Gli EXHUMATION sono tre loschi figuri indonesiani che, dopo sei anni di gavetta, sia in studio che sul palco, giungono a questo secondo disco "Opus Death", pubblicato per l'etichetta tedesca Dunkelheit Produktionen. Il gruppo è padrone degli strumenti e ha le idee chiare sugli obiettivi da raggiungere, ovvero suonare il death metal più marcio e cattivo possibile, mantenendo inalterato lo spirito bestiale della vecchia scuola quella che un po' tutti conosciamo e che ha gettato le solide basi per la consacrazione del genere. Gli Exhumation riescono in questo, fottendosene delle correnti moderne del momento. Prendete un brano come l'opener "Soul Wanders", per esempio: i riff taglienti iniziali fanno da preludio ad un'onda d'urto infernale che piega qualunque velleitaria resistenza. "Labyrinth of Fire" è la classica botta old school, prima tenuta su tempi cadenzati, poi ruggenti e veloci. La song che segue, "Ironheart", risente dell'influenza del black metal norvegese di fine anni novanta. Qui il paragone che sorge spontaneo è con la creatura di Fenriz, infatti, l'accostamento scontato risulta sostenibile. Adatta al contesto del disco la traccia di pianoforte "The Sleeping Darkness", posizionata nella parte centrale. Insomma, tirando le somme, posso dire di aver ascoltato un lavoro teso e davvero grintoso. Gli Exhumation si destreggiano bene tra voci al vetriolo, riffing immediati, ritmiche militariste. Inutile dargli contro perché la loro visione della musica non cambierà. Decidete voi da che parte stare. Sarà disponibile su CD/LP a inizi di Aprile.