I salentini LETA sono senza ombra di dubbio una delle realtà più interessanti in ambito doom, chi ha avuto la possibilità di ascoltare il debutto “Condemned to Flames” (2021) e, soprattutto, chi ha vissuto il piacere di vederli dal vivo in questi ultimi quattro anni, sa di cosa sto parlando. Questa è una band ben consolidata fatta di cuori pulsanti all'unisono che consumano ossigeno vitale attingendo da quel caleidoscopio di vibrazioni che, negli anni ’70, animava i precursori di un genere diventato poi culto, inutile negarlo, e come ogni culto che si rispetti ha avuto e continua ad avere i suoi seguaci, oggi come ieri, quasi sempre adoranti “in toto”. Quelli erano gli anni in cui le lodi ai “Black Sabbath” (in primis) diventavano vere e proprie esperienze rimaste indelebili allo scorrere del tempo, e non è un caso se tantissimi musicisti rimangono tuttora affezionati a certe atmosfere nascoste tra le ombre della notte, perché come diceva Khalil Gibran: “per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte”. “The Black Cat” si eleva attraverso un’overdose di suoni che in quel glorioso passato trovano la spinta per continuare a modellare insistentemente il presente, contribuendo in modo decisivo a rendere intrigante e al passo coi tempi (andati) la musica prodotta dai Nostri. Ma la cosa più entusiasmante risiede nel fatto che anche il nuovo capitolo rilascia interessanti scorie psichedeliche capaci di accompagnare l’ascoltatore in un’esperienza acida e fumosa, senza mai rinunciare a quelle melodie penetranti ricche di fascino ancestrale, come se il saggio timoniere Ilario Suppressa (chitarra) avesse avuto spesso bisogno di fermarsi ad osservare e contemplare il cielo stellato prima di riprendere velocità per spiccare il volo, trascinando con sé la creatura Leta in modo da raggiungere altre mete lontane e sconosciute. Il bello è che tutto funziona bene, anche se i brani sono molto lunghi, confermandosi una squadra efficacemente affiatata a cui non manca certo l’ispirazione; insieme sono riusciti a dare vita ad un album variegato, dinamico ed espressivo allo stesso tempo, dove lo scopo principale non è tentare di trovare la formula dell’originalità, bensì rimanere aggrappati al potere intrinseco dell'espressività. Se posso permettermi di dare un consiglio, cercherei di diversificare un po’ il cantato, ma solo per enfatizzare al meglio il pathos di determinate soluzioni racchiuse nel songwriting, per il resto la proposta dei Leta è nella sostanza di grande effetto oltre che convincente. La verità è una sola: il circuito underground italiano vanta ancora oggi delle compagini che, pur non essendo sotto i riflettori, godono di buona stima all'interno della community. In fin dei conti solo i fatti contano e creano la vera identità di un qualcosa, il resto sono solo chiacchiere. Registrato e mixato dal chitarrista Ilario Suppressa presso i Ghost Studio's Sound, masterizzato da Francesco de Pascali (Ivar Studios, Torba). Il funesto artwork è opera del bassista Gabriele Tarantino. Un gradito ritorno.
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Songs:
Black Cat, Freedom, Around You Inside You, Lame