Parlare di Anile Dahl (DAHLIA'S TEAR) significa parlare di un artista che partecipa attivamente allo sviluppo della musica drone/dark ambient, nei cui confronti è stato capace di mantenere sempre un metodo sperimentale, aperto verso tutte quelle possibili soluzioni in grado di ampliare il suo spettro sonoro. Le tracce di "Through the Nightfall Grandeur" sono fonti di illuminazione duratura che colpiscono i due diversi volti del mondo: quello interiore e di conseguenza quello esteriore. Anile Dahl mette in evidenza le proprie linee guida interagendo con la rappresentazione di un Tutto che possiede una forza celebrativa e mistica. Artwork, songwriting, produzione sono stati elaborati con maestria, a favore di nove tracce che si distinguono per la loro singolarità e magnificenza. Non deve stupire, pertanto, se "Through the Nightfall Grandeur" verrà considerato uno dei migliori album del genere usciti nel 2018. Pura catarsi sonora.
TRACKLIST: Encroaching Shadows Beckon to Chase the Fleeing Light, The Keeper of Broken Dreams and Tattered Spirits, Forlorn Whispers on a Moonlit Path, The Frozen Echoes of the Endless Moor, Bitter Silence of Desolate Steps, Drowning in Delusions of Grandeur, Lamenting Memories Long Past in the Remnants of Darkness, Drifting into the Void Grasping at Fading Starlight, Lost in the Crystalline Enigma
"Upon Desolate Sands" dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto Erik Rutan sia assurto da tempo alla posizione di Maestro nella scena estrema grazie ad un intenso lavoro di valorizzazione del death metal contemporaneo, come musicista e produttore. Tra i molteplici aspetti che gli HATE ETERNAL offrono ai loro fedeli seguaci, uno dei più rilevanti è senz'altro quello qualitativo: lo specchio riflette un gruppo navigato che dopo aver vissuto periodi diversi e con line-up differenti è ancora in grado di sbalordire tenendo testa all'incostanza del mercato odierno, assumendo così una posizione leader a livello internazionale. Tre anni di distanza dall'uscita del precedente "Infernus", più di 1000 giorni per mettere alla luce un nuovo full-length architettato e suonato in maniera eccelsa: la varietà ritmica, la profondità e il dinamismo dei nove brani conferiscono al già solido marchio di fabbrica dei Nostri un'ulteriore brillantezza che costituisce un elemento chiave sul piano dell'azione. La tecnica non è fine a se stessa se si hanno delle idee valide da riversare nei solchi di un supporto fisico. Fa da contraltare una produzione ancora più imponente e voluminosa, adatta a valorizzare ogni sfaccettatura dei tanti passaggi. Questo, per una formazione che, con un disco destinato a perdurare nel tempo, dimostra di non avere affatto dimenticato le radici del death metal, avendo la piena consapevolezza di voler migliorare in modo adeguato alle esigenze del presente. Un ritorno discografico come "Upon Desolate Sands" era necessario per attirare altri adepti ai piedi del trono oscuro. La durata è quella giusta: mezz'ora abbondante. Se mai avessi voluto utilizzare una valutazione numerica, la mia scelta sarebbe stata 10/10.
TRACKLIST: The Violent Fury, What Lies Beyond, Vengeance Striketh, Nothingness of Being, All Hope Destroyed, Portal of Myriad, Dark Age of Ruin, Upon Desolate Sands, For Whom We Have Lost
Supportati dall'immagine infernale rappresentata sull'artwork di questo secondo full-length, gli australiani BASTARDIZER fanno rivivere il mito degli anni '80, consapevoli di riprendere per filo e per segno tutti gli elementi che hanno dato il via al concetto "puro" di thrash/black metal, o meglio dire blackened thrash/speed metal. Il loro stile fatto di riff immediati e ignoranti tira dritto mostrando gli artigli. E' una volontà determinata e per nulla presuntuosa quella che alimenta il nuovo "Dawn of Domination". Con i brani "Whiskey 'til Death", "Hellions of the Oath" la band trova anche il modo di esternare il proprio amore incondizionato per il rock 'n' roll cazzuto dei seminali Motörhead. Per farla breve, questi quattro ragazzi non risparmiano la componente groovy tipica del genere in questione, riuscendo nello scopo di offrire una prestazione convincente.
TRACKLIST: Dawn of Domination, A Dose of Vengeance, Crimson Trenches, Death Cult, Demons Unleashed, Whiskey 'til Death, Up the Ante, Hellions of the Oath, Midnight in Hell, Mongrels' Wrath/The Depraved Nazarene Whore, Unholy Allegiance
Ascoltare un disco dark ambient è come scalare una piramide: all'inizio l'andamento del passo può essere lento ma, man mano che si sale, diventa impossibile mantenere invariato il ritmo dei movimenti. La scalata può subire un'accelerazione, e anche se può sembrare lenta, di fatto non lo è, se non altro perché gli spostamenti cambiano nello scorrere del tempo. Perciò se in "Codex" esiste un mutamento reale o apparente di stile, esso viene imposto dalle diverse sezioni contenute nelle tracce. E' importante capire perché un lavoro del genere è in grado di modificare le percezioni visive. D'altra parte sono necessari ripetuti ascolti: senza quelli, non riusciremmo a cogliere le sfumature dei suoi significati. Il compositore Simon Heath si espone senza veli, con un sound più ampio, orchestrale e liberatorio, adeguatamente costruito per elargire un forte pathos agli scenari astratti messi a fuoco dalla sua mente visionaria. Ecco quindi come può risultare sorprendente un album dark ambient del 2018. ATRIUM CARCERI opera in funzione di un'enorme crescita artistico-compositiva.
TRACKLIST: The Void, From Chasms Reborn, The Seer, A Memory Lost, The Empty Chapel, Path of Fallen Gods, The Ancient City, Sacrifice to the Machine, The Maze, A Hunger too Deep, The Citadel
Continua, senza nessuna tregua, il bombardamento sanguinario dei GLUTTON FOR PUNISHMENT, una delle realtà odierne presenti nelle cripte fatiscenti del death metal underground. Lo spirito travolgente che pulsa nel nuovo album "The Mutilation Process" si confessa in maniera decisa, muovendosi in linea con le regole ferree dettate da quella scuola di pensiero che, fin dalle sue influenti origini, viene considerata la più intransigente del panorama metal. Le 10 canzoni proposte dai Glutton for Punishment, escludendo la strumentale "When the Tempest Ends", fanno tornare in mente le atmosfere maleodoranti già vomitate da due band ormai scomparse dalla scena americana: mi sto riferendo a quanto fatto dai Sepsism e Scattered Remnants alla fine degli anni novanta. Ma durante l'ascolto delle singole tracce si possono anche trovare dei punti di contatto con altri gruppi amati e sostenuti dai death metaller: Beheaded, Gorgasm, Deeds Of Flesh, Inveracity. I Glutton for Punishment si dimostrano bravi nello scrivere il loro death metal sferzante e virulento, ma naturalmente nulla in grado di superare un certo grado di normalità. Se siete affamati di carne in via di putrefazione, potete nutrirvi abbondantemente al banchetto offerto dai cinque deathster del Minnesota. Il primo artwork del disco, visibile sopra la mia recensione, è stato censurato perché ritenuto troppo offensivo.
TRACKLIST: Red Room, Cannabinoid Hyperemesis, Curbside Waste, Narcotized, I Must Eat, Ferociously Defleshed, Evolution Through Annihilation, The Mutilation Process, When the Tempest Ends (strumentale), Always on Deaths Door
Chi non conosce i LIVIDITY di Dave Kibler? Penso che l'identità assassina dei deathster in questione non può essere messa in discussione dai fan di un certo tipo di sonorità. Questa band americana, nata nel '93, vanta un lungo percorso artistico che ha scandito la loro sopravvivenza in quella corrente sonora comunemente riconosciuta come "brutal death metal". Qui non si fanno prigionieri! "Perverseverance" è un album bastardo, per il modo di agire del quartetto dell'Illinois, incentrato sull'efferatezza di un genere che lo si può solo amare od odiare. Se dovessi comparare gli attuali Lividity ad un'altro gruppo d'oltreoceano, potrei tranquillamente chiamare in causa gli altrettanto malati Waco Jesus, quelli del bestiale "Mayhem Doctrine" (2013). L'incedere "no compromise" delle canzoni ha lo scopo di percuotere, stuprare e sfigurare chiunque gli capiti davanti. La cattiveria d'intenti, i riff rigorosamente a motosega, le accelerazioni improvvise, tutte le dinamiche giocate sui fraseggi cadenzati, l'immagine di copertina e le tematiche sanguinolenti ma anche sarcastiche, ogni cosa eseguita secondo gli stilemi del miglior gore metal made in USA. Un disco perverso, ispirato e ben prodotto "Perverseverance", capace di riscattare i mezzi passi falsi compiuti dai Lividity in passato. L'uscita è prevista per il 30 novembre 2018 via Metal Age Productions.
Contatti: lividity-map.bandcamp.com/album/perverseverance facebook.com/lividityofficial TRACKLIST: Kill Then Fuck, The Pussy Horde, Meat for the Beast, Cumming with Labial Pulp, Whore Destroyer, Bitch Cunt Fuck , Violated in the Vatican, Parasitic Infestation, Something's Dead, Tampered Flesh, Pussy Lover-Salvation, Perverseveranc
GLI ABORTED NON HANNO PIU' LIMITI, IN FONDO POSSIEDONO TUTTO: ESPERIENZA, BRANI KILLER, UN OTTIMO REPERTORIO E QUEL TOCCO DI ORIGINALITA' CHE ORMAI E' DIVENTATO INDISPENSABILE NEI LORO ALBUM. ANCORA UNA VOLTA APPOGGIATI DALLA CENTURY MEDIA RECORDS, I NOSTRI DANNO ALLE STAMPE "TERRORVISION", NUOVO FULL-LENGTH CHE SI CANDIDA ANZITEMPO TRA LE MIGLIORI USCITE DEL 2018. PER FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE HO DECISO DI CONTATTARE IL BASSISTA STEFANO FRANCESCHINI (GIA' MEMBRO DEGLI HIDEOUS DIVINITY), ENTRATO NELLA BAND BELGA NEL 2016.
1. Ciao Stefano. Grazie per aver accettato di rispondere all'intervista.
- Grazie a te, Christian, è un piacere.
2. C'è un nuovo album che state promuovendo, ed è giusto che la prima domanda sia focalizzata su "TerrorVision". Quali erano i vostri obiettivi in termini di songwriting e di produzione? Pensi che le vostre scelte artistiche abbiano funzionato su questo nuovo lavoro?
- Non che avessimo un obiettivo particolarmente veicolante, senz'altro per quel che riguarda la produzione eravamo assolutamente certi di voler lavorare nuovamente con Kohle dopo gli ottimi risultati di 'Retrogore' e 'Bathos'; sì, ci riteniamo molto soddisfatti anche del risultato ottenuto con 'Terrorvision'.
3. La cosa interessante è come "TerrorVision" alterni passaggi innovativi ad altri dal sapore più classico. Sembra che gli Aborted non abbiano difficoltà nel trovare il perfetto bilanciamento tra gli elementi caratteristici del loro sound. Sei d'accordo?
- Sì, abbiamo cercato di dare una ventata di freschezza con questo album senza però snaturare quello che può essere definito il trademark della band: ritmi velocissimi, sonorità tipicamente grind e il range multiperformante di Sven alla voce per citarne alcune caratteristiche.
4. In questo album emerge ancora una volta l'ottimo feeling compositivo tra le chitarre e la sezione ritmica. Qual è il vostro segreto? E' stato difficile approcciarti alla loro musica?
- Basti pensare che lo stesso Ken (musicista dal talento imbarazzante che sa suonare alla grande anche la chitarra) ha scritto diversi brani per 'Terrorvision', ecco che il feeling di cui parli si instaura piuttosto automaticamente; fortunatamente no, i ragazzi mi hanno messo subito a mio agio in quanto a libertà creativa.
5. Come sei entrato in contatto con i ragazzi della band? Conoscevi già il leader Sven?
- Tramite una cover su youtube! Feci questa cover di 'Necrotic Manifesto' anni fa e dopo qualche tempo venni contattato poiché la band era alla ricerca di un bassista e non ci ho pensato mezza volta!! Mmh, in realtà non li avevo mai conosciuti di persona.
6. I fan del death metal non sono molto tolleranti nei confronti delle band che sperimentano troppo. In qualche modo vi tocca l'eventuale ipotesi di poter perdere parte dei fan maggiormente legati ai vostri primi album?
- Siamo pronti a qualsiasi eventualità, ahah, ma tutto sommato bisogna un po' saper rischiare ma soprattutto trovare il giusto equilibrio tra sound e sperimentazione, altrimenti ci sono gli estremi opposti del sound che invecchia senza mai progredire o dell'avanguardia sterile fine a se stessa.
7. I testi degli Aborted riflettono l'immaginario dei loro artwork? Oppure le bellissime immagini "horror e fantasy" sono solo un mezzo necessario per catturare l'attenzione dell'ascoltatore? Oggigiorno, nella scena metal, l'estetica sembra essere più importante rispetto agli anni '90. Qual è la tua opinione al riguardo?
- L'horror farà sempre parte del bagaglio concettuale degli Aborted, siamo tutti fan estremi del genere, viene piuttosto naturale; tuttavia con 'Terrorvision' abbiamo cercato di trattare tematiche come la presenza invasiva a volte quasi terroristica dei media e delle 'notizie' trasmesse (ovviamente in chiave 'Aborted').
8. Come vanno le cose dal vivo? Cosa ti ha sorpreso di più quando avete proposto i nuovi brani al pubblico?
- Al momento non abbiamo avuto molto modo di presentare il nuovo album se non per il singolo 'Terrorvision' durante il tour australiano, ma la reazione è stata davvero positiva, alcuni cantavano persino i testi del brano! Ora col nuovo tour europeo che partirà a breve avremo modo di presentare diversi brani del nuovo album e non vedo l'ora.
9. Una cosa che ami e una che ti piace meno quando sei in tour?
- Vedere abitudini, fan e amici di ogni paese ogni volta che viaggi. Per quanto riguarda cosa mi manca di più, senza ombra di dubbio il bidet.
10. C'è qualcosa che non rifaresti nella tua carriera di musicista?
- Fortunatamente no.
11. Quali le band che apprezzi maggiormente nella scuderia della Century Media? Sono tanti i gruppi validi messi sotto contratto dall'etichetta... molti i nomi storici della scena estrema.
- Hai detto bene, rappresentano un insieme a dir poco notevole! Tra i vari vorrei citare Napalm Death per ovvie ragioni, ma anche band più recenti come Baest e Tribulation (questi ultimi li adoro e li trovo geniali!).
12. La scena metal italiana può ancora farsi valere nel circuito musicale internazionale?
- Di band valide ce ne sono, forse pure troppe (un'eccedenza positiva, per fortuna), la chiave è sempre cercare di non ripetere musicalmente parlando quello che è stato già fatto, sia da te che soprattutto da altri, e riuscire a varcare i confini nazionali per tour e concerti il più possibile, altrimenti si rischia di restare ancorati dentro queste mura amiche (ma non troppo) per tutta la 'carriera' di una band.
13. Ultima domanda: se tu fossi un giornalista musicale che tipo di valutazione avresti dato a "TerrorVision"?
- Non posso rispondere ma penso tu possa intuire facilmente ;)
14. Grazie per la tua gentile disponibilità. Buona fortuna!
- Grazie a te di nuovo per la possibilità, Christian! Un saluto a tutti i lettori di Son of Flies webzine.
E' uno stoner-doom metal che si immerge nelle acque oscure degli '80/'90 quello suonato dai salentini THE CLIPS. La band, giunta al debutto dopo due anni di prove e concerti, ci mette grande passione per presentarsi in modo adeguato, affidandosi ad un suono vintage-style che, se da un lato è fedele alla tradizione dei generi musicali in questione dall'altro non brilla per originalità. I brani presenti nell'EP sono suonati piuttosto bene, nulla da obiettare; il problema principale si presenta quando la scrittura viene appesantita con una serie di soluzioni ripetitive. Il merito dei The Clips è quello di non farsi scivolare dalle mani il senso di inquietudine generato dalle atmosfere crepuscolari. Pur non riservando sorprese, riescono ugualmente a dare un ritmo costante al flusso sonoro. Le potenzialità per migliorare non mancano, ma in futuro bisogna osare molto di più. Meritano di essere ascoltati.
Gli ingredienti fondamentali dell'hardcore ricorrono nei passaggi dei quattro brani incisi dai GET TO HATE, attivi dal maggio 2017. La band ricalca in maniera prepotente gli stilemi che hanno reso grandi gruppi iconici del calibro di Downset, Madball, Biohazard, Sick Of It All; quindi la priorità è attenersi ad un punto di vista che rispecchia la mentalità della vecchia scuola statunitense. Il sound ad alto voltaggio convince per efficacia, potenza, fierezza. L'impostazione stilistica dei pezzi lascia senz'altro trasparire grinta e dedizione alla causa: i testi rabbiosi cantati in italiano parlano chiaro. E' hardcore della miglior specie, con un tiro diretto e groovoso. Con il "Demo 2018" la polemica avvelenata dei Get To Hate prende di petto la seria questione della "sopravvivenza" in questa società collassata. E siamo solo all'inizio, considerando che si tratta di un gruppo all'esordio. La line-up, composta da Dara (ex-Insight), Fred (ex-Ai Ferri Corti, Bad Trip), Nico e Simone (ex-Ai Ferri Corti, Ultimo Respiro).
Matt Pike torna a far parlare di sé con un lavoro ("Electric Messiah") che calpesta le cervella fin dal primo pezzo. Gli HIGH ON FIRE picchiano come dei dannati sugli strumenti: più ispirati, coesi e massicci che mai. Le canzoni sguinzagliano la violenta irriverenza dell'old school metal, quell'impeto barbaro che ha influenzato questi musicisti californiani. Ancora una volta la produzione ruggente calza a pennello alla volontà di ferro del trio, ecco spiegato il motivo per cui il lato selvaggio della loro natura è diventato l'inconfondibile trademark che ci permette di riconoscere immediatamente ogni tassello del puzzle. Le peculiarità più importanti restano comunque le stesse di sempre: la voce catarrosa di Pike, l'affidabilità della struttura sonora che deflagra in ogni istante e, ovviamente, l'atteggiamento accanito con cui la band affronta le sue sfide. Stiamo parlando di musicisti che amano e vivono il vero Metal, e lo spirito del Metal brucia nei loro album. "Steps of the Ziggurat/House of Enlil", "Sanctioned Annihilation", "The Pallid Mask", "The Witch and the Christ" racchiudono tutto ciò che si può ascoltare nella tempesta elettrica generata da "Electric Messiah". In vent'anni di perseveranza, gli High On Fire ci hanno insegnato un valore importante come l'integrità artistica. Enormi!
TRACKLIST: Spewn From The Earth, Steps Of The Ziggurat/House Of Enlil, Electric Messiah, Sanctioned Annihilation, The Pallid Mask, God Of The Godless, Freebooter, The Witch And The Christ, Drowning Dog
Josh Graham (ex-Neurosis) ha saputo cementare la propria reputazione nel panorama metal ma soprattutto l'anima minacciosa degli A STORM OF LIGHT, tutto ciò nell'ottica di un abbattimento delle barriere mentali/sociali. Difficile, dunque, non rimanere attratti dalla musica inarrestabile dei Nostri, giunti al quinto disco in undici anni di attività. Gli A Storm of Light non vogliono ripetersi, e anche se la loro proposta ha ormai preso una direzione definitiva trova sempre la spinta giusta per tirar fuori nuova rabbia sonica, per dar vita a un "unicum" che trasmetta emozioni ruvide, mai accomodanti, potenziate in relazione alla consapevolezza. A colpire a certi livelli, oltre alla densità magnetica del suono racchiuso in "Anthroscene", è l'impatto delle tematiche dei testi, ficcanti e senza filtri. Rispetto al precedente "Nations To Flames" la marcia è più lenta, destabilizzante, e concentrata a sorreggere l'insieme dei vari concetti. Il giudizio finale dice di un disco che si impone con risolutezza perché ricco di drammatiche, intriganti suggestioni. Fatelo vostro senza nessun indugio.
"Black Queer" è un disco sofferto e sentito, in cui la matrice noise è il binario utilizzato dalle emozioni sempre in bilico tra disagio e rabbia, attrazione e rigetto. I GERDA lasciano che la realtà sia la realtà e che le cose prendano il loro corso, un modo di assorbire il flusso della vita che dura fin dall'anno 1997, quando questi musicisti di Jesi iniziarono a sentire il bisogno di fare musica propria. In pratica ci confrontiamo con un gruppo ben rodato in grado di generare un sound viscerale, insidioso, alquanto articolato, perciò indispensabile per un certo tipo di coerenza musicale. Le sette canzoni emergono per le particolari trame strumentali adoperate, facendo di "Black Queer" una cura per chi non può fare a meno di tali sonorità. I Gerda non mostrano segni di cedimento, sebbene non vi sia mai un momento in cui si cambi radicalmente registro o tonalità. Ogni vibrazione arroventata si alimenta dal sudore, dal sangue coagulato e da un'attitudine incorruttibile. Lacerante la rilettura di "Figlia", cover dei Vel ("Black Queer" è dedicato allo scomparso Francesco Villotta, voce e chitarra del gruppo marchigiano). Un altro passo avanti è stato fatto. Molto, molto bene.
QUINTO ALBUM PER UNA BAND CHE HA RAGGIUNTO I VENTICINQUE ANNI DI CARRIERA NELLA SCENA MUSICALE. "SLOW MOTION DEATH SEQUENCE" E' UN ALTRO BRILLANTE CAPITOLO CHE METTE IN LUCE LA GRANDEZZA DI UNA REALTA' UNICA, UN GRUPPO DA ASCOLTARE E AMMIRARE INCONDIZIONATAMENTE. FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE CON IL DISPONIBILISSIMO TORSTEIN PARELIUS, BASSISTA DEI NORVEGESI MANES.
1. Ciao Torstein. Per iniziare ti faccio due domande a bruciapelo: pensi che ad un certo punto di una lunga carriera sia difficile per una band comporre un nuovo album? Voi avete difficoltà a trovare la cosiddetta "scintilla della creatività"? Molti affermano che l'arte sia in qualche modo uno sfogo alla sofferenza.
- Ciao! Beh, che dire? Per noi il processo compositivo non è mai stato difficile. Abbiamo un alto livello di creatività all'interno dei MANES, ma questo non ha nulla a che vedere con delle canzoni finite; a volte può essere un arrangiamento quasi completo, oppure dei brani più corti, riff o altro. Alcune idee possono anche essere utilizzate in altri progetti. Noi non siamo mai a corto di idee da cui partire. La scintilla a cui fai riferimento di solito appare quando iniziamo a selezionare le varie idee, le valutiamo e iniziamo a lavorarci insieme.
2. Quando avete deciso di iniziare a lavorare sul nuovo album dei MANES? Puoi descrivere il processo di composizione messo in atto con i tuoi compagni di band?
- Il processo compositivo di "Slow Motion Death Sequence" è iniziato dopo aver terminato "Be All End All". Abbiamo continuato a suonare e provare i nuovi brani fino a quando il master finale è stato consegnato alla label Debemur Morti Productions. A differenza di altre band pronte a partire in tournée dopo l'uscita di un album, noi troviamo sollievo e tranquillità successivamente alla pubblicazione di un nostro nuovo lavoro. Quindi dopo aver goduto appieno dell'uscita del disco, possiamo riavviare la parte più divertente dell'essere in una band, il processo creativo. Devo dire che il nostro modus operandi è irregolare ma in qualche modo costante. Anche se non proviamo per mesi, bastano alcune settimane in studio per trovare la giusta sinergia. Proviamo raramente, davvero. Principalmente lavoriamo individualmente negli studi personali, poi nei fine settimana prenotiamo uno studio più grande dove ci incontriamo per sviluppare le canzoni. Jammiamo, poi arrangiamo e riordiniamo le idee, le registriamo, discutiamo tra noi durante l'ascolto delle composizioni, fino a quando le cose iniziano a prendere forma. Ci sono voluti quattro anni di tempo per completare "Slow Motion Death Sequence".
3. C'è stato un intervallo di quattro anni tra "Be All End All" e "Slow Motion Death Sequence", ed ora, finalmente, possiamo dire che l'album ha visto definitivamente la luce. Qual è la tua opinione sul nuovo lavoro? Quali sono le tue sensazioni in merito ad alcune prime impressioni del pubblico?
- Per quanto mi riguarda, penso che "Slow Motion Death Sequence" sia il nostro miglior lavoro fino ad oggi. Non realizzeremmo mai qualcosa di sbiadito posizionandolo all'ombra di qualcos'altro. Le canzoni stesse, il loro ordine, il titolo e la copertina si sono miracolosamente uniti per formare un'unica unità. Abbiamo ottenuto MOLTE recensioni positive per "Slow Motion Death Sequence". Non lo dico per vantarmi, ma tutto questo, in un certo senso, mi sembra un po' strano. Non penso di aver letto una sola recensione veramente negativa. Ci sono state un paio di recensioni di medio livello, ma le poche che ho letto sono state più nella categoria "this isn't my cup of tea". Ma sì, tutto ciò è un po' strano. Non vedo questo nuovo album come qualcosa di rivoluzionario rispetto a quello che abbiamo fatto negli ultimi 15 anni, o giù di lì. Non è un disco di tipo kinda-start-the-the-the-the-restaurant-table-and-start-shout-and-ride, non per me... almeno.
4. Nel corso della vostra carriera siete stati considerati coraggiosi, innovativi ma anche alternativi; probabilmente perché siete riusciti a fondere l'avanguardia musicale con il rock. Qual è il vostro segreto per mantenere interessante la scrittura dei brani? Cosa pensi della costante evoluzione dei Manes?
- Sicuramente è un processo naturale e fondamentale per le persone coinvolte in questa band. Non abbiamo mai deciso di fondere qualsiasi cosa con qualcos'altro, né abbiamo forzato più di tanto gli elementi analogici o digitali della nostra musica. Tutto diventa ciò che deve diventare. Forse è un po' come le salsicce... Cosa c'è dentro? Tutti i tipi di merda, ma ha un buon sapore.
5. Il brano "Chemical Heritage" presente nel nuovo album è diverso da qualsiasi cosa il gruppo abbia mai fatto in passato. Puoi dirci come è venuto fuori? Ci sono delle canzoni che hanno attraversato un processo di "dolorosa" evoluzione?
- Grazie per aver apprezzato. Quella canzone non è risultata più o meno "dolorosa" rispetto alle altre songs, ma si è sviluppata notevolmente durante il processo compositivo. La cosa più significativa da dire è che aveva un sacco di altre voci prima di accompagnarla nelle fasi finali del ri-arrangiamento. Inizialmente anche Ana aveva cantato molto di più sul brano, ma alla fine abbiamo semplificato la sua struttura più di quanto non fosse all'inizio.
6. "Slow Motion Death Sequence" vede coinvolti diversi artisti della scena musicale... Tom Engelsøy, Rune Folgerø, Tor Arne Helgesen (ATROX, DRONTHEIM), Ana Carolina Ojeda (MOURNING SUN) e Anna Murphy (CELLAR DARLING). Posso chiederti come mai avete scelto questi musicisti?
- Rune Folgerø ha cantato su più o meno la metà del precedente album "Be All End All", e alcune volte si è unito a noi dal vivo. Lui canta anche negli Atrox e nei Drontheim, formazioni in cui erano e sono attivi alcuni componenti dei Manes. Anche Tom Engelsøy canta nei Drontheim e diverse volte ha cantato con noi dal vivo. In realtà non ha messo la sua voce sull'album, ma ha cantato su un'altra canzone che abbiamo registrato nella stessa sessione di registrazione dell'ultimo "Slow Motion Death Sequence". Tor Arne Helgesen ha suonato la batteria negli Atrox per un lungo periodo, ma ora non più. Non credo sia mai stato coinvolto nei Drontheim, ma potrei sbagliarmi. Ha collaborato con i Manes per molto tempo. Con noi ha suonato le percussioni dal vivo, più o meno in tutti i concerti che abbiamo fatto in passato, inoltre ha suonato la batteria nel disco uscito nel 2007 "How the World Came to an End". Sempre Tor venne coinvolto in "Be All End All". Tutti e tre sono nostri veri amici oltre che collaboratori con cui amiamo lavorare. Anna Murphy da alcuni anni suona nei Lete con Tor Helge Skei ed è una grande fan dei Manes. Amiamo la sua voce, ecco perché abbiamo deciso di farla cantare in tre canzoni di "Slow Motion Death Sequence". Ha anche mixato l'intero nuovo album (brillantemente). Ana ha contattato Rune un bel po' di tempo fa, dato che è stata una fan dei 3rd And The Mortal, e quindi voleva sapere se avevano in programma di far uscire nuove canzoni. Si sono tenuti in contatto e circa due anni e mezzo fa l'abbiamo incontrata a Bergen mentre suonavamo al Blastfest. Apprezziamo il suo approccio alla musica, e non potevamo non invitarla ad unirsi a noi in studio. I cinque collaboratori sono diventati pezzi importanti dell'album e siamo orgogliosi che abbiano deciso di unirsi a noi.
7. Cosa significa per te il titolo "Slow Motion Death Sequence"?
- Può significare un sacco di cose diverse. Per lo più, immagino sia un modo di descrivere la vita stessa. Nascere è una condanna a morte.
8. Come immagini il futuro che si sta sviluppando per i Manes?
- Non penso che cambierà molto negli anni. Continuiamo a concentrarci sul processo creativo, cercando di colmare le lacune con uno/due concerti dal vivo una volta ogni luna blu.
Grazie per l'intervista, Torstein. È stato un piacere.
Undici anni di silenzio non sono bastati per far annegare quanto di buono i MONSTROSITY avevano fatto in passato, tra i pionieri assoluti del death metal d'oltreoceano. Undici anni sono un'eternità, ma la tanto agognata attesa alla fine è stata ripagata con questo "The Passage of Existence", una manna dal cielo per i tanti fan e quasi certamente per la gran parte degli estremisti più incalliti; una prova maiuscola che riporta in auge il suono distintivo di un gruppo di notevole caratura tornato in perfetto stato di salute. I Monstrosity non sono cambiati: resta quella tendenza al death metal complesso e tecnico che è sempre stata una loro peculiare caratteristica, resta l'approccio maniacale nel curare tutti i dettagli adatti ad ogni brano, rimane immutata la volontà di soddisfare il palato degli ascoltatori difficilmente accontentabili. I floridiani ripartono da dove si erano fermati nell'ormai lontano 2007 ("Spiritual Apocalypse"), desiderosi di dare il meglio per impartire un'ulteriore lezione di stile alle giovani leve del genere, o probabilmente, per sconcertare quanti li davano per spacciati. La potenza vorticosa generata dall'intero disco fa riemergere prepotentemente un'abilità che si estrinseca nell'utilizzo di strutture ritmiche iridescenti. "The Passage of Existence" convince alla perfezione. DEATH METAL WILL NEVER DIE!
TRACKLIST: Cosmic Pandemia, Kingdom of Fire, Radiated, Solar Vacuum, The Proselygeist, Maelstrom, Eyes upon the Abyss, Dark Matter Invocation, The Hive, Eternal Void, Century, Slaves to the Evermor
I TERROR di Los Angeles sono convinti sostenitori del verbo dell'hardcore e fieri portavoce di un sound stradaiolo e adrenalinico, quindi non serve ribadire che rimangono ancora oggi tra i massimi esponenti del genere!!! Assieme ad altri gruppi storici statunitensi dettano le regole del gioco stando sempre un passo avanti. L'indice di Scott Vogel è puntato verso il sociale, le istituzioni e l'oppressione politica giunta a livelli oramai intollerabili. Una band unita e compatta che, durante la sua ascesa, non ha MAI, e dico MAI "mutato pelle" pur avendo sostituito alcuni componenti del collettivo e cambiato diverse etichette discografiche. Chi conosce i ragazzi losangelini sa già cosa aspettarsi: "Total Retaliation" esplode di rabbia, energia e groove... allo stesso modo degli album precedenti. Onestamente vi dico che è inutile parlare di evoluzione sonora, perché in un gruppo come i Terror quello che conta veramente è picchiare duro e con assoluta onestà, in modo da far sì che le numerose frange più incazzate possano scatenarsi sotto e sopra il palco. Ovviamente è una questione di scelte. A rappresentare il cuore pulsante dell'hip hop ci pensa il rapper italo-americano Vinnie Paz, nell'interludio "Post Armageddon Interlude". Ascoltando "Total Retaliation" si capisce quanto l'HC sia importante per i Terror.
TRACKLIST: This World Never Wanted Me, Mental Demolition, Get Off My Back, One More Enemy, Break The Lock, In Spite Of These Times, Total Retaliation, Post Armageddon Interlude, Spirit Of Sacrifice, I Don't Know You, Behind The Bars, Suffer The Edge Of The Lies, Resistant To The Changes
Gli unici gruppi estremi che durano nel tempo sono quelli validi e capaci di mettersi alla prova. I belgi ABORTED meritano rispetto soprattutto se consideriamo l'elevato tasso di evoluzione raggiunto negli ultimi anni, quindi non solo per il lungo periodo di attività nella scena death metal. Il nuovo full-length "TerrorVision" colpisce in pieno volto facendo leva sull'intensità traumatizzante a cui questi deathster ci avevano abituato con le precedenti uscite discografiche targate Century Media; rimettendo in discussione una concretezza musicale di alto spessore qualitativo, basata su una continua ed inesorabile necessità di corroborare l'aspetto contenutistico del songwriting. La fluidità di esecuzione lascia senza fiato, ma la vera colonna portante delle 11 canzoni sono i riff ispirati che la macchina Aborted produce ininterrottamente per tutti i 45 minuti, chitarre roventi supportate da un'imponente sezione ritmica che, bisogna ammetterlo, non è mai venuta meno da quando il gruppo è stato fondato nel 1995. Qui è l'insieme a risultare vincente e denota di certo un approccio innovativo alla materia del death metal. "TerrorVision è ben più di un album dal buon potenziale: mostra una band in grado di farsi protagonista nel panorama extreme metal.
TRACKLIST: Lasciate ogne speranza, TerrorVision, Farewell to the Flesh, Vespertine Decay, Squalor Operam, Visceral Despondency, Deep Red, Exquisite Covinous Drama, Altro inferno, A Whore d'Oeuvre Macabre, The Final Absolution