di fare piccoli esperimenti, come nell'album "Bedtime for Mercy" con i Natron, ma sempre restando all'interno dei confini di quel genere, che continuo a stimare profondamente. Adattare la mia voce al death metal melodico non è stato semplice. L'approccio di base è rimasto 'brutal', ma ho potuto espandere le linee vocali, seguire le melodie e giocare con timbriche diverse. L'album è stato un vero e proprio laboratorio: ho sperimentato tanto, e molte prove sono state scartate perché le ritenevo ancora acerbe. Continuo a sondare le potenzialità della mia voce, e una delle sfide che ho ancora da superare è quella di bilanciare la quantità di testo con la performance vocale, senza che uno limiti l'altra.

Cosa ti ha spinto a tornare in attività con un nuovo progetto musicale? Te lo chiedo perché sono trascorsi più di vent’anni dall’esperienza come cantante nei Natron. Forse non tutti sanno che sono tre gli album dei Natron che ti hanno visto coinvolto alla voce, se non erro dal 1999 al 2004 (correggimi se sbaglio l’arco temporale), tenendo sempre in considerazione la tua primissima attività come frontman dei Penis Leech alla metà degli anni ’90. Sei stato fermo a lungo a parte qualche collaborazione saltuaria.

Mike: Mi permetto di correggerti sull'arco temporale: la mia esperienza con i Natron è andata dal 1997 al 2006, anno in cui ho ufficialmente messo da parte la vita da musicista. Hai ragione, a parte qualche piccola collaborazione, come un paio di live con i Mutala e alcune registrazioni con i Godyva e, più recentemente, con gli Stige, il silenzio è stato quasi totale. Il motivo di questo lungo stop è semplice: quel tipo di vita, con le prove continue e i tour, è molto difficile da conciliare con la vita lavorativa e, soprattutto, con una famiglia. Nonostante ciò, non ho mai perso il contatto con la scena e con il pubblico, e ricevere ancora a distanza di anni messaggi di stima e affetto mi ha sempre scaldato il cuore e mi ha lasciato una forte nostalgia di quel periodo. La vera svolta è arrivata quando Buzz mi ha contattato. Mi ha fatto riflettere su come la tecnologia abbia cambiato le regole del gioco negli ultimi vent'anni. Ho capito che non era più necessario vivere in sala prove o in studio per ore e ore, ma che con un piccolo investimento e una postazione casalinga si potevano ottenere risultati professionali. Per me si è aperto un mondo completamente nuovo, che mi permetteva di conciliare la passione per la musica con i miei impegni familiari e lavorativi. E poi c'è stata l'incredibile affinità artistica con lui. Ho subito capito che non si trattava solo di un progetto, ma di una vera e propria collaborazione creativa. Ti faccio un esempio: quando gli ho chiesto di scrivere una sorta di "ballad death metal" (un'idea che avevo da tempo) lui ha accolto la proposta con entusiasmo e ha esaudito il mio desiderio, creando quella che poi sarebbe diventata "Testament of Madness". È proprio questa sintonia che ha reso possibile il mio ritorno e che ha dato vita ai SoulReaperS.

In cosa ti ha cambiato il fatto di essere diventato padre? Pensi che l’amore e l’energia della tua famiglia ti abbia influenzato in qualche modo per quanto fatto per i SoulReapers? Musicalmente, liricamente e umanamente.


Mike: Diventare padre è stata l'esperienza più bella della mia vita, e l'energia che la mia famiglia mi dà è stata fondamentale per questo progetto. Pensa solo alla soddisfazione di condividere la passione per la musica con mio figlio: guardare film, ascoltare band, e vederlo entusiasta al concerto degli Iron Maiden a Padova. E la cosa non finisce qui, visto che a novembre andremo insieme al concerto degli Helloween. Avere una moglie che mi supporta e mi incoraggia in questa avventura è altrettanto stimolante. Tutto questo affetto e questo supporto mi hanno dato la spinta per immergermi completamente nella creazione dell'album. L'influenza più profonda, però, è stata a livello lirico e umano. Ho voluto scrivere un brano, "Blood of My Blood", interamente dedicato a mio figlio, e questo dimostra quanto la mia vita personale sia intrecciata con la musica dei SoulReapers. Nel testo ho voluto esprimere l'amore incondizionato che provo per lui, e il desiderio di essere una guida, una presenza stabile che lo protegga dalle inevitabili difficoltà della vita. Ma so anche che il mio ruolo non durerà per sempre. Arriverà il momento in cui dovrà camminare da solo e affrontare il mondo, con le sue cadute e le sue vittorie. Scrivere di questi sentimenti, così intimi e potenti, ha dato una profondità completamente nuova ai miei testi e alla mia performance vocale.

I gruppi underground italiani faticano tantissimo per trovare spazio sulle maggiori riviste o webzine del settore, mi riferisco soprattutto al circuito metal, il settore musicale che vede coinvolti anche i SoulReapers. Pensi che questo sia penalizzante? Cosa dovrebbe cambiare per il futuro?

Mike: La cosa che mi ha sempre affascinato del metal è la sua libertà e spontaneità, un legame implicito che unisce i suoi 'adepti' in tutto il mondo. Il metal che ho conosciuto io, quello dei flyers e delle zine stampate con amore, era un mondo libero e autentico. E la bellezza di questa cultura, fatta di condivisione e supporto reciproco, la vedo ancora oggi, ad esempio quando ti scambi un cenno di intesa con un altro fan solo per la maglietta che indossi. Tuttavia, ho notato che questa spontaneità si è persa a livello mediatico. Ho avuto la delusione di constatare che, pur con la facilità di comunicazione offerta dalla tecnologia, il supporto all'underground sembra essere svanito. Non si tratta di mancanza di tempo, dato che ora è tutto più veloce e meno costoso, ma di una diversa filosofia. Recensioni e interviste sembrano essere riservate quasi esclusivamente a band con un'etichetta importante alle spalle. Non ho elementi per parlare di business o speculazione, ma la mia esperienza personale mi porta a riflettere su questa tendenza. Ne ho avuto la prova diretta con i SoulReaperS. Visto che la nostra etichetta si occupa principalmente della distribuzione europea, ho voluto cercare dei feedback anche in Italia. Ho inviato il nostro kit a una ventina di webzine e testate, ma il risultato è stato un silenzio assoluto. Non un 'grazie, siamo pieni', né un 'ci vorranno mesi per la recensione'. Niente. Zero. Un tempo, la passione per la musica spingeva chiunque a recensire il più possibile. Ora, sembra che quell'approccio sia stato sostituito da un'attenzione selettiva che esclude a priori chi non ha un certo tipo di supporto. Per il futuro, non so cosa debba cambiare. Forse, come ho dovuto fare io, anche chi lavora nei media ha le proprie sfide e una vita da portare avanti, e magari si dedica alla musica solo se c'è un ritorno economico. Ma ho la sensazione che la vera passione, quella che muoveva le zine di un tempo, sia un'eccezione, e non la regola. E in questo senso, ti dico che tu, con il tuo lavoro e il tuo progetto 'Son of Flies', sei una mosca bianca.

La vostra intenzione è di andare avanti come duo?

Mike:
Sì, siamo già al lavoro. Neanche il tempo di finire di registrare “Melody of Chaos”, che Giuseppe ha già iniziato ad inviare del nuovo materiale. Siamo già a quota quattro brani.

Quali sono i 10 dischi che portereste con voi su un'isola deserta?


Mike: Queen "Queen II" (1974), Queen "Innuendo" (1991), Death "Symbolic" (1995), Sentenced "The Funeral Album" (2005), Dark Tranquillity "The Gallery" (1995), Cradle of Filth "Cruelty and the Beast" (1998), Helloween "Keeper of the Seven Keys II" (1988), Natron "Bedtime for Mercy" (2000), The Gathering "Nighttime Birds" (1997), Suffocation "Pierced From Within" (1995).

Giuseppe:
At the Gates "Slaughter of the Soul" (1995), Dark Tranquillity "The Gallery" (1995), Paradise Lost "Icon" (1993), Fear Factory "Demanufacture" (1995), The Cure "Disintegration" (1989), Natron "Negative Prevails" (1999), Memories of a Lost Soul "Empty Sphere Requiem" (2014), Opeth "Ghost Reveries" (2005), Amorphis "Elegy" (1996), Naglfar "Diabolical" (1998).

Bellissima intervista. Grazie per la disponibilità. Lascio a voi le conclusioni.

Mike: Grazie mille per l’opportunità. Può sembrare banale e scontata come frase, ma lo penso veramente. Grazie anche per il tuo prezioso contributo che dai da decenni all’underground: servirebbe molta più gente come te nel circuito! Inoltre un invito a chi sta leggendo questa intervista: se non ci avete mai sentiti prima ma il melodic death metal è la vostra passione, vi invitiamo a scoprire il nostro album "Melody of Chaos". Ascoltatelo attentamente, cogliete ogni sfumatura, leggete i testi e lasciatevi trasportare nel nostro mondo. Dopodiché, fateci sapere la vostra opinione. Per noi ogni feedback sincero è un'occasione di crescita.

Pagine Ufficiali: 

SOULREAPERS line-up:
Mike Tarantino - Voce, testi
Giuseppe "Buzz" Nicolò - Polistrumentista

Recensione: