domenica 28 febbraio 2021

MOONSPELL "Hermitage" - Napalm Records





Come le precedenti opere dei MOONSPELL, "Hermitage" non si ferma all'inconfondibile trademark dei Nostri, ma analizza anche la dimensione nella quale vive la nuova proposta della band portoghese guidata dal frontman Fernando Ribeiro, scandagliandone gli aspetti sonori e concettuali. Va detto che nella line-up sono ancora coinvolti tre membri storici (Pedro Paixão, Ricardo Amorim, e il già citato Ribeiro) del gruppo proveniente da Brandoa, Lisbona. I Moonspell, forti di una carriera che dura fin dal lontano 1992, sanno bene come raccontare una storia con passione. Attraverso un contesto di immanente imprevedibilità, l'ascoltatore viene trascinato nel suo stesso destino incerto, nelle sue paure, nei suoi dubbi e persino nelle sue palesi debolezze. Si evidenziano tutti i nuovi punti cardine della loro naturale evoluzione, di diversa natura, che lasciano largo spazio alla caratterizzazione di un'altra fonte di luce bruciante. Scopriamo così un inedito livello di complicità tra la parte più emotiva e quella più aggressiva del quintetto, in modo da dare un maggior tocco di eccentricità ed eleganza ai contenuti delle canzoni. La band ha deciso di intraprendere una strada un po' diversa rispetto a quella percorsa con "1755", uscito nel Novembre del 2017. Nondimeno è altrettanto importante aggiungere che, è diverso tutto ciò che viene visto e considerato tale, pertanto può essere allontanato da quanto fatto in precedenza: è l'unico modo per avere una buona possibilità di iniziare a trattare qualcosa di insolito e indurre altre sensazioni ed emozioni. Quella dei Moonspell è una trasparenza contagiosa spesso al servizio della loro singolare espressività, a cui piace osare nella tragicità. "Hermitage" rivela un impatto poetico ammirevole e conferma la grande abilità narrativa di questi veterani. Il gruppo compie così un’ulteriore scelta vincente. Se non lo avete ancora acquistato, affrettatevi a recuperare la vostra copia. Unici, maestosi, immensi Moonspell.

Contatti: 
instagram.com/moonspellofficial 

Songs:
The Greater Good, Common Prayers, All or Nothing, Hermitage, Entitlement, Solitarian, The Hermit Saints, Apophthegmata, Without Rule, City Quitter






mercoledì 24 febbraio 2021

AGE OF WOE "Envenom" - Lifeforce Records





"Envenom" ci mostra gli svedesi AGE OF WOE alle prese con un sound ricco ed energico, ma anche decisamente dinamico e particolare nell'impostazione ritmica. E trovo in qualche modo ammirevole come questi cinque musicisti abbiano raggiunto il giusto compromesso tra violenza, ricercatezza e immediatezza. Questo terzo disco in studio è perciò la perfetta combinazione tra la passione per il sound roccioso groovy e la crudezza emotiva di alcuni influssi blackened crust-punk/hardcore, un mix di elementi in grado di costruire un vero e proprio ponte fra i generi, riuscendo così ad estrapolare numerose idee da entrambe le parti ma rimanendo sempre nel mezzo di un impianto compositivo mai troppo derivativo. E' una band frizzante e arcigna, ben coesa e affiatata, che mostra la consueta cura certosina in fase di composizione e arrangiamento dei brani, con riff e melodie ispirate, e contrappunti sonori decisamente incisivi e oltre la media. Nella sua interezza è un disco che funziona bene anche nei suoi passaggi meno spinti e che non può non piacere a chiunque apprezzi le sonorità estreme più elastiche e versatili, come tutte quelle strutture metalliche ricche di atmosfere cupe e corrosive. E' un ritorno sulle scene capace di rinverdire lo stile degli Age Of Woe, centrifugando nuove sfumature, una voce convincente ed espressiva, riff in continua evoluzione e ritmiche variegate e pulsanti: tutto suona senza limiti e con la massima libertà, a sviluppare una certa vena progressiva che non lascia indifferenti. C'è abbastanza qualità per considerarlo un'efficace conferma di un gruppo formato da gente esperta e consigliarlo al nutrito pubblico di sostenitori dell'inossidabile scuola scandinava. Decisiva l'aggiunta di Keijo Niinimaa (Rotten Sound, Morbid Evils, Goatburner), qui impegnato alla chitarra. Complimenti Age of Woe.

Contatti: 
instagram.com/ageofwoe

Songs:
Inferno, Ghosts Who Hunt Alone, Förpestningen, Patriarch, A Feral Swarm, Avgrunden, The Twilight and the Dawn, Storm, Förbittringen, Envenom, Ljungeld




domenica 21 febbraio 2021

STEVEN WILSON "The Future Bites" - Caroline International | Arts & Crafts





Forte di una violenta e tangibile carica simbolica, "The Future Bites" si sviluppa attraverso una proposta matura e ricca di dettagli, di metafore, di suggestioni sonore, di forti contrasti che trovano la loro ragion d'essere in uno scenario intriso di veridicità. Con la sua grande attenzione e maestria, l'artista inglese STEVEN WILSON riesce ancora una volta a cogliere le perturbazioni di un'umanità alle prese con il peso delle proprie azioni (belle o brutte che siano) e delle proprie omissioni, al fine di mettere in evidenza altre problematiche più serie per le quali si subiscono continue e intollerabili sopraffazioni. Il nuovo album deve molto del suo effetto all'uso maniacale delle parole e delle sonorità elettroniche (e non solo quelle). La creatività, insomma, non è soltanto la chiave di volta per il cammino della sua identità, ma anche la via di fuga per l’estrema rivitalizzazione di una sensibilità affamata e mai doma, che è senz’altro assai ambiziosa. E inoltre, a proposito delle nuove geometrie e sperimentazioni, spunta anche un po’ del suo incredibile passato (Porcupine Tree), e tanto altro, nella ricetta adottata per mettere alla prova i propri "esigenti" ascoltatori. Quel che è chiaro è che si tratta di un disco giunto per colpire nel segno, diventando così oggetto di certe riflessioni, non macchinoso, non sofisticato; non c’è, non sembra esserci, perlomeno, provocazione preconfezionata, nella volontà di andare oltre i soliti stilemi contemporanei, eppure emerge un'attenta ricerca sonora pronta a stupire anche i più scettici. Poi, il significato del titolo è lampante: il futuro morde. Se "The Future Bites" continua ad essere considerato una delle uscite discografiche più significative degli ultimi due mesi, il merito va dato alle intuizioni del suo inquieto e camaleontico creatore. Perché avere particolari intuizioni, dunque, significa mettere in luce ciò che è nascosto, qualcosa che non era di per sé evidente. Sebbene le mie considerazioni siano complessivamente positive va rimarcato come non sia un album adatto a tutti i palati. Steven Wilson: autentico genio, anarchico e rivoluzionario.

Contatti: 

Songs:
Unself, Self, King Ghost, 12 Things I Forgot, Eminent Sleaze, Man Of The People, Personal Shopper, Follower, Count Of Unease




domenica 14 febbraio 2021

URSCHMERZ "Death Hypnosis" - Malignant Records





La condizione di isolamento di un individuo non ha bisogno di cercare a tutti i costi un ambiente confortevole in cui stare, e questo è un elemento centrale nell’impostazione delle tonalità fosche e ostili di URSCHMERZ. Come era già accaduto per le precedenti uscite, il nuovo album "Death Hypnosis" segue una traiettoria immersa nell'oscurità, perciò non si lascia condizionare dai sentimenti benevoli, non a caso, il compositore tedesco rifiuta la stessa vita poiché accetta la morte per veicolare la propria creatività. L'andamento del disco gravita tra dark ambient e death industrial, tra noise e power electronics, per conferire alle sei tracce un resistente senso di negatività. Il suo modus operandi inizia e finisce dentro un tormento lento e persistente, così da amplificare l'impatto ipnotico ed elevare un messaggio disturbante e autentico. Urschmerz deforma ogni sua intuizione per abbattere le barriere di filo spinato impiantate ai confini della carne, pertanto avere la possibilità di osservare da vicino la tragedia dell'umanità, spingendosi oltre la decadenza dall'azione terrena. Qui la volontà genitrice di tutti gli orrori è l'utero della suggestione e della minaccia. "Death Hypnosis" rende il nostro mondo un incubo, aggredendo la nostra mente in maniera insidiosa. E' inutile cercare rifugio dietro le quinte dell'esisitenza.

Contatti: 
instagram.com/malignant_records

Songs:
Phase I, Phase II, Phase III, Phase IV, Phase V, Phase VI


giovedì 11 febbraio 2021

KAMMARHEIT "Thronal" - Cyclic Law





"Thronal" è una specie di lente d'ingrandimento, fissa sulle diverse sfacettature della psiche umana che, latenti o dormienti, influenzano lo scorrere del tempo scandito da un orologio immaginario. Ci troviamo immersi in una dimensione monocromatica in cui KAMMARHEIT riversa tutte le sue emozioni più recondite, trasformando quel suo mondo interiore in un incubo sonoro a cielo aperto. Il compositore svedese Pär Boström ci porta così nelle profondità della sua mente, nei suoi pensieri e nelle sue cicliche visioni astratte, in tutto quello che prova come artista e che per mezzo di un'inesauribile creatività riesce ad esternare solo mediante l'utilizzo di certe sonorità. Qui si parla di uno storico progetto musicale capace di unire dark ambient e drone in maniera impeccabile: un approfondito compendio per gli appassionati del genere. "Thronal", il quarto album licenziato ancora una volta dalla Cyclic Law, apre i cancelli ferrati destinati a condurre ad una realtà parallela alla nostra, da osservare e vivere con la consapevolezza di assistere ad uno spettacolo unico e catartico. E, da un luogo sconosciuto, arriva sempre qualcosa di misterioso o spaventoso. Sorprendente per ambientazioni ed effetti sonori, inquietante nella resa sempre famelica. I dischi dark ambient, come quelli martial industrial, rappresentano metafore dell'esistenza umana volte alla disgregazione, dove l'intelligenza razionale osserva solo sequenze fugaci e sceglie le più efficaci per la sopravvivenza. L'intenzione è chiaramente quella di far viaggiare la mente e il corpo, il che è sempre l'obiettivo principale di ogni opera d'arte che si rispetti. Kammarheit, attivo da vent'anni nella ascena ambientale, è in grado di sorprendere album dopo album. Questa è l'unica verità che resta.

Contatti: 
cycliclaw.com 

Songs:
Iron Bloodstream, Before It Was Known As Sleep, Carving The Coordinates, The Two Houses, Now Golden Now Dark, In The Dreamer's Fields, Abandonment And Connection, The Magnetic Throne


lunedì 8 febbraio 2021

SOEN "Imperial" - Silver Lining Music





Passo dopo passo gli svedesi SOEN sono cresciuti fino a diventare una delle più importanti band europee attualmente in circolazione. Una crescita graduale che li ha portati a spaziare tra generi musicali diversi, dal metal, al progressive, fino ad arrivare alle sonorità moderne del rock, e tutto questo dopo dieci anni di attività e cinque album in studio. Stiamo parlando di musicisti dall'elevata sensibilità e con una conoscenza musicale molto vasta: due binari fondamentali per proseguire nel proprio percorso artistico e dare un tocco fascinoso in più alla musica. Accattivante e mai verboso, "Imperial" delinea con intensità le visioni di una poetica in perenne mutamento che trasmette una bella carica di adrenalina e vigore a componenti sonore in grado di inebriare con le giuste dosi di potenza ed energia, fino ad ondeggiare e girare velocemente su se stesso, per poi sfociare nella dimensione refrattaria in cui è coinvolto attivamente. La spontaneità dei Soen accompagna l'ascoltatore verso un canone del bello che non si stacca mai dall'alto impatto emotivo, restando bene ancorato alla realtà "vera". Il gioco di colori è, a parere di chi scrive, solo una delle peculiarità di quello che è il maggiore punto di forza della formazione scandinava. Il sound dei Soen si fa ancora più urgente ma anche più melodio e accessibile rispetto a quanto fatto vedere agli inizi di carriera, trovando comunque il giusto equilibrio fra espressività, maturità compositiva e concretezza. È tutto orientato verso ciò che potremo ascoltare nel prossimo sesto capitolo. "Imperial" è sospeso in una zona resiliente dove la densità del buio viene contrastata con il lato oscuro della luce. Un lavoro vitale, intimo e attraente, che sarà apprezzato dai fan più open-minded ed attenti all'andamento del mercato progressive metal odierno. Prodotto da Iñaki Marconi e mixato da Kane Churko (Ozzy Osbourne, Rob Zombie, Bob Dylan).

Contatti: 
twitter.com/soenmusic 

Songs:
Lumerian, Deceiver, Monarch, Illusion, Antagonist, Modesty, Dissident, Fortune






sabato 6 febbraio 2021

TORTURE RACK "Pit of Limbs" - Extremely Rotten Productions | Parasitic Records | Headsplit Records





In un crescendo di sangue, corpi putrescenti e malsane ritorsioni, solo dei deathster come gli americani TORTURE RACK potevano esprimere un impeto violento così efferato. "Pit of Limbs" rispecchia appieno la chiave di lettura di un determinato filone sonoro identificato con l'etichetta "goregrind/death metal", o semplicemente "gore metal". C'è grande attenzione per ogni dettaglio morboso, facendo riferimento al truculento rifframa a motosega ma anche alla sezione ritmica incalzante, tant'é che la band di Portland non lesina affatto in budella e interiora nauseabonde, e in tutto questo orrore, la timbrica squilibrata di Jason gioca un ruolo fondamentale nella riuscita del lavoro. Per i Torture Rack, giunti all'EP in questione dopo la pubblicazione di un demo tape e due full-length album, il death metal è soprattutto visione disturbante, perversione e sadismo, furia cieca e incontrollata in uno spaccato degli anni '90, dove la passione per la veemenza esecutiva viene soddisfatta attraverso il macabro rituale della tortura. Conta solo il dolore, perché l'unico obiettivo è spingersi oltre l'oscurità. Una release breve ma di un'intensità pazzesca, certamente imprenscindibile per chi naviga nelle acque insanguinate del panorama gore più sconvolgente. Torture Rack: autenticamente spietati e completamente fuori controllo. Prendere o lasciare, questo è quanto. E' disponibile in Europa via Extremely Rotten Productions, in America tramite Parasitic Records/Headsplit Records.

Contatti: 
headsplitrecords.storenvy.com 

Songs:
Cadaver Cum, Stairway to the Stench, Desperate Shriek of the Writhing Limbless Freak, Lord of the Massgrave


giovedì 4 febbraio 2021

TRIBULATION "Where The Gloom Becomes Sound" - Century Media Records





Ammaliante nell'atmosfera e nell'assoluta imprevedibilità, affilato come le lame usate da Jack lo Squartatore, "Where The Gloom Becomes Sound" è un album che mette in mostra diversi punti di forza: su tutti, un riffing di chitarra eclettico e molto più arioso, e una ricerca del diverso che costruisce un songwriting di facile ascolto (se così si può dire), ma che non risulta mai accessibile, grazie a una concatenazione di elementi dinamici e strutturalmente straripanti, levigati da una produzione a dir poco "raffinata". Un'evoluzione costante quella dei TRIBULATION, messa al servizio di album stimolanti e al contempo poco accomodanti (gli ultimi tre, per l'esattezza), elevati da una brillantezza di caratura superiore che ha dato loro la possibilità di cambiare pelle in maniera coraggiosa e graduale: passati da demoniaci deathster purosangue a creatura licantropa vestita di classic heavy metal, progressive gothic rock. La musica composta dal quartetto svedese è pregna di una innata incisività psicologica che non lascia assolutamente indifferenti, e pone in primo piano molteplici spunti di riflessione per chiunque decida di ascoltarli con una certa predisposizione mentale. Strumentalmente la visione dei Tribulation, che dipinge una nuova tela cupa e misteriosa (soprattutto per quanto riguarda le sequenze visionarie allestite nelle dieci canzoni), è pregna di un oscuro magnetismo, utilizzato per "demarcare" ogni passaggio, anche i momenti più aggressivi manipolati dalla timbrica spettrale del cantante/bassista Johannes Andersson, portando la suspense ad altissimi livelli. I Nostri sono gli unici e indiscutibili padroni di una dimensione "singolare", ampliata da sconfinate e mutevoli sfaccettature. Artisti con la A maiuscola, esperti nel calibrare competenza in materia e abilità negli arrangiamenti. Il maestoso "Where The Gloom Becomes Sound" lascia col fiato sospeso fino agli ultimi minuti ed ha come punto di forza un'ambientazione nebbiosa di raro fascino, spesso rischiarata dall'attenuata luce di antiche lampade a petrolio. E' un ritorno discografico ipnotico e avvolgente, completo ed efficace, pur vivendo di evidenti riferimenti agli anni '80/'90. I Tribulation non deludono mai.

Contatti: 
instagram.com/tribulation_official

Songs:

In Remembrance, Hour of the Wolf, Leviathans, Dirge of a Dying Soul, Lethe, Daughter of the Djinn, Elementals, Inanna, Funeral Pyre, The Wilderness




martedì 2 febbraio 2021

ASPHYX "Necroceros" - Century Media Records





Bisogna ammettere una cosa sui deathster ASPHYX: la storica band guidata dal frontman Martin van Drunen prosegue per la sua strada lungo i sentieri del death/doom metal, cercando ogni volta di esprimere qualcosa di diverso, pur restando legatissimi al proprio trademark sonoro immediatamente riconoscibile. Ma in "Necroceros" vince ciò che non ti aspetti. Non temete però, il gruppo olandese non si è snaturato, ha solo deciso di non affondare sull'acceleratore, aprendosi così ad un'espressività un po' più ragionata, eppure ben definita e sempre galoppante. E poco importa se, a parte l'opener "The Sole Cure is Death", "Mount Skull", "Botox Implosion", The Nameless Elite", tutti gli altri brani non sono sorretti dalla velocità di esecuzione. Oggi, infatti, gli Asphyx rappresentano al meglio la vera essenza e la pesantezza che si poteva assaporare in moltissimi dischi death/doom metal dell'underground anni '90, ma qui ampliate grazie ad una produzione figlia dei nostri tempi. In particolare, il chitarrista Paul Baayens riesce ad esprimere bene alcune delle sue qualità, sia quando macina riff truculenti sia quando decide di far girare una maggiore melodia sulle vibrazioni delle corde. I Nostri, sebbene non siano ispiratissimi come in altri lavori della loro discografia, riescono a dare prova di maturità compositiva. Può sembrare contraddittorio, tuttavia è questa la mia opinione da appassionato del genere. Tutte le evidenti diversità (approfondite attentamente "Three Years of Famine", "In Blazing Oceans", la titletrack) contribuiscono a variare l'atmosfera generale dell'intero album, e lo si percepisce già dal primo ascolto. Tirando le somme, posso dire che anche nel nuovo "Necroceros" convivono in un'unica entità le due anime della band: una selvaggia e aggressiva (qui in dosi nettamente minori), e l'altra più granitica ed evocativa (sicuramente predominante), a dimostrazione della piena padronanza strumentale raggiunta dopo anni e anni di militanza nella scena. Si potrebbe ulteriormente aggiungere che l'album offre scenari a volte inaspettati e riletture più innovative degli ingredienti principali del sound targato Asphyx. C'è chi pensa che il full-length in questione sia un passo falso, ma questo lo vedremo in futuro. Piaccia o meno, molti dovranno ancora fare i conti con la loro convinzione e risolutezza.

Contatti:
asphyx.nl
 
Songs:
The Sole Cure is Death, Molten Black Earth, Mount Skull, Knights Templar Stand, Three Years of Famine, Botox Implosion, In Blazing Oceans, The Nameless Elite, Yield or Die, Necroceros