Ascoltando il nuovo "Firewalker" si capisce perfettamente che i texani VENOMOUS MAXIMUS non mostrano la benché minima intenzione di sporcare la loro musica con contaminazioni contemporanee, continuando a suonare alla vecchia maniera e proponendo un sound influenzato dall'hard-rock/stoner, heavy metal spesso disturbato da frequenze tipiche del garage degli anni '60. Nessuna concessione alle richieste di mercato perché l'unico scopo rimane quello di comportarsi in un determinato modo, alzando un dito medio verso il cielo. Rispetto al precedente "Beg Upon the Light" (2012) tutto appare più essenziale, e nello stesso tempo sporco e 'punk', grazie ad una produzione azzeccata ed alle buone performances di Gregg Higgins (voce, chitarra) e Christian Larson (chitarra), che inanellano una serie di riff, attacchi, assoli sfrontati e diretti. I Venomous Maximus non sono dei novellini, per questo si raccontano senza maschere e protezioni. Gran parte del songwriting sprigiona una discreta energia, anche se la tensione del disco tende a scemare un po' verso il finale. Nel complesso le luci prevalgono sulle ombre e non possiamo prevedere se il domani sarà ancora come oggi.
Partiti nel 1990 come band death metal, i PARRICIDE, con il passare del tempo hanno spostato il proprio baricentro verso il grindcore, anche se, alcune componenti più rozze e meno veloci non sono mai state del tutto accantonate; nemmeno oggi dopo un percorso musicale durato 25 anni. La loro determinazione ha avuto la meglio nonostante abbiano attraversato momenti non proprio entusiasmanti a livello creativo. Facendo leva sulla buona attitudine e sull'indole combattiva, non si sono dati per vinti, e a denti stretti continuano a dimostrare alla scena estrema che solo chi ha tenacia può rimanere in vita nell'underground odierno. "Sometimes It's Better to Be Blind and Deaf" prosegue nella solita direzione, infatti tutte le canzoni si mantengono su un minutaggio breve ed incisivo, senza lasciare tregua all'ascoltatore che, probabilmente, finita la bonus track conclusiva "I Am the True Warrior" riuscirà a tirare il fiato. Il suono scelto da questi veterani di Chełm si adatta alla perfezione al genere e le sfuriate puramente grind risultano crude e totalmente 'in your face'. Il cantato tra growl e scream è messo in primo piano e costituisce un evidente riferimento al passato della formazione. Non mi dispiace affatto questo nuovo disco perché pur non avendo nel suo interno delle trame particolarmente originali, martella pesantemente e incessantemente dalla prima all'ultima nota. Se siete dei veri fan dei Parricide non esitate a mettere in loop il vostro lettore CD.
Contatti:
facebook.com/Parricidepl reverbnation.com/parricide1990poland madlion.eu TRACKLIST: Old, We'll Surely Meet, Just Poland, Smuggler Jack, I Don't Change, Supermarket and Me, My Property, Real Patriots, Stunners, Dillemas of a Young Warrior, I Hate Tattoos, Talented, I Am the True Warrior
L'intuito è quella capacità di comprendere qualcosa in modo immediato, per questo motivo la copertina realizzata da Ed Repka non lascia dubbio alcuno sul genere musicale suonato dai belgi AFTER ALL. Il loro scopo è quello di continuare a proporre del buon Thrash Metal d'annata, farcito con degli elementi ben studiati che valorizzano appieno le doti tecnico compositive acquisite e maturate nel tempo! Formatisi nel lontano 1988, i nostri hanno fatto un bel percorso di crescita che li ha portati al nuovo EP di sole tre tracce, dato alle stampe dalla neonata Sideburn Records e registrato dal musicista/produttore svedese Dan Swanö (Pan.Thy.Monium, Edge of Sanity, Nightingale, Witherscape...). "Rejection Overruled" non farà fatica a far presa su chi ha apprezzato il precedente "Dawn of the Enforcer" (2012) e gran parte dei lavori presenti nella consistente discografia degli After All. Credo che tutte le vecchie canzoni abbiano ancora oggi la rilevanza che avevano quando sono state originariamente pubblicate e sono certo avverrà la stessa cosa per queste ultime. E' un po' come accadeva per i grandi classici, che valgono per ogni periodo storico e mantengono inalterato il loro fascino. Oltre a due songs nuove di zecca, nell'EP troverete una versione rielaborata di "Land Of Sin" (presa dall'album "Cult of Sin" del 2009), nella quale è stato coinvolto Andy LaRocque, chitarrista dei King Diamond. Disponibile su vinile 10". I fan del genere sapranno apprezzare.
I NOIA PROVENGONO DA FIRENZE E SONO UNA DELLE PIU' INTERESSANTI REALTA' ITALIANE. IL LORO STILE RUVIDO FONDE INFLUENZE PUNK/THRASH/HEAVY METAL E RISULTA ESSERE UNA MISTURA POTENTE DI SONORITA' CLASSICHE. AD UN ANNO ESATTO DALL'USCITA DI "OBSTINATE SACRIFICE" (QUARTO LAVORO IN STUDIO), HO VOLUTO SCAMBIARE QUATTRO CHIACCHIERE CON IL CANTANTE/CHITARRISTA LORENZO BELLIA. L'INTERVISTA E' SERVITA PER FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE.
1. Ciao Lorenzo, con grande piacere ti do il benvenuto sulla mia Son of Flies Webzine.
- Ciao Christian, piacere mio.
2. Prima di iniziare, vorrei sapere come sei cambiato tu come musicista rispetto ai tempi dei tuoi esordi...
- Non saprei, l'unico cambiamento che mi viene in mente è che si è un po' affievolito il senso di "novità" per alcune cose, perchè all'inizio non pensavo che avrei mai potuto fare dei dischi o dei concerti. Per il resto è uguale, suonare e scrivere testi è nato come un bisogno ed è ancora così. Insomma è come andare in bagno, non so quanto sia esattamente bello ed interessante ma non posso farne a meno, c'è qualcosa dentro di me che devo fare uscire.
3. Complimenti sinceri e dovuti per il vostro ultimo album "Obstinate Sacrifice" pubblicato il 30 maggio 2014 via Doomentia Records. A distanza di un anno esatto, quali sono le tue considerazione sul disco? Ha goduto di una adeguata promozione?
- Ogni disco è un ritratto di un certo periodo della vita, per quanto riguarda la musica questo è il disco che abbiamo registrato con più cura ma anche un po' a freddo. Uno dei tratti distintivi è che è il nostro primo disco in cui ci sono le tastiere. Penso che poteva venire meglio, ma questo va a finire che lo penso di ogni disco. Doomentia ha fatto un pessimo lavoro fin dall'inizio, l'uscita è stata ritardata di mesi e mesi, la versione in vinile non è più stata fatta e la promozione è stata inesistente. Il fatto che non ci abbiano dedicato attenzione non è così strano, considerando i gruppi che pubblicano noi eravamo praticamente l'ultima ruota del carro, però la presa in giro nei nostri confronti è una questione differente. L'unica cosa che non capisco è da un punto di vista prettamente economico: spendere soldi per pubblicare un disco e non promuoverlo.
4. Pensi sia difficile portare avanti la tradizione old school e, allo stesso tempo, seguire un personale percorso stilistico?
- Io non porto avanti la "tradizione old school", anzi, sono convinto che ognuno deve sentirsi libero di suonare cosa e come gli pare. Penso che venga etichettato come old school quello che faccio perché non avendo talento né creatività quello che suono ricorda qualcosa che è già stato fatto. Il percorso personale viene in modo naturale perché vado a caso, senza voler fare qualcosa di uno stile molto specifico, quindi viene un accozzaglia un po' eterogenea. Penso che il fatto dell'orgoglio della tradizione old school nasca più che altro dal bisogno di avere un senso di appartenenza e dal dare troppo peso ai propri gusti personali. Le novità sono necessarie altrimenti staremmo ancora ad ascoltare musica fatta con le conchiglie e gli ossi, come vuole la vera tradizione old school del paleolitico superiore di 35000 anni fa.
5. Quali band sono state importanti per voi? Intendo quelle che vi hanno ispirato a tirar fuori il meglio nei vostri quattro dischi.
- Tante e di tutti i vari sottogeneri di metal/punk/rock ed Euro dance anni '90, a seconda del disco che abbiamo fatto sono venute fuori più o meno certe influenze.
6. Tornando indietro nel tempo e guardando alla vostra carriera, cosa mi dici dei progressi raggiunti dai Noia?
- Penso che più che progressi ci siano stati dei cambiamenti, ogni disco è venuto più o meno radicalmente diverso dagli altri ma tutti hanno dei denominatori comuni. Sono contento del fatto che questo gruppo è sempre stato genuino ed onesto, fin dall'inizio non abbiamo fatto niente altro che ciò che potesse rappresentare profondamente noi stessi. Per me è importante tenere presente la propria identità, questo fa si che nel nostro piccolo stiamo in piedi sulle nostre gambe, se non fosse così credo che avremmo già smesso da un bel po'.
7. Quali sono i tuoi impegni per i prossimi mesi? Ho saputo che stai lavorando al nuovo album dei Murk. Potresti anticiparci qualcosa?
- Finire di registrare il nuovo Murk a breve, anche il nuovo Noia è pronto e presumibilmente lo registreremo quest'estate/autunno. Il nuovo disco Murk si intitola "There is no forgiveness" ed è un disco deluso e deludente, che ci posso fare.
8. Visto che ho aperto questa breve parentesi, ti chiedo: Quali sono i punti in comune e le maggiori differenze tra i Noia e i Murk?
- Penso che la differenza principale sia che i dischi fatti coi Noia sono più veloci ed aggressivi mentre quelli Murk sono più lenti ed introversi. Fare le cose da solo all'inizio nacque come un'esigenza, sia perchè non avevo ancora un gruppo e sia perchè suonando con altre persone purtroppo a volte possono nascere degli intoppi e da solo potevo comunque portare avanti ciò che volevo fare. Suonare in gruppo è bello per lo spirito di collaborazione e condivisione con gli altri, fare da soli è una dimensione che ti fa sentire più in intimità con ciò che si suona e si scrive, almeno per me è così e mi piacciono entrambe le situazioni.
9. Qualcosa da aggiungere per i lettori della webzine?
- Non ne ho idea.
10. Grazie per aver trovato il tempo per questa breve intervista. Ci tenevo! Buona fortuna
- Grazie a te per la considerazione. Ciao Christian!
Esiste una connessione tra genio e follia? Si, se andiamo ad analizzare attentamente la lunga storia dell'olandese Maurice de Jong, aka Mories, classe 1973, domatore della terrificante bestia GNAW THEIR TONGUES, e non solo (i primi che mi vengono in mente sono: Aderlating, Seirom, Cloak of Altering, Pyriphlegethon). Questo è uno dei compositori più squilibrati e prolifici in circolazione. La luce e il buio nella sua mente non hanno limiti. La teoria della pazzia non è che si possa applicare a qualunque cosa, ma nel caso di Mories accade l'esatto contrario, tutto ciò si materializza, e non so nemmeno io per quale principio specifico. Nel suo mondo sotterraneo è riuscito a concentrare la negatività più malsana, nata da disturbi che persistono da ormai troppi anni (considerate che il progetto è attivo dal 2005). Insania, squilibrio, alienazione, paranoia, schizofrenia, emergono in quantità eccessive. La Crucial Blast Records ha deciso di fare le cose in grande, pubblicando questa raccolta stampata su digipack (doppio CD) intitolata "Collected Atrocities 2005-2008", nella quale vengono presentate alcune delle prime registrazioni del musicista. Nulla di più appetibile per i suoi seguaci. Un testamento che va dalle inquietanti "The Uncomfortable Silence In Between Beatings", "My Womb Is Barren And I Want Revenge", "Spasming And Howling" alle tetre suggestioni drone/ambient di "A Fiery Deluge", "Circles Of The Abyss" e "Horse Drawn Hearse". La lungimiranza della visione dell'artista risiede in quella capacità di mantenere alto il livello di intensità, sebbene alcune trame siano ostiche e difficili da sopportare. Una sinfonia apocalittica ai confini dell'assurdo. Come diceva Xavier Forneret, scrittore, poeta e drammaturgo francese: "La folie, c'est la mort avec des veines chaudes" ("la follia è la morte con vene calde"). Date il bentornato a Maurice de Jong, nella sua forma più vera e pericolosa.
Disc 1: For All Slaves… A Song Of False Hope I, The Uncomfortable Silence In Between Beatings, A Fiery Deluge, My Womb Is Barren And I Want Revenge, Aderlating, For All Slaves…A Song Of False Hope II, Body Bouquet, Slaves
Disc 2: The Behemoth Crawls Ashore, Horse Drawn Hearse, Another Study In Bleakness And Despair, Prefering Human Skin Over Animal Fur, Spasming And Howling, Glorification Of Rats, Circles Of The Abyss
Il filosofo greco Anassagora affermava: "Il Nous è la divina ragione che ordina il mondo, il quale, altro non è che il risultato del processo originato dal moto vorticoso prodotto nel miscuglio originario di tutti i semi dall'azione della Mente, qualcosa che sta al di sopra dell'uomo e garantisce la struttura della realtà". Oggi gli ELDAR, progetto musicale che vede coinvolti i compositori spagnoli Mercè Spica & Marc Merinee, succhiano energia da questo concept per raffinare il materiale racchiuso nel nuovo "Noûs", dodicesimo disco in studio che si aggiunge ad una lunga discografia, arricchita con la "Gortica Compilation" del 2011 (suddivisa in due volumi), l'importante raccolta di tracce rare denominata "Allegory Of The Cave" (messa in commercio nel 2013) e tre split albums condivisi con i vari Belaur (2004), Liyr & Der Arbeiter (2010) e Atrium Carceri (2012). Il sound degli attuali Eldar si estende grazie a tre generi molto particolari ed eleganti, quali neo-pop, neo-classic e ambient, anche se non va dimenticato che in passato, il loro marchio di fabbrica è stato molto più fedele alle strutture tipiche dell'industrial, dark ambient, martial, neofolk. I due artisti della penisola iberica, di anno in anno, migliorano in maniera esponenziale, soprattutto per ciò che riguarda la maggiore professionalità degli arrangiamenti. L'evoluzione stilistica è sempre stata intensa, graduale, e mai precoce. Difficilmente si sarebbero potuti ottenere i medesimi risultati qualitativi. Ogni canzone scritta è un'istantanea che ritrae la luce artificiale del presente, probabilmente un procedimento terapeutico, percepibile nei dieci capitoli di un lavoro fatto di pulsazioni vibranti, accompagnate da voci magnetiche e suadenti. La musica composta è adatta a palati esigenti e mette a nudo lo spirito meditativo degli Eldar. Una prova maiuscola, l'ennesima in tanti anni di onorata carriera. Acquistatelo a scatola chiusa!
Dopo aver dato alla luce numerose pubblicazioni di gruppi e artisti pescati nel mondo del doom metal, ritual-rock, dark ambient etc. la Svart Records battezza il primo album dei deathster finlandesi CULT OF ENDTIME. Nati nel 2010 per volere di alcuni ex-membri degli ormai defunti Discard, danno subito alle stampe un primo demo-tape omonimo di tre canzoni e successivamente il secondo nastro del 2011 intitolato "Nuclear Witch". Le premesse erano buone e a metterle in gioco ci pensa questo debutto che, già con l'opener "A Vast Cosmic Horror" vi consentirà di calarvi nel suo mood. La prima traccia è un granitico apripista per ciò che seguirà, anche se purtroppo mette in evidenza una eccessiva omogeneità nel songwriting. I Cult Of Endtime non sono assolutamente degli sprovveduti, doveroso sottolinearlo, ma bisogna ammettere che il loro death metal, spesso doomeggiante, non riesce a fare la differenza, penalizzato da un incedere troppo monocorde e lineare. Forse è proprio nel credo di questi musicisti allontanarsi da qualsiasi ornamento strutturale. "Cairns on Mercury" (la più sostenuta del lotto) e la funerea "Hidden Gods", si distinguono dalle altre. Nonostante nei 43 minuti di "In Charnel Lights" non ci sia nulla di rilevante da ricordare, le otto songs sono autentiche martellate sul cranio; compatte, ben prodotte, e suonate da una band che non dimentica la storia dei vecchi Maestri. Può bastare per sfamare le vostre esigenze?
TRACKLIST: A Vast Cosmic Horror, Cairns on Mercury, Prognatus De Sigillum, The Colossus Fell, Hidden Gods, Gnostic Haeresis, Funeral Voyagers, Discourse with the Dead
In parallelo alla missione intrapresa con i Nightbringer, il mastermind Naas Alcameth si immerge nuovamente nel regno degli inferi per un'altra battaglia personale amplificata dalla sua insana creatività, venendo così a contatto con la parte più buia di sé stesso e con i molteplici spaccati del black metal. L'idea alla base di "The Dreaming I" crea qualcosa di imponente al fine di rielaborare un suono maligno e farne una struttura che suoni maestosa in tutte le sue innumerevoli sfaccettature. Naas vede la musica, o il rumore, come una guerra contro il silenzio, perché il silenzio è il male contro cui tutti noi dovremmo lottare. Oggi non ci sono più molte band in giro fedeli al vecchio stile, e il progetto AKHLYS vuole abbattere le barriere del tempo per esternare ciò che sta avvenendo nel presente di questo genere musicale. Un'immaginazione ombrosa che ingloba dei tettagli concreti, una manipolazione parossistica che sfrutta l'ampio campionario tecnico e concettuale del musicista americano. Le sonorità del disco partono da un principio individualistico ben preciso in modo tale da diventare un'esperienza visuale, quando ascoltata. Si può prendere ogni brano come un capitolo di un copione, ma anche come storia a sé stante. Non più strofe e ritornelli, ma un flusso narrativo unico, sconvolgente, interpretabile diversamente dal singolo fruitore. In "The Dreaming I" sono le frequenze disturbanti a impadronirsi dello spartito, penetrando lo spazio che le contiene. La furia della voce e la tensione strumentale ne guadagnano profondità e il risultato è una poetica deviata che sposta l'attenzione su una drammaticità infettiva. E' già candidato ad essere uno dei best albums del 2015. Davvero notevole!
DOPO IL DEBUT EP "TRANQUILITY" E UNO SPLIT CON I CONNAZIONALI THAW, GLI OUTRE PUBBLICANO IL PRIMO ALBUM "GHOST CHANTS". LA FORMAZIONE DI CRACOVIA SI RIPROPONE AD ALTI LIVELLI, METTENDO IN SCENA UN SOUND SORPRENDENTE. HA RISPOSTO ALLE MIE DOMANDE IL BASSISTA MARCIN REDECKI.
1. Il vostro album di debutto è uscito nell'aprile di quest'anno e si intitola "Ghost Chants". Lo trovo intenso, evocativo e molto più veloce rispetto all'EP "Tranquility" del 2013 e al materiale dello split con i Thaw. Sei d'accordo?
- Sì, confrontandolo con le nostre precedenti uscite questo disco è più pesante, più veloce e solido.
2. Dopo soli tre anni di storia, cosa ha rappresentato per voi comporre e registrare questo primo album? Immagino sia stato un passo decisivo per la band...
- Come per ogni debutto, anche sul nostro abbiamo dato il massimo per ottenere il meglio dalla fase di scrittura. Il vero significato del disco e il valore di esso compariranno nel tempo.
3. Le canzoni di "Ghost Chants" rappresentano un ulteriore sviluppo del vostro sound. Da dove prendete l'ispirazione?
- Le influenze sono tante e arrivano un po' dappertutto, difficile identificarne una nello specifico. Io posso parlare solo per me stesso e, talvolta, può influenzarmi un libro che ho letto, un album, oppure un discorso fatto con qualcuno.
4. Che sensazione volevate trasmettere con i contenuti di "Ghost Chants"? Pensi che l'obiettivo sia stato centrato?
- I sentimenti sono qualcosa di molto personale e individuale e ognuno può vivere le proprie sensazioni durante l'ascolto di "Ghost Chants". Noi non vogliamo dare dei messaggi specifici. Questa è la bellezza della musica, perché chiunque può viverla in maniera soggettiva.
5. Riguardo la copertina del disco, avete deciso di utilizzare un'opera già esistente? Penso che l'immagine rappresenti alla perfezione il titolo dell'album e il tema della vostra musica. Perché avete optato per questa scelta?
- No, non era un'opera già esistente, è stata creata dal nostro amico Robert A. von Ritter. L'artwork di copertina così come i disegni interni, sono stati realizzati da lui. Abbiamo invitato anche Ihasan, un altro nostro amico, che si è occupato della calligrafia dei testi. Il risultato finale è incredibile.
6. Cosa ti piacerebbe migliorare nella musica degli Outre?
- Niente per ora. Se per caso ti riferisci al prossimo concept, è ancora presto per parlare di questo.
7. Oggi la Polonia può vantare una scena death/black metal molto solida, una delle migliori in Europa. Cosa ne pensi al riguardo?
- Sì, la nostra scena è davvero buona. Gruppi come Mgła, Kriegsmaschine, Odraza, Cultes des Ghoules, Blaze of Perdition e tanti altri, delineano alla perfezione quello che sta succedendo qui da noi.
8. Grazie per questa intervista. E' stato un vero piacere parlare con te. Buona fortuna.
Doom Metal, Sludge e Stoner sono gli unici ingredienti utilizzati dagli esordienti THRONELESS per farsi conoscere nel circuito dell'underground. La prassi è sempre la stessa: accordature ribassate e un basso distorto che farà tremare il pavimento sotto i vostri piedi. Per essere breve, non aspettatevi chissà cosa da questo primo disco! Perciò, vi devo dire che, francamente, non ci troviamo di fronte a nulla di originale, infatti si tratta della solita ricetta, con tante influenze americane ed altre che arrivano direttamente dall'Inghilterra. Il trio svedese, attivo nella città di Malmö, confeziona un lavoro piuttosto scontato, in un genere che è già stato esplorato in lungo ed in largo e che di conseguenza, troppo spesso, lascia poco spazio alle novità. Considerate che di gruppi simili l'Europa ne sforna in quantità industriali, e regolarmente, da almeno diversi anni. Purtroppo i fan di tali sonorità si dovranno accontentare di poco. Solo delle soluzioni più variegate potranno cambiare decisamente registro. Mi spiace, ma non saprei cos'altro aggiungere.
Il Piemonte è la regione italiana in cui è ancora possibile respirare aria di misticismo e non è un caso se dalle viscere di quella terra sono emersi alcuni dei migliori gruppi della scena nostrana. I NIBIRU, attivi dal 2012, dopo due album autoprodotti ("Caosgon" 2013, "Netrayoni" 2014), firmano per Argonauta Records in modo da aderire definitivamente alla lista dei peggiori peccatori. E' sulla realtà del nuovo "Padmalotus", sul suo presente, che il dolore dell'esperienza esistenziale si proietta nella dimensione della tragedia. L'interpretazione del gruppo di Torino, mista di energia sulfurea e disperata, profonda fino all'inverosimile, è molto più vera di qualsiasi altra rappresentazione realistica. Un unico sentimento malevolo accomuna le poche tracce del disco, che isolate nella propria gabbia, vengono incatenate ad una espressione traumatizzante. La lotta tra i vari musicisti coinvolti nel progetto lascerà segni profondi sul corpo dell'ascoltatore. L'oggetto è l'orrore in sé, superiore a qualunque causa specifica o transitoria. Procuratevi "Padmalotus" perché vi farà vivere un'avventura imperscrutabile e condizionata da continue mutazioni interiori.
Non posso che essere d'accordo con quanto scritto nelle note biografiche della band tedesca: "DISCREATION - this name means Death Metal with the best elements of European and American School". La frase scelta, descrive alla perfezione i contenuti di un lavoro frantuma ossa come "Procreation of the Wretched", il quarto in quattordici anni di carriera. I cinque traggono ispirazione da alcuni capifila della vecchia scuola, quelli che hanno scritto pagine importanti nella storia di un genere così risoluto, in particolar modo direi i Brutality, i Baphomet di Buffalo (NY), oppure i Sinister con Mike van Mastrigt alla voce e i combattenti Bolt Thrower. A rendere più appetibile il nuovo disco è quel senso di strazio che pervade le tracce. I Discreation ripropongono con onestà gran parte degli schemi utilizzati nei '90, che riascoltati oggi, fanno ancora un certo effetto. "Planetary Punishment", "Descending To Abysmal Darkness", la title track e le altre restanti, riassumono bene le scelte intraprese da questi deathster di Hanau. E' vero che nei dieci episodi che compongono il full-length non si raggiungono picchi memorabili, ma l'attitudine e l'intransigenza sono più che soddisfacenti. "Procreation of the Wretched" nulla toglie e nulla aggiunge a quanto detto dal gruppo in precedenza. Se vi può bastare, non vi resta che ascoltarli con un volume adeguato.
TRACKLIST: Planetary Punishment, Descending To Abysmal Darkness, Megacorpse, Procreation Of The Wretched, The Hunter, To Cosmic Shores, Corporate Hatred, Decapitation Marathon, Your Good Shelter, Dead Certainties
Dopo l'esordio "Well Of Madness" pubblicato dalla ucraina Ukragh Prod. gli indiani INNER SANCTUM, provenienti da Bangalore, fanno ritorno con un thrash/death metal ben prodotto che non ha nulla da invidiare a molte formazioni internazionali. Pur non essendo originali, questi ragazzi ci mettono grinta e una forte passione per confezionare un prodotto quadrato e fedele alla tradizione di certe sonorità. I riferimenti fondamentali sono sempre gli stessi, Testamant, Exodus, senza dimenticare Unearth, Devildriver, Dew-Scented, The Haunted, e addirittura i Meshuggah, come potrete ascoltare nella parte finale di "Guardian". Velocità e tanto groove, per un impatto patinato pressoché discreto che, probabilmente soddisferà il palato dei giovani metallari, quelli più coinvolti nella scena contemporanea. Versatile e potente la prova di Gaurav Basu, cantante del gruppo. L'intero disco segue queste coordinate ma purtroppo, a parte la dose di energia che permea le composizioni, non lascia segni significativi. Le doti tecniche non mancano, le melodie apprezzabili, servirebbe solo il giusto coraggio per poter bruciare un combustibile differente. Attendiamo il prossimo passo.
Contatti:
TRACKLIST: Incipiens, Wake of Destruction, Reflections of the Past, Realms of Oblivion, Legions Awake, Tainted Soils, March of the Wounded, Existence Denied, Guardian
Misticismo e introspezione sono i pilastri sui cui i francesi NOCTURNAL DEPRESSION poggiano il loro concept musicale. Descrizione sintetica, ma fedele alla realtà. "Spleen Black Metal" contiene sette canzoni, pregne di atmosfere oscure e indissolubili, alcune di esse hanno più forza di altre, e comunque è il full-length nella sua interezza a possedere una coerenza direzionale che non subisce mai interruzioni improvvise che ne pregiudicano l'intensità. Le vere somiglianze con i precedenti lavori in studio risiedono nella musica e nell'artwork, dal momento che i Nocturnal Depression stanno seguendo la stessa strada fin dagli esordi, anche se oggi il suono è molto più eterogeneo ed equilibrato. "Spleen Black Metal" altro non è che il resoconto di un percorso intenso, fatto di molteplici sperimentazioni espresse con un linguaggio disperato, risultato delle azioni ed energie infuse dentro di esso. Esiste un qualcosa di visionario e spettrale nella mente di questi quattro musicisti, quel qualcosa che li ha resi più efficaci nel tessuto narrativo delle tracce. Il costante sviluppo ha aiutato i Nocturnal Depression a ritagliarsi uno spazio importante nella scena black metal europea. Non è musica per tutti perché può risultare spigolosa a menti ed orecchie non troppo abituate, però è sicuramente un'esperienza che i fan del genere dovrebbero abbracciare. Disponibile via Avantgarde Music.
"Only the Ruthless Remain" per alcuni di voi sarà un salto nel passato, per altri una immersione nel presente degli SKINLESS che, mancavano dalle scene da ben 9 lunghi anni ("Trample the Weak, Hurdle the Dead" uscì nel 2006). Certo è che questi deathster americani sanno fare il loro mestiere e dopo un silenzio durato troppo tempo non si sono limitati nel proporre il solito disco di genere. Niente e nessuno è riuscito ad arrestarli. Si sa, le formazioni più longeve non sempre riescono ad avere vita facile, per tanti vari motivi, ma esistono dei musicisti che perseverano prendono linfa dai problemi personali e dai disagi. "Only the Ruthless Remain" è potentissimo, irriverente, e riattiva quel trademark ormai consolidato dall'esperienza accumulata fin dal 1992. Il sound dei nostri fa crollare note e ritmiche rocciose senza disdegnare brevi aperture melodiche di voce, come accade dopo il primo minuto dell'opener "Serpenticide". Gli Skinless non si concentrano solo sulle fondamenta del death metal, ma vogliono anche attingere da altro per pugnalarvi al ventre. La principale differenza tra il nuovo full-length e le precedenti releases è che nonostante il considerevole minutaggio dei brani non ci sono soluzioni che paiono stancanti o inutili (cinque dei sette totali si spingono oltre i quattro minuti di durata). Questo è il segnale più importante. Spesso è meglio saper aspettare che scrivere senza troppi scrupoli un album senza valore. "Only the Ruthless Remain" potrà piacere non solo ai sostenitori di Sherwood Webber e soci. L'impegno degli Skinless non va sottovalutato.
A sette anni di distanza dal precedente "Impressions" ecco il nuovo album dei deathster argentini PRION provenienti da Buenos Aires. "Uncertain Process", contenente anche il bonus DVD con un live set completo girato nel 2013 presso il conosciuto The Roxy Live (locale della loro città) documenta una crescita pazzesca nel sound della band, ormai pronta ad allargare i propri orizzonti ed uscire dalla nicchia della scena underground per colpire gli amanti del death metal di spessore, quello più tecnico e brutale; non ci sono storie che tengano. I nostri sanno suonare molto bene questo genere musicale e con il terzo album in studio ci consegnano un prodotto di grande qualità, dimostrando di non avere assolutamente limiti nell'architettare scenari apocalittici carichi di odio e inquietudine. Atmosfere angoscianti si muovono in parallelo alla veloce e disumana sezione ritmica messa in funzione dal talentuoso batterista Marcelo Russo che, insieme ai suoi compagni di gruppo non si risparmia durante l'esecuzione dei brani (impressionante il lavoro svolto dall'energico cantante/chitarrista Gregorio Kochian e dal bassista Walter Barrionuevo). All'interno di "Uncertain Process" (stampato dalla Comatose Music) tutto scorre senza forzature fastidiose e l'incredibile padronanza compositiva mette in evidenza il carattere arrembante dei sudamericani. Un disco che non deve mancare sul vostro scaffale. Davvero bravi! Saranno in tour in Europa a settembre di supporto agli spagnoli Avulsed e agli italiani Natron.
TRACKLIST: Power Obsessed, Uncertain Process, Chronic Disease, Anhedonist, Now Is the Hour, Control Societies, End Is Near, Losing Itself in the Infinite, Doom Humanity of Horror, Never Let Me Down Again
Dall'unione di due musicisti del calibro di Rob "The Baron" Miller (voce e basso degli Amebix) e Michel "Away" Langevin (drummer dei Voivod) si è materializzato un primo disco imperdibile dove le sonorità retrò vengono rielaborate in chiave futurista. Accompagnati dai chitarristi Andy Lefton (War/Plague) e Jon Misery (Misery), i nostri si sono messi alla prova, forgiando uno stile particolare che unisce punk, rock e metal in maniera del tutto inattesa e irregolare. A questo punto, molti di voi si staranno domandando: Ma come suonano questi TAU CROSS? Beh... Immaginate se da un giorno a l'altro gli stessi Voivod decidessero di allontanarsi dalla loro dimensione extraterrestre per seguire le impronte lasciate sull'asfalto dalle Harley-Davidson dei Motörhead. Un mix accattivante e adrenalinico. Naturalmente, c'è molto altro in questo debutto e non mancano nemmeno le atmosfere più rilassate e riflessive ("We Control The Fear", "Sons Of The Soul", "The Devil Knows His Own", risentono marcatamente della poetica rivoluzionaria del genio di Roger Waters, l'artefice del capolavoro "The Wall", uscito il 30 Novembre del 1979). Diciamo che i tre generi musicali citati in apertura di recensione sono sempre stati nelle corde di questi veterani, però i contenuti imprevedibili racchiusi in "Tau Cross" possono essere aperti a molte interpretazioni, infatti possiamo vederli da un punto di vista sci-fi e soprattutto, spaziale. Il bello è che ad ogni singolo ascolto si notano particolari diversi e ciò spinge a divorarlo in maniera irrefrenabile. Da avere!
TRACKLIST: Lazarus, Fire in the Sky, Stonecracker, Midsummer, Hangmans Hyll, We Control the Fear, You People, Prison, Sons of the Soil, The Lie, Our Day, The Devil Knows His Own
I BAD TRIP nascono a Catanzaro nel 2008, proponendo una sorta di hardcore metallizzato influenzato da formazioni storiche quali Downset, Overdose (quelli brasiliani), Nailbomb, i primi che mi vengono in mente ascoltando le cinque tracce del nuovo EP, secondo lavoro pubblicato di recente dopo il primo demo 2010 registrato da Gianluca Molè dei Glacial Fear presso i suoi Sound Farm Studio (stesso produttore di "Il Morbo"). Purtroppo i calabri non hanno avuto vita facile negli ultimi anni, causa i continui cambi di formazione che, avrebbero potuto compromettere definitivamente la loro prematura attività. Solo dopo il 2013 questi ragazzi sono riusciti a raggiunge la tanto attesa stabilità. Nulla di innovativo nel sound dei Bad Trip, sia chiaro, ma la rabbia proveniente dalla strada pare proprio quella giusta o meglio dire, quella più viscerale e sentita. Ecco allora il tentativo di mischiare i diversi background per esprimere qualcosa che in qualche modo potesse fare presa sull'ascoltatore meno esigente e ancorato alle dinamiche del passato, le stesse che smuovevano molti giovani individui tra gli inizi e la fine degli anni '90. Oggi è davvero difficile farsi strada con musica così grezza, però "Il Morbo" dimostra come sia ancora possibile trovare delle valide realtà italiane affezionate a determinate sonorità di tempi ormai lontani. Ai Bad Trip, le basi non mancano di certo, anche se, dovranno crescere abbastanza in fase compositiva. Credere fermamente in certi principi (i testi cantati in italiano non mentono) sarà il propellente necessario per un futuro migliore. Qualsiasi cosa accada non mollate! Dal profilo bandcamp sotto indicato è possibile ascoltare l'intero EP.
Il tentacolare drummer greco GEORGE KOLLIAS non ha bisogno di particolari presentazioni, perché chi segue la scena death metal e soprattutto gli americani Nile, conoscerà sicuramente le gesta di questo strepitoso musicista, tra i pochissimi, in campo estremo, a poter vantare un talento ed una personalità encomiabili. La tecnica si può definire memorabile solo quando il suo tasso di intensità è supportato da ottime qualità compositive. George Kollias è praticamente inattaccabile al riguardo. Se si analizza attentamente il debutto solista "Invictus" non si noteranno particolari differenze rispetto a quanto fatto con la band madre guidata da Karl Sanders e Dallas Toler-Wade, anche se qui dà libero sfogo a tutta la sua mostruosa inventiva. Infatti, a parte la collaborazione con alcuni amici, è lui stesso ad occuparsi di ogni strumento musicale (compresa la voce). Il disco è implacabile ed è curato nei minimi dettagli al punto da lasciare senza parole. Non è assolutamente il singolo brano a fare la differenza su "Invictus", ma la maestosità dei quasi 55 minuti totali. La professionalità dell'Imperatore Kollias è tanta e tale da abbattere i possibili pregiudizi di quanti non apprezzano i suoi metodi maniacali. Che lo si ami o lo si critichi, lui rimane uno dei migliori batteristi al mondo.
TRACKLIST: Echoes of Divinity, Invictus, The Passage, Aeons of Burning Galaxies, Shall Rise/Shall Be Dead, Voices, Treasures of Nemesis, Apocalypse, Epitaph, Through Empty Eyes of Light, Buried under the Flames
I TEDESCHI IMPLORE SONO SUL PUNTO DI PUBBLICARE IL LORO PRIMO FULL-LENGTH DOPO IL VIOLENTISSIMO EP "BLACK KNELL" DEL 2014. NEGLI ANNI IL GRINDCORE E' CAMBIATO UN PO' MA NON LA RAGIONE PER CUI LO SI SUONA. OGGI QUESTI TRE MUSICISTI SONO PRONTI PER FARE IL SALTO DI QUALITA' NELL'UNDERGROUND. GABRIEL, CANTANTE/BASSISTA DEL GRUPPO HA RISPOSTO ALLE MIE DOMANDE.
1. Ciao Gabriel. Ti ringrazio per aver accettato di rispondere alle mie domande. Potresti dirci cosa avete fatto di recente con gli Implore?
- Ciao! Grazie a te per aver dimostrato interesse nei nostri confronti! Stavamo registrando il nostro primo full-length nel marzo di quest'anno, ma poi siamo partiti in tour nella costa occidentale degli Stati Uniti: il Messico e il Texas. Ora stiamo provando le nuove canzoni che suoneremo nei prossimi tour. Faremo diverse date in giro per l'Europa nel mese di settembre in compagnia degli svedesi Age of Woe. Dopo andremo in Russia dal 14 ottobre alla fine del mese, e spero che uscirà qualcos'altro di interessante per il futuro.
2. Il vostro ultimo EP "Black Knell", pubblicato nel 2014, è veramente devastante. A distanza di un anno, quali sono le tue impressioni su quel breve lavoro?
- Wow, grazie per le tue parole! E' stato il primo lavoro registrato in uno studio professionale. Tutto era nuovo per noi. Abbiamo raggiunto un risultato che è andato oltre le aspettative, direi scioccante. Siamo riusciti ad accumulare un sacco di esperienza nel 2014, e ci auguriamo si rifletterà nel prossimo LP.
3. Entrando nello specifico di "Black Knell": tutto il materiale è stato scritto e registrato appositamente per l'EP, oppure le composizioni erano frutto di sessioni precedenti?
- Quando ho incontrato Daniel (il chitarrista), mi ha fatto ascoltare tre demo, che oggi si possono ascoltare nell'EP. Successivamente ha scritto altre 3 canzoni che sono state aggiunte al nostro primo EP. Lui non ha mai avuto una band prima e personalmente non ho mai suonato con un musicista così preparato e con cui ho raggiunto una buona connessione. Direi che è stato un match perfetto.
4. A che punto è il prossimo album? Avete iniziato a registrarlo? State pensando di lavorare con un approccio diverso nell'utilizzo delle varie attrezzature?
- L'album è già stato mixato e masterizzato ed è in attesa di essere mandato in stampa. Questa volta ci siamo sentiti più a nostro agio in studio. Christian Bass, il nostro primo batterista, ha registrato le parti di batteria perché Michael, il nuovo drummer, non poteva prendere dei giorni di ferie per le registrazioni e il tour. La batteria di "Black Knell" venne registrata da Kevin Talley nel Texas e successivamente lui ci mandò i file. Questa volta abbiamo fatto tutto da soli, per questo si è rivelata una vera e propria esperienza, dall'inizio alla fine. Eravamo presenti durante le sessioni di mixaggio e mastering a Portland, inieme a Joel e Brad presso gli Audiosiege. Osservare tale processo di costruzione è stato molto importante per imparare qualcosa. Tutto serve a crescere.
5. Quali le differenze tra lo studio di registrazione utilizzato per il nuovo album e quello del precedente EP "Black Knell"?
- Abbiamo lavorato nuovamente con Jan Oberg presso gli Hidden Planet a Berlino. Lui ha registrato tutto ciò che abbiamo fatto. Sa perfettamente quello che vogliamo e come lo vogliamo, oltre ad essere un nostro buon amico.
6. "Black Knell" ha ricevuto recensioni positive?
- Non ci aspettavamo nulla di particolare quando iniziammo a suonare dal vivo. Il concerto di presentazione dell'EP era il sesto per la band e ci ritrovammo ad aprire per i Nails e gli ACXDC. Al primo appuntamento del nostro tour europeo eravamo sul palco con gli ACXDC. Quel tour è servito a spingere "Black Knell". Credo che, le cose avrebbero preso un'altra direzione, senza quel tour...
7. Avete dei piani particolari per i prossimi tour?
- Penso costantemente di andare in tour, sono molto ossessionato da questo. Promuoveremo il nuovo album a settembre e ottobre e speriamo di continuare a stare in tour fino alla fine dell'anno... ma come ben sai è sempre difficile quando si adopera la pratica del DIY.
8. Nel 2015 che significato ha per te la parola "underground"?
- Difficile da dire, sicuramente in giro ci sono un sacco di band valide. La maggior parte di noi sacrifica relazioni personali, borse di studio, lavoro e altre cose, al fine di continuare a fare quello che amiamo in maniera costante. Non vedo l'ora di stare in tour 11 mesi all'anno e non mi fermerò fino a quando non accadrà. Ma io posso parlare solo per me stesso. L'underground è di chiunque continua a fare tutto questo per il piacere di farlo, per la felicità personale.
9. Grazie per l'intervista. Buona fortuna per tutto!
- Grazie Christian! E' un onore condividere queste parole con te e mi rende davvero felice sapere che alcune persone stanno ascoltando quello che facciamo con gli Implore!
Lo swedish death metal è materia oramai inossidabile e gli ENTRAILS danno dimostrazione di avere la stoffa per tenere alta la bandiera della scuola scandinava, già sventolata dai defunti e mai dimenticati Merciless, Abhoth, Nihilist, Dismember, Carbonized, Carnage... o dagli ancora attivi Unanimated, Grave, Unleashed, Entombed (da poco ribattezzati con il nome Entombed A.D.) etc. Resta il fatto che, fin dai loro esordi gli Entrails hanno meritato di essere considerati una delle migliori band di metal estremo e il nuovo "Obliteration" non fa altro che consolidare quanto di buono fatto finora. I 4 musicisti, spingono sull'acceleratore alternando sferzate veloci a parti in d-beat, accompagnate dal solito groove letale e inconfondibile. Il cantato lancinante del vocalist Jocke Svensson è come una vera e propria invocazione infernale, maledettamente pericolosa. Brani quali "Beyond the Flesh", "The Grotesque", "Bonestorm" e "Abyss of Corpses" mettono bene a fuoco l'incedere forsennato di un gruppo solido e tenace che potrà quasi certamente fare la gioia dei fan più nostalgici. Difficile trovare dei momenti noiosi in questo impetuoso "Obliteration". Troppo spesso il campo è saturo di mestieranti (magari anche bravi, non lo metto in dubbio), ma gli Entrails possiedono delle caratteristiche migliori rispetto a tante altre formazioni del genere. Sottoscrivo col sangue la mia onesta opinione personale. Bentornati.
TRACKLIST: No Cross Left Unturned, Epitome of Death, Beyond the Flesh, The Grotesque, Obliterate, Skulls, Midnight Coffin, Bonestorm, Abyss of Corpses, Re-Animation of the Dead
DOPO AVER PUBBLICATO "PRIVILEGE TO OVERCOME", GLI ULTRA-VIOLENCE HANNO FIRMATO UN IMPORTANTE CONTRATTO DISCOGRAFICO CON LA PRESTIGIOSA ETICHETTA CANDLELIGHT RECORDS CHE, HA DATO ALLE STAMPE IL NUOVO "DEFLECT THE FLOW", ALBUM CHE GARANTISCE ALLA BAND PIEMONTESE UN POSTO DI RILIEVO NELLA SCENA THRASH METAL NOSTRANA. ECCO IL RESOCONTO DELLA CHIACCHIERATA CON IL CANTANTE/CHITARRISTA LORIS CASTIGLIA.
1. Le aspettative per il vostro nuovo album erano notevoli, visto il successo ottenuto con il precedente lavoro "Privilege To Overcome". Avete avvertito pressione durante la realizzazione di "Deflect The Flow"?
- Beh, a dire il vero un po' sì, ahah! Il pensiero costante durante la composizione è sempre stato: "Dobbiamo fare meglio di Privilege!" Non volevamo deludere le aspettative di nessuno, ma soprattutto le nostre. Per quanto ci riguarda siamo molto soddisfatti e riteniamo che le canzoni abbiano raggiunto il livello e gli obiettivi che ci eravamo posti, per quanto riguarda invece la risposta da parte del pubblico le cose sembrano andare parecchio bene leggendo tra commenti e recensioni sul web ma... non ci resta che aspettare per avere una risposta più certa!
2. Come vedi oggi gli Ultra-Violence, ripensando agli esordi? Quanto sono cambiati e quanto sei cambiato tu come persone e musicista?
- Abbiamo iniziato a suonare insieme quasi 6 anni fa ormai, anche se non sembra sia passato parecchio tempo. Onestamente non avrei mai pensato di raggiungere i risultati a cui siamo giunti finora, ma allo stesso tempo mi sembra di non essere andato ancora da nessuna parte e mi sento di essere pressoché all'inizio della nostra carriera come band. Noi siamo cambiati molto, tenendo conto che questi ultimi anni che abbiamo passato insieme sono stati quelli adolescenziali, in cui ci si forma e si diventa adulti. Abbiamo allargato i nostri ascolti e gusti musicali, siamo cresciuti come persone e come musicisti, ma la tenacia e l'entusiasmo per quello che facciamo non sono mai cambiati!
3. Parliamo un po' del vostro nuovo album, "Deflect The Flow", un lavoro che ha mostrato una interessante evoluzione nel vostro songwriting, con delle canzoni più complete e strutturate... Cosa hai da dirci?
- Credo che le canzoni del nuovo album siano molto diverse l'una dall'altra. Alcuni potranno storcere il naso pensando che non abbiamo ancora deciso la giusta direzione da prendere, in realtà ci piace spaziare molto tra i vari tipi di thrash metal e non solo. Cerchiamo di includere tutto quello che scriviamo in modo naturale e trascinante. Le nuove canzoni sono quasi tutte molto lunghe, ma piuttosto che scartare delle parti che ritenevamo valide abbiamo preferito lavorare duramente su tutte le strutture per cercare di renderle scorrevoli e coinvolgenti nonostante il minutaggio.
4. E' cambiato qualcosa nel vostro modo di scrivere la musica per gli Ultra-Violence?
- Il processo di scrittura è rimasto pressoché invariato: partiamo dai riffs di chitarra, buttiamo fuori le idee insieme in sala prove e, dopo aver completato lo scheletro del pezzo, procediamo registrando delle pre produzioni. Personalmente stavolta ho prestato molta più attenzione alle linee vocali, ai testi e e alla loro interpretazione e questo è uno degli aspetti del nuovo "Deflect The Flow" per il quale sono più soddisfatto in confronto al precedente album.
5. Un altro aspetto vincente dell'album è la potentissima produzione. Che differenze riscontri rispetto a quella che ha caratterizzato il vostro precedente lavoro?
- Questo è tutto merito di Simone Mularoni e del suo Domination Studio, che aveva già svolto un ottimo lavoro su "Privilege To Overcome". Stavolta si è superato regalandoci dei suoni potenti ma molto più "veri" riuscendo comunque a rispettare un filo logico sonoro con il lavoro precedente. Mi piace questo sound perché permette alle canzoni di avere molto impatto ma allo stesso tempo non è troppo pesante da stancare l'ascolto dopo pochi minuti, era esattamente quello che ci serviva!
6. In che modo è arrivato il contratto con la Candlelight Records?
- È stata una cosa del tutto inaspettata. Non eravamo nemmeno a metà del processo di scrittura per il nuovo album quando ci è arrivata la loro proposta. Naturalmente abbiamo accettato e abbiamo continuato a comporre con ancora più entusiasmo.
7. Mi dici qual è il collegamento tra il titolo dell'album e l'artwork curato ancora una volta dall'artista Edward J. Repka? Siete così attratti dall'immaginario di Arancia Meccanica, tanto da riproporlo su questo "Deflect The Flow"?
- Ormai è diventata una nostra caratteristica, ahah! Il titolo si collega con la copertina semplicemente per il fatto che i drughi stanno andando contromano deviando quindi il flusso di auto che vanno nella direzione "giusta". Questo concetto è da interpretare in maniera più profonda e meno materiale. E poi si collega con l'album, appunto, perché penso che il fatto che le canzoni siano molto diverse tra loro può portare ad una scissione di pensieri e di giudizi da parte di chi ascolta.
8. Quali progetti vi attendono ora che il disco è uscito? Ho notato che state già suonando oltreconfine...
- Sì, abbiamo ripreso l'attività live sia in Italia che all'estero e stiamo ricevendo un ottimo riscontro. L'intenzione è quella di fare qualche tour dopo l'estate, ma è ancora tutto da programmare. Nel frattempo stiamo partecipando ad alcuni festival estivi tra i quali vi segnaliamo il Metalitalia.com Festival in cui condivideremo lo stesso palco di bands come Testament, Exodus e Onslaught.
9. Grazie per l'intervista. Lascio a te le ultime parole.
- Grazie a te per l'interesse e per averci dedicato questo spazio! Vorrei anche ringraziare chi ci segue e ci supporta e ha già ascoltato il nostro nuovo album. Per chi non l'avesse ancora fatto invece questo è un invito a dargli una possibilità; se amate il thrash metal o la musica metal in generale "Deflect The Flow" non vi deluderà!
Riconosciuto come uno dei due chitarristi/cantanti dei seminali Neurosis, STEVE VON TILL, ha ormai da tempo accantonato la dimensione di culto ottenuta grazie ai tanti anni di attività, anche per poter continuare il suo viaggio introspettivo ("A Life Unto Itself", titolo del quarto album, lo ricorda a tutti noi). Inevitabile e indispensabile, quindi, la scelta di intraprendere una carriera solista iniziata quindici anni fa con quel cantico sofferto e struggente intitolato "As The Crow Flies" (2000). Le sei corde e la voce profonda e corposa del musicista americano sono ovviamente in primo piano. L'ambito in cui questi sette brani si muovono è sorprendente, soprattutto per chi conosce già l'operato di Steve: blues raggrumato, forti echi di country spettrale, folk intimista. La stessa dimensione abitata da artisti rinomati come il fragile Nick Drake (RIP), lo sciamano Mark Lanegan, il vecchio Nick Cave (solo per citare alcuni dei suoi possibili mentori). Quel che sorprende è come un personaggio di questo calibro riesca ancora oggi a donare freschezza a un genere così scheletrico e autocelebrativo. Perché se è vero che gli arrangiamenti sono, idealmente, molto eleganti, la struttura generale del songwriting rimane scarna e abbastanza semplicistica. La timbrica di Steve Von Till, ora crepuscolare, ora ipnotica, sprigiona un magnetismo avvolgente che incanta ad ogni ascolto. Ad affascinarmi di più, però, è la sua capacità di sopravvivere al dramma interiore. La musica acustica racchiusa in "A Life Unto Itself" porta alla mente immagini incredibilmente evocative, a testimonianza della sua rilevanza come poeta. Fatevi rapire nell'oscurità della vostra stanza!
Il bassista/cantante Tas Danazoglou (ex-Electric Wizard, ex-Eight Hands for Kali, ex-Sabbah Navahthani) è come il lupo, perde il pelo ma non il vizio. Oggi il tatuatissimo musicista greco fa ritorno più agguerrito che mai con i suoi SATAN'S WRATH, a soli due anni di distanza dal precedente "Aeons of Satan's Reign" (il secondo album per Metal Blade Records). Le canzoni di questo "Die Evil", pur risentendo della matrice old-school, si lasciano apprezzare per la potenza ed energia che sprigionano, a conferma del buono stato di salute della band ellenica. Dunque, un suono compatto, ottenuto con professionalità da musicisti convinti che, ormai da tanto tempo, calcano la scena metal mondiale. Sicuramente i Satan's Wrath non hanno il pregio di sapersi distinguere da tante altre realtà impegnate nel circuito thrash/black metal anni '80, ma possono quantomeno vantare una padronanza strumentale più che discreta, accompagnata dal dono della sintesi. Il verbo degli Slayer è quello più conosciuto tra i metallari sovraccarichi di borchie e a questa schiera di fanatici aficionados non possono sottrarsi Tas e soci. Beh, il disco è immediato come lo è il suo titolo, l'artwork e l'intera tracklist. L'irruenza esecutiva di grande impatto ha dato ragione ai Satan's Wrath. Apprestatevi all'ascolto.
TRACKLIST: Raised on Sabbaths, Satanic War, Diabolical Shudder, Die Evil, Coffinlust, Dead of the Shallow Graves, At the Strike of Twelve, A Mindless Servant of Satan, Castle of Torment
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Christian Montagna
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Scisso il breve contratto con la Azermedoth Records, i LUCIFERIAN RITES sono approdati presso la label americana Moribund Records che, ha deciso di mettere in commercio il secondo disco "When the Light Dies". Il suono della band non è mutato di una virgola e la loro anima rimane coperta da un drappo nero come la pece. La malignità asfissiante di questi musicisti messicani pulsa nel tormento più cupo e disperato, un malessere che lotta con il mondo esteriore per propagarsi in tutta la sua impetuosità. Questa musica è selvaggia, atroce, rozza, e si capisce che è suonata da gente abituata ad ascoltare e riascoltare tale genere estremo. "When the Light Dies" è stato concepito per soddisfare gli adepti del barbarico black metal. Le dieci tracce recuperano il fascino della tenebra, quella fatta di spiriti e anime dannate. C'è tutto quello che serve per colpire il regno della luce. In conclusione si può dire che i Luciferian Rites non danno tregua all'ascoltatore ma non fanno nemmeno passi da gigante. Come ho già specificato nelle righe precedenti, solo i fedeli sostenitori del genere potranno apprezzare veramente.
TRACKLIST: Eternal Misanthropy of the Black Cosmos, Incinerated Cross, Infernal Manifestation, When the Light Dies, Rotten Creed, Conviction of Nocturnal Raven, Garden of Spirits, A Dreadful Chant for Self-Destruction, All Your Lies (Diabolical Memories), Ghost in the Shadows
Se vi piacciono i vecchi album dei Venom, quelli più sporchi e selvaggi, allora dovreste dare un ascolto alla proposta dei BULLDOZING BASTARD. Il duo tedesco, proveniente da Detmold, non nasconde l'amore sviscerato per il gruppo di Cronos, anche se, dalle note del nuovo album "Under the Ram" fuoriesce in egual modo l'anima sfrontata dei Motörhead dell'immortale Lemmy. Le abbondanti quantità di Rock'N'Roll non lasciano alcun dubbio. I Bulldozing Bastard offrono una carrellata di brani veloci e graffianti che pescano dalla New Wave of British Heavy Metal di fine anni settanta e inizi anni ottanta per incendiare il vostro stereo. Nel loro sound non c'è nessuna concessione alle attuali correnti del metal moderno. Ritengo inoltre che il punk-rock stesso abbia influenzato pesantemente parte di questo secondo disco in studio. Nonostante la trama non proponga nulla di originale, Irön Kommander e S. Genözider si dimostrano abili nel suonare ogni brano presente in questo disco. Magari non a tutti piacerà, lo so, ma sono certo che "Under the Ram" sarà ugualmente un vero toccasana per gli estimatori di sonorità tradizionali. I due musicisti vanno avanti diretti, crudi e senza fronzoli. Credo di essere stato abbastanza chiaro.
TRACKLIST: Queen of the Night, Tornado, Mayhem Without Mercy, Full Speed Ahead, Brassknuckle Deathstrike, Under the Ram, Alleys of the Underground, Let the Bastard Roar, Black Metal Slut, Once the Dust Has Settled