Quello che per molti ascoltatori è un genere storico ormai rivisitato da centinaia di band, per i FERAL lo "swedish death metal" è pura religione, e non potrebbe essere altrimenti vista la loro provenienza territoriale. Lo stretto legame con queste sonorità non può assolutamente essere condizionato dal veloce scorrere dello tempo, né tantomeno da scadenze prefissate. Il death metal, lo ami o lo odi. Il gruppo proveniente da Skellefteå ci presenta un terzo album implacabile e forsennato, onesto, coerente e battagliero come gli Dèi comandano. "Flesh for Funerals Eternal" mantiene intatto il marchio di fabbrica tipico della scuola scandinava degli anni '90, perciò può vantare un suono temibile e variegato, con delle canzoni rocciose che sapranno soddisfare quei fans desiderosi di riconoscersi in quest'attitudine propriamente underground. "Flesh for Funerals Eternal" riassume quanto già fatto dai colossi Entombed e Dismember. Precisione, energia e voglia di far male escono copiose dalle casse dello stereo: tridente elevato all'ennesima potenza nel segno dell'estremizzazione sonora. Diamo allora il "bentornato" al frontman David Nilsson e soci. Per una buona fetta di pubblico potrà essere un disco di genere da non perdere.
Dopo quattro full-length in ventidue anni di attività, i death metaller CORPSEFUCKING ART tornano a mietere vittime con il sanguinolento "Splatterphobia": solido album che è un inno alla mattanza, alla coerenza e alla perseveranza. Il gruppo capitolino, guidato come sempre dall'insaziabile chitarrista e fondatore Andrea Cipolla (Despise The Sun Records, Morbo, ex-Corpsegod, ex-Enthralment), riesce anche questa volta a confezionare una prova spietata e convincente, e le nuove canzoni sono qui a testimoniarlo. Finalmente i Nostri sono stati in grado di fare molto meglio per quanto riguarda la produzione: quella di "Splatterphobia" è nettamente superiore rispetto a quanto ascoltato con il precedente "Quel Cimitero Accanto Alla Villa" dell'anno 2014. In questo modo il disco risulta più robusto, fluido, trascinante, con un suono pesantissimo che rende piena giustizia al trademark old school dei Corpsefucking Art. Ottimo il rifframa, e nel complesso il lavoro delle due chitarre motosega, davvero precisi e dilanianti i colpi inferti dalla sezione ritmica, micidiale la prestazione e il timbro cavernoso del cantante Francesco Bastard. E per chiudere il quandro criminale, ci propongono la cover (ben fatta) di "Staring Through the Eyes of the Dead" dei monolitici Cannibal Corpse, traccia portante inclusa nel capolavoro intitolato "The Bleeding" (1994). "Splatterphobia" esprime la sensazione che si prova nell'essere uccisi con una mannaia dalla lunga lama affilata. PURE CRUSHING DEATH METAL.
TRACKLIST: Splatterphobia, Satanic Barbecue, Black Sheep Terror, Tomator, Nightmare City, Robocorpse II, Devoured by the Sauce, Beyond the Holy Grounds (Tomato version), Staring Through the Eyes of the Dead (Cannibal Corpse cover), Blood Knife Mirror
"The World We Knew Is Gone" è stato concepito attingendo linfa da band psicotiche come Botch, The Dillinger Escape Plan, Today is The Day, The Melvins, Coalesce, Knut, quindi riabbracciando il concetto di imprevedibilità sonora, qui sovrastata da un energico istinto tenuto sotto controllo da una invidiabile padronanza strumentale. I francesi THE DAWN, a differenza delle precedenti produzioni, aumentano il tiro della proposta andando ad esaltare la parte più animalesca, schizofrenica e matematica della loro insana creatività. Un magma sonico violentissimo e stordente. In ciascuna song troviamo idee interessanti, che questi quattro musicisti hanno saputo sviluppare e concretizzare al meglio, scegliendo diverse vie di fuga. Repentine accelerazioni, continui cambi di registro, esplosioni iper-dinamiche danno forma ad un lavoro dal forte impatto e meritevole di un attento approfondimento. Solo nel finale i toni si fanno più calmi, e il suono più disteso. Potenti, disorientanti, difficili da capire al primo giro, ma dopo ripetuti ascolti i The Dawn non passano nell'indifferenza. Quando un album contorto, tecnico e sfuggente come questo scorre così liscio, vuol dire che il risultato ottenuto è da applausi.
TRACKLIST: Decimator, I Bet You Like Botch - Bitch, Earthlings, El Dia De Los Muertos - Pt 1, El Dia De Los Muertos - Pt 2, Menza, Walpurgisnacht, Wandering Soul, TWWKIG
Quello di cui vi sto parlando è "Lost Empyrean", settimo album dei francesi DIRGE, band post-metal che con questo ritorno discografico di fine 2018 tocca il suo personale apice creativo, paragonabile per intensità al magnifico "Elysian Magnetic Fields" del 2011: così attraente, cosmico e spirituale. La fisicità delle composizioni è avvolta da un voluttuoso magnetismo, ispirato da un senso di indelebile intimismo (tra estasi e perdizione). Durante l'ascolto si fanno avanti progressioni strumentali, impressionanti muri di suono e passaggi dilatati da capogiro; il tutto accompagnato da una voce possente, in alcune canzoni solenne e raffinata (le conclusive "A Sea Of Light", "Sarracenia"), quindi capace di muoversi con altri tipi di andature. Racchiusa in "Lost Empyrean" troviamo una realtà da custodire nelle spire di un anfratto che solo i Dirge sono in grado di illuminare a loro piacimento.
Sotto l'aspetto musicale "The Notorious Goriest" riporta in vetta un certo modo di intendere l'hardcore rap: il newyorkese NECRO ottimizza gli evidenti aspetti del suo stile per ottenere un suono denso e mordace, architettato su beat acuminati come chiodi metallici. La sua è una visione del mondo cronica, disturbata e selvaggia, elaborata ad hoc su un affresco bizzarro che racconta la difficile condizione culturale della società odierna, sospesa fra i residui di milioni di coscienze in cortocircuito. Necro afferra e scuote l'ascoltatore, lo attacca con il solito fervore, lo brucia con impulsi ossessivi. Insomma, nonostante i tanti anni di attività nella scena, il rapper statunitense sembra ancora in grado di proporre della buona musica, soprattutto quando le sue strofe tornano ad unirsi alle sonorità sinistre figlie dello spirito hardcore del passato. "The Notorious Goriest" è un disco che riesce in linea di massima a descrivere l'anima frenetica e ribelle di Necro: la rabbia, il disagio sono le armi necessarie per combattere contro gli stessi nemici di sempre. E' un lavoro non all'altezza di quelli che l'hanno preceduto, ma comunque schietto e abbastanza soddisfacente.
TRACKLIST: Intro, Murder Obscene, HNA Intro, Head Neck Apartheid, My Precious, Know Con-Science, WTWCT Intro, What’s This World Coming To, Deaded, Caught It!, The Love & Terror Cult, Party Killer, The Notorious Goriest (When Will You Die!), Gat O’ 9 Tales, TMOR Intro, The Master of Ruckus, Grave Old World, Stories of the Almost Dead, The Dawn of a Dead Day, Outro
L'anno sta per finire e come da tradizione si stilano le varie classifiche e bilanci del 2018. Nel circuito del rap underground ritorna all'attacco l'italo-americano Vincenzo Luvineri, meglio conosciuto con il nome di VINNIE PAZ (Heavy Metal Kings, Army of the Pharaohs, Jedi Mind Tricks), uno dei rapper più validi e rispettati oltreoceano. Il suo stile imprescindibile, la sua voce roca e graffiante, le sue rime agguerrite sono state alcune delle migliori caratteristiche che l'hip hop statunitense abbia mai conosciuto. Chi è attento a determinate sonorità sa che Vinnie Paz è sinonimo di qualità, un artista capace di porre continui punti esclamativi sugli orizzonti sonici che questo genere può dischiudere: le sue sono uscite discografiche mirate e di alto livello, da gustare traendone il massimo godimento. Diverse le incursioni su "The Pain Collector" (Reef The Lost Cauze, DJ Muggs, Crimeapple & Tha God Fahim, ILL BILL, Goretex Elohim), collaborazioni proficue proprio perché nate in un contesto amichevole fra musicisti determinati e destinati a colpire un unico bersaglio. Vinnie sa bene che non bisogna soffermarsi su un singolo metodo creativo, se ciò avvenisse la stagnazione e la ripetitività prenderebbe il sopravvento, limitando la crescita artistica. Ma è anche risaputo che, nella maggior parte dei dischi rap contemporanei, si pone troppa enfasi sui particolari della fase produttiva, quando in realtà sarebbe meglio focalizzarsi sul risultato del processo creativo. Non è il caso dell'ottimo "The Pain Collector". Purtroppo, solo due brani risultano sbiaditi e poco incisivi: "Sundae Bloody Sundae", "Gracious"; non all'altezza né delle sue capacità né dell'alto livello qualitativo del nuovo capitolo da solista. Per il resto è tutto materiale ad alto potenziale esplosivo, frutto del talento inaudito di Vinnie Paz. Un ritorno discografico diretto, provocatorio, a tratti irriverente, risoluto nel mantenere inalterato il suo inconfondibile trademark. Imperdibile.
TRACKLIST: Winter Soldier, Necklace of Heads, Gasmask, Sundae Bloody Sundae, Jail Cell Recipes, Tongan Death Grip (featuring Reef the Lost Cauze), God's Shadow, DualTow Night Eagle, Blood on My Hands, Floating Goat (featuring DJ Muggs), Byzantine Jewelry, Requiem for Black Benjy in 2 Parts (featuring Crimeapple & Tha God Fahim), Pray for Sleep, HaShem on a Pentagram (featuring ILL BILL & Goretex), Masked Stickups, Hollow Light Severed Sun, Cold in Philadelphia, Gracious, A Power Governments Cannot Suppress
Gli SVARTIDAUÐI sono stati una delle sorprese più valide dell'anno 2012, quando decisero di esordire con l'album "Flesh Cathedral", anche se va detto che nei dieci anni precedenti a quel debutto questi blackster islandesi avevano già confezionato tre demo e uno split 7" con i cileni Perdition. Dopo la doverosa ma breve analisi iniziale, il dato di fatto sbalorditivo: quanto di sorprendente era stato espresso sul primo full-length è pienamente esploso con "Revelations of the Red Sword", un titolo già di per se esplicativo. E' un black metal ricco di mescolanze derivanti da altri generi musicali, perciò snodabile e fascinoso, a tal punto che oggi si potrebbe parlare di "post" black metal: hanno infatti saputo ampliare notevolmente il proprio raggio d'azione offrendo una prova magistrale ed eclettica sotto tutti i punti di vista. Gli Svartidauði e il Chaos operano a stretto contatto per inventare combinazioni inaudite, a soffiare furiosamente aria rovente che alimenti le fiamme dell'occulto. Gli Svartidauði hanno il demonio nel sangue e lo dimostrano suonando con l'abilità tecnica di cui solo loro ne sono capaci. Il nuovo "Revelations of the Red Sword" risulta essere una delle massime espressioni del black metal contemporaneo, ma anche uno dei migliori dischi del 2018.
"The Arrow of Satan Is Drawn" ribadisce ulteriormente un'attrazione viscerale per il metal estremo di stampo retrò, quello che da sempre attira la mia attenzione. In bilico tra death e black'n'roll, i BLOODBATH non si allontanano troppo dalle loro passate produzioni, ma il nuovo album è stato congegnato con un fervore molto più maligno che inevitabilmente rafforza lo stile scabro e d'impatto dei brani. L'ingresso nella band di Joakim Karlsson (già chitarrista ritmico dei Craft) ha iniettato veleno luciferino nel corpo del songwriting (ne sono un esempio lampante "Warhead Ritual" e "Chainsaw Lullaby"). L'organicità della struttura del suono, da sempre caratteristica portante dei Nostri, acquista una maggiore robustezza in "The Arrow of Satan Is Drawn". Anche questa volta è l'urgenza a farla da padrone, con il suo incedere adirato, ricco di dinamicità ma contemporaneamente basilare, che fa da mitragliatrice per tutta la durata del disco. E' un lavoro dannatamente compatto, eretto per ricordarci cosa vuol dire rimanere coerenti con le proprie radici. I Bloodbath si fanno ancora più incisivi ed affilati, mantenendosi saldi nel profondo solco scavato dalla vecchia scuola. Da ascoltare tutto d'un fiato.
TRACKLIST: Fleischmann, Bloodicide, Wayward Samaritan, Levitator, Deader, March of the Crucifers, Morbid Antichrist, Warhead Ritual, Only the Dead Survive, Chainsaw Lullaby
"Black Market Enlightenment" è potente, accecante, a tratti vellutato, in grado di trattare le diverse emozioni in maniera umana, come pochi altri dischi del genere. La produzione, che seziona le trame e mescola spartiti, tempi e spazi, aumenta il coinvolgimento nello scorrere dei minuti. L'insieme è consolidato da arrangiamenti attenti a cogliere dettagli e sfumature. Detto questo, è giusto riconoscere l'efficacia del mosaico messo insieme da Mick Moss: un artista che illumina i diversi piani strumentali con una insaziabile sensibilità. "Black Market Enlightenment" pretende anche dall'ascoltatore il coraggio che ha sorretto l'ispirazione degli stessi artefici dell'opera, ma solo per capire che tutti noi siamo parte di un travaglio regolato dalla loro ambiziosa ricerca per comprendere il senso della vita. Le canzoni sono realistiche, perciò riescono appieno nell'intento di toccare nel profondo. Gli ANTIMATTER proseguono il loro cammino sui carboni ardenti, trovando una nuova forza interpretativa di rara bellezza. Avvicinarsi a "Black Market Enlightenment" significa aprire il cuore, lasciarsi commuovere, mettere il dito nelle piaghe del mondo di oggi.
TRACKLIST: The Third Arm, Sanctification, Partners In Crime, Liquid Light, Wish I Was Here, This Is Not Utopia, What Do You Want Me To Do?, Between The Atoms, Existential
L'attrazione esercitata dal mistero della morte sulla mente del compositore svedese Johan Levin diventa un tutt'uno con la sua personale ricerca del significato di identità. Il cupo e inebriante concept che DESIDERII MARGINIS ha messo in scena attraverso "Vita Arkivet" va a convergere in un unico punto focale. Senza ricorrere a qualsivoglia ideologia religiosa Johan cerca quindi di accompagnare l'ascoltatore attraverso l'esperienza della morte, un viaggio che ha inizio fuori dal corpo in un altro livello di realtà, e che raccontato dalle sue sonorità ambientali diventa simbolo di eterna purificazione. Ma tale concetto racchiuso in "Vita Arkivet" non può prescindere dall'immaginazione, quella capacità di formulare varie interpretazioni utili per far vedere diversamente il mondo ultraterreno come comunemente inteso, soprattutto come luogo in cui continuerebbe la vita dopo la morte. Il mio consiglio è quello di lasciarsi trascinare dalla corrente regolata dalle nuove tracce scritte ed eseguite da Desiderii Marginis, in modo da poter vivere sulla propria pelle il brivido del trapasso e della perdita. "Vita Arkivet" non può che essere consideratao puro smarrimento. Johan Levin: uno dei Maestri indiscussi del panorama dark ambient mondiale.
La severità dell'andamento dei BLOODTRUTH si è intensificata a dismisura dai tempi in cui erano stati considerati solo dei validi musicisti all'esordio (correva l'anno 2014). Travalicando i confini più ristretti della standardizzazione stilistica del brutal death metal, questi cinque deathster umbri ci mettono a disposizione nove composizioni (inclusa l'acustica "Prelude to Havoc") che descrivono nel dettaglio un genere musicale strettamente legato alle proprie connotazioni morfologiche, ma che oggi ha anche la possibilità di approfondire ed esternare una grande varietà di soluzioni meno prevedibili. Lo svolgimento del songwriting è tanto curato quanto intenso, i Nostri penetrano nel cuore delle atrocità del passato analizzando in profondità il tema del martirio, il che ci fa calare perfettamente nell'atmosfera straziante di "Martyrium". L'intero album viene incendiato da un approccio integralista, con una coralità interpretativa vecchia maniera, manovrata con l'abilità di chi conosce i meccanismi per non farla diventare monotona e ripetitiva. I nuovi ragazzi entrati nel gruppo sono da considerarsi linfa vitale (il vocalist Luis Maggio, il chitarrista aggiunto Stefano Clementini). I Bloodtruth non si nutrono di cose artefatte perchè quel che utilizzano è l'atmosfera peccaminosa generata dalle note inserite nei brani. Non è l'autocompiacimento il loro obiettivo ma intensificare l'evocazione della drammaticità del dolore, quasi delirante nel suo potere iconico. "Martyrium" guarda ai classici degli anni '90, soffermandosi in particolar modo sugli aspetti evolutivi che avvolgono molte delle attuali uscite death metal, anche quelle ampliate con l'aggiunta di toni sinfonici. I Bloodtruth si rivelano estremamente precisi ed efficaci nello sviluppo della loro musica estrema.
TRACKLIST: 1184 P.C., Centuries of Intolerance (Danse Macabre), Schismatical Crusades, Inner Resurrection, Peste Noire, Prelude to Havoc, The Tome of Suffering, Persecution, The Last Prophet, Martyrium
A fronte di una professionalità ormai riconosciuta, le considerazioni sui torinesi NOISE TRAIL IMMERSION hanno subito nel corso degli ultimi quattro anni mutazioni di valenza opposta equamente divise tra chi, soprattutto all'inizio della loro carriera, li ha considerati come l'ennesima band clone dei Dillinger Escape Plan, e quelli che invece vedevano nelle qualità tecniche di questi giovani musicisti piemontesi il punto di forza di un progetto ben avviato e di larghe vedute, capace di esprimere tanto sul piano compositivo. "Symbology of Shelter", opera terza uscita il 2 novembre, appare più del precedente album "Womb" adatto a mettere in risalto le dichiarazioni di intenti e le traiettorie stilistiche tracciate accuratamente su una mappa priva di qualsiasi appiglio che ci indichi uno specifico punto di riferimento, una struttura musicale contorta e disorientante all'interno della quale trovano spazio temi, stilemi di varia entità. La violenza come sfogo e ribellione, come reazione alla mancanza di speranza nella vita, all'isolamento e soprattutto al dolore, fisico e psicologico. Ecco perché si potrebbe definire "solipsistica" la dimensione in cui si scatena la fisicità di "Symbology of Shelter", che però non esclude il torpore radicato nella nostra realtà. I Noise Trail Immersion dimostrano di essere sinonimo di tangibile talento, pur avendo toccato e modellato note e sonorità già adoperate da altre rinomate formazioni scandinave e statunitensi. Ed è proprio il loro rituale catartico inverso, con il trionfo della qualità compositiva, a far risultare sterili le ennesime annotazioni di paragone con tutte quelle entità tentacolari attive in tale circuito musicale (The Secret e simili). "Symbology of Shelter" sconvolge e traumatizza dall'inizio alla fine. Sarebbe quasi scontato dire "fatelo vostro". Complimenti Noise Trail Immersion.
IN "SKY OVER GIZA", ALBUM DEI LA MORTE VIENE DALLA SPAZIO, C'E' COME UNA FORZA NASCOSTA CHE CI FORNISCE LA CONFERMA DELLE CAPACITA' ARTISTICHE DI QUESTA BAND NOSTRANA, CAPACE DI VALORIZZARE UN LINGUAGGIO MUSICALE MOLTO PARTICOLARE E, A SUO MODO, INTRIGANTE. ANDIAMO A CONOSCERLI MEGLIO GRAZIE A QUESTA INTERVISTA CON MELISSA CREMA.
Come potresti descrivere i passaggi chiave che vi hanno portato alla realizzazione di "Sky Over Giza"?
- "Sky Over Giza" è frutto di due giornate di improvvisazione in studio di registrazione. E' un lavoro estemporaneo, dettato dalla volontà di creare qualcosa di nuovo e anticonvenzionale nei suoni. Non ci sono stati passaggi chiave in quanto al tempo delle registrazioni la band era ancora un collettivo aperto, non esisteva una formazione stabile e non c'era una progettazione musicale dei brani.
Qual è il processo creativo alla base della vostra musica?
- Solitamente è il chitarrista ad occuparsi in larga parte di composizione e arrangiamento, ma non parlerei di un vero e proprio processo creativo, in quanto la composizione dei nostri brani nella maggior parte dei casi è molto istintiva, come un flusso di suoni.
E' stato difficile unire i diversi background dei componenti coinvolti nei LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO?
- Credo che il nostro sia un genere che va al di là dei generi. Non saprei collocarci in uno specifico filone musicale, ma penso anzi che il nostro punto di forza sia proprio l'essere trasversali a più generi. Questo ha fatto sì che sia stato piuttosto naturale bypassare i nostri singoli background musicali per dar vita a qualcosa che vada oltre.
Il nome della band è decisamente particolare. Interessante la scelta di utilizzare la lingua italiana. Puoi illustrarci la storia dietro queste parole? "La morte viene dallo spazio" è anche un film di fantascienza del 1958 diretto da Paolo Heusch.
- La Morte Viene Dallo Spazio come hai già detto è proprio il titolo di un vecchio b-movie italiano e l'averlo reso niente meno che il nome del progetto è sintomo del fatto che sono proprio i film sci-fi italiani degli anni 50-60 e le loro colonne sonore ad essere la nostra principale ispirazione. Siamo sempre stati affascinati da questo mondo e dal mistero in cui è avvolto.
Pensi che "Sky Over Giza" renda giustizia alla vostra concezione di musica sperimentale? Quale era l'idea iniziale dei LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO e a cosa è arrivata oggi?
- "Sky Over Giza" è slegato da concezioni e ideologie di sorta, sicuramente si tratta di musica sperimentale ma non ci siamo rifatti ad alcun obiettivo specifico di suono durante le registrazioni. La Morte Viene Dallo Spazio è nato come un open ensamble che coinvolgeva ad ogni concerto elementi diversi sul palco, una sorta di collettivo che ha raggiunto una formazione pseudostabile e ha acquisito identità di band soltanto all'inizio dell'anno in corso.
Quali sono i pro e i contro di comporre brani così complessi e articolati?
- I brani che componiamo riflettono interamente il nostro modo di essere, e per noi non sono complessi e articolati, ma anzi le strutture di "Sky Over Giza" sono molto semplici, quasi non esistono, essendo frutto di un'improvvisazione come già detto. Sono semplicemente il risultato di quello che abbiamo dentro, di ciò che si muove in noi e tra di noi. Non ci sono né pro né contro, è la nostra musica e non potrebbe essere niente di diverso da questo.
Qual è la tua visione di universo/spazio? Credi nella vita oltre la terra? Te lo chiedo perché vorrei capire se il titolo "Sky Over Giza" ha una connessione con questo argomento...
- Siamo solo una minuscola parte dell'universo e i luoghi che l'essere umano non ha ancora raggiunto sono molti. Personalmente non credo in nessuna realtà parallela, ma considerando che la Terra è solo uno dei pianeti che compongono la nostra galassia e che probabilmente esistono anche altre galassie delle quali non siamo a conoscenza, non escludo la possibilità di altre forme di vita intelligenti oltre a noi. "Sky Over Giza" sicuramente ha dei richiami a queste tematiche, soprattutto in "Zombies Of The Stratosphere".
Il disco affascina anche per l'unione di sonorità contrastanti. Pensi che la struttura psych rock delle vostre composizioni possa in qualche modo destabilizzare l'attenzione dell'ascoltatore, a prescindere dai gusti personali. Sicuramente non è facile ascoltare un disco come "Sky Over Giza".
- La facilità o meno dell'ascolto è soggettiva. Sicuramente i nostri brani non sono immediati, il nostro non è un sound commerciale e non vuole nemmeno esserlo, ma è caratterizzato invece da influenze di diverso tipo, dalla musica dark ambient al doom, passando dallo space rock e dalla psichedelia.
Vi sentite legati al filone progressive sviluppatosi in Italia all'inizio degli anni settanta?
- Sicuramente per quanto riguarda la scena italiana il filone progressive è quello a cui più ci sentiamo legati. Jacula e Goblin ci hanno in qualche modo ispirato nelle sonorità, così come Paul Chain dall'altro lato.
Grazie per l'intervista. Buona fortuna.
I NIET nascono in Provincia di Ferrara nella calda estate dell'anno 2014 dall'unione di Ivo (chitarra, voce) e Campi (batteria). Dopo l'uscita del demo "Home" (2016) questi ragazzi giungono al nuovo EP "Dangerfield" nel settembre del 2018, fieri di continuare a proporre il loro sound come un duo. I Niet hanno sicuramente assimilato la lezione impartita dai Sonic Youth, Jesus Lizard, NoMeansNo, Melvins, ma anche quella dei Big Black, Fudge Tunnel, Unsane, The Cutthroats 9, Whores, UXO. Un assalto distorto sorretto da una batteria secca e martellante, arricchito da una voce che, filtrata al punto giusto, si fa carico di un palpabile disagio interiore. "Dangerfield" merita di essere ascoltato perché ci mette di fronte a due musicisti motivati e convinti dei propri mezzi. Sono certo che il loro songwriting migliorerà ancora nel corso del tempo.
PER I GERDA LA MUSICA E' LO STRUMENTO PER ESPRIMERE LA LORO NATURA, PER RELAZIONARSI CON LE COSE E GLI EVENTI, MA ANCHE UN BINARIO DA PERCORRERE PER TROVARE UN SENSO AI PASSAGGI-CHIAVE DELL'ESISTENZA. NUTRO UNA GRANDE STIMA PER QUESTA BAND DI JESI, SIA PERCHE' SI SONO SEMPRE RIVELATI DEI MUSICISTI "LIBERI" E "AUTENTICI", SIA PERCHE' APPROFONDISCONO OGNI LORO ARGOMENTO CON FORBITA ELOQUENZA. HO COSI' DECISO DI CONTATTARLI PER FARCI RACCONTARE QUALCOSA RIGUARDO IL NUOVO ALBUM "BLACK QUEER". QUI DI SEGUITO IL RESOCONTO DELLA NOSTRA CHIACCHIERATA.
Qual è la vostra idea di "noise", e cosa ha in più questo genere se lo intendiamo come mezzo comunicativo? Come si è evoluto il concetto di noise nel corso degli ultimi dieci anni?
- Credo ormai il termine sia stato usato per gruppi che superficialmente hanno pochi punti in comune e soprattutto accostato a tanti altri generi più definiti, come punk, hardcore, psych, etc. per cui parlerei più di approccio libero alla musica di cui possono essere chiari i punti di partenza e/o le radici ma, senza esserne un difetto, meno gli obiettivi, se non la ricerca stessa, musicale e personale.
Quindi, cosa ci potete dire su "Black Queer"? E' corretto parlare di "originalità" se teniamo in considerazione tutti gli aspetti che hanno dato forma a "Black Queer"?
- "Black Queer", come anche gli altri dischi, è figlio del momento emotivo della band, delle capacità, della coscienza di sè.
Questi sono gli aspetti che conducono a scrivere un disco, presenti, assenti o confusi che siano stati.
Nei precedenti le nostre volontà erano più in contrasto e sotto pressione.
"Black Queer", per il sentimento che lo percorre, ha una volontà più univoca, non perchè ci siamo accordati su come dovesse suonare prima di comporlo e registrarlo, questa è una cosa che non abbiamo mai fatto e che non siamo in grado di fare. La ragione è piuttosto, io credo, che sempre di più diventiamo un organismo, qualcosa in cui ogni parte ha cratteristiche e funzioni diverse ma insieme alle altre compone una stesssa forma di vita. Per ciascuno di noi quattro suonare significica suonare nei Gerda, ora più che mai.
C'è una forte continuità stilistica tra "Black Queer" e i vostri precedenti album, nell'approccio alla musica in primis, ma l'atmosfera che si respira in questo nuovo lavoro è più cupa e in un certo senso depressiva. Che ne pensate?
- Dopo vent'anni vediamo un percorso emotivo che si riflette sullo stile nella produzione dei nostri cinque dischi. Nascita, coscienza, autodistruzione, libertà e dolore.
Troviamo le prime produzioni più claustrofobiche. Non trovo "Black Queer" più cupo o depressivo, i sentimenti però rispetto al passato non vengono più nascosti. Esce una vena malinconica in più, probabilmente.
Che valore hanno per voi le parole utilizzate nei vostri testi? Credo sia un'opportunità poter comunicare qualcosa di profondo a chi ascolta la musica in maniera attenta.
- Nessuna parola è scelta a caso. Stare su un palco, dire certe parole è: essere e dire "guardami".
Mi interesserebbe sapere perché la scelta del titolo "Black Queer". C'è un legame tra il titolo e il concept che sta alla base dell'album?
- Tradotto: frocio nero. Neri e gay sono fra le classi più discriminate, i primi per indirizzo/scelta (sessuale) e i secondi per origine. Storia e società li disegnano come emarginati, deboli e perdenti ma la paura, la debolezza è in chi dalla diversità si sente disturbato. Il disco è dedicato a Francesco Vilotta, chitarrista, cantante e fratello, e nasce dopo la sua scomparsa quasi quattro anni fa. Lui è il nostro "Black Queer", ma nero e diverso è anche il nostro sound, lo è sempre stato ma questa volta, noi crediamo, lo è in particolar modo. E' un disco scuro, molti dei brani parlano di morte, ma è anche un disco in cui gli elementi stilistici si confondono più del solito, un disco in cui emerge in qualche modo più esplicitamente una componente femminile all'interno del sound, se così si può dire, di questo siamo fieri.
In mezzo a questo calderone di cloni e band senza personalità, qual è l'obiettivo dei Gerda?
- Ci sono anche band interessanti in giro, ma è il livello di interesse del pubblico e di certa critica poco coraggiosa che decreta ormai il peso di una band, peso il cui parametro è spesso meramente mediatico. Del resto al giorno d'oggi la comunicazione non svolge più una funzione culturale, il cui fine è la conoscenza, ma economica, il cui fine può essere pure vendere la merda, se piace. E piace, è un minino comune denominatore, semplice e comprensibile, che mette tutti d'accordo. Non abbiamo obiettivi, è naturale. Come l'essere umano, non sceglie di respirare.
La consapevolezza serve a capire la realtà che ci circonda?
- Si, fa male e non riesco farne a meno.
Qual è stato il più grande insegnamento dopo tanti anni di attività come band?
- Che i batteristi sono una categoria umana a parte.
Tempo fa mi capitò di leggere una frase di Alejandro Jodorowsky: "Sei talmente abituato a vivere da vittima che la felicità che ricevi in questo momento ti fa piangere". Vi sentite di commentarla?
- A volte succedono cose molto belle, attimi, picchi così fulgidi che danno la misura del dolore che provi e a cui sei abituato ogni giorno e al cui cospetto siamo costretti a restare troppo freddi. La felicità che ricevi risveglia il corpo e ogni sua percezione, la concezione del passato si fa più chiara. E' il pianto dei sopravvissuti, è l'omaggio a ciò che comunque è stato.
Grazie per la vostra disponibilità. E' la vostra prima intervista per Son of Flies webzine.
Scelgono le ali protettive della Despise The Sun Records e della Go Fuck Yourself Productions i fiorentini NOIA, già conosciuti nell'underground heavy per essere una delle compagini più ostinate che il suolo italico abbia partorito, e questo, per due musicisti intransigenti come Lorenzo Bellia e Mirkö D.D. vuol dire comporre musica con il pugno di ferro. "Iron Death" non concede sconti di sorta, è un disco risoluto, sincero, in cui dolore e morte assumono sostanza quasi divina. Quello dei Noia è un genere inutile da elevare dalle sue fangose origini, ed è giusto che sia così. Qui la distanza tra la sfrontata attitudine punk e l'irruenza del metal vecchia scuola è talmente ravvicinata che solo un sottile filo spinato separa l'una dall'altra. E il resto? Il resto non conta niente. Lunga vita ai ribelli! Disponibile su CD e tape.
Contatti: noianera.bandcamp.com/album/iron-death facebook.com/noiametal despisethesunrecords.bandcamp.com gfyp.de TRACKLIST: Condemned to Hate, Deathwish Mania, Bring on the Violence, Return to Hell, I Am Nightmare, Iron Death, Oath Of Strife, Counterattack, Black Depths of the End, Worldwide Killing Field
Una delle release hip hop più attese del 2018 è il nuovo EP dei savonesi DSACOMMANDO, chiaro indicatore di un malessere racchiuso nell'Inferno della nostra contemporaneità, una sorta di flusso di coscienza musicale liberato nell'intercapedine del tempo. Quella dei DSA è una versatilità imprescindibile, ma anche una delle proposte più genuine che la scena rap italiana abbia conosciuto negli ultimi dieci anni. I Nostri sono riusciti nell'impresa di rappresentare al meglio la vera essenza di un genere che in questa Nazione ha subito un tracollo di credibilità, soprattutto se si pensa al redditizio circuito mainstream. I contenuti di "Memento Mori" rafforzano ulteriormente l'integrazione fra musica e concetti lirici ribaditi nel corso dell'intera carriera, e in tal senso il loro stile ha influenzato lo sviluppo del gruppo stesso. Per capire l'onestà con cui i DSA COMMANDO affrontano la composizione lirica, basterebbe solo prestare orecchio alla opener, nonché title track dell'EP in questione. Questi ragazzi hanno il raro merito di trasmettere energia contagiosa a chiunque creda ancora nella libertà d'espressione nell'arte. Interamente prodotti da Sunday (Thriller Machine): uno dei più brillanti produttori della sua generazione, discepolo ascoltatore dell'underground americano e allo stesso tempo innovatore e sperimentatore di altri mondi. "Memento Mori" non ha confini, e dispensa emozioni senza scendere mai a compromessi. Masito dei Colle der Fomento ospite in "Canaro". Disponibile sulle piattaforme digitali di Spotify / iTunes, il 10" LP è ordinabile e acquistabile sul sito della nostrana Tuff Kong Records.
UNA LUNGA E PIACEVOLE CHIACCHIERATA QUELLA AVUTA CON DAVE KLIBER E VON YOUNG DEI DEATHSTER AMERICANI LIVIDITY. LORO, OVVIAMENTE, SONO UNA BAND DI CULTO NELL'UNDERGROUND ESTREMO, SEGUITI E RISPETTATI DA TANTISSIMI DEATH MANIACS SPARSI PER IL GLOBO. L'OCCASIONE E' QUELLA GIUSTA PER PARLARE DEL NUOVO BRUTALE ALBUM "PERVERSEVERANCE".
I Lividity sono attivi nell'underground musicale da più di due decenni e, in merito a ciò, potete essere considerati uno dei pesi massimi della scena brutal death metal. Facendo riferimento ai tanti anni di attività, vi siete mai chiesto cos'è più importante per voi attualmente? Cosa è cambiato nel corso del tempo?
Von: Wow Christian. Grazie per le tue gentili parole. La cosa principale da tenere in considerazione è che la solidità della line-up è cambiata nel corso del tempo, infatti negli ultimi quattro anni la formazione è rimasta la stessa. Sappiamo come lavorare l'uno con l'altro, suonare l'uno con l'altro, e siamo anche in grado di adattarci alle necessità altrui. Su ciò che è più importante dopo tutti questi anni di attività, sicuramente il fatto che siamo ancora in grado di suonate questo genere musicale con grande passione. Sono felice che le persone ci ascoltano ancora e ci supportano in tutto il mondo.
Dave: Fuck yeah Christian. Grazie. I Lividity hanno lavorato duramente promuovendo la loro musica per ben 25 anni, mantenendo accesa la fiamma del death metal. L'unica cosa che è cambiata sono i membri della band. Abbiamo finalmente raggiunto una buona solidità. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti dopo tutti questi anni. La formula è rimasta vera e coerente, altrettanto l'esecuzione della nostra musica.
Quali sono le maggiori differenze tra questo nuovo album è quelli che lo hanno preceduto? Pensate che "Perverseverance" sia migliore sul piano qualitativo?
Von: A differenza del passato, questo nuovo album è stato scritto e arrangiato da tutta la band, ognuno di noi ha contribuito al songwriting. Possiamo considerarlo uno sforzo di gruppo. Il precedente "To Desecrate and Defile" era stato caratterizzato da una visione più individualistica. Se gli ascoltatori considerano migliore "Perverseverance", a noi non può che far piacere. Sicuramente è il mio disco preferito dei tre composti con gli altri ragazzi della band.
Dave: Proprio come ha detto Von, la scrittura del disco è stato il frutto di uno sforzo di gruppo e questo fattore lo si può percepire ascoltando i brani presenti nell'album. Attualmente sono tre le voci coinvolte dietro il microfono. Le parti epiche sono più putride e oscure, tutti gli arrangiamenti di batteria molto più curati, le intro inserite nei punti giusti. Abbiamo portato un sacco di buone idee sul tavolo, valutandole e mettendole insieme come in un puzzle. "Perverseverance" è simile ad un labirinto, un labirinto che gira nella mente sadica di uno psicopatico malato. Questo è il nostro miglior album, il disco che volevamo scrivere già da molto tempo, e se devo dire la mia non mi interessa cosa possano dire o pensare i critici del metal. Dobbiamo ringraziare Dan Klein per aver dato ai Lividity il miglior suono possibile in fase di produzione, questo ci ha dato la possibilità di mostrare tutta la nostra violenza e la cattiveria che i Lividity sono capaci di infliggere.
Il processo di scrittura è stato in qualche modo modificato rispetto al passato?
Von: Posso dire che i Lividity suonano cose diverse da molte altre band. Si inizia sempre dai giri di chitarra, prendendo appunti per individuare la giusta direzione da prendere. Viviamo a circa due ore di distanza l'uno dall'altro quindi è piuttosto semplice incontrarsi per le prove. Dopo che le idee principali sono state valutate, il nostro batterista Garrett inizia a lavorare sui brani. Man mano che la struttura prende forma continuiamo a modificarla per poi portarla nella fase finale. Le parti vocali vengono inserite successivamente.
Dave: Sono d'accordo su tutto ciò che ha espresso Von. Non avrei potuto dire di meglio. Questo è il modo in cui creiamo la nostra musica.
Quindi, secondo voi, questo disco vi porterà su un livello superiore?
Von: Vogliamo fare quello che ci rende soddisfatti, lo abbiamo sempre fatto. Devo dire che le reazioni del pubblico su questo nuovo album sono state sorprendenti e mi hanno davvero sconvolto. Anche le reazioni dal vivo sono state grandiose. Non so quale potrebbe essere il livello successivo, ma sono disposto a scoprirlo.
Dave: Sì, questo album è davvero potente, i brani epici ed emozionali, le tre voci aggressive come un demone a tre teste. E' stato magico lavorare nell'Iron Hand Audio studio.
Con tutto il cuore, credo fermamente che questo disco sia eccezionale. "Perverseverance" otterrà un'attenzione molto più ampia, e ha già ottenuto ottimi riscontri. Vedremo cosa ci riserverà il futuro, comunque andrà ci divertiremo come sempre. Il 30 novembre la Metal Age Productions pubblicherà le ristampe dei nostri vecchi album, quindi acquistateli e divertitevi durante l'ascolto!
È così che vi piace suonare: brutali nella musica e nei testi?
Von: Assolutamente. Suoniamo uno stile aggressivo e tutti gli aspetti del sound devono corrispondere a tale genere musicale. "Perverseverance" vi travolgerà con il suo odio, con la sua cattiveria. Non so se abbiano influito le nostre vite personali mentre scrivevamo le canzoni, ma tutto ha funzionato alla perfezione... hahahahaha.
Dave: It is mean as fuck! Non abbiamo pubblicato nulla dopo "To Desecrate And Defile", per questo motivo ora siamo affamati e concentrati. Abbiamo lavorato duramente e ora l'album ha preso le sembianze di una bestia! "Perverseverance" è psicopatico e sinistro. Onestamente, non vedo l'ora di materializzare nuove idee con la nostra musica!
Qual è stata l'idea iniziale per l'artwork di "Perverseverance"? Penso che l'immagine di copertina rappresenta pienamente la brutalità del nuovo album.
Von: Come si può progettare un artwork partendo da un titolo inventato? Inizialmente avevamo un'altra copertina (che è sempre grandiosa), ma non incarnava totalmente il titolo del disco. Così ci siamo messi in contatto con Daemorph Art che ha creato qualcosa di incredibile. L'immagine di copertina è davvero fenomenale. ASSOLUTAMENTE, rappresenta perfettamente il titolo del disco!
Dave: A Daemorph Art sono state date alcune linee guida, dando così la nostra interpretazione di "Perverseverance", poi lui ha creato qualcosa di spaventoso. Se ascolti l'album dall'inizio alla fine, penso che la musica dipinga un quadro malato e grottesco quanto la stessa copertina. È affascinante, profonda e oscura. È perfetta. L'attesa ne è valsa la pena!
Quali band state ascoltando in questo periodo, e quali sono i vostri album preferiti usciti nel 2018?
Von: Non ascolto molta musica mentre compongo. Non voglio essere influenzato durante la fase di scrittura. Dave e Jake ascoltano molta più musica rispetto a me hahaha. Mi piacciono i lavori di Suffocation, Skinless, Soreption, Death, poi quelli di Gruesome e Internal Bleeding! Sono uscite tante cose buone nel 2018. Il nuovo EP dei Cryptopsy è davvero killer, ma anche il nuovo album degli Hate Eternal. Comunque sto diventando troppo vecchio per ricordare tutto hahahaha.
Dave: Vengo stimolato dalle grandi band, specialmente dai veterani come Napalm Death, Carcass, Autopsy, Impetigo, Deicide, Cannibal Corpse, Dismember, Entombed, Obituary, Hypocrisy, Blood, Death, Mortal Decay, Dying Fetus, etc... Sai, preferisco quelle band capaci di trasmettere sentimento ed emozione, e non quelle legate al codice math metal troppo meccanico e non abbastanza organico. Ultimamente ho ascoltato i dischi killer di Skinless, Mortal Decay, Internal Bleeding, Profanation (Ger), Aborted (Bel), Lower Than Zero (Ger), Dictated (NL), Putrid Pile, Disintegrator, Human Compost (Can), Clitgore (Rom) e altro ancora. Apprezzo gli Imperial Savagery e i Sons Of Famine, proggetti in cui è coinvolto il nostro batterista Garrett Scanlan, ma anche i Dead Shore del nostro bassista Jake Lahniers.
Siete attivi nella scena fin dagli anni '90, perciò mi piacerebbe sapere cosa ne pensate dei fan più giovani del death metal. Trovate differenze tra i vecchi e i nuovi seguaci del genere?
Von: La "scena" è molto diversa solo per il modo in cui oggi si comunica. Ci sono molti fan che vivono, respirano e supportano questo genere. Al momento la scena death metal sembra essere in ripresa, e penso sia una buona cosa. Ci saranno sempre alti e bassi.
Dave: Ricordo di essermi seduto al mio tavolo trovandomi davanti a 100 buste con lettere scritte a mano e una demo dei Lividity da inviare, sperando che qualcuno apprezzasse tanto quanto me. Le nuove generazioni di musicisti non potranno vivere tutto questo. La scena si sta evolvendo, qualcuno salta fuori e qualcun altro salta dentro. Abbiamo visto tante cose e vissuto tanti cambiamenti durante tutti questi anni. Finché ci sono fan sfegatati, lo spettacolo andrà sempre avanti.
Vi piace ancora suonare dal vivo?
Von: Assolutamente! I LIVIDITY SONO UNA BAND LIVE. Venite a vederci per credere.
Dave: Christian, io vivo per tutto questo. Desidero sempre un palco su cui suonare! Dal vivo do tutto me stesso! Non voglio mai che finisca.
Ora che l'album è stato pubblicato, quali sono le prospettive per i Lividity?
Von: Speriamo nella massima promozione da parte della label Metal Age Productions. Andare in tour l'anno prossimo attraverso l'Europa e in altri posti. Vogliamo suonare il più possibile!
Dave: Vogliamo vivere le nostre future esperienze con rilassatezza. Ci divertiremo!
Von e Dave, grazie per l'intervista, vi auguro il meglio.
Von: Grazie a te fratello per tutto il supporto che dai a questa forma d'arte e all'intera scena. Spero saremo abbastanza fortunati per andare in tour l'anno prossimo.
Dave: Grazie per il tuo supporto killer. You rule. Chiunque prenderà il nostro album non rimarrà deluso. Saluti.
Parlare di Anile Dahl (DAHLIA'S TEAR) significa parlare di un artista che partecipa attivamente allo sviluppo della musica drone/dark ambient, nei cui confronti è stato capace di mantenere sempre un metodo sperimentale, aperto verso tutte quelle possibili soluzioni in grado di ampliare il suo spettro sonoro. Le tracce di "Through the Nightfall Grandeur" sono fonti di illuminazione duratura che colpiscono i due diversi volti del mondo: quello interiore e di conseguenza quello esteriore. Anile Dahl mette in evidenza le proprie linee guida interagendo con la rappresentazione di un Tutto che possiede una forza celebrativa e mistica. Artwork, songwriting, produzione sono stati elaborati con maestria, a favore di nove tracce che si distinguono per la loro singolarità e magnificenza. Non deve stupire, pertanto, se "Through the Nightfall Grandeur" verrà considerato uno dei migliori album del genere usciti nel 2018. Pura catarsi sonora.
TRACKLIST: Encroaching Shadows Beckon to Chase the Fleeing Light, The Keeper of Broken Dreams and Tattered Spirits, Forlorn Whispers on a Moonlit Path, The Frozen Echoes of the Endless Moor, Bitter Silence of Desolate Steps, Drowning in Delusions of Grandeur, Lamenting Memories Long Past in the Remnants of Darkness, Drifting into the Void Grasping at Fading Starlight, Lost in the Crystalline Enigma
"Upon Desolate Sands" dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto Erik Rutan sia assurto da tempo alla posizione di Maestro nella scena estrema grazie ad un intenso lavoro di valorizzazione del death metal contemporaneo, come musicista e produttore. Tra i molteplici aspetti che gli HATE ETERNAL offrono ai loro fedeli seguaci, uno dei più rilevanti è senz'altro quello qualitativo: lo specchio riflette un gruppo navigato che dopo aver vissuto periodi diversi e con line-up differenti è ancora in grado di sbalordire tenendo testa all'incostanza del mercato odierno, assumendo così una posizione leader a livello internazionale. Tre anni di distanza dall'uscita del precedente "Infernus", più di 1000 giorni per mettere alla luce un nuovo full-length architettato e suonato in maniera eccelsa: la varietà ritmica, la profondità e il dinamismo dei nove brani conferiscono al già solido marchio di fabbrica dei Nostri un'ulteriore brillantezza che costituisce un elemento chiave sul piano dell'azione. La tecnica non è fine a se stessa se si hanno delle idee valide da riversare nei solchi di un supporto fisico. Fa da contraltare una produzione ancora più imponente e voluminosa, adatta a valorizzare ogni sfaccettatura dei tanti passaggi. Questo, per una formazione che, con un disco destinato a perdurare nel tempo, dimostra di non avere affatto dimenticato le radici del death metal, avendo la piena consapevolezza di voler migliorare in modo adeguato alle esigenze del presente. Un ritorno discografico come "Upon Desolate Sands" era necessario per attirare altri adepti ai piedi del trono oscuro. La durata è quella giusta: mezz'ora abbondante. Se mai avessi voluto utilizzare una valutazione numerica, la mia scelta sarebbe stata 10/10.
TRACKLIST: The Violent Fury, What Lies Beyond, Vengeance Striketh, Nothingness of Being, All Hope Destroyed, Portal of Myriad, Dark Age of Ruin, Upon Desolate Sands, For Whom We Have Lost
Supportati dall'immagine infernale rappresentata sull'artwork di questo secondo full-length, gli australiani BASTARDIZER fanno rivivere il mito degli anni '80, consapevoli di riprendere per filo e per segno tutti gli elementi che hanno dato il via al concetto "puro" di thrash/black metal, o meglio dire blackened thrash/speed metal. Il loro stile fatto di riff immediati e ignoranti tira dritto mostrando gli artigli. E' una volontà determinata e per nulla presuntuosa quella che alimenta il nuovo "Dawn of Domination". Con i brani "Whiskey 'til Death", "Hellions of the Oath" la band trova anche il modo di esternare il proprio amore incondizionato per il rock 'n' roll cazzuto dei seminali Motörhead. Per farla breve, questi quattro ragazzi non risparmiano la componente groovy tipica del genere in questione, riuscendo nello scopo di offrire una prestazione convincente.
TRACKLIST: Dawn of Domination, A Dose of Vengeance, Crimson Trenches, Death Cult, Demons Unleashed, Whiskey 'til Death, Up the Ante, Hellions of the Oath, Midnight in Hell, Mongrels' Wrath/The Depraved Nazarene Whore, Unholy Allegiance
Ascoltare un disco dark ambient è come scalare una piramide: all'inizio l'andamento del passo può essere lento ma, man mano che si sale, diventa impossibile mantenere invariato il ritmo dei movimenti. La scalata può subire un'accelerazione, e anche se può sembrare lenta, di fatto non lo è, se non altro perché gli spostamenti cambiano nello scorrere del tempo. Perciò se in "Codex" esiste un mutamento reale o apparente di stile, esso viene imposto dalle diverse sezioni contenute nelle tracce. E' importante capire perché un lavoro del genere è in grado di modificare le percezioni visive. D'altra parte sono necessari ripetuti ascolti: senza quelli, non riusciremmo a cogliere le sfumature dei suoi significati. Il compositore Simon Heath si espone senza veli, con un sound più ampio, orchestrale e liberatorio, adeguatamente costruito per elargire un forte pathos agli scenari astratti messi a fuoco dalla sua mente visionaria. Ecco quindi come può risultare sorprendente un album dark ambient del 2018. ATRIUM CARCERI opera in funzione di un'enorme crescita artistico-compositiva.
TRACKLIST: The Void, From Chasms Reborn, The Seer, A Memory Lost, The Empty Chapel, Path of Fallen Gods, The Ancient City, Sacrifice to the Machine, The Maze, A Hunger too Deep, The Citadel
Continua, senza nessuna tregua, il bombardamento sanguinario dei GLUTTON FOR PUNISHMENT, una delle realtà odierne presenti nelle cripte fatiscenti del death metal underground. Lo spirito travolgente che pulsa nel nuovo album "The Mutilation Process" si confessa in maniera decisa, muovendosi in linea con le regole ferree dettate da quella scuola di pensiero che, fin dalle sue influenti origini, viene considerata la più intransigente del panorama metal. Le 10 canzoni proposte dai Glutton for Punishment, escludendo la strumentale "When the Tempest Ends", fanno tornare in mente le atmosfere maleodoranti già vomitate da due band ormai scomparse dalla scena americana: mi sto riferendo a quanto fatto dai Sepsism e Scattered Remnants alla fine degli anni novanta. Ma durante l'ascolto delle singole tracce si possono anche trovare dei punti di contatto con altri gruppi amati e sostenuti dai death metaller: Beheaded, Gorgasm, Deeds Of Flesh, Inveracity. I Glutton for Punishment si dimostrano bravi nello scrivere il loro death metal sferzante e virulento, ma naturalmente nulla in grado di superare un certo grado di normalità. Se siete affamati di carne in via di putrefazione, potete nutrirvi abbondantemente al banchetto offerto dai cinque deathster del Minnesota. Il primo artwork del disco, visibile sopra la mia recensione, è stato censurato perché ritenuto troppo offensivo.
TRACKLIST: Red Room, Cannabinoid Hyperemesis, Curbside Waste, Narcotized, I Must Eat, Ferociously Defleshed, Evolution Through Annihilation, The Mutilation Process, When the Tempest Ends (strumentale), Always on Deaths Door
Chi non conosce i LIVIDITY di Dave Kibler? Penso che l'identità assassina dei deathster in questione non può essere messa in discussione dai fan di un certo tipo di sonorità. Questa band americana, nata nel '93, vanta un lungo percorso artistico che ha scandito la loro sopravvivenza in quella corrente sonora comunemente riconosciuta come "brutal death metal". Qui non si fanno prigionieri! "Perverseverance" è un album bastardo, per il modo di agire del quartetto dell'Illinois, incentrato sull'efferatezza di un genere che lo si può solo amare od odiare. Se dovessi comparare gli attuali Lividity ad un'altro gruppo d'oltreoceano, potrei tranquillamente chiamare in causa gli altrettanto malati Waco Jesus, quelli del bestiale "Mayhem Doctrine" (2013). L'incedere "no compromise" delle canzoni ha lo scopo di percuotere, stuprare e sfigurare chiunque gli capiti davanti. La cattiveria d'intenti, i riff rigorosamente a motosega, le accelerazioni improvvise, tutte le dinamiche giocate sui fraseggi cadenzati, l'immagine di copertina e le tematiche sanguinolenti ma anche sarcastiche, ogni cosa eseguita secondo gli stilemi del miglior gore metal made in USA. Un disco perverso, ispirato e ben prodotto "Perverseverance", capace di riscattare i mezzi passi falsi compiuti dai Lividity in passato. L'uscita è prevista per il 30 novembre 2018 via Metal Age Productions.
Contatti: lividity-map.bandcamp.com/album/perverseverance facebook.com/lividityofficial TRACKLIST: Kill Then Fuck, The Pussy Horde, Meat for the Beast, Cumming with Labial Pulp, Whore Destroyer, Bitch Cunt Fuck , Violated in the Vatican, Parasitic Infestation, Something's Dead, Tampered Flesh, Pussy Lover-Salvation, Perverseveranc
GLI ABORTED NON HANNO PIU' LIMITI, IN FONDO POSSIEDONO TUTTO: ESPERIENZA, BRANI KILLER, UN OTTIMO REPERTORIO E QUEL TOCCO DI ORIGINALITA' CHE ORMAI E' DIVENTATO INDISPENSABILE NEI LORO ALBUM. ANCORA UNA VOLTA APPOGGIATI DALLA CENTURY MEDIA RECORDS, I NOSTRI DANNO ALLE STAMPE "TERRORVISION", NUOVO FULL-LENGTH CHE SI CANDIDA ANZITEMPO TRA LE MIGLIORI USCITE DEL 2018. PER FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE HO DECISO DI CONTATTARE IL BASSISTA STEFANO FRANCESCHINI (GIA' MEMBRO DEGLI HIDEOUS DIVINITY), ENTRATO NELLA BAND BELGA NEL 2016.
1. Ciao Stefano. Grazie per aver accettato di rispondere all'intervista.
- Grazie a te, Christian, è un piacere.
2. C'è un nuovo album che state promuovendo, ed è giusto che la prima domanda sia focalizzata su "TerrorVision". Quali erano i vostri obiettivi in termini di songwriting e di produzione? Pensi che le vostre scelte artistiche abbiano funzionato su questo nuovo lavoro?
- Non che avessimo un obiettivo particolarmente veicolante, senz'altro per quel che riguarda la produzione eravamo assolutamente certi di voler lavorare nuovamente con Kohle dopo gli ottimi risultati di 'Retrogore' e 'Bathos'; sì, ci riteniamo molto soddisfatti anche del risultato ottenuto con 'Terrorvision'.
3. La cosa interessante è come "TerrorVision" alterni passaggi innovativi ad altri dal sapore più classico. Sembra che gli Aborted non abbiano difficoltà nel trovare il perfetto bilanciamento tra gli elementi caratteristici del loro sound. Sei d'accordo?
- Sì, abbiamo cercato di dare una ventata di freschezza con questo album senza però snaturare quello che può essere definito il trademark della band: ritmi velocissimi, sonorità tipicamente grind e il range multiperformante di Sven alla voce per citarne alcune caratteristiche.
4. In questo album emerge ancora una volta l'ottimo feeling compositivo tra le chitarre e la sezione ritmica. Qual è il vostro segreto? E' stato difficile approcciarti alla loro musica?
- Basti pensare che lo stesso Ken (musicista dal talento imbarazzante che sa suonare alla grande anche la chitarra) ha scritto diversi brani per 'Terrorvision', ecco che il feeling di cui parli si instaura piuttosto automaticamente; fortunatamente no, i ragazzi mi hanno messo subito a mio agio in quanto a libertà creativa.
5. Come sei entrato in contatto con i ragazzi della band? Conoscevi già il leader Sven?
- Tramite una cover su youtube! Feci questa cover di 'Necrotic Manifesto' anni fa e dopo qualche tempo venni contattato poiché la band era alla ricerca di un bassista e non ci ho pensato mezza volta!! Mmh, in realtà non li avevo mai conosciuti di persona.
6. I fan del death metal non sono molto tolleranti nei confronti delle band che sperimentano troppo. In qualche modo vi tocca l'eventuale ipotesi di poter perdere parte dei fan maggiormente legati ai vostri primi album?
- Siamo pronti a qualsiasi eventualità, ahah, ma tutto sommato bisogna un po' saper rischiare ma soprattutto trovare il giusto equilibrio tra sound e sperimentazione, altrimenti ci sono gli estremi opposti del sound che invecchia senza mai progredire o dell'avanguardia sterile fine a se stessa.
7. I testi degli Aborted riflettono l'immaginario dei loro artwork? Oppure le bellissime immagini "horror e fantasy" sono solo un mezzo necessario per catturare l'attenzione dell'ascoltatore? Oggigiorno, nella scena metal, l'estetica sembra essere più importante rispetto agli anni '90. Qual è la tua opinione al riguardo?
- L'horror farà sempre parte del bagaglio concettuale degli Aborted, siamo tutti fan estremi del genere, viene piuttosto naturale; tuttavia con 'Terrorvision' abbiamo cercato di trattare tematiche come la presenza invasiva a volte quasi terroristica dei media e delle 'notizie' trasmesse (ovviamente in chiave 'Aborted').
8. Come vanno le cose dal vivo? Cosa ti ha sorpreso di più quando avete proposto i nuovi brani al pubblico?
- Al momento non abbiamo avuto molto modo di presentare il nuovo album se non per il singolo 'Terrorvision' durante il tour australiano, ma la reazione è stata davvero positiva, alcuni cantavano persino i testi del brano! Ora col nuovo tour europeo che partirà a breve avremo modo di presentare diversi brani del nuovo album e non vedo l'ora.
9. Una cosa che ami e una che ti piace meno quando sei in tour?
- Vedere abitudini, fan e amici di ogni paese ogni volta che viaggi. Per quanto riguarda cosa mi manca di più, senza ombra di dubbio il bidet.
10. C'è qualcosa che non rifaresti nella tua carriera di musicista?
- Fortunatamente no.
11. Quali le band che apprezzi maggiormente nella scuderia della Century Media? Sono tanti i gruppi validi messi sotto contratto dall'etichetta... molti i nomi storici della scena estrema.
- Hai detto bene, rappresentano un insieme a dir poco notevole! Tra i vari vorrei citare Napalm Death per ovvie ragioni, ma anche band più recenti come Baest e Tribulation (questi ultimi li adoro e li trovo geniali!).
12. La scena metal italiana può ancora farsi valere nel circuito musicale internazionale?
- Di band valide ce ne sono, forse pure troppe (un'eccedenza positiva, per fortuna), la chiave è sempre cercare di non ripetere musicalmente parlando quello che è stato già fatto, sia da te che soprattutto da altri, e riuscire a varcare i confini nazionali per tour e concerti il più possibile, altrimenti si rischia di restare ancorati dentro queste mura amiche (ma non troppo) per tutta la 'carriera' di una band.
13. Ultima domanda: se tu fossi un giornalista musicale che tipo di valutazione avresti dato a "TerrorVision"?
- Non posso rispondere ma penso tu possa intuire facilmente ;)
14. Grazie per la tua gentile disponibilità. Buona fortuna!
- Grazie a te di nuovo per la possibilità, Christian! Un saluto a tutti i lettori di Son of Flies webzine.