I neozelandesi FORCED STARVATION entrano di pieno diritto nella schiera di quelle band che, negli ultimi anni, sono riuscite a produrre un impatto davvero significativo nella scena grindcore/fastcore. Lo scenario malato raffigurato da “Forced Starvation” è tutt’altro che rassicurante: già il titolo vuole essere una sorta di provocazione, ad indicare il significato inquietante e disturbante che anima l’essenza di un disco di debutto che non presenta punti deboli. La visione dei Nostri si rivela essere estremamente convincente nella sua spietata efferatezza, pur non portando nulla di diverso se paragonato a quanto fatto da altre valide formazioni impegnate con il medesimo genere musicale. La ruvidezza e la sfrontatezza sono i cardini su cui si reggono brani tanto efficaci quanto disumani; mettendo sul piatto tanta voluminosità, tanto “peso” sonoro, tanta cattiveria inaudita. Il frontman qui offre una prova dannatamente efficace e dimostra di non essere solo un buono screamer. I riff, le ritmiche grondano sangue in una gabbia d’acciaio che rotola come un macigno sui nostri crani. Certi passaggi mi hanno ricordato i grinder svedesi Gadget. Un album arcigno, sgraziato, che fa emergere tutta la frustrazione e la ripetitività di una società ormai distrutta che non porta a nessun progresso su cui fare affidamento. Alle orecchie di molti i quattordici brani possono sembrare tutti uguali, ma in realtà ogni singola traccia è indispensabile per scavare un solco profondo dove far passare sentimenti carichi di una forte avversione. Ascoltare dischi come “Forced Starvation” non può che trasmettere una certa soddisfazione. La line-up della band è formata da membri di Piggery, Meth Drinker, Stress Ghetto, Unruly.
Pagine Ufficiali:
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Songs:
Circling the Drain, Bathed in Blackwater, Front Towards Enemys, Children's Skeletons, Cryptic Incursion, Mapogo Coalition, Shit Giving Exacerbation, From My Rotting Body, Crushed to Powder, As the Lake Dries Up, Faceless Aquaintance, Forced to Face the Day, Champawat Maneater, MAGA Hat (Dogcock)