sabato 16 agosto 2025

FORCED STARVATION "s/t" - RSR Records




I neozelandesi FORCED STARVATION entrano di pieno diritto nella schiera di quelle band che, negli ultimi anni, sono riuscite a produrre un impatto davvero significativo nella scena grindcore/fastcore. Lo scenario malato raffigurato da “Forced Starvation” è tutt’altro che rassicurante: già il titolo vuole essere una sorta di provocazione, ad indicare il significato inquietante e disturbante che anima l’essenza di un disco di debutto che non presenta punti deboli. La visione dei Nostri si rivela essere estremamente convincente nella sua spietata efferatezza, pur non portando nulla di diverso se paragonato a quanto fatto da altre valide formazioni impegnate con il medesimo genere musicale. La ruvidezza e la sfrontatezza sono i cardini su cui si reggono brani tanto efficaci quanto disumani; mettendo sul piatto tanta voluminosità, tanto “peso” sonoro, tanta cattiveria inaudita. Il frontman qui offre una prova dannatamente efficace e dimostra di non essere solo un buono screamer. I riff, le ritmiche grondano sangue in una gabbia d’acciaio che rotola come un macigno sui nostri crani. Certi passaggi mi hanno ricordato i grinder svedesi Gadget. Un album arcigno, sgraziato, che fa emergere tutta la frustrazione e la ripetitività di una società ormai distrutta che non porta a nessun progresso su cui fare affidamento. Alle orecchie di molti i quattordici brani possono sembrare tutti uguali, ma in realtà ogni singola traccia è indispensabile per scavare un solco profondo dove far passare sentimenti carichi di una forte avversione. Ascoltare dischi come “Forced Starvation” non può che trasmettere una certa soddisfazione. La line-up della band è formata da membri di Piggery, Meth Drinker, Stress Ghetto, Unruly.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Circling the Drain, Bathed in Blackwater, Front Towards Enemys, Children's Skeletons, Cryptic Incursion, Mapogo Coalition, Shit Giving Exacerbation, From My Rotting Body, Crushed to Powder, As the Lake Dries Up, Faceless Aquaintance, Forced to Face the Day, Champawat Maneater, MAGA Hat (Dogcock)



giovedì 14 agosto 2025

SICK DESTROYER "s/t"
Psychocontrol Records / I Feel Good Records / Calvos 73 Records




Le lancette del tempo sembrano girare a ritroso per questa band dell’Est Europa, nelle cui fila militano musicisti provenienti dalla Repubblica Ceca e dalla Slovacchia, già attivi con Lycanthrophy, Morbid Angel Dust, Needful Things. I SICK DESTROYER sono fortemente ispirati alle incarnazioni più classiche e datate del grindcore, guardando alla vecchia scuola come unico punto di riferimento per riuscire a ritagliarsi un po’ di spazio nel circuito dell’estremizzazione sonora, senza particolari pretese o manie di protagonismo; anche perché non bisogna cercare chissà quale ispirazione per suonare questo genere musicale particolarmente essenziale e psicotico. La vera certezza in merito al terzetto in questione risiede nella genuinità della loro musica, concepita con una solidità che ha radici molto lontane. Tutto questo è ben identificabile nel ritmo serratissimo dell’omonimo album di debutto, che arriva dopo la pubblicazione di diversi Split stampati in formato 7", 12" e audiocassetta. Il grande pregio dei Sick Destroyer è quello di garantire affidabilità e certezze ai fan di lungo corso, e mettere in chiaro che, quando si decide di suonare in un certo modo, tutto il resto non conta un cazzo. Diciannove tracce di violenza sonora inaudita, di caos ben organizzato dove nulla è lasciato al caso, gestito da un gruppo corazzato e consapevole dei propri mezzi. E questo non è poco! Nella coda della tracklist troverete il brano “Salt Mine”, la cover degli Assück.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Torture Incident of Smile, Short Hands, Crossed Out Fingers, Rotting Headache, Mind Deprivation, Speedhell, Machinegun Mistake, Bleargh Eyes (Blue), Gangrene Discharge, Chainsaw to the Ass, Metal of Death, Slight Slappers, Green Smoke Shit, Wormhead Rot, Aquarium, Dead Ceremony, Your Days Are Numbered, Salt Mine (Assück cover), Squashed in the Pit

martedì 12 agosto 2025

PODRIDÃO "Coffin of the Corrupted Dead"
Iron Fortress Records / Kill Again Records




Questo è un disco che suona brutale e marcio in tutto e per tutto, e si denota fin da subito che i brasiliani PODRIDÃO ci danno dentro in efferatezza mortifera, lubrificando i propri ingranaggi con litri di sudore maleodorante, dimostrandosi esecutori di grande livello e riuscendo così a iniettare la giusta dose di cruda ripugnanza nei brani di “Coffin of the Corrupted Dead”. Qui il sound rispolvera i caratteri distintivi della frangia più putrida del death metal, allineandosi a quelle cavalcate schizofreniche alimentate da una doppia cassa chirurgica e martellante, ma anche ai caratteristici rallentamenti del doom indispensabili per vomitare orrore e disperazione. I Podridão ci mettono il massimo impegno per rileggere in modo circostanziato alcune pagine fondamentali della discografia dei seminali Autopsy, attingendo a piene mani dalla furia presente in quegli archivi, spremendola e concentrandola in poco più di mezz’ora. La terrificante intensità dei riff consolida e conferma l’inclinazione della band verso suoni che non fanno altro che risvegliare orde di zombie affamati e assetati di sangue, dipingendo un’ambientazione delirante e mortale. La voce del bassista/cantante Junior de Andrade, per le sue caratteristiche timbriche, tecniche e interpretative, si immerge completamente nell'esperienza musicale andando a valorizzare ogni singola composizione. Il quarto full-length del gruppo proveniente da Itaquaquecetuba (São Paulo) è un lavoro più che onesto, massacrante, ben realizzato e coinvolgente, anche se derivativo nella sostanza. Per quanto mi riguarda, i Podridão meritano attenzione e supporto. Ultima nota in aggiunta: "Coffin of the Corrupted Dead" potrebbe piacere anche a tutti coloro che hanno consumato i dischi dei deathster americani Necrot.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Coffin Of The Corrupted Dead, Dissolved into Viscous Ruin, Exhaling Pestilent Rot, Stages of Decomposition, Submerged Into Vile Repugnance, Fetid Purulence Manifest, Disinterred to Devour, Oozing Cadaveric Liquid



lunedì 11 agosto 2025

GAME OVER "Face the End" - Scarlet Records




Doveva essere thrash metal al 100%, e così è stato. Gli emiliani GAME OVER hanno una storia e un’eredità con cui confrontarsi, e come si può ben immaginare, quando decidi di suonare in maniera così radicale non è sempre facile proporre qualcosa che sia all’altezza delle aspettative. Pur essendo un album coerente con le linee guida del genere, quello più sanguigno tanto per intenderci, “Face the End” ha dalla sua parte una dinamicità che non lo appiattisce mai sui soliti luoghi comuni dello stile musicale citato poc'anzi, e già dalla prima traccia “The Final Hour” possiamo ascoltare un gruppo che suona affiatato e coeso, ora più di prima, visibilmente rinvigorito dalle gesta dei nuovi entrati Daniele Schiavina (voce) e Leonardo Molinari (basso). Il dato di fatto principale che va ricordato è che l’autenticità di tutto ciò che viene fatto con passione la si riconosce fin dal primo ascolto. Ed è anche vero che, chiunque sia in grado di esprimere qualcosa di convincente, deve esprimerlo al meglio affinché potesse sentirsi veramente libero durante il processo compositivo, lo sanno molto bene i Game Over. Sin dalle prime battute si evidenzia il legame affettivo con i dischi più carichi e veraci degli anni ’80 e primi ’90, ricalcandone risolutezza, attitudine e strutture sonore (aggressive e melodiche). E lo fanno con tale spregiudicata convinzione e naturalezza che non ci resta che godere appieno dell'esperienza ascoltandoli a volume sostenuto, senza stare lì a trovare il possibile margine di paragone o rimuginare nostalgicamente su quello che venne fatto quarant’anni fa. Non serve enfatizzare eccessivamente una valutazione per per illustrare le loro intenzioni ad ogni singolo ascoltatore. I Game Over vi faranno vivere intensamente il presente regalandovi la possibilità di allontanare la vostra solita tendenza a rimpiangere il passato. “Face the End” si avvale di una vivacità sonora che viene mantenuta costante, senza fluttuazioni dispersive. La qualità della musica è di livello superiore, a ribadire ancora una volta la differenza fra chi possiede il dono di fare le cose nel modo giusto per passare con successo e determinazione allo step successivo, e chi si limita a tracciare prospettive abusate come mestierante. Se siete dei fan del thrash metal non potrete fare a meno di acquistare questo disco prodotto da Simone Mularoni (Domination Studio, DGM).

Pagine Ufficiali: 

Songs:
The Final Hour, Lust For Blood, Neck Breaking Dance, Grip Of Time, Lost In Disgrace, Veil Of Insanity, Gateway To Infinity, Tempesta, Crimson Waves, Weaving Fate



venerdì 8 agosto 2025

SADIST “Something To Pierce” - Agonia Records




Parlare nuovamente dei SADIST mi fa tornare indietro nel tempo quando, all’età di 15 anni, ebbi la fortuna di vederli dal vivo nella mia terra (il Salento), era l’anno 1994 o giù di lì. E nonostante siano trascorsi ben trent’anni da quel concerto, l’ascolto della loro musica riesce ancora oggi ad evocare questo tipo di sentimento, un sentimento profondo che richiama una certa nostalgia per un periodo felice e spensierato della mia vita. Quello era l’anno in cui iniziai a scrivere di musica curando le prime recensioni e interviste per i gruppi metal italiani. Ma devo anche dire che, come molti miei coetanei provenienti dalla vecchia scuola, conobbi la band genovese grazie all’esordio “Above the Light” (1993). E’ ancora forte il ricordo di quel giorno in cui l’adolescente Christian afferrò la cornetta del telefono per contattare la sede della Nosferatu Records voglioso di ordinare la sua copia stampata su CD, dopo aver visto un flyer pubblicato dalla rivista italiana Grind Zone. Era l'inizio di una lunga storia. Impossibile dimenticare! Tutto questo per dire che, a distanza di così tanto tempo e a prescindere dalle mie emozioni e ricordi personali legati ai tempi ormai andati, i Sadist sono ancora qui, più forti che mai, immensi come sempre e capaci di catturare la mia attenzione anche con il decimo album “Something To Pierce”. Eppure stiamo parlando di una di quelle band da cui non si sa mai cosa aspettarsi, ed è proprio questo il bello. E’ praticamente impossibile negare la bellezza di un’opera come questa, caratterizzata da un sound multiforme perciò camaleontico. Come già fatto in passato, i Nostri sfoggiano tecnica e gusto per la melodia e sullo stesso livello una notevole propensione per l’impatto progressivo, avvalendosi di intuizioni fuori da ogni preconcetto, certamente non comuni per i canoni del death metal, riuscendo a lasciare un segno con continui cambi d’atmosfera e intensità che, ascolto dopo ascolto, risultano dannatamente irresistibili. Tommy Talamanca offre il suo lato più imprevedibile sui pezzi in cui fa emergere maggiormente la sua personalità più progressiva, toccando picchi qualitativi notevoli. Questa è la chiara dimostrazione che se continui a fare quello che hai sempre fatto senza porre dei limiti, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre desiderato. Ogni singola performance, ogni singolo musicista coinvolto nel songwriting raggiunge livelli vertiginosi. Quella che si può sentire è una celebrazione di tutto ciò che di eclettico ha il sound dei Sadist, un lavoro brillante che valorizza un trademark (riconoscibile) consolidato nel corso di una lunga carriera. Non si tratta di un disco immediato: questi brani si fanno strada lentamente in una spirale che inquieta e affascina contemporaneamente. Parlare di ascolto significa parlare di comunicazione, di una forma superiore di comunicazione, perché senza l'uno l'altra viene meno in efficacia. Sì, è proprio così, in questo caso è necessario ascoltare attentamente per assimilare appieno ciò che viene espresso dai Sadist. Da questa prospettiva è più facile calarsi nei contenuti racchiusi in “Something To Pierce”. Tutto quanto è caratterizzato da una cura meticolosa per i dettagli, dalla composizione agli arrangiamenti, e tutti questi elementi messi insieme permettono a chiunque di entrare in contatto con la forza espressiva di una formazione unica nel suo genere, non solo in Italia. Massimo rispetto. Lunga vita.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Something to Pierce, Deprived, No Feast for Flies, Kill Devour Dissect, The Sun God, Dume Kike, One Shot Closer, The Best Part is the Brain, Nove Strade, Respirium (instrumental)

giovedì 7 agosto 2025

ACID MASS "Violent End" - Motorpunk Records




Il ritorno di Ben Ricketts con la sua creatura ACID MASS, che avviene ad un anno di distanza dal secondo full-length “Worship” e dalle altre sue precedenti produzioni, non è tanto rilevante sul piano compositivo dato che la sostanza non porta nulla di nuovo per quanto concerne l'approccio alla musica, ma risulta immediatamente efficace il suo modo così selvaggio di guardare al passato per tenere viva la tradizione di tutte quelle sonorità cariche di sporcizia che, inevitabilmente, hanno caratterizzato fino al midollo il marchio di fabbrica di alcune tra le band più iconiche nella storia del metal e dell'hardcore punk primigenio. Qui i richiami parlano dei primissimi vagiti di Slayer, Venom, Celtic Frost, Destruction, Bathory, Sodom, Bulldozer, Discharge, solo per citarne alcuni; un suono marcio e tagliente che se ne sbatte di tutto ciò che viene prodotto nell’attuale contemporaneità. Lo scopo principale del musicista proveniente da Cincinnati (Ohio) è recuperare la maggior quantità di efferatezza dal materiale composto negli anni ’80, riversarla nei suoi brani, e far capire all’ascoltatore che il riciclaggio di ciò che abbiamo già sentito per decenni si configura ancora oggi come un’autonoma attività per continuare a picchiare duro senza scendere a compromessi. La carica di spontanea violenza che i Black Mass lasciano deflagrare in undici minuti risulterà irresistibile per i fan delle sonorità in questione. In fin dei conti potremmo dire tanto altro, oppure avere opinioni completamente diverse sulla stessa questione, ma non ci sarà verso di far cambiare binario a certi musicisti così ostinati e intransigenti. Credo che su questo punto siamo tutti d'accordo. Prendere o lasciare. L'EP "Violent End" è stato pubblicato dalla Motorpunk Records.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Misery, Die Like Dogs, Pain Inhabits, Violent End



mercoledì 6 agosto 2025

LETA "The Black Cat" - Ivar Records




I salentini LETA sono senza ombra di dubbio una delle realtà più interessanti in ambito doom, chi ha avuto la possibilità di ascoltare il debutto “Condemned to Flames” (2021) e, soprattutto, chi ha vissuto il piacere di vederli dal vivo in questi ultimi quattro anni, sa di cosa sto parlando. Questa è una band ben consolidata fatta di cuori pulsanti all'unisono che consumano ossigeno vitale attingendo da quel caleidoscopio di vibrazioni che, negli anni ’70, animava i precursori di un genere diventato poi culto, inutile negarlo, e come ogni culto che si rispetti ha avuto e continua ad avere i suoi seguaci, oggi come ieri, quasi sempre adoranti “in toto”. Quelli erano gli anni in cui le lodi ai “Black Sabbath” (in primis) diventavano vere e proprie esperienze rimaste indelebili allo scorrere del tempo, e non è un caso se tantissimi musicisti rimangono tuttora affezionati a certe atmosfere nascoste tra le ombre della notte, perché come diceva Khalil Gibran: “per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte”. “The Black Cat” si eleva attraverso un’overdose di suoni che in quel glorioso passato trovano la spinta per continuare a modellare insistentemente il presente, contribuendo in modo decisivo a rendere intrigante e al passo coi tempi (andati) la musica prodotta dai Nostri. Ma la cosa più entusiasmante risiede nel fatto che anche il nuovo capitolo rilascia interessanti scorie psichedeliche capaci di accompagnare l’ascoltatore in un’esperienza acida e fumosa, senza mai rinunciare a quelle melodie penetranti ricche di fascino ancestrale, come se il saggio timoniere Ilario Suppressa (chitarra) avesse avuto spesso bisogno di fermarsi ad osservare e contemplare il cielo stellato prima di riprendere velocità per spiccare il volo, trascinando con sé la creatura Leta in modo da raggiungere altre mete lontane e sconosciute. Il bello è che tutto funziona bene, anche se i brani sono molto lunghi, confermandosi una squadra efficacemente affiatata a cui non manca certo l’ispirazione; insieme sono riusciti a dare vita ad un album variegato, dinamico ed espressivo allo stesso tempo, dove lo scopo principale non è tentare di trovare la formula dell’originalità, bensì rimanere aggrappati al potere intrinseco dell'espressività. Se posso permettermi di dare un consiglio, cercherei di diversificare un po’ il cantato, ma solo per enfatizzare al meglio il pathos di determinate soluzioni racchiuse nel songwriting, per il resto la proposta dei Leta è nella sostanza di grande effetto oltre che convincente. La verità è una sola: il circuito underground italiano vanta ancora oggi delle compagini che, pur non essendo sotto i riflettori, godono di buona stima all'interno della community. In fin dei conti solo i fatti contano e creano la vera identità di un qualcosa, il resto sono solo chiacchiere. Registrato e mixato dal chitarrista Ilario Suppressa presso i Ghost Studio's Sound, masterizzato da Francesco de Pascali (Ivar Studios, Torba). Il funesto artwork è opera del bassista Gabriele Tarantino. Un gradito ritorno.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Black Cat, Freedom, Around You Inside You, Lame