Parlare nuovamente dei SADIST mi fa tornare indietro nel tempo quando, all’età di 15 anni, ebbi la fortuna di vederli dal vivo nella mia terra (il Salento), era l’anno 1994 o giù di lì. E nonostante siano trascorsi ben trent’anni da quel concerto, l’ascolto della loro musica riesce ancora oggi ad evocare questo tipo di sentimento, un sentimento profondo che richiama una certa nostalgia per un periodo felice e spensierato della mia vita. Quello era l’anno in cui iniziai a scrivere di musica curando le prime recensioni e interviste per i gruppi metal italiani. Ma devo anche dire che, come molti miei coetanei provenienti dalla vecchia scuola, conobbi la band genovese grazie all’esordio “Above the Light” (1993). E’ ancora forte il ricordo di quel giorno in cui l’adolescente Christian afferrò la cornetta del telefono per contattare la sede della Nosferatu Records voglioso di ordinare la sua copia stampata su CD, dopo aver visto un flyer pubblicato dalla rivista italiana Grind Zone. Era l'inizio di una lunga storia. Impossibile dimenticare! Tutto questo per dire che, a distanza di così tanto tempo e a prescindere dalle mie emozioni e ricordi personali legati ai tempi ormai andati, i Sadist sono ancora qui, più forti che mai, immensi come sempre e capaci di catturare la mia attenzione anche con il decimo album “Something To Pierce”. Eppure stiamo parlando di una di quelle band da cui non si sa mai cosa aspettarsi, ed è proprio questo il bello. E’ praticamente impossibile negare la bellezza di un’opera come questa, caratterizzata da un sound multiforme perciò camaleontico. Come già fatto in passato, i Nostri sfoggiano tecnica e gusto per la melodia e sullo stesso livello una notevole propensione per l’impatto progressivo, avvalendosi di intuizioni fuori da ogni preconcetto, certamente non comuni per i canoni del death metal, riuscendo a lasciare un segno con continui cambi d’atmosfera e intensità che, ascolto dopo ascolto, risultano dannatamente irresistibili. Tommy Talamanca offre il suo lato più imprevedibile sui pezzi in cui fa emergere maggiormente la sua personalità più progressiva, toccando picchi qualitativi notevoli. Questa è la chiara dimostrazione che, se continui a fare quello che hai sempre fatto senza porsi dei limiti, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre desiderato. Ogni singola performance, ogni singolo musicista coinvolto nel songwriting tocca picchi vertiginosi. Quella che si può sentire è una celebrazione di tutto ciò che di eclettico ha il sound dei Sadist, un lavoro brillante che valorizza un trademark (riconoscibile) consolidato nel corso di una lunga carriera. Non si tratta di un disco immediato: questi brani si fanno strada lentamente in una spirale che inquieta e affascina contemporaneamente. Parlare di ascolto significa parlare di comunicazione, di una forma superiore di comunicazione, perché senza l'uno l'altra viene meno in efficacia. Sì, è proprio così, in questo caso è necessario ascoltare attentamente per assimilare appieno ciò che viene espresso dai Sadist. Da questa prospettiva è più facile calarsi nei contenuti racchiusi in “Something To Pierce”. Tutto quanto è caratterizzato da una cura meticolosa per i dettagli, dalla composizione agli arrangiamenti, e tutti questi elementi messi insieme permettono a chiunque di entrare in contatto con la forza espressiva di una formazione unica nel suo genere, non solo in Italia. Massimo rispetto. Lunga vita.
Pagine Ufficiali:
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Songs:
Something to Pierce, Deprived, No Feast for Flies, Kill Devour Dissect, The Sun God, Dume Kike, One Shot Closer, The Best Part is the Brain, Nove Strade, Respirium (instrumental)