martedì 31 dicembre 2013
Recensione: MOGWAI "Rave Tapes"
CD | LP 2014 - rock action | sub pop
Oggi è l'ultimo dell'anno 2013 e con questa recensione posso festeggiare il post numero 721 su Son of Flies webzine. 721 articoli da me scritti e pubblicati in un anno e tre mesi dall'apertura del blog. Sono felice di questo importantissimo traguardo considerando il fatto che sono il solo a curarla. Per dare rilievo a tutto ciò mi serviva un disco che facesse da ponte tra l'anno in fine e il nuovo 2014. Ho scelto l'ultimo full-length degli scozzesi MOGWAI (attivi dal lontano 1996), giunti con "Rave Tapes" all'ottava prova in studio, registrata assieme a Paul Savage al Castle Of Doom a Glasgow. Il paesaggio offerto dalla nuovissima opera è talmente vario da poter certamente costituire un ampio spettro delle tematiche care alla band, mentre l'intensità e la profondità delle intuizioni che pervadono queste tracce anticipano già il passo che segnerà il prossimo futuro, sicuramente più maturo rispetto al passato. La loro musica, che ha influenzato numerosi gruppi contemporanei, è solitamente etichettata come post rock anche se oggi il flusso si dirama verso altre direzioni. Si tratta in genere di brani strumentali, dal tono talvolta malinconico, disteso, con rari inserti vocali (come in REPelish). Lo stile dei cinque è andato comunque evolvendosi attraverso i vari lavori e attualmente lo si può certamente afferrare con questo eccentrico "Rave Tapes". Non è un album di facile fruizione, bisogna saperlo approfondire, lentamente, per riuscire a comprenderlo ed assimilarlo appieno. Chi è da sempre un fan dei Mogwai, noterà subito le multiformi diversità cucite sui pezzi, che rappresentano in fondo il senso intimo delle recenti esperienze vissute, il processo della vita nella pagina della società attuale. Una costante stilistica che individua il significato umano dell'esperienza del piacere e del dolore. La drammaticità espressa in questo "Rave Tapes" diventa la metafora del viaggio all'interno dell'inafferrabilità del reale. Un album davvero particolare e sentito. Uscita prevista per il 21 Gennaio 2014.
Contatti: mogwai.co.uk
TRACKLISTING: Heard About You Last Night, Simon Ferocious, Remurdered, Hexon Bogon, Repelish, Master Card, Deesh, Blues Hour, No Medecine For Regret, The Lord Is Out Of Control.
lunedì 30 dicembre 2013
Recensione: ÅRABROT "Årabrot"
DIGITAL ALBUM | CD | LP | CASSETTE 2013 - fysisk format
Se siete dei seguaci accaniti delle disfunzioni sonore targate Melvins, non potete farvi scappare gli ÅRABROT e, sono certo che questi norvegesi riusciranno a rientrare facilmente nella vostra lista dei "top albums". Macinano riff pesanti e dannatamente groove, distruggono tutto ciò che giace sotto ai nostri piedi facendo leva su tonnellate di materia grezza fatta scivolare con frenesia fuori controllo. Non solo risultano compatti , spietati, vincenti, ma dalla loro parte hanno anche una solida malattia che sputa veleno all'interno del songwriting (...prendo come esempio due pezzi a caso: "Arrabal's Dream" e "Dedication"...)! La furia distorta dei nostri esplodere 'in your face' con la chirurgica padronanza strumentale capace di sezionare gradualmente ogni fo***** passaggio messo al servizio delle dieci canzoni presenti nel disco. Potrei anche chiamarlo noise-rock o metal ma resto dell'idea che nel sound dei nostri c'è molto molto di più! Ciò che detta legge all'interno dell'omonimo full-length è questa persistente aggressione che diventa contagiosa ascolto dopo ascolto e grazie alla sua spietata determinazione gli Årabrot non possono essere additati come una band superficiale. L'originalità non manca nelle mani dei nordici, come non viene mai meno l'elasticità nel disporre i giusti equilibri nei vari passaggi. Il lavoro svolto da Kjetil Nernes alla voce è incredibile, una prova stratosferica (alzare il volume sulla penultima traccia "The Bitter Tears Of Könt" poi non venitemi a contraddire!). Gli Årabrot (attivi dal 2001) hanno consolidato la loro irruente attitudine (giunti al sesto album in soli otto anni). Oggi, fanno ancora centro e bisogna applaudirli con vigorosa volontà. Supportate questa bestia in continua crescita!
Contatti: arabrot.bandcamp.com/album/rabrot - arabrot.com
TRACKLISTING: Ha-Satan Dêofol, Throwing Rocks at the Devil, Arrabal's Dream, Blood on the Poet, Dedication, Blood on Bunny, Drawing Down the Moon, The Horns of the Devil Grow, The Bitter Tears of Könt, Mænads.
domenica 29 dicembre 2013
Recensione: ERAAS "Initiation"
DIGITAL ALBUM | CD | LP 2013 - felte sounds
Con enorme piacere ritorno a parlare dei NewYorkesi Robert Toher e Austin Stawiarz conosciuti nel 2012, anno in cui venni a contatto con quella che amo definire genialità compositiva. Il loro progetto musicale denominato ERAAS riuscì a folgorarmi per un lungo periodo di tempo (infatti ascoltai frequentemente il disco omonimo, per almeno due mesi). Si, perché questi artisti riescono ad emozionare / ammaliare, e lo fanno servendosi di note crepuscolari, ricche di elaborazioni accattivanti, quelle che non possono essere codificate. Si respira un aria differente tra i vicoli di Brooklyn , nonostante continuino a mantenere una propria particolare identità. Il flusso degli Eraas circola nel sistema dei vasi linfatici, donando nuova energia all'essenza della musica stessa. Nel collasso di "Initiation" la densità varia a seconda del canale di provenienza: il movimento pulsante del suono non è mai unidirezionale, musicando "sui generis". Un'atipicità affascinante, degna di nota. Risulta veramente complesso trovare i giusti termini per definire la corporatura del duo, ed è proprio questa insolita diversità a renderli unici. Gli Eraas si manifestano meravigliosamente su ambientazioni vissute ma nello stesso tempo lontane dalla portata della massa. Respirano perfino negli orrori più spaventosi dove manca l'ironia. E come se il loro songwriting entrasse direttamente nell'insieme degli avvenimenti, mentre altre volte è legato soltanto alla posizione casuale degli individui coinvolti nel progetto. "Initiation" riempie l'apparato uditivo con vibrazioni sostenute, a tratti atmosferiche, in altri più elettroniche, riesce a sposare con naturalezza sia le vecchie strutture del post-punk che quelle del rock di nuova generazione. Il fascino di una musica senza tempo in otto tracce di grande spessore: una nuova, inedita, straordinaria sequenza di emozioni memorabili che uniscono all'eleganza della veste della band la particolare cura dei molteplici elementi, per raggiungere il pubblico più raro ed esigente. Gli Eraas si confermano anche nel 2013 portavoce di un genere adulto che aprirà nuove porte alla contemporaneità musicale. Se non fosse uscito a Novembre, questo disco si sarebbe candidato come uno dei migliori dell'intero 2014. ASCOLTATELI E VENERATELI! QUESTA E' ARTE!
Contatti: eraasgroup.com - eraas.bandcamp.com/album/initiation
TRACKLISTING: Looking Glass / Pettibon, The Dream, Above, Guardian / Descent, Old Magic, Circling, Splitting, Initiation.
sabato 28 dicembre 2013
Intervista: OBSIDIAN KINGDOM - "OLTRE LE BARRIERE DEL SUONO"
GLI SPAGNOLI OBSIDIAN KINGDOM DOPO IL VALIDO DEBUTTO "MANTIIS" DEL 2012 HANNO PENSATO BENE DI RIVISITARE QUELLE TRACCE IN MANIERA COMPLETAMENTE DIVERSA COINVOLGENDO ALCUNI DEI MIGLIORI PRODUTTORI DELL'ELETTRONICA. IL RISULTATO OTTENUTO E' QUALCOSA DI VERAMENTE ENTUSIASMANTE, COINVOLGENTE, DINAMICO. IL TITOLO DELL'OPERA ULTIMA E' TORN AND BURNT - LE MANTIIS REMIXES. HO CONTATTATO IL CHITARRISTA CANTANTE RIDER G OMEGA PER CAPIRE BENE COSA C'E' ALLA BASE DI QUESTO NUOVO PROGETTO.
1. Ciao Rider G Omega. Voglio ringraziarti per la disponibilità...
- Grazie Christian, per la tua attenzione e il tuo tempo, e grazie anche a tutti i lettori di Son of Flies, è un grande onore essere presenti tra le pagine di questo elegante blog.
2. Qual è la più recente novità riguardante la vostra band? L'ultima release "Torn & Burnt - Le Mantiis Remixes" è davvero incredibile! Hai qualche parola su questo lavoro?
- Poche settimane dopo l'uscita della prima edizione dell'album "Mantiis" abbiamo iniziato a pensare a una possibile sua nuova edizione e al suo rispettivo contenuto bonus. Tutti gli Obsidian Kingdom amano la musica elettronica, così abbiamo pensato che un remix firmato da uno dei nostri artisti preferiti del genere sarebbe stata una bella cosa. Ma non appena abbiamo iniziato a proporre i nomi di chi poteva essere coinvolto ci siamo resi conto che non potevamo sceglierne uno solo... Ed è così che è nato "Torn & Burnt"!
3. A proposito di "Torn & Burnt - Le Mantiis Remixes". Ascoltarlo è stata una rivelazione assoluta, è l'album che mi ha dato la possibilità di capire che direzione state intraprendendo. Qual'é la tua opinione su questa creazione? Perché questo titolo? Cosa volevate esprimere con esso?
- As genre-bending as “Mantiis”, riteniamo che sia in gran parte un Rock oriented album. Essendo grandi fan della musica elettronica, abbiamo già cominciato a studiare questo linguaggio per poterlo utilizzare in futuro. Sentiamo "Mantiis" come un'esplorazione di questa possibilità, visto che le canzoni sono interpretate in diversi stili elettronici. "Torn & Burnt" è il frammento di un verso presente in "Mantiis", più precisamente nella canzone “Genteel to Mention”. Abbiamo l'idea poetica di aver dato il cadavere di "Mantiis" ai remixers, farglielo bruciare e riorganizzare come meglio credevano, nello stesso modo come Raf Veulemans compone i suoi quadri, con frammenti di cadaveri.
4. "Torn & Burnt - Le Mantiis Remixes" è un lavoro basato su interessanti arrangiamenti musicali, drammatizzazioni, varie elaborazioni, e altre modifiche che, nel loro insieme, lo fanno diventare un album originale. Perché questa decisione?
- Sulla base di aver fornito un guscio vuoto ai remixers coinvolti, la nostra intenzione era quella di dargli la possibilità di respirare nuova vita all'interno di esso, qualcosa che partisse dalla loro anima. Gli abbiamo dato la completa libertà di fare ciò che volevano, con musica originale, fargli tenere ciò che amavano scartando il resto, e dare alla luce una creatura ibrida che catturasse l'essenza di entrambi i mondi, quello dell'artista e il nostro. Il materiale che ci hanno dato in cambio era così buono che andò a posto da sé. Il risultato è magnifico.
5. La musica di "Torn & Burnt - Le Mantiis Remixes" è diversa dal vostro primo "Mantiis"! Quali sono le vostre aspettative?
- Il desiderio personale è che il nostro ascoltatore possa cogliere un altro aspetto di ciò che gli Obsidian Kingdom significano, a prescindere dal genere o stile, in modo da sentirsi preparato per il nostro prossimo album e, da un punto di vista molto meno magniloquente, dargli modo di godersi "Mantiis" attraverso una nuova e fresca prospettiva, quella che abbiamo particolarmente a cuore.
6. "Last of the Light" (Subheim vs Poordream) e "Awake Until Dawn" (Necro Deathmort ) sono due remix fantastici. Siete soddisfatti? Alcune parole sugli altri artisti presenti nel disco?
- Siamo estremamente soddisfatti di ogni singolo remix contenuto in "Torn & Burnt", onorati che alcuni dei nostri produttori preferiti siano ormai diventati una parte di Obsidian Kingdom, portando il loro sapore unico ai nostri brani. Il processo di remix è andato incredibilmente liscio, e il feedback che abbiamo ricevuto da loro ci dice che sono molto soddisfatti. Avere quei nomi sul nostro album non è solo un sogno che si avvera, ma ci ha dato anche la possibilità di entrare in contatto personalmente con i musicisti che più ammiriamo e con i quali potremmo collaborare ancora in futuro. In realtà, abbiamo voluto condividere questa esperienza con voi, intervistato anche tutti i remixers e caricato le risposte sul nostro particolare sito web di "Torn & Burnt". Vi invitiamo a visitarlo:
www.obsidiankingdom.com/tornandburnt/ tornandburnt.html
7. E' stato un piacere parlare con te. Ti lascio le ultime parole... rimpianti... speranze?
- Il piacere è stato anche nostro, quindi grazie! Noi ora torneremo a scrivere il nostro prossimo album, che non possiamo ancora condividere con tutti voi, ma nel frattempo, potete godervi "Mantiis" e "Torn & Burnt". Rimanete sintonizzati per alcune importanti novità nei primi giorni del 2014...
E ricordatevi anche di non prendere caramelle dagli sconosciuti !
CONTATTI: obsidiankingdom.bandcamp.com - facebook.com/obsidiankingdom
OBSIDIAN KINGDOM line-up:
Rider G Omega – Chitarra, Voce
Prozoid Zeta JSI – Chitarra
Zer0 Æmeour Íggdrasil – Tastiere, Voce
Fleast Race O’Uden – Basso
Ojete Mordaza II – Batteria
RECENSIONE:
OBSIDIAN KINGDOM "Torn & Burnt-The Mantiis Remixes" 2013 - autoprodotto
venerdì 27 dicembre 2013
Recensione: FARTHEST NORTH | Parhelion & Zac Keiller
CD 2013 - cyclic law
Questo gelido album nasce dalla collaborazione tra il musicista canadese PARHELION e l'artista australiano ZAC KEILLER, uniti per confezionare un agghiacciante condensato di sonorità desolanti legate alla corrente del dark ambient più tradizionale. Nelle note che presentano il disco viene specificato che il concept è stato sviluppato / realizzato grazie alla sintonia tra i due compositori, entrambi interessati a far emergere dai ghiacciai nordici le vibranti energie intrappolate sotto il suolo. Posso tranquillamente affermate che il risultato finale convince per intensità e scelta dei suoni. Le musiche elaborate attraverso un accurato processo compositivo evocano immaginari tanto lontani quanto sconosciuti ai miei occhi, per tale motivo non posso che abbandonare tutta la mia attenzione nelle folate di "Farthest North", utilizzando l'immaginazione. La label Cyclic Law pubblica il full-length con l'aggiunta di un bel DVD bonus, in modo da poter delineare meglio l'impatto, coinvolgendo l'ascoltatore con una speciale e inedita esperienza audio visiva. La sensazione di distacco è intensa durante la fruizione delle lunghe canzoni dell'album e, questo ambiente rigido non fa altro che determinare il blocco totale degli arti, privandoli di ogni possibile funzionalità per 43 minuti ininterrotti. Il mio consiglio? Non ignorate "Farthest North"! Disponibile da Novembre.
Contatti: cycliclaw.com
TRACKLISTING: Sunless Sea, Perfect Desolation, Smokey God, Abode of Light, Opal Sky, In the Midst of Eternal Ice, Farthest North.
giovedì 26 dicembre 2013
Recensione: ZERO ABSOLU "Küsse aus Berlin"
DIGITAL ALBUM 2013 - autoprodotto
All'origine di questo album c'è il desiderio di ricercare una condizione musicale originale e ben definita, una concreta possibilità che diventa realtà mediante la linea compositiva dell'unico musicista del progetto ZERO ABSOLU (Nak, proveniente da Lyon-Francia). Il compositore si affida alle componenti del post-rock, noise, shoegaze, elettronica per elaborare un ritratto vissuto e dai lineamenti marcati. La title track "Küsse aus Berlin" potrebbe essere uno dei migliori esempi dell'intero lavoro, con quel particolare incedere cadenzato, avvolgente, disperato... che macchia di scuro ogni nota messa a disposizione della stessa song (complesse le spirali dipinte dalle chitarre). Altro pezzo davvero interessante risulta essere "Andalucía" molto vicino a quelle atmosfere plumbee generate dai migliori A Perfect Circle. "Time fades Away" veste il velluto blu dei più contemporanei The Cure (quelli di "Bloodflowers" del 2000) per penetrare panorami lontani. La voce del ragazzo si adatta bene al contesto, varia con l'alternarsi delle canzoni, risultando abbastanza singolare. Il disco però, viaggia tra alti e bassi,forse perché bisognava seguire una formula musicale un po' più omogenea e meno dispersiva. Sono ben riuscite alcune idee, come le differenti strutture (a tratti contrastanti). Questo "Küsse aus Berlin" concretizza adeguatamente solo certi stati d'animo e, potrà essere approfondito da molti appassionati. Personalmente lo considero un album discreto e sicuramente di transizione dopo il primo "Autømn" (2012) e lo split del 2013 con i francesi Lost in Kiev (questi ultimi recensiti, intervisti su Son of Flies). Speriamo che il prossimo passo sia quello definitivo: la prova del nove.
Contatti: zeroabsolu.bandcamp.com/album/k-sse-aus-berlin
TRACKLISTING: One second lag, Time fades away, Stockholm syndrome / The fall, The disclaimer. Hail in the soul, Küsse aus Berlin, Old pictures of girls I used to love, Over the bridge, The third finger, Minute butterfly, Andalucía, Folding the reed.
martedì 24 dicembre 2013
Recensione: REMOTE "Starving Blaze and Hollow Shades"
DIGITAL ALBUM 2013 - autoprodotto
Nel mese di Marzo 2013 mi capitò di recensire lo split tra Barren Womb + REMOTE (su vinile 8") e, dopo l'intero ascolto del breve lavoro scrissi: "Purtroppo non si può fare affidamento a sole tre tracce per mettere giù una recensione concreta". Oggi a distanza di nove mesi posso finalmente farmi un'idea chiara sulle potenzialità della band parigina che, con un disco violento, diretto, come "Starving Blaze and Hollow Shades" non ha deluso le mie aspettative. "Plagues and Rats" (unica song presente nel dischetto precedentemente menzionato) mi aveva messo in guardia! Oltre alla potenza sonora c'è da considerare la buona prova del cantante che diventa l'altro trademark dell'album. Come anticipato prima, le canzoni del debut schiacciano con riff / ritmiche compresse, con l'aggiunta di elementi più oscuri che mettono la giusta cornice al loro carattere. La distruzione è assicurata sotto i colpi dei francesi Remote, per questo, pur non essendo molto originali (attenzione, non ho detto scarsi), sanno dove e come colpire per generare quel dolore indispensabile durante lo scorrere dei minuti! Anche la produzione amplifica la botta del sound! Potrebbero essere visti come dei validi mestieranti, ma non condanniamoli senza giusta causa, perché è pur sempre il primo full-length e, avranno tutto il tempo per smussare angoli e spigoli. Ovviamente me lo auguro! "Starving Blaze and Hollow Shades" soffia odio represso spostando così una buona quantità di polveri nocive depositate tra le macerie. L'impatto di "Oblivion Stares", "Faith. Lame", "Alienate the Horde" non mente! Per il momento mi sento libero di posizionarmi dalla loro parte. Avanti così Remote! Serve solo maggiore personalità / dinamismo e meno ripetitività.
Contatti: remotenoise.bandcamp.com
TRACKLISTING: The Swarm Is Sated, Naphtaline Cure, Oblivion Stares, Faith. Lame, Alienate the Horde, Feathers - Blur and Despair, Nuptia, The Moment.
lunedì 23 dicembre 2013
Intervista: FABIO FRIZZI - "IL MAESTRO DEL SUONO MACABRO"
DA QUANDO HO INIZIATO IL MIO LAVORO PER SON OF FLIES WEBZINE (NEL SETTEMBRE DEL 2012) HO AVUTO IL PIACERE DI CONTATTARE E INTERVISTARE NUMEROSI NOMI ILLUSTRI DEL PANORAMA MUSICALE INTERNAZIONALE. OGGI HO L'ONORE DI PORTARE NEL MIO SPAZIO IL RINOMATO COMPOSITORE FABIO FRIZZI, UNO DEI COLLABORATORI STORICI DEL REGISTA ITALIANO LUCIO FULCI, CHE ALLA FINE DEI '70 SI DEDICO' AL GENERE HORROR, REALIZZANDO AUTENTICI CAPOLAVORI COME ...E TU VIVRAI NEL TERRORE! L'ALDILA', PAURA NELLA CITTA' DEI MORTI VIVENTI, ZOMBIE 2. QUESTA LA NOSTRA INTERESSANTE CHIACCHIERATA. RINGRAZIO DI CUORE IL MAESTRO PER LA SUA GENTILE DISPONIBILITA'.
1. Dopo tanti anni di attività viene spontaneo chiedersi cosa rappresenti, per lei, la possibilità di ascoltare, suonare o comporre ancora musica: evoluzione personale, nuove sensazioni che devono essere materializzate, voglia di emozionarsi o semplice necessità? E’ soddisfatto del suo percorso, di tutto ciò che ha creato e che lo ha reso celebre in tutto il mondo?
- La risposta a questa domanda si potrebbe racchiudere in una formula semplice: il mio lavoro è ancora la mia più grande passione. Scrivere musica è tante cose insieme, una forma di espressione molto intima che poi si trasforma in qualcosa che appartiene a tutti. Molto spesso riascoltando un tema, magari per caso, dopo un po’ di tempo dalla composizione e realizzazione, mi sono trovato a canticchiarlo, come se non lo avessi scritto io, come se si fosse staccato definitivamente da me. La fase creativa è fatta di tanti momenti, di piccole decisioni che ti portano, da bravo artigiano, a modellare il tuo “oggetto musicale”. Quando decidi che il frammento è finito lo vedi nella sua completezza, dimentichi il percorso che ti ha portato fin lì e il tuo tema è come un figlio cresciuto. Sono molto soddisfatto del mio percorso professionale, guardando davanti a me e dietro di me riesco a distinguere una linea definita, nonostante la mia sia un’attività piuttosto articolata. In ognuno dei segmenti mi ritrovo e mi riconosco.
2. In che modo è venuto in contatto con il regista Lucio Fulci? Come vi siete conosciuti? Sono sempre stato affascinato, o meglio, incuriosito nell’immaginare che tipo di rapporto poteva esserci tra voi, come avveniva la vostra interazione. Se si guarda la realtà degli eventi vissuti, avete condiviso un pezzo di vita molto importante ed influente. La sinergia fra le vostre due personalità si può percepire analizzando attentamente le opere cinematografiche da lui concepite e le bellissime musiche da lei composte per capolavori come “E tu vivrai nel terrore! L’Aldilà”, “Zombie 2”, “Paura Nella Città dei Morti Viventi”... E’ d’accordo con la mia opinione?
- Il rapporto di lavoro che c’è tra un regista e il compositore delle musiche è sempre molto speciale. La musica di commento ad un film, come in tutti i casi in cui la musica accompagna un’immagine, ha una vita molto speciale. Per raccontare un personaggio o lo sviluppo di una vicenda l’obiettivo non è scrivere un bel tema, ma un tema giusto. Giusto per la situazione, ma soprattutto giusto per il senso che il regista vuole dare alla scansione del suo racconto. Fulci sapeva molto bene cosa voleva, ogni volta che affrontava un nuovo film. Seguiva meticolosamente la preparazione, si circondava di collaboratori fedeli ed esperti. Fino all’ultimo minuto del mix cavalcava la situazione da vero leader. Con la musica aveva un rapporto speciale, aveva gusti molto raffinati, era un po’ musicista anche lui, aveva avuto esperienze legate alla musica leggera, al jazz… Quindi le sue indicazioni erano chiare, in tutti i sensi. Probabilmente con me si trovava molto bene e per questo spesso mi ha coinvolto nei suoi progetti. E io gli devo molto, perché il periodo “fulciano” è stato per me molto importante e formativo.
3. Per quanto mi riguarda, fin da piccolo il mistero e la paura sono state delle sensazioni inevitabili, come per la maggior parte dei ragazzini in tenera età. Ai tempi tutto ciò che era ignoto diveniva come un'ombra che perseguitava i miei passi. Molti film dell’orrore segnarono la mia adolescenza e quelli di Lucio Fulci (in particolare) mi diedero la possibilità di avere una visione totale sul senso del brivido. Le opere di Fulci avevano una precisa logica/trama (anche di denuncia) e, le stesse musiche da lei composte per alcuni di suoi film divennero come un oscuro strumento capace di penetrare quelle visioni contorte e raccapriccianti. Suoni e vibrazioni si amalgamavano alla perfezione in quel contesto, assumendo un eccezionale valore di astrazione ossessiva. Nel cinema horror tutte le colonne sonore contribuiscono soprattutto a costruire dei momenti terrificanti ma anche profondamente trascendentali. In che modo si inizia ad orchestrarli? Le faccio questa domanda perché i motivi di base delle sue musiche comprendevano una tavolozza molto ampia di sfumature e colori. Spesse volte i sui temi erano piuttosto cupi, e rimanevano strettamente legati ad un preciso immaginario, alla penombra, al buio, al sangue, mentre in altri momenti le sonorità divenivano evocative come erette da un senso di liberazione.
- Io ho sempre scritto sulle emozioni, quelle che percepivo durante la lettura della sceneggiatura, quelle che mi arrivavano dal primo montaggio delle scene, a volte vedendo gli interpreti che diventavano personaggi, sul set. E poi, nel lungo lavoro di moviola, assorbendo descrizioni e aggettivi pronunciati dal regista. Poi, solo, davanti ai miei strumenti amici, che dividevano (e dividono ancora oggi) la responsabilità delle decisioni da prendere. Posso dire che a volte mi sono sentito “guidato” dalle circostanze, mi sono trovato il tema giusto sulla tastiera, come se si fosse autogenerato. Poi ho capito che probabilmente è la mia personale sensibilità, l’istinto, che mi guida sulla strada da percorrere. Insomma, c’è sicuramente qualcosa di strano, di parallelo che avviene in certi momenti a noi che abbiamo il privilegio di scrivere musica. Ad ognuno capita in modo differente, ma simile, credo.
4. Ha la sensazione che la musica rappresenti ancora oggi la sua principale priorità e necessità, quella da cui trae le maggiori soddisfazioni personali? Riuscirebbe a vedersi o immaginarsi diversamente da quello che è stato in passato e, naturalmente, da quello che è ancora oggi a distanza di tanti anni vissuti per l'arte?
- Ho sempre pensato (e affermato) che non avrei potuto fare un lavoro diverso da quello che faccio. O forse non è proprio così. Ho molte passioni e curiosità, fare il medico o magari l’archeologo avrebbe dato vita ad un’altra sfera emotiva che mi appartiene ugualmente. Ma penso che esista una linea sulla quale ci muoviamo, una predestinazione che ci viene da chissà dove e che ci porta in una direzione ben definita. C’è una foto nella scatolona di famiglia: in seconda elementare, credo, nella Scuola Giacomo Leopardi di Roma c’è una recita di carnevale. Il grande coro di bambini canta alcune canzoni storiche, tipo “La leggenda del Piave” e simili. E questa foto ritrae il coro con il suo direttore che sta dando l’attacco. Il direttore, con una divertente maschera occhiali nasone, sono io.
5. Maestro, lei è considerato uno dei compositori più influenti degli anni ’80, e non solo. Che effetto le fa? Credo sia una dei riconoscimenti più grandi che un artista possa ricevere dopo una lunga carriera. Quali sono le sue aspettative per il presente e prossimo futuro?
- “Frizzi 2 Fulci” è stato il progetto che ha illuminato questo 2013. Una lunga progettazione e un debutto nazionale e poi internazionale con l’incredibile data londinese alla Union Chapel per la notte di Halloween. Quindi 2014 all’insegna dello sviluppo di questo progetto, che contiamo di portare in molte location vicine e lontane. E poi c'è anche l’altro mio spettacolo “Rewind – Chi me lo ha fatto fare!”, una autobiografia musicale e non solo, che vorrei riprendere in qualche data fra Italia e Francia. Ma non mancheranno le colonne sonore, molti i progetti, alcuni già ultimati. Con registi di molti paesi del mondo, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Svezia. La mia vecchia, grande passione che va incontro a nuove, straordinarie, sfide.
Pagina Ufficiale: fabiofrizzi.com
domenica 22 dicembre 2013
Recensione: EXHALE "When Worlds Collide"
CD 2013 - pulverised records
Le capacità degli svedesi EXHALE sono ineccepibili. Questa attitudine è probabilmente potenziata dallo spirito estremo della band, che colpisce senza ricorrere a nessun tipo di ragionamento scontato. Ne consegue che il sound stesso, per quanto concerne il suo effetto sull'ambito mentale, è completamente fedele e collegato a determinati parametri, quindi la sua onda d'urto polverizzante non può essere né controllata... né tanto meno evitata. Questo è grindcore nella sua forma più selvaggia e vile, quella che anche altri musicisti scandinavi ci hanno riservato per lunghi anni (basti pensare a Nasun, Rotten Sound, Gadget, Retaliation...). Un dramma musicale, dove le mosse sono di un unico tipo e le pregevoli variazioni indispensabili. I risultati ottenuti su "When Worlds Collide" dispongono adeguatamente i pezzi di un puzzle dallo scenario violentissimo, dove gli stessi pezzi vengono incastrati mediante movimenti netti, secondo valori vari o variabili. Ogni brano viene eseguito con attenzione meticolosa!! Essa non viene mai meno, poiché le deflagrazioni ambientali non sono solo molteplici, ma anche articolate. Le occasioni per rimanere danneggiati si moltiplicano, e nella maggior parte della durata chi rimane lesionato è l'ascoltatore meno preparato a subire una tale severa punizione. Il grind core dei nostri penetra il ventre come una lama affilata, e diventa così, l'unico metodo con cui può indurre il corpo a sanguinare. Quando dico abilità, intendo quella perfezione nel suonare un genere che implica la conoscenza di tutti i mezzi da cui una formazione possa trarsi legittimo vantaggio. Gli Exhale, in parte, ricordano momenti di storia vissuta ma attenendosi fedelmente alle "regole" sono stati in grado di confezionare un lavoro competitivo, contenente le migliori caratteristiche possibili. Un modello valido da prendere come esempio perché capace di illustrare la sfuggente complessità della realtà che ci circonda. La Svezia, ancora una volta, detta le regole del gioco. Chiunque sia legato al filone su citato dovrà acquistare questo disco!
Contatti: exhaleswe.com - facebook.com/officialexhale
TRACKLISTING: Wrath Unleashed, Avsky, Apocalypse, Machinera, Barriers of Blood, Monuments of the Dead, Concealed Within, Till Slakt, Glorify the Dumb, Vigilante, In This Valley, Etiketter, Illusions, Left Inside.
sabato 21 dicembre 2013
Recensione: DOGSTATE "Let It Loose"
CD 2013 - road to run records
I londinesi DOGSTATE potrebbero accontentare molti di voi, forti di un sound compatto che punta da subito al groove, con dei riff duri, diretti, grintosi, insomma senza particolari fronzoli. Loro stessi lo definiscono "hellbound rock'n'roll", ma resta il fatto che chi se ne intende sa cosa potrebbe aspettarsi da un album come "Let It Loose". Una potenza ad alto voltaggio che infiamma l'apparato uditivo. Note roventi (forse a tratti un po' prevedibili) influenzate da quel southern rock molto in voga oggi (l'esempio è "Heartbreaker" o la veloce "Gallows - Fall in Line"). Non nego di aver percepito delle dinamiche provenienti dai vecchi Alice In Chains, quelli della metà degli anni '90. La fortuna dei Dogstate è anche quella di avvalersi dell'operato incisivo del versatile e preparato Wayne Casserly, batterista in forza agli italo britannici The Francesco Fonte Band. Ritmiche sanguigne dicevamo, di quelle arcigne, accompagnate dalla voce graffiante di Rich Garcia. Nei brani del disco c'è tutto quello che serve per colpire l'ascoltatore appassionato di queste ardite sfuriate, che spaziano da fraseggi granitici a colpi che mirano più al rock suonato alla vecchia maniera. Se desiderate del materiale energico per spingere sull'acceleratore della vostra auto, "Let It Loose" è la colonna sonora perfetta. Semplicemente schietti e sinceri, quindi non aspettatevi molto altro.
Contatti: facebook.com/DogState - dogstateband@yahoo.co.uk
TRACKLISTING: Never Enough, Tide, Heartbreaker, Gallows (Fall In Line), Black 13, Pwgg, Southern Song, Colt, Right On, I Fall, Last Chance, Eye On You.
venerdì 20 dicembre 2013
Recensione: MASTODON "Live at Brixton"
DIGITAL ALBUM | VIDEO 2013 - warner bros | reprise records
Possano piacere o meno gli americani MASTODON nell'arco di 14 anni sono stati una delle band più influenti nell'evoluzione del metal (ovviamente
a livello internazionale). La loro metamorfosi ha saputo conquistare una grande fetta di pubblico, tra giovani metallari, appassionati di sonorità intelligenti, maniaci dei tecnicismi / virtuosismi, semplici curiosoni di circostanza. Insomma per farla breve la scalata del gruppo di Atlanta ha lasciato il segno su quanti li hanno voluti seguire. La verità è che Troy Sanders e soci hanno avuto pochi rivali e tantissimi cloni (spuntati come funghi di anno in anno...). Se devo dirla tutta, alcuni di questi ultimi potevano tranquillamente risparmiarsi la figura per non apparire ancora più patetici agli occhi di tanti. Per giungere con una maggiore lucidità a questa recensione ho deciso di riservarmi del tempo in modo da poter riascoltare tutta la loro interessante discografia. Questa si è rivelata una scelta giusta e doverosa avendo a che fare con una band di notevole portata. Lasciatevi alle spalle la prova ufficiale del passato "Live at the Aragon" - 2011 (a tratti un po deludente sulle voci) e abbandonatevi alla performance scintillante del nuovo "Live at Brixton" che, rende piena giustizia al valore dei Mastodon. Un disco di grande impatto, un live ben eseguito, segno che il gruppo ha saputo dare il massimo al di
là delle aspettative. La registrazione è avvenuta al O2 Academy di Londra l’11 febbraio dell'anno 2012, ma viene pubblicata solo oggi in versione digitale, in formato audio/video. Peccato per la strana scelta perché un prodotto del genere meritava sicuramente dei supporti fisici (CD, LP, DVD, BLUE-RAY). Spero sia solo una decisione momentanea! 24 brani che faranno la gioia dei fan più accaniti dei quattro musicisti provenienti dalla capitale della Georgia. L'intera scaletta lascia scorrere ottimi brani presi da un po' tutti i capitoli targati Mastodon (degli autentici classici) e, nessuno di questi delude sul piano emozionale. Ogni singolo componente dona il meglio di se in modo da elevare all'ennesima potenza la qualità di un nome che ormai è parte solida della storia del metallo contemporaneo. Veramente immensi su "Live at Brixton"!
Contatti: mastodonrocks.com
TRACKLISTING: Dry Bone Valley, Black Tongue, Crystal Skull, I Am Ahab, Capillarian Crest, Colony of Birchmen, Megalodon, Thickening, Blasteroid, Sleeping Giant, Ghost of Karelia, All The Heavy Lifting, Spectrelight, Curl of the Burl, Bedazzled Fingernails, Circle of Cysquatch, Guitar Solo, Aqua Dementia, Crack The Skye, Where Strides The Behemoth, Iron Tusk, March of the Fireants, Blood and Thunder, Creature Lives.
giovedì 19 dicembre 2013
Recensione: FUNERARY CALL "The Mirror Reversed - Part 1"
CD 2013 - cyclic law
Il progetto canadese FUNERARY CALL si proietta in un grigio immaginario desolante che mira a rendere visibili le ombre disperse nell'aldilà, un sound che nelle sue cupe tonalità riesce a spianare il sentiero tortuoso che conduce verso una condizione di continuazione dell'esistenza (dopo la morte fisica). Attraverso questa lunga traccia di 47:34 minuti si entra nella spirale dell'oscurità senza disporre di nessuna via di fuga. C'è qualcosa di sinistro nel comportamento del compositore Harlow MacFarlane. Ciò che fa paura è quando qualcuno scova le tue fobie e questo individuo riesce non solo a tirarle fuori ma anche ad utilizzarle contro di noi per annientarci. E' dark ambient spinto al suo estremo: violento, tenebroso e psicotico. In "The Mirror Reversed-Pt.1" le forze del male non esibiscono inquietudini tradizionali. Le vibrazioni fosche appaiono libere, prive di qualunque lato debole o vulnerabile. H.MacFarlane fa ciò che desidera con la sua maestria, senza avere nessun tipo di scrupolo. Si può dire che il musicista (originario di Victoria, BC e con sede attuale a Vancouver, BC) scompone la materia carnale del genere grazie a spunti che dilatandosi su correnti spirituali apportano volume ai rispettivi cambi di atmosfera. Il concept di Funerary Call acquista una rilevante importanza nello sviluppo di particolari sistemi metafisici che nella loro mostruosità riescono ad ammutolire l'ascoltatore più attento. "The Mirror Reversed-Pt.1" non ha bisogno di essere illustrato o spiegato, poiché altro non è che una delle componenti più astratte di un individuo. Una cosciente certezza! Sotto la recensione trovate un link per ascoltare in streaming.
Contatti:
cycliclaw.com
funerarycall.com
allmusic.com/album/the-mirror-reversed-part-1-mw0002582906
TRACKLISTING: The Mirror Reversed - Part 1.
mercoledì 18 dicembre 2013
Intervista:
SVART1 - "L'UOMO FOLLE, E' IL PROFETA DELL'AVVENTO DEL NUOVO"
OGGI SU SON OF FLIES HO IL PIACERE DI PRESENTARVI RAIMONDO GAVIANO, MENTE DI SVART1 INTERESSANTE PROGETTO DARK AMBIENT - INDUSTRIAL. L'INQUIETANTE APPROCCIO IDEOLOGICO-MUSICALE DEL COMPOSITORE ITALIANO, PROVENIENTE DALLA SARDEGNA (CAGLIARI) ENTRA A FAR PARTE DELLA CATEGORIA DELL'AVANGUARDIA MODERNA. DI FATTO, GAVIANO SEMBRA AVER EREDITATO IL DIRITTO ESCLUSIVO A CREARE MUSICA DAVVERO PROFONDA NELLA QUALE L'INTROSPEZIONE GIOCA UN RUOLO PRIMARIO. QUESTA LA LUNGA E INTERESSANTE CHICCHIERATA CON IL MUSICISTA...
1. Ciao Raimondo. Ho veramente piacere di darti spazio sulla mia Son of Flies webzine. Abbiamo avuto modo di conoscerci 3 anni fa (su internet, sfortunatamente). Se non ricordo male tu hai origini sarde… Cagliari? Dove vivi attualmente?
- Ciao Christian. Si attualmente vivo nella mia città natale dopo avere girovagato un bel po' in Europa tra Germania, Lituania, Ucraina, Ungheria prima per studio e poi per insegnamento. Dalla fine dell'anno 2010 sono rientrato stabilmente a Cagliari.
2. Possiamo iniziare con l’intervista! Parlami brevemente dei tuoi inizi. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti a tale genere musicale?
- Non mi definisco un musicista anche se dai 6 agli 11 anni come molti ragazzini ai cui genitori piaceva la musica classica mi ritrovai a dover seguire delle lezioni di pianoforte. Ho sempre avuto vicino una radio oppure un impianto Hi-Fi sin da piccolo (proprio per la passione dei miei genitori); ciò che mi fece però avvicinare al genere che attualmente produco è un preciso riferimento ad un ambito musicale che solitamente viene definito come assolutamente distante dal sound Industrial; parlo dell'acid house e di una canzone in particolare uscita per la Trax Rec. cioè Acid Tracks di Phuture. Quando la ascoltai venni letteralmente sbalzato in un'altra dimensione (e tutt'ora è così e non me ne vergogno assolutamente). L'utilizzo della drum machine, del TB-303 o dell'808 fu per me una scoperta immensa e finalmente capì il perché dell'astio nei confronti del pianoforte! Ovviamente poi ascoltai diversi altri brani che influenzarono il mio percorso. Tutti pezzi che non fecero però altro che farmi avvicinare (oltre che al mondo dei club che però per l'età non potevo ancora frequentare!) ad una propensione artistica particolare cioè quella che per me è essenziale per il genere di musica che mi piace fare cioè l'assoluta ignoranza in fatto di capacità musicale accademica e l'assoluta necessità di una predisposizione per l'utilizzo di ciò che prima era analogico e ora digitale. Diciamo che il mio avvicinarmi alla musica che faccio è un allontanarmi dalla musica stessa o almeno da tutta quella che mi facevano odiare quando ero piccolo. Successivamente venni a contatto con altri generi di musica ma molto per caso e saltuariamente ma come è naturale che fosse, il mio voler essere ignorante mi avvicinò, prima ad alcuni gruppi punk e da lì il passo fu breve per riconoscermi (almeno dal punto di vista sensibile) ai classici (principalmente per SPK, Clock Dva, FSOL, Coil, Asmus Tiechens e dal punto di vista visivo all'azionismo viennese). Solo in un secondo tempo ho scoperto il mondo della Cold Meat (che considero comunque assolutamente imprescindibile almeno sino al 2002-2003) soprattutto per la scoperta della Dark Ambient di Peter Andersson e della Galakthorroe della Famiglia Arafna. Oggi in realtà i miei ascolti si sono estremamente diradati, soprattutto perché il mio lavoro mi impegna quotidianamente e forse anche perché mi sto impegnando maggiormente sull'aspetto visivo della creazione; in sintesi ascolto tanta Techno della Prologue (soprattutto Claudio PRC), due interessanti progetti sempre sardi Saffronkeira e l'amico Massimo Olla (Noisedelik), alcuni gruppi della Label tedesca [aufnahme + wiedergabe], Umrijeti za Strojem, The Bridge oltre che alcune produzioni di una piccola Label rumena (Mask of the Slave Records) e naturalmente almeno secondo me il più interessante progetto Noise europeo cioè Uncodified; oltre questi ascolti ora mi sto appassionando a Die Selektion, Strafe Für Rebellion, Bloody Minded, All Seits, Kevlar Unit, Corrections House ad una piccola label svedese (Northern electronics) al croato TeHÔM ai veneti Zbeen ma anche alcuni lavori di Becuzzi, Deison e naturalmente di Balestrazzi e Mirko Santoru (in particolare il lavoro di Altieri, Becuzzi e Balestrazzi “In Memoriam J.G. Ballard” trovo sia esempio meraviglioso di “titanica suite post-industriale “ citando Michele Guerrini oppure Deison e Candor Chasma “Antimatter Circles” un intenso lavoro di bi-duale potenza espressiva davvero notevole) mentre in ambito più legato agli stilemi Dark Ambient New Risen Throne ed in misura minore Vestigial e Urna. Ma al di là di questi esempi un discorso a parte merita dal mio punto di vista la rimanente scena musicale italiana o almeno alcuni atteggiamenti. Appena rientrato in Italia naturalmente ho cercato delle labels che pubblicassero i miei lavori e nonostante una approfondita ricerca il massimo della risposta era che “non era periodo”. Proprio per questo motivo mi ritrovo ora piuttosto distante non solo dalle labels (che capisco prospettino a loro stesse un destino superiore al mio) ma in generale tranne alcuni esempi anche dalla scena dei gruppi italiana che, trovo, sia in alcuni casi piuttosto “raffinata” e “autocelebrativa” oltre che legata ad aspetti estetici In cui mi pare che l'“estetico” sia ancora rappresentato come l'oggetto in sé, piuttosto come un rapporto tra “soggetto-oggetto”.
3. Il nome Svart1 ha qualche riferimento specifico?
- Assolutamente si! Ero in una libreria a Tubinga e stavo cercando in un dizionario svedese il termine per scuro o nero e trovai il termine Svart, mi piacque anche e soprattutto perché oltre il discorso delle ultime tre lettere le prime due indicavano per me un percorso che ben chiarisce anche il mio approccio alla vita; da una parte la “s” in cui si esplicita tutto ciò che è morbido, rotondo e di comodo appoggio mentre la lettera “v” è l'esatto contrario; ruvido, affilato e tagliente. Ecco spiegato l'arcano....poi il discorso del numero è solo una esigenza nata dal fatto che ai tempi che furono quando mi iscrissi su Myspace non potevo usare il nome Svart (dato che in Svezia, Norvegia esistono centinaia di gruppi doom,hard e death metal che usano questo termine).
4. Svart1 introduce l’ascoltatore in un mondo astratto e irremovibile, una sorta di dimensione parallela percepibile ma non tangibile. Possiamo considerare il tuo ultimo “Satanische Helden“ come una sorta di concept album? Perché hai scelto quel titolo per identificare il disco?
- Decisamente. Il tutto nasce da una esigenza ideologica che si è ulteriormente sviluppata con Haram Wounds appena uscito con la Mask of the Slave Records, frutto di una collaborazione con il mitico ruvido L.C.B. Oggi viviamo in un mondo estremamente diversificato ma nel contempo tale diversificazione è assolutamente frutto di un costrutto teso a limitare la nostra azione individualistica; cioè è una invenzione di democrazia in cui proprio la democrazia sembrerebbe la panacea per i mali che il libro di Eric Hobsbawm Age of Extremes identifica nelle opposte ideologie. Una volta che i Nazismi e i Comunismi sono stati messi da parte sembrerebbe esistere solo un vincitore e tutti noi sappiamo chi ha vinto. Proprio da questa considerazione posso affermare che volere più eroi satanici corrisponde alla mia esigenza di cercare ciò che la democrazia definisce Satana. Satana è tutto ciò che per me è buono ma che per la società è da rinnegare e da nascondere e magari da massacrare ricorrendo pure a costrutti razionali di cui la Storia è piena. In questo contesto trovo che il mondo Arabo sia la vittima da sacrificare o meglio il nemico a cui indirizzare l'odio che è la base del capitalismo democratico di stampo statunitense. Per me la civiltà araba è quindi oggi il nuovo (in realtà vecchio ma con nuove basi) bersaglio inventato per sviarci dai reali problemi che infestano il mondo in cui quotidianamente viviamo ed interagiamo. In questo nuovo confronto mi sono ritrovato in molte delle affermazioni del compianto Bryn Jones anche e soprattutto nella svolta musicale che ho avuto a partire dal 2012 in cui ho apportato alcune modifiche ai miei suoni con precisi e marcati riferimenti alla musica della tradizione araba inserite in un contento più propriamente power electronics.
5. Il titolo “Satanische Helden“ lascia in sospeso possibili oscuri presagi e asserzioni enigmatiche. Quanto c’è di spirituale nel tuo operato? A parte ciò, pensi che il tuo approccio alla musica sia più legato al ragionamento o all’istintività?
- Questa domanda mi intriga molto insegnando Filosofia. Penso di operare assolutamente solo con la parte destra del cervello! Naturalmente la ragione è importante ma non nella musica (almeno per me). Da sempre intrattengo un rapporto privilegiato con la musica e con la filosofia, per differenti ragioni. Soprattutto in quanto la musica è perpetuamente connessa a personali stati emotivi, esistenziali e sentimentali; la musica stessa mi costringe a pensare, perché essa, non essendo definibile e di natura intangibile, lascia un vuoto che la riflessione tenta incessantemente di colmare. La musica è quindi per me (in realtà non solo per me) l’arte più “dionisiaca”, proprio perché sfugge alla logica della “forma” materiale e visibile, ponendosi sempre un passo al di là dal nostro pensiero razionale. Da sempre penso che musica e filosofia non si collocano in gradi di diverso rango all'interno della stessa scala gerarchica, ma occupano, ciascuna su una scala diversa e indipendente,
il rango più alto. La filosofia non è una scienza particolare, tale da penetrare profondamente in un settore della realtà come disciplina specializzata: ad essa è sempre stato attribuito il compito di unificare tutte le conoscenze, proponendosi come conoscenza suprema. La musica, a sua volta, è un'arte diversa dalle altre: è un'arte che va oltre le altre espressioni artistiche per la sua intangibilità e in alterne epoche della cultura è stata riconosciuta come arte-sapienza. La collocazione di musica/filosofia,sapienze parallele nella zona più alta dell'intelligenza , è per me la condizione ideale perchè l'una possa fondersi con l'altra, o almeno esserle di potente ausilio per illuminare meglio la comprensione ultima e definitiva del reale. Questo è in estrema sintesi il rapporto personale rispetto alla genesi di ogni operato musicale...un connubio di irrazionalità “ragionata”.
6. Quanto tempo hai impiegato per comporre “Satanische Helden“?
- In se l'elaborazione del lavoro non è stata particolarmente lunga ma come dicevo prima il percorso di avvicinamento lo è stato anche perché ho dovuto trovare degli strumenti (virtuali) che mi aiutassero nel lavoro di composizione. Sono assolutamente negato nell'utilizzo di qualsiasi percussione ed allora ho prima cercato qualcuno che potesse aiutarmi nella registrazione dei loop ma mi sono dovuto arrendere e ho ripiegato su una serie di macchine da cui estrapolare tali suoni. In realtà anche questo lavoro mi è stato particolarmente gradito perché ho dovuto imparare ad usare Max (cosa che mi ha fatto venire i capelli bianchi). All'inizio pensavo di mollare tutto e usare delle librerie ma poi ora riesco ad essere parzialmente autonomo e di sicuro i risultati sono indiscutibilmente più gratificanti. Il passaggio successivo è stato quello di inserire i suoni che io chiamo sotterranei ma in questo non ho avuto particolari difficoltà anche perché erano la base del lavoro; mi spiego meglio: Le modalità con cui realizzo i lavori musicali sono essenzialmente visive; cioè tutto parte da una visione...quasi uno spettro su cui inserire i vari passaggi musicali. Nel caso di Satanische Helden tutto parte da un lavoro dei November Növelet cioè More Satanic Heroes; del vinile ho fatto uno spettro sonoro e da lì sono partito nel senso che la visione dello spettro mi ha aiutato nel “vedere” Satanische Helden ma non nel voler utilizzare suoni dell'album ma proprio la visione dello spettro mi ha fatto da sfondo per l'inizio del lavoro. Arrivare a comporre quello che io considero il pezzo più significante di Satanische Helden cioè Samael è proprio la trasposizione dello spettro o meglio di quello che per me lo spettro di More Satanic Heroes significasse. In questo contesto il mio lavoro è come interagire su un calco e da li' continuare andando oltre il calco stesso.
7. Come sei venuto in contatto con la Industrial Culture?
- Semplicemente conoscevo Raphael in quanto gestore di una webzine (Kulturterrorismus); gli piacevano molti dei miei lavori audio-video e
mi chiese se volessi realizzare un cd. Ho apprezzato molto la cura nei particolari anche se devo ammettere che ci sono stati alcuni problemi ma devo dire che sono assolutamente soddisfatto della release ed in special modo del grafico che mi ha curato l'artwork.
8. C’è un particolare background musicale che ti appartiene?
- Oltre quelli che ti ho elencato non tanti altri.
9. L’ispirazione per Svart1 proviene da un sentire interiore oppure si riflette anche in ciò che ti accade intorno?
- Purtroppo vivo in un mondo in cui le sollecitazioni non mancano ed è naturale che ciò che mi accade intorno influenzi il mio lavoro ma come
ti dicevo prima cerco sempre di replicarlo in maniera completamente autonoma. In questo il mio sentire è assolutamente necessario anche se devo dire che non riesco ancora a spiegarmi come possa passare interi mesi a non pensare alla musica e poi tutto esce alla perfezione in un paio di giorni. E' un modo di visionare la realtà che mi ha sempre intrigato. Il massimo grado di pensiero è il non-pensiero o meglio è come inserire dei dati che solo successivamente ti daranno dei risultati e nel frattempo la tua vita scorre tra pochi cari amici, la mia Ivana e i molti film che faccio sorbire a me ed al mio gatto.
10. Preferisci interagire con la musica in solitudine, cioè quando sei concentrato nella fase di composizione, oppure per te è anche importante l’approccio live? Non credi che la presenza di un pubblico possa affievolire quella catarsi necessaria allo stesso musicista affinché si possa esprimere al meglio? Riesci a scindere le due cose?
- Assolutamente no. I Live mi sono sempre piaciuti e li cerco. Ma forse
è meglio chiarire una cosa; non certo per glorificarmi ma come esigenza “carnale”. Il confronto con me stesso è l'unico confronto che mi interessa; sono davvero poche le persone di cui necessito e di cui necessita il mio ego. Purtroppo noto che in alcuni casi il confronto con il Live è semplicemente una dimostrazione di ego e di chi ha la macchina più “lunga” (per usare un eufemismo maschilista). Per me è una esigenza come ti dicevo prima corporale ma solo con me. Il sentire il sangue che mi scorre, le dita che scivolano, le orecchie che si adeguano ad impianti che a casa non posso avere, la sintonia perfetta che mi piace ottenere tra audio e video sono tutte soddisfazioni che nella mia stanza ottengo ma che durante un Live vengono sublimate e tale sublimazione è ciò che garantisce la mia felicità. La fase di composizione è un altro rapporto; non ha nulla di carnale. E' più qualcosa legata ad una sperimentazione che davvero mi isola da tutto e da tutti ma che mi frustra sempre e comunque. Rimango come un adolescente al primo appuntamento con la ragazza più bella della scuola. Alla fine spengo tutto e penso sempre
di mollare tutto. Poi naturalmente riaccendo tutto e ricomincio ma la composizione è davvero come entrare dentro una Vergine di Norimberga.
11. Da secoli la follia della mente umana non ha limiti, spesse volte si riversa nella società con una brutalità inaudita. Omicidi efferati, violenza, stupri, pedofilia, estremismi religiosi, terrorismo, complotti… Pensi che il lato oscuro della psiche si introduca inconsciamente nel sound di Svart1?
- Penso che sia l'unica cosa che entra nella mia psiche. Ma non la banalizzazione della follia ma anzi la poesia della follia. Forse anche l'amore della follia. Per dirla alla Nietzsche L’Uomo Folle, è il profeta dell’avvento del nuovo e di sicuro non è la follia che porta l'uomo agli omicidi ma la mancanza di follia dato che se l'uomo fosse folle non si interesserebbe ad omicidi e altre oscenità che sono più un rifiuto del vivere in società e di voler accettare le regole sociali che pazzia in senso stretto.
12. Parlami un po’ dei tuoi videoclip. Alcuni sono davvero particolari ed evocativi. Mi colpì molto quello per la song “Non tutto ciò che tace è morto”. Te ne occupi tu della regia? Per ottenere determinati filmati collabori con degli artisti specializzati nel settore?
- Assolutamente tutto mio. Curo io tutto dalla a alla z e qualcuno dirà e si vede!! Comunque al di là delle varie battute il mondo dei visuals è assolutamente la base di tutto. La visione di una musica è come ti dicevo prima l'incipit del mio lavoro. Tutto nasce sempre e comunque da una idea visiva che poi viene sminuzzata e rigenerata attraverso la musica. Normalmente però anche qui tutto nasce per caso oppure come nel caso di ANGST dalla visione di un film che mi colpisce particolarmente mentre nel caso di DER SCHNITTER da una crisi personale e dall'utilizzo di Resolume. Solitamente in questo caso mi lascio andare e riprendo ciò che più mi aggrada e solo successivamente rielaboro. Tra i contemporanei (o forse meglio i viventi) mi piacciono tantissimo i lavori di Thomas Koner (che conosco personalmente e di cui sò apprezzare i miei lavori) mentre la "doppia soggettiva" e la depersonalizzazione cioè l'osservare il mondo attraverso la realtà filtrata dello specchio tipica di Maya Deren è in assoluto almeno secondo me il massimo tra le proposte sempre "fuori fase" rispetto ai discorsi dominanti. Amo profondamente Maya Deren come anticipatrice vera, portata d'istinto a dubitare delle formule facili,
a sperimentare e a misurarsi continuamente con la realtà che ricrea in continuazione. Tale realtà ricreabile recupera dal mio punto di vista la più autentica matrice ritualistica, mitologica e antropologica tipica della Deren. A questo proposito il lavoro DER SCHNITTER (uscito nel 2011 come tape release ma presentato anche come installazione audio-video a Zagabria) nasce proprio da questa esigenza di riprendere alcune tematiche della Deren di estetica pura slegata da qualsiasi congettura verista (spero in futuro di portare anche qui in Sardegna il progetto ma mi accorgo sempre più della difficoltà di accettare un lavoro video che necessiti di 5 TV catodici e per questo sto lavorando ad una edizione di DER SCHNITTER da usare insieme a Resolume più come Live che come video-installazione).
13. Hai mai pensato di scrivere del materiale per una colonna sonora? Hai mai avuto delle richieste al riguardo?
- Non ne ho mai ricevuto e non penso che ne riceverò ma in realtà non penso di esserne neanche capace. Lavorare su immagini di altri artisti
è dal mio punto di vista abbastanza difficile. L'immagine viene sempre modificata e non sempre è un bene.
14. Se dovessi scegliere 3 artisti che ti anno letteralmente segnato nel corso della tua crescita artistica?
- Facciamo 4: Antonin Artaud, Louis-Ferdinand Céline, Friedrich Wilhelm Nietzsche, Otto Mühl.
15. Quali sono i tuoi piani per l’imminente arrivo del 2014? Grazie per l’intervista Raimondo!
- A Novembre uscirà Haram Wounds la mia seconda tape insieme all'amico L.C.B. per la label rumena Mask of the Slave ma per il 2014 ho in serbo di continuare nel discorso iniziato con Satanische Helden e cercare di farla diventare una trilogia. Dipenderà da tante cose ma ci conto. Di sicuro il mood è quello di continuare nella ricerca visiva e così coniugarla con un forte impatto di quello che potrei definire T.A.P.E. (ti lascio nel mistero).
CONTATTI:
svart1.bandcamp.com
facebook.com/pages/Svart1/158485164186752
svart1.altervista.org
SVART1 line-up:
Raimondo Gaviano - Compositore
RECENSIONE:
SVART1 "Satanische Helden" DIGITAL ALBUM | CD 2013 - industrial culture
Statistiche: 74.126 visite / visitors per SON OF FLIES webzine
E' trascorso un anno e 3 mesi dalla nascita di SON OF FLIES.
Ho già scritto e pubblicato 707 posts (tra recensioni, interviste, etc.).
Il blog ufficiale della webzine è stato visitato da più di 74.000 utenti da tutto il mondo. Grazie per il SUPPORTO! Christian Montagna
18th December 2013 - SON OF FLIES WEBZINE Celebrates more than 74.000 visitors from around the World. I published 707 posts in 15 months!
THANKS FOR YOUR SUPPORT! Stay Tuned! Christian Montagna
Contatti:
christianmontagna.blogspot.it
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facebook.com/son.of.flies.webzine
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martedì 17 dicembre 2013
Recensione: SAL SOLARIS "Die Scherben 2004-2010"
DIGITAL ALBUM | CD 2013 - kultFront | zhelezobeton
Se si utilizza bene l'immaginazione osservando attentamente l'artwork di copertina della raccolta "Die Scherben 2004-2010", si potrebbe respirare da vicino sia la schizofrenia che le peculiarità sonore di SAL SOLARIS (uno dei più importanti progetti di musica post industrial - dark ambient provenienti dalla Russia). Le menti del progetto, Konstantin Mezer e Ivan Napreenko, sono esperti nel creare angosciose e perforanti ambientazioni legate per forza di causa ad un decadentismo innato, mischiando con una significativa personalità tutto ciò che gli serve affinché la sventura si possa materializzare davanti agli occhi dell'ascoltatore. Sia ben chiaro che i due compositori non sono gli ultimi arrivati (sono attivi al 1990), di esperienza ne hanno da vendere. Molte delle sfaccettature presenti nel sound sono in perfetta sintonia con il genere, quindi gli ingranaggi del motore alla base di Sal Solaris le modellano senza errori. Di tanto in tanto, quando si ha a che fare con particolari forme musicali in grado di aprirci le porte della percezione, bisogna solo spiccare il volo con la mente, abbandonarsi alla catarsi e intuire quel qualcosa di misterioso che c'è dietro la copertura immaginaria vestita da chi produce questo tipo di arte. La compilation dei due segue quella pubblicata nel 2006 ("Der Ruf") e raccoglie dei brani mozzafiato registrati in tempi diversi: "The Black Square" (2006, kultFRONT), "Iznutri" (2007, Ewers Tonkunst), "Rush for Black Celebration" (2008, kultFRONT), "Art of Caring the Dead" (2009, Dodozavr), "Heliophagia III" (2009, Heliophagia), "Heliolatria" (2010, Heliophagia). Inoltre contiene lo split 10" con Stahlwerk 9 (2004, Der Angriff) + diverse tracce inedite. Per alcuni artisti lo studio di registrazione diventa una casa di cura in cui le idee possono diventare pericolose, e lo stesso suono deriva da questa idea. "Rotten Reverie", "With Me", "Star" sono veramente da brividi (non da meno tutte le altre composizioni). "Die Scherben 2004-2010" è da avere! Non perdete tempo. Potete ascoltare l'album dal loro bandcamp.
Contatti: salsolaris.bandcamp.com - facebook.com/salsolaris
TRACKLISTING: Rotten Reverie, Prometheus, In the Orbit, Class on Dreaming, Battle Swans, With Me, Rush, Pripadok, Start, Trepet, Out, I.U.z.M. (Art of Caring the Dead).
lunedì 16 dicembre 2013
Recensione: MICROTONNER "Navigation"
DIGITAL ALBUM 2013 - autoprodotto
Gli austriaci MICROTONNER mettono alla luce un bellissimo album post rock (strumentale), decisamente ispirato, personale e suonato con invidiabile professionalità. Ho conosciuto il trio dopo aver letto la mail di Martin Baumann, unico chitarrista della line-up. Ero veramente concentrato nell' ascolto di "Navigation" perché questi tre ragazzi fanno della musica un corpo celeste abbagliane, in grado di rimanere impresso già al primo giro completo. Tutte e nove le canzoni hanno una valenza variabile, in ognuna ci sono diversi livelli di profondità. Quello più "intenso" è messo in evidenza dalla varietà dei particolari che, in ampia misura, legano le molteplici atmosfere espresse, richiamate dall'esterno mediante un bel songwriting ricco di pathos, da tenere in forte considerazione. Non posso negare che a impatto rimasi un po' spiazzato dalla copertina dell'album (forse troppo simile a quella di "Out of Exile" degli Audioslave)... ma come si dice in certi casi: "de gustibus" (ovviamente). Le dinamiche su "Navigation" sono elastiche e giocano un ruolo fondamentale nel sound dei Microtonner. Si intuisce subito che questi musicisti le hanno costruite in modo che potessero funzionare anche dal vivo. L'unica pecca del disco è che si tiene troppo spesso a distanza da momenti più duri, propulsivi, groove. Serviva maggiore potenza in alcune canzoni, giusto per alzare il tiro (come fatto sulla riuscita "Dark Surface"). A parte le mie visioni d'insieme, direi che "Navigation" ha un buon muro di suono, ma anche una certa fragilità che rappresenta un complemento importantissimo. Comunque, tutti gli stati d'animo hanno un equilibrio costante. La musica parla da sé! Da non sottovalutare assolutamente. La loro identità è ben definita!
Contatti: microtonner.com - microtonner.bandcamp.com
TRACKLISTING: Departure, Seawards, Exploration, Dark Surface, Nowhere, Floating, Lighten, Back Again, Gone.
domenica 15 dicembre 2013
Recensione: EPHEL DUATH "Hemmed by Light, Shaped by Darkness"
CD | LP 2013 - agonia records
Davide Tiso è uno di quegli artisti / musicisti che viaggiano in maniera indipendente e, non credo sia mai stata sua intenzione esprimere musica che potesse piacere alla massa. Il nuovo album "Hemmed by Light, Shaped by Darkness" non si sottrae a questo modus operandi! Se poi si entra nel merito di ogni singola canzone il discorso si complica ulteriormente... data la volontà e il desiderio che non tradisce mai il gusto del rischio. L'architettura monumentale di Tiso si presenta dunque decisamente carica di articolata tridimensionalità. Un uomo che della contaminazione e della complessità strutturale ha fatto in qualche modo, i suoi temi dominanti. Anche la sensibilità esacerbata della sua compagna Karyn Crisis lo ha spinto pertanto a dare il massimo in fase di songwriting. La performance della cantante americana non accusa mai il colpo, sulle sue corde tese mette a confronto esistenzialismo, drammaticità, pulsione vitale, con una dinamica eclettica che ha dell'assurdo. Davide e Karyn si completano in senso termodinamico e perfettamente alchemico tenendo attiva l'ossessione nella loro oscura tragicommedia (tormentata da protagonisti scellerati, malconci, deformi). Nel 2013 appare illuminante come i riconoscimenti più grandi per il musicista italiano arrivino proprio da oltreoceano (ormai Tiso è in pianta stabile negli States). La creatura EPHEL DUATH combina
e favorisce accoppiamenti "alienanti" che regalano il terribile godimento della perdita del corpo in una dimensione sconosciuta ma paradossalmente accogliente. Quando la potenza delle visioni personali è così profonda, l'esperienza di esse ha un'intensità indecifrabile. Questa è Arte che non ha bisogno di codifiche! Possa piacervi o meno!! Consigliati a molti ma sicuramente non a tutti.
Contatti: facebook.com/EphelDuathOfficial - ephelduath.tumblr.com
TRACKLISTING: Feathers Under My Skin, Tracing the Path of Blood, When Mind Escapes Flesh, Within This Soil, Those Gates to Nothing, Through Flames I Shield, Hemmed by Light, Shaped by Darkness.
sabato 14 dicembre 2013
Recensione: MEON "When Each At Least Unto Himself Shall Waken"
DIGITAL ALBUM | DIGIPACK CD (Edizione Limitata) 2013 - arête records
Adi Lincoln è il nome che si cela dietro il progetto Méon. L'inglese si cimenta in un post rock / shoegaze caratterizzato da una certa estetica drone - ambient che in linea di massima non disturba la resa strumentale del CD "When Each At Least Unto Himself Shall Waken". Il concept attorno a cui su muove il suo nuovo lavoro ha radici solide nei generi trattati, ma se solo il musicista avesse cercato di smuovere un po' la sua lineare staticità ci saremmo trovati davanti ad un sound meno vulnerabile. Con questo non voglio dire che Lincoln non sappia creare emozioni stimolanti, al contrario, l'impianto dell'anno 2013 possiede una precisa identità, a tratti seducente mentre raccoglie le escursioni ambientali. Lo scenario musicale riesce a mantenere sveglia l'attenzione durante l'ascolto, anche perché il disco dura poco più di mezzora. Di supporto alle sonorità c'è l'amico Dan Leader con il quale si è occupato dell'intera produzione post -produzione. Gli episodi più significativi si possono gustare in diversi momenti del disco, soprattutto sulla seconda e terza traccia: "Nothing Changes but Clock Hands That Move Implacably from Twelve to One" e "The Man At the Edge of the Desert", quest'ultima dal fascino triste/decadente . Azzeccata la scelta di utilizzare delle voci narrate all'interno degli svolgimenti strumentali. Se avranno il coraggio di rischiare di più, in futuro potrebbero arrivare delle belle sorprese. Diamogli fiducia!
Contatti: meonsmusic.bandcamp.com - facebook.com/areterecords
TRACKLISTING: Within We Go - We Go Without, Nothing Changes but Clock Hands That Move Implacably from Twelve to One, The Man At the Edge of the Desert.
venerdì 13 dicembre 2013
Recensione: THE ECHELON EFFECT "Atlantic"
DIGITAL ALBUM 2013 - autoprodotto
Le aspettative per il nuovo album degli inglesi THE ECHELON EFFECT erano alte, ed è sorprendente constatare come il polistrumentista Dave Walters e il suo compagno di viaggio Steve Tanton alla batteria (oltre che agli ospiti Torsten Kinsella voce su "Hidden Rocks", Ciaran Morahan chitarra in "Remember Sennen" e Noah Champoux voce narrata sulla bella "Fallen"), non abbiano deluso i loro seguaci. "Atlantic" va addirittura oltre perché capace di ondeggiare con delicate movenze sopra la superficie dell'acqua calma, illuminata dal crepuscolo. L'album riconferma quanto di buono sia stato già fatto da questi musicisti, con l'unica differenza che l'attuale sound è ancora più raffinato, ricco di melodie accattivanti... spruzzate da fluttuanti elaborazioni introspettive. Colpiscono la scelta dei suoni, la gestione degli arrangiamenti (sempre freschi, ben disposti). Il nuovo "Atlantic" cerca di riallacciarsi ai capitoli precedenti facendo leva su atmosfere che possano rapire l'attenzione dell'ascoltatore. In gran parte del disco i TEE ci riescono, fortunatamente senza mai ricorrere a futili soluzioni preconfezionate. Il progetto messo in moto da Dave Walters si stabilizza definitivamente su livelli alti di emozionalità ed è questa entusiasmante sensibilità a farlo diventare così accattivante. Un inno per chi ama la musica da trasporto, realizzata con la professionalità di chi antepone la qualità delle note alla ricerca fine a se stessa. Provare per credere. "Atlantic" è la prima parte di un doppio album, la seconda (intitolata "Pacific") verrà pubblicata nel 2014.
Contatti:
theecheloneffect.bandcamp.com/album/atlantic
facebook.com/theecheloneffect
TRACKLISTING: Minack, As The Lights Fade Away, Hidden Rocks (feat. Torsten Kinsella), Fallen, Marazion, Masts, Dream Of Dry Land, Guiding In, Remember Sennen (feat. Ciaran Morahan), Panama, Tired Wings.
giovedì 12 dicembre 2013
Recensione: OBSIDIAN KINGDOM "Torn & Burnt - The Mantiis Remixes"
DIGITAL ALBUM | CD 2013 - autoprodotto
Provengono dalla Spagna (Barcellona-Catalonia) gli OBSIDIAN KINGDOM, già conosciuti in occasione del debut album "Mantiis – An Agony in Fourteen Bites" uscito come autoproduzione nel 2012. Un quintetto, la cui intesa
è stata cementata proprio da quel primo lavoro che, pur essendo legato a sonorità metal, si fratturava spesso mediante contaminazioni sperimentali derivanti da vari influssi della musica progressiva di fine anni '90 e inizi '00. Il disco presentava dei buoni spunti, resi vitali da tutta una serie di dettagli ed arrangiamenti armoniosi e avvolgenti. Ancora oggi mi rimane impressa l'abilità dei musicisti in fase di songwriting. E'passato solo un anno da allora e oggi fanno ritorno con "Torn & Burnt-The Mantiis Remixes". Leggendo la scaletta dei brani mi sono reso conto che la band ha deciso di coinvolgere otto artisti per dei remix di alcuni pezzi del full-length su citato. Per certi versi una scelta molto particolare (ma non insolita), per altri davvero riuscita. Vengono chiamati in causa dei compositori della migliore scena Electronic, IDM, Experimental (Subheim, Poordream, Necro Deathmort, Larvae ed altri) e ne viene fuori qualcosa di intenso, rumoroso, abrasivo... imbastardito da trame musicali contorte e nettamente stralunate. In particolare vorrei citare "Last of the Light" (Subheim vs Poordream Remix), "Awake Until Dawn" (Necro Deathmort Remix) perché le trovo coinvolgenti nella loro cupa euforia. Difficile dire se la parziale corporatura camaleontica di questo album si rivelerà stabile nel futuro prossimo, o se invece "Torn & Burnt - The Mantiis Remixes" è solo una parentesi provvisoria: di sicuro, però, gli Obsidian Kingdom garantiscono una notevole scarica elettrica, ad accompagnare una formula sonora comunque a suo modo personale e nient'affatto mediocre. Quando si dice un buon ritorno! Da provare.
Contatti:
obsidiankingdom.bandcamp.com/music
facebook.com/obsidiankingdom
TRACKLISTING: And Then It Was (Oktopus Remix), Last of the Light (Subheim vs Poordream Remix), Awake Until Dawn (Necro Deathmort Remix), Fingers in Anguish (Jr Morgue Remix), Haunts of the Underworld (Drumcorps Remix), The Nurse (Larvae Remix), Answers Revealing (Mothboy Remix).
mercoledì 11 dicembre 2013
Recensione: BEN FROST "Black Marrow"
DIGITAL ALBUM 2013 - autoprodotto
BEN FROST (nato nell'anno 1980) è un compositore/produttore australiano. Attualmente vive e compone a Reykjavík in Islanda. La sua agghiacciante musica minimalista, strumentale e sperimentale mette davvero i brividi se ascoltata nel buio di una stanza. Solo accendendo una piccola candela si potrà avere la sensazione di non sentirsi sbranati dalle bestie ruggenti presenti nelle prime due tracce del disco: "The Lake", "Undulating Beast" (sto parlando di ruggiti veri, campionati dal musicista all'interno del flusso sonoro). Mai sentito nulla del genere in ambito Dark, Industrial, Ambient. Oltre ad aver pubblicato diversi interessanti album (Steel Wound - 2003, Theory of Machines - 2007, By The Throat - 2009) è stato artefice delle musiche per vari film (Sleeping Beauty - 2011 e In Her Skin - 2009. ..Ovviamente non possono essere messe in secondo piano le collaborazioni con due importanti compagnie di danza contemporanea (la Chunky Move e The Icelandic Dance Company). Un appunto per l'interazione con il coreografo inglese Wayne McGregor. Frost sparge il liquido acido del suo cervello su di un terreno ghiacciato, cercando di corroderlo dalla superficie. Via via che la massa si scioglie e si consuma la reazione vitale si rallenta, il respiro diventa affannoso. Ben studia attentamente l'ambiente che lo circonda perché si pieghi alla sua volontà. Con la robustezza delle note tocca la parte interna del corpo dove la carne è più calda e dove le sue lame taglienti possono lacerare senza lasciare residui. Ognuno di voi potrà dare un'interpretazione soggettiva al disco. Questo è il cancello dietro il quale si trova un mondo nascosto e insalubre! Ben Frost è un artista che lascia solchi profondi, infatti tutto ciò che giace in "Black Marrow" crea un concentrato di vibranti pulsazioni. E' un lavoro dalle tinte fosche che dimostra il talento di un musicista unico, abbracciato costantemente dall'ispirazione!
Contatti:
benfrost.bandcamp.com/album/black-marrow
facebook.com/theghostofbenfrost
TRACKLISTING: The Lake, Undulating Beast, Carbon Vessel Motherfucker, Metal On Skin, A Crude Awakening, Familia I, Familia II.
martedì 10 dicembre 2013
Recensione: DANCE WITH THE DEAD "Out of Body"
DIGITAL ALBUM 2013 - autoprodotto
Questo è un album da brividi! I due californiani J.Pointer and T.Kim ci danno dentro a colpi di Synthwave / Synthpop o per semplificare le cose potrei anche chiamarla electro - dance music. I 15 brani inclusi in "Out of Body" sono destinati ad intere masse di scatenati, preparati a darsi battaglia (fino all'ultima goccia di sudore) su una gigantesca pista da ballo. Oltre alle caratteristiche sistematiche del genere, qui siamo di fronte ad un sound costruito a meraviglia, le cui atmosfere riportano indietro nel tempo, a quegli indimenticabili anni '80, quando le lunghe liste di titoli relativi alle canzoni più ballate facevano breccia nelle radio di mezzo mondo (...oltre che in tv!). Le varie "Robeast", "Blind", "Fracture", "Thrasher" sono la quintessenza della musica elettronica del passato, non da meno le potentissime "The Deep", "Only a Dream", "Cobra", capaci di abbracciare più influenze, in parte figlie della prima synth-pop inglese, quella dei vecchi Depeche Mode, per intenderci. Non mancano le trame più oscure e laceranti, ad esempio basta prendere "Hell Ride", "Zombie Night"... Tutto scorre in vena come una letale dose di eroina e, la cosa sensazionale è che l'intero disco è davvero irresistibile. Pura Energia la definirei! Kin e Pointer addomesticano la propria horrorifica istintività in modo da scagliarla contro l'ascoltatore nei giusti momenti . Le chitarre diventano parte fondamentale del songwriting ma una delle caratteristiche peculiari di questo lavoro sono proprio i suoni "puliti" di una batteria palpitante, anche se spesse volte processati attraverso i sintetizzatori. Nell'andamento compositivo dei DANCE WITH THE DEAD non è tanto importante guardare a ciò che è stato o al futuro, quanto rimanere "fedeli" ai dancefloor. Qui è la musica ad elevarsi nella sua immediata bellezza. Probabilmente, "Out of Body" suona fresco perché inglobato in una serie di sonorità precise e mai troppo statiche. L'ottima produzione riesce a dare giustizia all'impianto retto dall'adrenalina. La sfida è stata vinta! Ora, fate attenzione: gli zombie sono nuovamente intorno a noi. Ricordo che J.Pointer ha precedentemente prodotto musica elettronica sotto il nome Jaypeau. La versione digitale dell'album la si può trovare sul loro bandcamp. Impeccabili ed Iplacabili!
Contatti:
dancewiththedead.bandcamp.com/album/out-of-body
facebook.com/dancewiththedeadmusic
TRACKLISTING: Intro, Robeast, Blind, Fracture, Thrasher, Out of body, The Deep, Dancing on air, Only a dream, Hell Ride, Cobra, Mr. Terror, Zombie Night, Stitch, Sunset.
lunedì 9 dicembre 2013
Recensione: LIGHTS DIM WITH GALLERY SIX "Between Spaces"
CD 2013 - spekk | kaico
E' la prima volta che sento parlare dei LIGHTS DIM WITH GALLERY SIX. Ho conosciuto casualmente questo disco, ascoltandolo attentamente tramite la pagina bandcamp. Il lavoro altro non è che una compilation nella quale si è voluto documentare un anno di collaborazione tra due ottimi musicisti: Marek Kamiński e Hidekazu Imashige. Lights Dim è il progetto solista del polacco Kamiński noto per i suoi lavori su Audio Gourmet, Preserved Sound e GV Sound. Lo stesso Marek, in questo "Between Spaces", decide di voler collaborare con il suo amico giapponese (in arte Gallery Six) proveniente da Hiroshima. Il connubio è davvero esemplare visti i risultati raggiunti dalla coppia. Le note evocano paesaggi luminosi, sconfinati, svuotati dal dramma che sovrasta la realtà che ci circonda, perciò capaci di ammaliare , riscaldare e proteggere. Il suono è così toccante che i vari strumenti acustici come il pianoforte e la chitarra, risultano ancora più pungenti mentre si dilatano sui campioni generati in fase di songwriting. "Between Spaces" può essere visto come un meccanismo in cui l'illusione rammenta l'azione, dando l'opportunità di elevare gli ascoltatori al ruolo di veri e propri attori. Se amate abbandonarvi in spazi aperti che richiamano i Sigur Rós o i più distesi Pink Floyd di Gilmour ("Echoes Of The Ongoing Riot"), non perdete la possibilità di scoprire questo meraviglioso album. L'arte di Lights Dim with Gallery Six ha la capacità di risvegliare tutti i sensi.
Contatti: lightsdim.bandcamp.com - facebook.com/LightsDimMusic
TRACKLISTING: Echoes Of The Ongoing Riot, Dancing Beneath The Ocean, Long Distance Call, Sea Of Tranquillity, Mission Time, Parachutes, After The End, All Went Quiet, We Could Finally Rest, Voyagers.
domenica 8 dicembre 2013
Recensione: GLOCKENSPIEL "Dupleix"
LP | CD 2013 - babel label
Adrian Dollemore e Steve d'Enton sono gli artefici del sound improvvisato che caratterizza il battito audace del progetto GLOCKENSPIEL. I musicisti inglesi traggono ispirazione da molteplici stili tra i quali spiccano per impatto: drone, elettronica, post rock.. e partendo da questi, mutano la profusione di suoni, rumori, riverberazioni fino a saturarne l'evoluzione stessa. Queste cinque tracce sono influenzate dallo spirito eclettico che i nostri hanno deciso di introdurre in musica per creare ambientazioni consone ai loro gusti. La rappresentazione espressa nel nuovo "Dupleix" si avvale anche della tecnica del duo, che fa eco nell'architettura del disco, decorandone ogni superficie. La concezione ornamentalistica di Glockenspiel prova ad entrare in osmosi con l'ascoltatore per penetrarlo dal cuore. I sostenitori di tali sonorità condivideranno sicuramente le medesime vibrazioni e scelte di Dollemore / d'Enton, ma anche gli altri potranno trovare la giusta chiave di lettura gustando la metamorfosi di brani quali "Tramadol" o "Fentanyl". "Dupleix" diventa così un perfetto accompagnamento, ricco ed emozionale. Complimenti sinceri!
Contatti: facebook.com/pages/Glockenspiel/42150447704
TRACKLISTING: Larven, Dupleix, Bellville, Tramadol, Fentanyl.
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