lunedì 27 aprile 2020

THE RADSTERS - "MOTORI IN FIAMME"






SE VI PIACE LA MUSICA ONESTA, VELOCE E 'IN YOUR FACE', I NAPOLETANI THE RADSTERS FANNO SICURAMENTE AL CASO VOSTRO. NESSUN GIRO DI PAROLE, NIENTE CHIACCHIERE A VUOTO, SOLO ROCK'N'ROLL INFUOCATO SUONATO CON ATTITUDINE PUNK. IN QUESTA LUNGA E APPROFONDITA INTERVISTA LA BAND AL COMPLETO CI PARLA DEL NUOVO ALBUM "FASTER THAN POLICE", E NON SOLO.

Per prima cosa: chi sono gli attuali membri dei The Radsters? Ci sono stati dei cambi nella line up?

Daniele: Io, Daniele, sono il chitarrista e nel 2008 insieme al primo cantante Bob creammo la cosa. Lui poi ci abbandonò per fare copertine ai gruppi metal, cosa che gli riesce benissimo comunque, e molti testi e cantati di “The Wild Bunch” sono suoi. Arrivò quindi Dario che è con noi ormai da sei anni, e con lui i live fecero un salto di qualità, cominciammo ad ingranare e a suonare fuori Napoli. Alla batteria c'è Andrea, anche lui suona dall'inizio del progetto, lo recuperai in un container vicino 'A Maronn e l'Arco dove l'avevo conosciuto mesi prima, previo annuncio, ma è una lunga storia. Ha sempre suonato lui la batteria tranne per un periodo in cui è scomparso, qualcuno disse di averlo visto in Finlandia ma rimane un’ipotesi. Il posto di bassista è stato di Marino per un po’ di anni, è fuggito poi dopo un concerto a Ravenna urlando cose senza senso. Venne sostituito quindi da Peppino che era già nostro amico, tutto ciò quattro anni fa abbassando quindi l'età media di 10 anni, ed è per tutti i Radsters ‘o guaglione ca c’arrobba e femmen', maledetto! Da cinque anni comunque siamo stabili.

Andrea: Da un po' di anni, dal 2016 per l'esattezza, siamo sempre Io (Andrea) alla batteria, Daniele alla chitarra, Peppe al basso e Dario alla voce. Qualche anno fa c’era Bob alla voce e Marino al basso, gente brutta dai vicoli di Napoli e dalla Napoli alta, cioè il Vomero...

Il nuovo album “Faster Than Police” si focalizza principalmente sull'impatto, come già successo in passato. Siete sempre stati conosciuti per il vostro ritmo frenetico, aggressivo e diretto. Cosa significa per voi suonare rock'n'roll/punk?

Daniele: Suonare punk significa sfogare la rabbia per quello che vedi e senti ogni giorno: se hai un po’ di sale in zucca i motivi non mancano per incazzarsi e la musica è il risultato. Punk per me significa soprattutto socialità, scambiare idee, organizzare concerti cercando di realizzare in qualunque modo ed in qualunque luogo, delle cose vere, senza ipocrisie.

Andrea: Personalmente, io che sono il batterista e motore di una band uso motocross, mi diverto tantissimo ad andare veloce anche se ultimamente con l’età sento sto motore molto sulle spalle. Per me significa molto far sentire il nostro ritmo veloce ed incalzante che mi fa appartenere alla schiera di gente di merda che viene da Ponticelli (quartiere a est di Napoli).

Peppe: Credo che, per noi come per chiunque suoni o appartenga a questo genere, la velocità e l’aggressività siano una trasposizione musicale del modo in cui ci si pone nella vita: si è veloci e cattivi perché siamo incazzati e ci girano i suddetti. Ovviamente tante parole sono state spese riguardo al fatto che questo (il punk) non sia solo un genere musicale, ma un modo di porsi nei confronti della vita, e anche per noi come per tanti è così. I Radsters poi hanno un tono canzonatorio, un poco scugnizzesco, che è sicuramente legato ad una questione di territorialità.

Dario: È attitudine e mentalità: un modo per incanalare e dare sfogo alla rabbia che accumuliamo vivendo in una società dove siamo continuamente controllati e calpestati. Significa fare parte di una comunità dove non esiste divisione tra palco e pubblico, fra “artisti” e “spettatori”. Significa dare centralità al live, dove diamo tutto quello che possiamo perché è proprio ciò che vogliamo fare e il posto in cui vogliamo essere.

Quando scrivete una canzone, sapete già dall'inizio che direzione prenderà e come sarà? Ve lo chiedo perché, come da manuale, il vostro genere musicale non bada ai fronzoli. Come funziona il processo di composizione?

Daniele: In genere io scrivo le canzoni più o meno finite poi abbozzo il pezzo con Andrea alla batteria, dopo di che se ci piace lo facciamo sentire a Dario che può dire “ok” oppure “fa cagare”, e nel caso procede a fare la linea vocale. Qualche volta impronto anche quella, ma è Dario a scrivere i testi e definire il tutto. Peppe in particolare non esprime delle vere opinioni, fa una faccia che significa “va bene, è uguale agli altri”.

Peppe: Di solito la base compositiva è dettata da Daniele, il quale butta giù riff ed idee e poi le sottopone al resto del gruppo in sala prove. Mediamente questa scelta ci soddisfa, i Radsters d’altronde sono soprattutto un gruppo figlio di Daniele ed Andrea: l’approvazione definitiva dei pezzi nuovi passa prima di tutto attraverso loro. Io ad esempio non sono molto portato per la creazione in questo genere (di solito ascolto altro) ma do una mano in fase compositiva, suggerendo magari cose da poter inserire, break, modifiche dei riff eccetera. Insomma di base rompo i coglioni. Dario ha, manco a dirlo, il compito di buttare giù i testi: dei testi aulici, delle vere e proprie composizioni stilnoviste, ubriachi e drogati in mezzo ai vicoli partenopei.

Andrea: Ma guarda, come ha detto Peppe, spesso le cose nascono da Daniele che porta un riff, e spesso ci troviamo io e lui in saletta e lo aggiustiamo insieme in maniera istintiva, magari suggerendogli una nota a voce, dato che so solo suonare la batteria e devo dire che mi viene molto bene. Il resto è quello che ascoltate voi, e vedo che il risultato piace.

Dario: Confermo che il processo di composizione funziona più o meno come è stato descritto dagli altri, cioè Daniele, o qualcun altro, propone un’idea e cerchiamo di definirla in sala. In genere è dalla musica che nasce il tema del testo, altre volte ho già delle idee in parole che provo ad adattare alla struttura del pezzo.

Quale background c'è dietro le vostre canzoni? Le influenze arrivano dai vecchi mentori o solo dalla strada e dalle vostre esperienze di vita? Per farla breve, cosa alimenta il flusso della musica targata The Radsters?

Daniele: La musica è sempre uscita da sola senza riferimenti e obiettivi, penso che il modo migliore sia fare quello che ti esce naturale, senza mai prendersi sul serio. Come ispirazioni potrei dire di essere un feticista di accordoni e batteria dritta: Ramones, The Riverdales, Bad religion, DRI, 7Seconds, Zeke, ma amo anche le atmosfere sporche e polverose: Melvins, Kyuss, Electric Wizard, Entombed, infatti su "The Wild Bunch" queste influenze si sentono di più.

Andrea: Non si segue un flusso nei Radsters, direi che è più una cosa tipo una slittata di ruota su terreno bagnato… Nel senso che non ha un flusso, come dici tu, ma più che altro è una voglia di sfogare malamente su quello che ci gira intorno in questa città di matti. La vedo così.

Peppe: Come evidente un grosso peso nella musica dei Radsters è dato dall’immaginario motociclistico e un po' illegalista. Tutta la musica gira intorno a questi scenari, fatti di enormi silos pieni di benzina e container marittimi che infestano l’asse mediano all’altezza di San Giovanni a Teduccio, poco prima di entrare a Napoli. A questo poi ovviamente si uniscono le tragicomiche vicissitudini della nostra vita privata, anche se non le definirei proprio di strada (anche se nessuno di noi è estraneo alla strada).

Dario: Sicuramente siamo ispirati dalla musica aggressiva che ci fa sbattere la testa e muovere il culo: direi la vecchia scuola inglese (Motorhead, Hawkwind, Discharge, Slaughter and the Dogs, Cock Sparrer, Angelic Upstarts), l’HC americano (Black Flag, Circle Jerks, Negative Approach, Verbal Abuse, SSD, RKL, Gang Green, Suicidal Tendencies, Zeke) e un pizzico di Scandinavia (Disfear, Entombed, The Hellacopters). Nei testi che scrivo, fondamentalmente cerco di parlare delle cose che mi fanno sentire bene (viaggiare in moto, praticare il pugilato…) o di quello che mi fa incazzare nella vita di tutti i giorni, cioè le varie forme dell’autorità costituita. In genere cerco di non essere troppo serioso e di prenderci un po’ per il culo, perché in fondo non siamo dei fighi ma una banda di casi umani…

Ho letto di questa edizione particolare del nuovo 12”: stampato su una sola facciata e serigrafato dall'altra. Che ne dite di spendere qualche parola in merito?

Dario: Il punk hardcore e il rock’n’roll sono dei generi che hanno più impatto dal vivo che dal morto… cioè su un supporto di qualsiasi tipo. Suonavamo i pezzi di “Faster Than Police” nei live da un po’ e volevamo farli uscire prima di metterci al lavoro su materiale nuovo. Avevamo pensato a uno split, ad un 7”, a una cassetta… Ma nell’era del digitale, dove basta una connessione per ascoltare tutta la musica che vuoi, che senso ha un disco? È un feticcio… e allora che feticcio sia! Abbiamo voluto fare qualcosa di bello e sono davvero soddisfatto del risultato, anche grazie ai disegni di Claudio Scialabba. Inoltre, la qualità dell’audio è il top: senza troppe tracce i solchi del vinile sono più larghi e il disco ha più volume.

Peppe: Fondamentalmente il materiale non aveva la lunghezza necessaria a coprire un 12” intero, motivo per il quale abbiamo deciso che fosse fico serigrafarne un lato. Si, siamo soddisfatti della ricezione anche se questa storia del coronavirus ci ha costretto a cancellare molte date e ci terrà presumibilmente lontani dai palchi per qualche mese.

Andrea: Sempre come dice Peppe, logicamente avere solo 12 minuti di musica non li puoi mettere mica su un 33 giri? Fin dall’inizio volevamo creare qualcosa di bello a vista, e vedendo altri amici intorno a noi che fanno spesso dischi, ci piaceva l’idea di mettere tutto su un lato e serigrafare l’altro in modo da avere un impatto un po’ più aggressivo.

Siete contenti di come viene recepita la musica dei The Radsters?

Daniele: Sì, specialmente nei live: suonando musica semplice e diretta, mi sembra che subito si faccia casino e si crei una bella situazione di energia collettiva, che poi è quello che mi piace veramente.

Andrea: Beh, se vedo che la gente si apre il cranio davanti a me nei nostri concerti non posso essere che contento, andiamo avanti.

Peppe: Sì, siamo soddisfatti della ricezione anche se questa storia del coronavirus ci ha costretto a cancellare molte date e ci terrà presumibilmente lontani dai palchi per qualche mese.

Dario: Francamente, non m’interessa di come viene recepita la nostra musica: l’importante è che ai concerti la gente faccia un macello e che si diverta quanto noi che suoniamo… e, generalmente, è così.

Avete mai pensato che i vostri brani possano essere uno stimolo per chiunque voglia lottare per la propria sopravvivenza in questa società?

Daniele: Ma magari, chi suona e chi ascolta questa musica spesso condivide la stessa condizione. La musica è la benzina.

Andrea: Ti rispondo schietto perché nella band, come dicono gli altri tre, io sono il più ignorante e diretto. A me della società me ne passa per il cazzo, mi interessa di più sopravvivere alla mia città che ogni giorno ci regala tante emozioni tra tutta la merda che c’è.

Peppe: Beh sì, molte canzoni parlano di questo sentimento di risposta energica alle difficoltà della vita (ad esempio “The Hard Way”, oppure “Never Back Down”). Credo che questa sia una tematica che riflette molto il carattere di Dario, che le ha scritte. Per quel che riguarda l’essere uno stimolo alla lotta per qualcun altro, invece, non ci ho mai pensato, mi pare un obiettivo al di là delle nostre capacità sinceramente. Poi nel caso fosse così per qualcuno, beh, ne sarei onorato, non c’è che dire.

Dario: Non credo che i nostri testi abbiano delle parole esplicitamente impegnate, nonostante ognuno di noi lo sia a modo suo. Sarebbe bello se, come dici, per qualcuno possiamo essere uno stimolo a lottare o a resistere, ma credo che in quanto esseri umani niente ci obbliga a sopravvivere: soprattutto in questo momento particolare, credo che la scelta sia fra vivere o lasciarsi vivere.

Ma c'è un particolare messaggio che vorreste lanciare agli ascoltatori e, soprattutto, ai fan del vostro genere musicale?

Daniele: Portateci la droga ai concerti.

Andrea: Andate a rubare i portafogli. ‘E Fujite sule vuje.

Peppe: Realisticamente penso che il messaggio dei Radsters possa essere “divertitevi e non fate gli stronzi.

Dario: “Ccà nun ce sta nisciuno limite, nessun diplomato e cosa, Robè… tu devi uscire, ti devi salvare, Robè, t'hanno chiuso dint' 'a stù museo, tu devi uscire, và mmiezo 'a strada, tocc 'e femmene, va a arrubbà, fa chello che vuo' tu!”.

Avete avuto molte esperienze dal vivo nel corso degli anni. Qual è stato l'insegnamento più grande avendo suonato spesso in giro, e quali i ricordi più belli?

Daniele: L'insegnamento e che un altro mondo è possibile, e viaggiando, conoscendo persone fantastiche, ti viene voglia di continuare. Ricordo un concerto al Molosiglio, una ZAT suonammo su di un molo in mezzo al mare di Napoli, un'esperienza incredibile! Poi ricordo un festival con i Subhumans a Roma, eravamo in un backstage/tavolata/delirio con almeno dieci band che si devastavano, un luna park! E al Lecce HC, sotto al palco sembrava il tipico fumetto della rissa, una nuvola di polvere con braccia, gambe e teste che uscivano random.

Peppe: Allora devo dire che con i Radsters ci divertiamo molto quando suoniamo in giro, perché siamo persone diverse ma che hanno imparato a condividere i momenti di quotidianità in tour. Ecco, a titolo personale dico: la cosa più importante che ho imparato è a coesistere con chi è caratterialmente diverso da me. Esempio di quanto io lo abbia imparato bene è il fatto che il nostro batterista sia ancora vivo. Ricordi particolarmente belli: la prima volta che abbiamo fatto un tour all’estero, senza dubbio; ricordo con molto piacere una volta in cui suonammo al Campetto Occupato a Giulianova, e Paska distrusse una finestra buttandosi da un armadietto; fare colazione con amici a Dresda in autogrill usando la speed al posto dello zucchero nel cappuccino. Un posto particolare nel mio cuore è occupato, poi, da quella volta in cui il nostro batterista fu fermato e perquisito all’aeroporto di Berlino (dovevamo tornare a Napoli): ovviamente i tamponi hanno segnalato di tutto, e vederlo giustificarsi con la Polizei in un inglese maccheronico, rischiando di farci perdere l’aereo, è stato un momento degno di Totò.

Andrea: Oh, questa è seria. La prima cosa è che negli anni acquisti fiducia in te stesso e in quello che dai con la musica. Quindi il crescere e saper stare in mezzo alla gente (non come Peppino) :) L’esperienza più bella per me è stata andare a suonare in tour in Germania e il resto della mia esperienza l’ha detta Peppe.

Dario: I ricordi più belli sono sicuramente il tour in Germania e il concerto al Campetto Occupato a Giulianova: sembrava una situazione sfigatissima e scazzata, ma poi abbiamo suonato nello spogliatoio del campetto davanti una ventina di kids scatenati ed è uscito fuori un macello! Anche aprire per gli Unsane o l’ultimo Tuscia Hardcore sono state belle esperienze. Girando un po’ ho avuto la conferma del fatto che la scena punk hardcore sia realmente una comunità e che dovunque tu possa trovarti potrai sempre sentirti come a casa quando trovi le persone giuste.

Parlando di entusiasmo, stimoli... dal punto di vista del pubblico: cosa cambia tra Italia e il resto dell'Europa? Mi riferisco alla fruizione della musica, sia su disco che dal vivo.

Daniele: Fuori sono molto più organizzati, hanno più soldi e strumentazione, ma la cosa che mi ha colpito di più è che si suona presto: così quando sei completamente cotto come a fine serata, ti accorgi che sono solo le undici… Come entusiasmo non si può generalizzare, penso che in Italia comunque ci si diverta molto.

Peppe: Guarda per quel che riguarda il disco, forse all’estero si compra di più al banchetto del merch, ma è anche vero che hanno più soldi. In generale devo dire che però anche in Italia noi maglie e cd ne abbiamo sempre venduti. A livello di live io personalmente credo che l’Italia sia meglio, ci si diverte di più, poi ovviamente dipende molto dal posto in cui suoni: non mi è mai capitato in nessun posto fuori dall’Italia che il pubblico usasse una scala per pogare, ad esempio, ma in Puglia mi è successo tre volte.

Andrea: Sono d’accordo con Peppe.

Dario: Dipende sempre dai posti dove si suona o dalla gente, ma in genere all’estero ho avuto l’impressione che si prendono più cura di te: anche nel posto più scrauso, si preoccupano quanto meno di farti trovare cibo e beveraggio in abbondanza e un posto decente per dormire. In verità anche al Sud generalmente è così, a meno che non suoni nei locali, dove ti trattano sempre di merda se non è per il promoter, ma, ripeto, dipende sempre dalle persone e dai posti: se uno non ha un minimo di cura per sé stesso come può avere cura per gli altri? Convengo anche io sul fatto che all’estero ti supportano di più con il merch e che dipenda dal fatto che mediamente stanno meglio a livello economico. Per quanto riguarda la ricezione dei live, mi sembra che chi viene ai concerti si diverta abbastanza ovunque suoniamo: c’è solo un posto dove sono stato a suonare in Italia diverse volte, con diversi gruppi (e ho visto altri gruppi suonare) dove non c’è un cazzo di entusiasmo per niente, ma non lo scriverò qui… se volete, potrete chiedermelo di persona!

Torniamo un po' indietro nel tempo. Che critiche potreste muovere ai brani registrati in precedenza?

Daniele: Il primo disco era più “Metal” la chitarra è suonata con un po' di HM2 nel missaggio, ed in generale è un po' più scuro, anche se poi ci sono pezzi più propriamente punk rispetto ai quelli di "Faster Than Police". Considerato che è una presa diretta registrato in due giorni, sono più che soddisfatto, e sono molto affezionato a certe canzoni che comunque suoniamo ancora live.

Andrea: È un disco diverso e riascoltandolo sinceramente mi piace di più il nuovo, che ha più pacca sicuramente, mentre il precedente sembra un po’ meno potente, ma amo tutti i break di batteria.

Peppe: Io personalmente poche: nel primo disco non suono io ma Marino. È un disco che mi piace molto, dai suoni è più swedish death metal di “Faster Than Police”. I pezzi vecchi sono sicuramente più cadenzati di quelli nuovi, che virano nettamente verso l’hardcore.

Dario: Tendenzialmente sono d’accordo con Peppe, ma aggiungerei che il cantato suona troppo sforzato. È pur vero che ho scritto solo pochi di quei pezzi e che ero ancora all’inizio della mia esperienza con i The Radsters: solo in seguito ho capito che impronta dare alla mia voce. In questo senso sono soddisfatto del lavoro fatto su “Faster than police”.

Vi elenco solo alcuni nomi: Motorhead, G.B.H, Chaos UK, Anti Cimex, Zeke, The Casualties, Hookers, Dwarves. Che rapporto avete con la loro musica?

Daniele: Mi piacciono tutti tranne i Casualities, The Hookers li sto ascoltando adesso e sono proprio forti. Aggiungerei nel genere i Puffball e gli Speedealer.

Andrea: Sono ignorante: conosco gli Zeke, i Motorhead, i GBH e The Dwarves. E devo dire che prendiamo molto spunto dai Motorhead e dagli Zeke. Non per altro, ma sono i più rock’n’roll che mi hai nominato.

Peppe: Io personalmente vengo dal D-Beat e dal death metal degli anni ’80 (anche se ascolto un sacco di roba diversa, tipo sto in fissa con la darkwave), quindi ti dico che sono un super fan degli Anti Cimex, dei Motorhead e fino ad un certo punto dei GBH. Gli Zeke sono grandi ma non li ascolto mai. I Casualties a dirla tutta mi stanno sulle palle.

Dario: Per quanto riguarda le nostre influenze musicali, mi sembrano più che evidenti, oltre ad aver indicato quali siano le mie personali in una delle risposte precedenti. Le band che hai citato sono state tutte fondamentali nella mia crescita musicale, tranne i The Casualties che mi fanno cacare a spruzzo, come la maggior parte di quel filone street punk. Nonostante l’hardcore punk (in tutte le sue declinazioni) è il genere al quale sono più legato, ho sempre ascoltato cose diverse, così come tanta musica che attualmente ascolto ha ben poco a che spartire con i The Radsters.

Come riuscite a bilanciare la vostra vita personale o familiare con quella rock’n’roll della band?

Daniele: Io faccio il grafico, ma non cerco il posto fisso, cosi riesco a gestirmi le date senza impazzire con le ferie, guadagno meno ma sticazzi. Poi chiaramente è una smazzata: a volte lavoro durante i tour, mi porto il pc durante gli spostamenti e scontorno le donne nude.

Andrea: Ah, guarda cerchiamo di suonare una volta a settimana ma ora con sto cazzo di fatto del virus sono quasi due mesi che non suoniamo. Cerchiamo di tenere le cose abbastanza divise ed è meglio che sia così, certo vivo di rock’n’roll e mi piace molto che faccia parte della mia vita, ma mi faccio pure le cenette con la mia ragazza a lume di candele e sto zappando la terra e facendo cose belle in campagna.

Peppe: Molto semplice: facendo schifo in entrambe.

Dario: Il rock’n’roll è parte della mia vita personale e andare in giro con la band è ciò che mi piace e che ho scelto di fare. Convivo con la mia compagna, con la quale ho tanti interessi in comune, ma entrambi abbiamo impegni diversi e, a volte, è un po’ difficile prenderci un po’ di tempo solo per noi. Con Peppe abbiamo un’altra band a Benevento, gli Amphist, partecipo alla Palestra Popolare “Vincenzo Leone” e al momento per l’emergenza Covid-19 ci siamo organizzati in una Brigata di Solidarietà Attiva. Per quanto riguarda il lavoro, ho un’occupazione part time deresponsabilizzante che mi permette di arrivare a fine mese. Detta così suona facile, ma non lo è per niente non solo perché si tratta di un lavoro di merda, ma soprattutto perché, in circa 10 anni, con i miei colleghi abbiamo dovuto subirci periodi di cassa integrazione e lottare per evitare licenziamenti collettivi e di perdere diritti conquistati. In questo senso, ho sempre tenuto a mantenere l’ambito musicale separato da quello lavorativo, perché voglio sentirmi libero di suonare o meno, invece che costretto come sul posto di lavoro: anche se svolgessi un’attività che mi piace, gli aspetti competitivi e monetari del mondo del lavoro la renderebbero frustrante.

Cosa pensate dell'attuale scena rock'n'roll punk/hardcore italiana? Gruppi, musicisti o amici che meritano di essere citati in questa intervista?

Daniele: Sicuramente i napoletani: Motosega nei quali sto suonando il basso da poco, gli Amphist l'altro gruppo che spacca di Peppino e Dario, i Female Trouble e i Totenwagen, un gruppo che gira poco ma meriterebbe attenzione. In Italia ultimamente direi Dick Dastardly’s, Black Gremlins, IRA, poi Nofu, Shitty Life, Fronte della Spirale (purtroppo sciolti) e i mitici Blood '77.

Peppe: Io trovo che questo sia un momento molto proficuo in Italia da un punto di vista musicale: stanno nascendo un sacco di gruppi belli in tanti generi, e quelli che esistono da qualche anno continuano spesso a suonare. Io di gruppi in Italia che hanno appena fatto uscire qualcosa e che meritano ascolti ti dico: gli Skulld, i Dromspell, i Motosega, gli Overcharge, i Nuovo Testamento, tutta la roba che esce su Avant! Records.

Andrea: Come ha detto Peppe ci sono davvero dei bellissimi gruppi in Italia, nel Sud molti sono bellissimi, tipo i Totenwagen e gli stessi Motosega già nominati dal Cavaliere del Sannio, i Black Gremlins e i Deaf e i ragazzetti IRA. Cosa dire, c’è una bella scena.

Dario: Mi accodo ad alcuni dei nomi già citati dagli altri (Motosega, Totenwagen, NOFU, IRA, Deaf, Skulld, Overcharge, Black Gremlins), ai quali aggiungerei vari compagni di sventura come Nowhiterag, The Barsexuals, The Moo-Rays, ANF, Bigg Men, Hyle e Call The Cops.

Com'è la situazione musicale dalle vostre parti?

Daniele: Abbastanza dura, esistono sempre meno realtà. Io, Dario e Andrea insieme ad altri punk organizziamo più concerti possibile in città, alla Mensa occupata, in altri spazi o locali adeguati. Una volta l'anno organizziamo il Fat Fest, un festival abbastanza trasversale musicalmente che va dal Crust al duo sperimentale, ci sono state band sconosciute e anche nomi più noti. Esistono altre situazioni, per esempio la scena dei Face Your Enemy a Caserta ma non ci sono molti contatti. I metallari sono pochi e stanno messi peggio di noi.

Andrea: Non c’è male: ci sono belle band e ci muoviamo all’interno di un collettivo che si chiama Atri 666, nella Mensa Occupata che sta a Napoli centro. C’è un bel fermento ma davvero sta cosa del Covid ci sta frenando e mi sa che dobbiamo aspettare la prossima primavera per vedere qualche bel concerto. Speriamo bene.

Peppe: Beh Napoli e la Campania sono in genere territori poco propensi alla musica incazzata. Il che però non significa che non ci siano tante possibilità di sentire cose molto belle ed interessanti. Ovviamente tutto è fermo fino a data da destinarsi a causa del COVID, c’è da dire comunque che la programmazione punk alla Mensa Occupata a Napoli centro è sempre ricca, così come i muoversi di alcuni amici, fra Caserta e l’hinterland napoletano, che si dedicano soprattutto al death metal ed alla coldwave. Speriamo che tutto ritorni quanto prima alla normalità, così da ricordarci di quanto facesse schifo pure quella!

Dario: Fino a qualche anno fa c’era una buona scena rap, ma a Napoli sono sempre andati per la maggiore quei piagnistei indie e (pseudo)cantautoriali, quando non si tratta di qualche emulo del Pinotto nazionalpopolare. Per qualche anno, ci sono state diverse realtà nell’ambito del punk / hardcore / rock’n’roll: quelle rimaste si sono strette prima intorno all’organizzazione del Molosiglio (un molo del porto di Napoli dove organizzavamo concerti occupandolo abusivamente) e poi di ATRI666, una sala prove e concerti nel Centro Storico che avevamo preso in affitto. Visto che le band erano sempre le stesse (The Radsters, Motosega, Female Trouble, Totenwagen, Hex Ray Gun) per non finire, come le realtà della stessa scena ma degli anni passati, affossati dalla noia e dall’autoreferenzialità, abbiamo deciso di aprirci all’esterno con una sala prove negli spazi della Mensa Occupata. Questa scelta ha portato nuova linfa vitale: si sono avvicinati ragazzi e ragazze più giovani di noi, ci siamo organizzati in un collettivo (Autoproduzione Totale R’n’R Intransigente), sono nate nuove band (BamBox Orchestra, Sid the Digdigger, Frat Raw Cuts, Sebeto, Taüt, Wornpath) e abbiamo dato spazio nei live ad altri gruppi locali. Come già riportato dagli altri, l’emergenza Covid ci ha un po’ tagliato le gambe e chissà come saranno i concerti punk hardcore nell’epoca del distanziamento sociale, ma contiamo di tornare in attività appena possibile.

Progetti futuri? Grazie per l'intervista.

Daniele: Scrivere pezzi nuovi: siamo stati fermi per un po’ anche perché abbiamo suonato molto dal vivo negli ultimi anni, ora però ci vogliono un po’ di stimoli nuovi. Grazie a te!

Andrea: Dovrebbe uscire il video di “Faster Than Police” a breve e giustamente non vedo l’ora di uscire un po’ a drogarmi e bere il mio Vodka Tonic al Perditempo (un bar del centro). Ciao fra, grazie a te!

Peppe: Poter uscire di casa. Grazie a te.

Dario: È piuttosto complicato al momento fare progetti per il futuro, ma appena saranno allentate le restrizioni sicuramente torneremo in sala per provare il materiale nuovo che stiamo già preparando. Poi chissà… vediamo come si evolve la situazione, ma credo che dovremo riconquistarci spazi e opportunità per tornare a suonare ed esprimerci. In ogni caso, il futuro non è stato ancora scritto! Grazie ancora a te per le domande e l’interesse che ci hai dedicato.

Contatti:
theradsters.bandcamp.com/album/faster-than-police
facebook.com/theradsters

THE RADSTERS line up:
Daniele - Chitarra
Peppe - Basso
Dario - Voce
Andrea- Batteria

Recensione: 
THE RADSTERS "Faster Than Police" - 2020