I bresciani SUNPOCRISY percorrono il sentiero dell'emozionalità seguendo le regole riconducibili alle teorie del post-metal odierno. Era piuttosto scontato aspettarsi un ulteriore passo in avanti in tema di evoluzione e songwriting, anche perché il gruppo ha avuto il giusto tempo per maturare e crescere ulteriormente (tre anni trascorsi da "Samaroid Dioramas"). Se il disco di debutto aveva messo in evidenza la caratura dei sei musicisti nostrani, il nuovo arrivato vuole solo riconfermare la loro competenza in materia. "Eyegasm, Hallelujah!", prodotto dall'affidabile Riccardo Pasini (Studio 73, Void of Sleep) e masterizzato da Collin Jordan negli States, scava un tunnel temporale che collega simultaneamente passato e presente. L'album è caratterizzato da un sound magnetico dal taglio molto "ampio", a volte ipnotico, ma sempre "attuale" sia nella forma che nella sostanza. In questo senso, ogni canzone regala delle esperienze sensoriali capaci di inebriare chiunque si presti all'ascolto dell'opera. Fa piacere vedere come i Sunpocrisy, provenienti dalla città che fu la capitale dei galli cenomani, riescano ad emozionare rivendicando il loro essere innovativi e al passo coi tempi. Ottima prestazione.
TRACKLIST: Eyegasm, Mausoleum Of The Almost, Transmogrification, Eternitarian, Of Barbs And Barbules, Kairos Through Aion, Gravis Vociferatur, Festive Garments, Hallelujah!
C'E' CHI LA MUSICA LA VIVE COME UNA VERA E PROPRIA MISSIONE, QUALCOSA DI FROFONDO A CUI E' DIFFICILE SOTTRARSI. OGGI HO IL PIACERE DI PUBBLICARE IL RESOCONTO DELLA CHIACCHIERATA CON RODOLFO PROTTI, COLUI CHE HA FONDATO LA OLD EUROPA CAFE, PRESTIGIOSA ETICHETTA DISCOGRAFICA ITALIANA.
1. Ciao Rodolfo. Cosa ti ha spinto a fondare la Old Europa Cafe nel 1984? Perché questa esigenza?
- Onestamente non ricordo quale sia stato il motivo principale per cui ho fondato OEC...
In quel periodo c'era uno scambio continuo di cassette, si facevano piccole edizioni e si scambiava molto, era un mondo molto artigianale, senza internet...
Ricevere e spedire pacchetti postali con musiche e tematiche molto differenti, anche dal punk che aveva cambiato tutto pochi anni prima, era decisamente eccitante.
2. Ci sono diversi tipi di musica nel tuo catalogo: È liberatorio avere tale varietà stilistica?
- Non pongo limiti ai generi, produco semplicemente quello che mi piace e mi stimola.
3. Nel corso degli anni che cosa ti ha regalato essere una persona molto rispettata nel circuito della musica ambient/dark/industrial/electro...?
- Gestire la Old Europa Cafe mi ha portato a conoscere, spesso anche di persona, molti degli artisti che ho prodotto ed ad avere un rapporto diretto e di amicizia con parecchi di loro. Tutto questo è sicuramente impagabile.
4. Rodolfo, che tipo di messaggio vuoi lanciare con la tua etichetta?
- Io non lancio alcun messaggio, lascio che parli la OEC e tutto quello che negli anni è stato prodotto.
5. Con quale artista della OEC pensi di avere maggiore complicità?
- Fare un nome sarebbe fare un torto a molti altri... ed onestamente non ne ho uno in particolare.
6. C'è stato un musicista/gruppo che ha cambiato il tuo modo di vedere la musica?
- Penso soprattutto i Throbbing Gristle...
7. C'è una disco pubblicato con la tua Old Europa Cafe che non ti sei mai stancato di ascoltare?
- Per lavoro, seguire l'etichetta più il mail-order, ascolto veramente un sacco di cose e non credo di aver mai ascoltato un disco Old Europa Cafe particolarmente a lungo...
Comunque Fra gli album più vecchi in formato CD usciti per l'etichetta posso nominare "HYBRYDS – Clavis", "TAC – Apotropaismo", "BAD SECTOR – Plasma", "ENDVRA – The Watcher", "FOLKSTORM – Information Blitzkrieg", "INANNA - The Storm I-III"... sono tutti album molto particolari, intensi e molto rappresentativi di varie sfaccettature Industrial.
8. Com'è cambiato il significato di "etichetta discografica" durante gli anni? Quali pensi siano le differenze da quando sono aumentati gli utenti dello streaming?
- Questa è una domanda che richiederebbe una risposta molto lunga ed articolata...
Comunque sia rispondo con poche parole ed esaminando solo il lato pratico dell'ascoltare la musica:
Non vi è dubbio che la musica va "ascoltata" ma ci sono varie maniere di ascoltarla ed anche di "vederla, pesarla e tenerla in mano"... Secondo me non hai ascoltato un album veramente se non ne possiedi una copia, lo tieni in mano, lo pesi, lo apri, ne leggi le note di copertina, vedi le parti grafiche, lo ascolti da un impianto stereofonico, meglio ancora se è un disco in formato vinile così il peso e le dimensioni dell'oggetto sono più presenti e danno più soddisfazioni ai vari sensi...
Tutte queste sensazioni non le avrai mai ascoltando un file sullo smart e non potrai nemmeno dire di possedere quell'album perché non è così... Sono certo che chi vuole capire cosa intendo lo ha capito perfettamente... Questo è il motivo per cui le etichette discografiche ed i negozi di dischi debbono esistere e immagino continueranno ad esistere.
Le etichette non sono cambiate è cambiato il modo di ascoltare. Fortunatamente non per tutti, vedo anche molta gente giovane che acquista l'impianto stereo ed acquista musica in "formati solidi" e che la vuole ascoltare alla vecchia maniera, su vinile. Cassette, CD...
9. Se non avessi fondato la OEC cosa avresti fatto nella tua vita?
- Ho fatto vari lavori in vita mia oltre all'etichettaro, dal gelatiere al barista al venditore in un paio di aziende industriali... Credo avrei comunque avuto a che fare con il commercio...
10. Cos'è per te il passato, il presente e il futuro?
- Tempo che passa o passerà... La musica rimane.
11. Progetti futuri? Grazie per l'intervista.
- Molti, forse troppi, ancora non mi fermo con OEC e ci sono parecchie cose che voglio fare...
Grazie a te per le quattro chiacchiere.
Gli svedesi DEAD SOUL evadono dai soliti canoni stilistici facendo leva su una irrefrenabile passione per la buona musica. Il problema di fondo è che probabilmente saranno in pochi ad accorgersene. La solita storia che si ripercuote sui dischi belli ma creati da musicisti incompresi. Questo accade perché ancora oggi gran parte del pubblico è "distratto" e legato a determinati generi musicali. La strada all'interpretazione soggettiva viene aperta dal secondo album in studio intitolato "The Sheltering Sky". E' un lavoro coraggioso e sconvolgente: 10 tracce di "retro-rock-electro" levigato da ficcanti sintetizzatori analogici. Complessi da classificare e giudicare, poiché ogni singola canzone fa storia a sé. Un approccio maturo che si lega a doppio filo con l'arte astratta. Penso che le loro sonorità siano un mix ben equilibrato tra influenze anni '80 ed elementi moderni. Le vibrazioni sono eccitanti e di alta qualità. Niels Nielsen e Anders Landelius non hanno intenzione di proporre una scadente imitazione del passato, né tantomeno di collocarsi nel filone dei tanti esasperanti revival. Non è un caso se ho aggiunto "The Sheltering Sky" alla lista dei miei dischi preferiti del 2015. Consigliato ai seguaci di Nick Cave, Nine Inch Nails, Depeche Mode, Brendan Perry...
TRACKLIST: Until The Last Breath, The Fool, Shattered Dreams, In Between, Dirt Road, Ladies & Gentlemen..., The Abyss, Home By The Sea, Thy Will Be Done, The Final Day
LO SVEDESE PETER BJÄRGÖ E' CONSIDERATO UNO DEI PIU' IMPORTANTI, INFLUENTI E ORIGINALI COMPOSITORI DEL PANORAMA MUSICALE. IL CURRICULUM DELL'ARTISTA E' DI TUTTO RISPETTO. I PROGETTI CHE LO VEDONO COINVOLTO (ARCANA, SOPHIA, KARJALAN SISSIT, TYRANT...) CONTINUANO A RICEVERE CONSENSI POSITIVI DA PARTE DI PUBBLICO E CRITICA. HO DECISO DI CONTATTARLO PER SAPERE COSA STA SUCCEDENDO NEL SUO PRESENTE. E' UN ONORE OSPITARLO NELLA MIA WEBZINE.
1. Ciao Peter. Prima di iniziare voglio ringraziarti per aver risposto all'intervista per SON OF FLIES. Partiamo da una domanda indispensabile: Cosa ti ha spinto a iniziare il tuo percorso solista nel lontano 2005 e quali sono gli stimoli che ti danno la forza per andare avanti oggi?
- Sia gli Arcana che il progetto Sophia sono sempre stati immersi in un tipo di suono piuttosto predefinito e questo non mi ha mai permesso di sperimentare altri paesaggi sonori, ecco perché decisi di iniziare la mia carriera solista, nella quale non esistono confini o barriere. Così mi sono sentito più libero di fare altre cose differenti. Quello che mi fa andare avanti oggi? Hmm... direi che gli stimoli sono gli stessi di un tempo. La mia musica rappresenta il mio modo di essere. Nella mia testa girano sempre nuove melodie e idee.
2. Il tuo ultimo album "The Architecture of Melancholy" (2012) è davvero incredibile. Quali sono le tue sensazioni a tre anni di distanza dalla sua uscita? Hai qualche considerazione da fare sul tuo primo capolavoro "A Wawe of Bitterness" del 2009?
- "The Architecture of Melancholy" è stato un album molto speciale. Quel lavoro racchiude così tante cose della mia vita, emozioni che mettono in luce il mio stato d'animo di allora. Sono molto orgoglioso di quel disco, anche se oggi potrei aggiungere dei dettagli. "A Wawe of Bitterness"? E' stato il mio primo esperimento da solista, ecco perché sono altrettanto orgoglioso di quel debutto. Forse è stato un po' dimenticato visto che non è più disponibile. Questo è triste.
3. Il punto di forza della tua musica è senza ombra di dubbio il connubio tra gli elementi acustici e le sonorità oscure del dark ambient. Questo è un mix che funziona molto bene nel tuo stile musicale. Avevi degli obiettivi precisi? Come si è evoluto il processo di scrittura nel corso degli anni?
- Non seguo nessun modello perché di solito parto da una melodia o da un ritmo per costruire l'atmosfera. Può essere una canzone a tradurre il mio stato d'animo, oppure un passaggio sonoro. Il mio è un modo astratto di intendere la musica.
4. Preferisci far passare del tempo per far maturare le tue idee?
- Penso che le cose siano cambiate nel corso degli anni. Quando ero più giovane andavo un po' di fretta. Ai tempi non investivo troppo tempo sul mixaggio. Se si pensa troppo sulle cose è più facile distruggere la forma della canzone, ma si può anche dimenticare l'idea che sta all'origine. Quando lavoro sulla musica cerco di tenere tutto in mente. Al giorno d'oggi investo molte più ore per definire una canzone. Il concetto di "album" è diverso rispetto al passato, anche perché la maggior parte della gente non compra più i dischi fisici e preferisce ascoltarli in maniera differente. Molti si focalizzano su una sola canzone e raramente su un intero album.
5. Cosa c'è alla base dei tuoi testi? Cosa serve veramente per mettere nero su bianco?
- Quando scrivo per i miei dischi solisti tutto diventa più intimo e ciò si riversa nei testi. Spesso parlo del disturbo bipolare (o depressione bipolare) ma anche dei sentimenti personali. Non amo spiegare i miei testi. Mi piace l'idea che ogni persona possa interpretarli in maniera differente.
6. Per creare musica hai bisogno di particolari sensazioni, sentimenti, luoghi da visitare?
- Penso che tutto ispira la mia scrittura. Servono sia le esperienze positive che quelle negative. Potrei camminare in un vecchio complesso industriale, così come in un bellissimo bosco, ed essere ispirato da entrambi. Per me questa è una cosa molto naturale... come respirare.
7. Qual è il tuo background in termini di formazione musicale?
- Sono cresciuto ascoltando heavy metal: i Kiss, gli Iron Maiden, e cose simili. Poi sono passato alla musica più estrema, quella di fine anni '80 e primi '90. In quel periodo non mi limitavo a suonare solo la chitarra perché ascoltavo altra musica. Decisi di andare oltre, e il risultato si può ascoltare nelle prime cose composte per gli Arcana.
8. Il tuo prossimo album da solista sarà il terzo full-length della tua discografia. Hai già composto delle nuove canzoni?
- Beh, ho già scritto un sacco di musica per il terzo album, un sequel di "The Architecture of Melancholy", ma attualmente sono bloccato con questo lavoro. Ora sono impegnato con il mio amico Nico del progetto Empusae. Abbiamo iniziato a lavorare su delle canzoni e il risultato è veramente buono. Stiamo pubblicando un disco con il nome Onus. Ma posso assicurarti che non ho dimenticato il mio nuovo album solista.
9. Una domanda diversa: pensi che continuerai a comporre musica per gli altri tuoi progetti musicali (Karjalan Sissit, Arcana, Sophia, Tyrant...)?
- Riguardo i Karjalan Sissit dipende tutto da Make Pesonen. Ogni volta che lui mi contatta per un nuovo album mi metto a scrivere, registrare e mixare del materiale. Ecco perché in realtà non mi considero un membro dei KS... hehe. Gli Arcana sono sempre vivi. Sto lavorando a della musica con Ida Bengtsson. Il disco dovrebbe uscire il prossimo anno. Non so cosa dire sui Tyrant haha, non c'è mai nulla di certo su questa band.
10. Quali sono i tuoi piani per i prossimi mesi? Grazie per l'intervista!
- Sto finendo il nuovo album dei Sophia, che dovrebbe essere pronto entro due settimane. Poi stiamo lavorando sul nuovo full-length degli Arcana. Al momento sono queste le mie priorità. Grazie a te per l'intervista e scusami se ho tardato a inviarti le risposte.
Ci sono dischi che già al primo ascolto riescono a trascinare e lasciare il segno. L'esempio lampante è questo "Refugium", secondo full-length del polistrumentista Marrok. Forte delle sue capacità compositive, l'artista austriaco cerca di bissare il primo "Between the Light" del 2014 mettendo in scena un sentire diventato un po' più scaltro e articolato. Finalmente qualcosa di valido per cui valga la pena scrivere una recensione. Quindi ritmiche e trame chitarristiche elettrizzanti, messe in evidenza da una mirabolante produzione. Nel complesso è uno stile musicale che sta a metà tra il post-black metal odierno e il classico heavy-gothic. Il rovescio della medaglia, ahimè, risiede nel fatto che alcune soluzioni adoperate potrebbero suonare troppo derivative alle orecchie di molti. Infatti la sola traccia "Between Reality and the World Beyond" porta in auge le sonorità in agrodolce dei Katatonia. Nei passaggi meno veloci non mancano nemmeno gli echi dei britannici Paradise Lost. Attenzione però a non fare l'errore di cestinarlo a priori, proprio perchè non bisogna assolutamente sottovalutare il vigore, la bravura e le potenzialità del giovane artista europeo, davvero abile nel destreggiarsi tra emozionalità e aggressività. La buona prova vocale è l'altro punto di forza dell'album. Oggi ANOMALIE si esprime con grande intensità. Spesso anche i più piccoli particolari (impercettibili) possono portare ad ottimi risultati futuri. Il percorso è ancora lungo, ma la strada è quella giusta. E' stato registrato, mixato e masterizzato da Markus Stock presso i Klangschmiede Studio E (Alcest, Secrets of the Moon, Dark Fortress...).
TRACKLIST: In Fear of Tomorrow, Spiritual Distortion, Untouched Walls, Between Reality and the World Beyond, Solace, Leaving Somnia, Freiflug 48° 23´ N, 16° 19’ O, Refugium
Se siete dei fanatici sostenitori del noise rock abrasivo e del post-punk non potete ignorare il suono urbano di "Societea for Two" degli HA DET BRA. Il gruppo croato è ben noto nel circuito underground della loro città (Zagabria) anche perché è attivo fin dal lontano 1991. Purtroppo, la compagine dell'Est Europa non ha avuto vita facile. E' una storia piuttosto tormentata quella dei cinque musicisti coinvolti nella line-up. Un vissuto che ha raggiunto buoni picchi di produttività solo nel finire dei '90, e forse è per questo motivo se nel 1998 decisero di concedersi un lungo periodo di letargo. La pausa ha dato nuova linfa agli Ha Det Bra. Undici tracce delle quattordici totali risalgono al passato e solo tre possono considerarsi "recenti". Insomma, volete farvi un'idea precisa sul genere suonato dai nostri? Allora dovreste provate a cucire insieme i tratti marcati di alcuni artisti che hanno fatto la storia di queste sonorità: Sonic Youth, Killing Joke, The Jesus Lizard, Swans, ma anche Unsane, Melvins, The Cutthroats 9 e Today Is The Day, se analizziamo il lato più grintoso e selvaggio della band. Del resto, non ho ascoltato nulla di particolarmente innovativo in "Societea for Two". Ma non dovete fraintendere! Spesso quello che conta per me è che il contenuto del messaggio e la sua energia siano potenzialmente inattaccabili. Gli Ha Det Bra meritano la vostra attenzione.
TRACKLIST: Burn the Maid, In Lies, Sleeping With the Werewolf, Michael's Nightmyers, Merry Christmas and Lots of Ho Ho Ho's, Lowthing, Hospital St. Grail, Mustafa the Tyrant, The Song My Dad Taught Me, Us in the Desert, Preacherman, Little Clown, Under the Mould, The Owner of Tombstones
"Darkness Drips Forth" è il disco più completo dell'intera discografia dei finlandesi HOODED MENACE. Questo lavoro bilancia in modo deciso le diverse sfaccettature della loro proposta senza sacrificare la componente atmosferica spurgata dall'oscuro songwriting. Ancora una volta a colpire maggiormente è la robustezza del doom e il fascino malsano del vecchio death metal che, non è mai stato accantonato. Oggigiorno scopriamo tanti gruppi impegnati a rivisitare l'approccio dei grandi maestri, ma pochi raggiungono l'intensità degli Hooded Menace. Se non fosse così, "Darkness Drips Forth" non sarebbe tanto efficace, e forse perderebbe di qualità e personalità. L'impatto è stordente mentre il flusso inarrestabile. Dopo ripetuti ascolti si capisce che la formazione scandinava suona affiatata al di sopra di ogni aspettativa. L'esperienza accumulata negli anni ha dato sfogo alla vena più audace che questi musicisti si portano dentro. Immerso in queste 4 reliquie d'altri tempi, ho riassaporato il brivido della tenebra.
Ebbene sì, quello degli americani COMPASS & KNIFE è proprio un bel disco di post rock strumentale. Posso tranquillamente ammetterlo. Composto con gusto, arrangiato nel modo migliore e suonato da musicisti che sanno come accarezzare il cuore e l'anima dell'ascoltatore, preservando l'impatto emozionale di tali sonorità. L'underground d'oltreconfine, ancora oggi, vanta diverse valide realtà, e questa è la notizia buona che non dobbiamo far finta di non considerare. "The Setting of the Old Sun" racchiude al suo interno un mix di stimoli ed emozioni abbaglianti. L'impeto della band trascina fin dalla bellissima traccia di apertura "I Am Endless". Ottima la scelta di utilizzare un suono di basso distorto e tremolante. Insomma, la voglia di crescere ulteriormente c'è sempre, e ce lo fanno capire in canzoni quali l'opener (citata poc'anzi), "Transconsciousness" (sorretta da una suadente voce maschile), oppure la conclusiva "Drowned in Desire". Mi piace la magnificenza e l'epicità di alcune loro melodie. Nulla di nuovo, sia chiaro a tutti, ma bisogna riconoscere che la musica dei Compass & Knife crea universi di fantasia, quel qualcosa che ti porta altrove e oltre. Bravi.
TRACKLIST: I Am Endless, The Setting of the Old Sun, A Season of Loss, Step Through the Copper Door, Transconsciousness, Our Home Is Nothing but a Memory, Redefining Silence, Drowned in Desire
Per chi ancora non lo sapesse, ATOMINEELEKTRINE è un altro esperimento del compositore svedese Peter Andersson (raison d'être) che, con notevole maestria espone una creatività più dilatata, influenzata dalla space music d'annata. Come da previsione anche il nuovo album è modellato da suoni spaziosi e ben definiti, utili a stimolare un modus operandi che mette in risalto una combinazione di soluzioni meno oscure e drammatiche rispetto a quelle proposte con il progetto madre. Tutto ciò era già successo nei tre precedenti capitoli: "The Deep Invisible" del 2008, "Nebulous" datato 2007 e il primo "Archimetrical Universe" messo in commercio nel lontano 1999. A dare vigore a "Laniakea" ci pensa questo incredibile senso di percezione spaziale che alimenta il flusso stesso della musica. Le tracce del disco ci restituiscono un artista unico nel suo genere, un uomo indipendente e sempre pronto a riconfermare quel gusto di mettersi in discussione all'interno della scena ambient-electro. La posizione occupata da Peter rimane praticamente intoccabile.
Esistono artisti che vivono tenendosi in bilico sul filo sottile della fragilità, anime dotate di una sconfinata sensibilità e perciò, destinate a una perenne sofferenza interiore. Mick Moss non può essere sottratto da questa lista di prescelti. Oggi lo ritroviamo e lo riascoltiamo nel sesto album dei suoi ANTIMATTER. Il full-length è intenso, ispirato e riesce ad ammaliare senza prendere le distanze dalle uscite precedenti; anche se, bisogna dire che il lato "pop" del musicista inglese emerge più di prima, evitando compromessi o forzature. Abbandonate le atmosfere elettroniche utilizzate in passato, Moss ritorna al suono caldo degli strumenti, soprattutto quello della chitarra acustica... struggente ed evocativa. Fondamentale si rivela il suo inconfondibile timbro vocale e l'utilizzo delle voci femminili, capaci di iniettare maggiore pathos ai brani. Ogni singolo pezzo, compresi quelli un po' più elettrici, sono avvolti da un mood colmo di sensazioni profonde, per quanto schiacciate da una spessa coltre di cupezza. Il titolo dell'album riflette il disagio collettivo, proprio perché il mondo in cui viviamo è dominato dalle ingiustizie, dalle bugie e dai peccatori. La bellezza contagiosa di "The Judas Table" risiede nell'essere un lavoro introspettivo e decadente. La musica degli Antimatter, in ogni caso, vuol far riflettere, oltre che emozionare. Da ascoltare e riascoltare nel buio di una stanza.
I PIEMONTESI O FANNO RITORNO SULLE SCENE CON IL LORO SECONDO FULL-LENGTH INTITOLATO "PIETRA", UN LAVORO CHE CI MOSTRA UNA BAND IN PIENA SALUTE E CAPACE DI COLPIRE L'ASCOLTATORE CON CANZONI PROFONDE E DALLA FORTE CARICA SUGGESTIVA. SENTIAMO COSA HANNO DA DIRCI.
1. Ciao. Potreste brevemente presentare gli O ai lettori di Son of Flies? Perché avete scelto questo nome così particolare per identificarvi nella scena musicale italiana?
- Ciao Cristian, grazie per l'intervista. Ci siamo formati nel 2010 con l'intenzione di portare avanti un progetto musicale che abbracciasse quei generi "estremi" che più ci coinvolgevano, black-metal e post-hardcore sopra tutti. Al tempo stesso, abbiamo voluto dare molta importanza anche al lato più concettuale del nostro progetto, da qui il nome "O", scelta che può risultare ermetica ma che abbiamo amato fin da subito in quanto densa di significati e simbologie: l'eterno ritorno, il ciclo della vita e della morte, l'uroboro... In questi anni abbiamo avuto l'onore di condividere il palco con band che apprezziamo come Napalm Death, Unsane, Raw Power, Necrodeath, The Secret, Céleste, Big Business, Forgotten Tomb, Jungbluth, Hexis, Rorcal...
2. Cosa ci potete dire sul processo di composizione e registrazione del nuovo "Pietra"?
- Abbiamo impiegato molto tempo per comporre i pezzi, reduci anche da un cambio di batterista; diverse canzoni sono state scartate e le cinque che compongono il nostro EP sono davvero il frutto di lunghe prove e discussioni. Con questo disco abbiamo provato a sperimentare nuove strade, cercando di giungere ad una sintesi musicale che soddisfacesse tutti. A livello compositivo, abbiamo proceduto come nostro solito: partendo dai riff di chitarra – che possono venire rimaneggiati o stravolti durante l’arrangiamento – proviamo assieme diverse soluzioni melodiche e ritmiche, il più delle volte discutendo piuttosto che suonando, in modo da dare una forma concreta a ciò che abbiamo in mente. Le registrazioni sono avvenute in maniera analoga a quella del "Il Vuoto Perfetto": una manciata di giorni allo Studio 73, sotto la direzione di Riccardo "Paso" Pasini, presa diretta e qualche sovraincisione per quanto riguardava le chitarre, ma senza troppi orpelli, campionamenti a parte.
3. Le canzoni del disco hanno una struttura abbastanza ermetica, ma anche un timbro intenso, disperato... Perché tutta questa ossessività?
- È stato un disco davvero sentito e sofferto – e crediamo che questo si senta, all'ascolto. Venivamo da un periodo decisamente nero delle nostre vite e questo si è naturalmente riversato all'interno dei brani che stavamo scrivendo. Al nuovo nato è stato dato il nome "Pietra": titolo "materico" che riflette bene un periodo duro e opprimente. Nei testi – tutti a cura del cantante S – si possono leggere cenni autobiografici (è sicuramente il lavoro più personale che abbiamo mai fatto fino ad oggi), ma sempre trascesi attraverso una forma poetica e indiretta. Nella pietra i raggi del sole non penetrano ed è un po' questo che avvicina il titolo del disco al tema della morte, a quello dell'abbandono ed a quello solitudine, temi che ritornano ossessivamente come un circolo invisibile dal quale non si può fuggire.
4. Siete attivi da soli cinque anni ma il vostro songwriting sprigiona una buona dose di personalità. Pensate sia dovuto alla bravura di ogni singolo membro coinvolto nella band, oppure tutto ciò è frutto della sinergia che si è creata tra voi?
- Come detto, riguardo la composizione dei brani, il nostro è da sempre un lavoro d'insieme. Nel tempo abbiamo capito che il suonare, almeno nella nostra band, è un delicato lavoro di equilibri dove la discussione e lo scambio di idee deve prevalere. Inoltre, stiamo cercando di abbandonare un po' una forma canzone legata ad un “collage di riff” (strofa/ritornello/strofa/ponte ecc...) per tentare una strada più «atmosferica», in cui un singolo riff, magari riarrangiato, possa andare a costituire l'intera ossatura del pezzo. Se, ad esempio, ascolti pezzi come "Splende" oppure "Osmio" puoi notare che in realtà sono esclusivamente strutturati su una serie molto limitata di riff portanti ("Osmio" possiede solo due riff, eppure è la canzone più lunga che abbiamo mai composto). Allo stesso modo, col tempo, stiamo cercando di "incastonare" la voce nei brani, strutturando i testi direttamente in sede di composizione. Quello che vogliamo creare è un'unità monolitica e disperata di suono.
5. Che differenze riscontrate rispetto a "Il vuoto perfetto"? Vi siete affidati allo stesso tecnico del suono: Riccardo Pasini (bassista dei Void of Sleep). Quanto è stata importante la sua affidabilità tecnica e professionale per raggiungere il vostro obiettivo?
- Ogni tanto riascoltiamo "Il Vuoto Perfetto" e non possiamo non notare le differenze che lo separano da "Pietra". Innanzitutto, il ventaglio di generi musicali che caratterizzava il nostro vecchio lavoro si è sicuramente ristretto: canzoni come "Contemplando" o "L'inizio", oggi, non troverebbero più spazio in un disco come "Pietra". Questo può sicuramente avere dei lati positivi e negativi, ma per come siamo oggi, preferiamo una forma più semplice e diretta. Durante le registrazioni, il lavoro del Paso è stato, anche questa volta, fondamentale e sicuramente la sua impronta "Albiniana" si sente! A differenza del "Vuoto Perfetto", abbiamo affidato il master ad un vero e proprio "guru" della scena internazionale: Alan Douches, autore di master per gruppi storici quali Converge, Today Is The Day, Mastodon… Sicuramente il suo contributo è stavo vitale per rendere l’atmosfera del disco ancora più oscura, densa e violenta.
6. Purtroppo viviamo nell'epoca dell'uso e consumo, dell'usa e getta. Per ciò che riguarda la musica, pensi ci possa essere ancora spazio per il supporto fisico in futuro? Ve lo chiedo anche perché molti musicisti ed etichette discografiche stanno tornando al formato del vinile.
- È una questione molto importante. Ormai è chiaro che un formato come quello del CD sta perdendo terreno mentre c'è stato, in questi ultimi anni, un grande ritorno del vinile. Pensiamo che in un'epoca come la nostra, in cui il 90 per cento della musica è ascoltata attraverso streaming, mp3 ecc (e noi non facciamo eccezione!), bisogna cercare di curare al meglio il supporto fisico, nobilitarlo... E certamente il formato del vinile, ben più "fisico" che il CD, ti permette packaging più belli e interessanti. Per questo con "Pietra" abbiamo voluto concentrarci molto anche su questo aspetto: un vinile marmorizzato che fosse "la copertina stessa" del disco, che avesse un'importanza immediata visibile e tangibile, sincera e diretta come i contenuti stessi.
7. I vostri gruppi preferiti nel panorama della musica underground?
- In generale ascoltiamo un po' di tutto e ognuno di noi ha i propri gusti! Per restare ad un livello inerente al nostro genere, sicuramente tutti noi apprezziamo i lavori di band (più o meno underground) come Converge, Deafheaven, Wolves In The Throne Room, Sunn O))), Neurosis, Dead Elephant, Céleste, Deathspell Omega, Jungbluth, Loma Prieta, Birds in Row, Plebeian Grandstand, Altar Of Plagues, The Secret, Today Is The Day, Hexis, Rorcal... Senza contare le tante valide band Italiane con le quali spesso e volentieri condividiamo esperienze e palco. Menzioni d’onore vanno fatte a Lamantide, Hungry Like Rakovitz, Anunaki e Sedna.
Questo è uno dei dischi più strani che io abbia mai ascoltato. Nella loro musica la stranezza è sinonimo di assoluta originalità. Sto parlando dei texani PINKISH BLACK, nati da una costola del trio The Great Tyrant (il bassista Tommy Atkins si suicidò agli inizi del 2010). Jon Teague e Daron Beck, i superstiti di quel gruppo, spostarono la rotta verso qualcosa di ricercato, difficile da codificare. "Bottom of the Morning", terzo album pubblicato dalla rinomata Relapse Records, è stato creato da due artisti esigenti e aperti ad ogni forma di sperimentazione. Non è assolutamente casuale se per il raggiungimento dell'obiettivo i nostri si sono serviti di idee all'avanguardia, in gran parte, riconducibili al pensiero ombroso della vera scuola post-punk e della no-wave (il movimento artistico sorto all'interno della sottocultura punk e sviluppatosi durante i tardi anni '70 e i primi '80). Notevoli i passaggi doomeggianti. Doveroso citare gli italiani Goblin dopo aver sentito il battito cardiaco di "Brown Rainbow", "Everything Must Go", la sfuggente title track. Quindi l'esperienza c'è e convince. Il lavoro è un compendio perfetto di ciò che hanno costruito nel tempo. "Bottom of the Morning" non lascia dubbio alcuno sulle buone condizioni di salute del duo statunitense. Intelligenti e coraggiosi.
TRACKLIST: Brown Rainbow, Special Dark, I'm All Gone, Burn My Body, Everything Must, Bottom of the Morning, The Master is Away, New Dawn Fades (Bonus Track)
Presentai questi EARLY MAMMAL quando nel 2013 scrissi la recensione per il debut LP "Horror at Pleasure" (Devouter Records), al quale seguì un secondo full-length dato alla luce nello stesso anno ("My Fire", Convoy Records). Dopo quei miei primi pensieri arrivò una lunga intervista con il trio britannico (proveniente dal sud di Londra), un modo per entrare in contatto con la loro essenza psichedelica che, ancora oggi deve molto alle correnti acide di fine anni '60 e inizi '70. Potenza allo stato puro in nome di un intensissimo psyche blues/rock molto vicino alle sonorità di gruppi come Captain Beefheart, Hawkwind e Aphrodite's Child. Il suono degli Early Mammal si è consolidato in pochi anni di attività. La via di fuga dei nostri è stata sempre questa. Mi piace il moto ondoso con cui Rob Herian (chitarra/voce), Ben Davis (batteria/percussioni) e Ben Tat (basso) creano musica, una forza della natura che scava solchi profondi per far emergere la virilità dei contrasti. La fantasia è tanta e viene costantemente messa al servizio del songwriting. L'unica cosa da fare è lasciarsi trasportare dal flusso di "Take A Lover". Da non perdere.
Quello dei sudafricani ALBINOBEACH, attivi in quel di Johannesburg, è un sound che risente tantissimo della musica contemporanea. A livello di sonorità, l'impronta post rock è piuttosto palese, e non potrebbe essere diversamente visti i buoni risultati ottenuti con l'EP omonimo di debutto del 2008 e con il successivo "Angolan Girls", pubblicato verso la fine del 2011; ma i cinque musicisti coinvolti nel progetto, fortunatamente, coltivano il desiderio di spingersi altrove. Infatti il loro modo di agire muta di brano in brano trascinando l'ascoltatore in una dimensione piuttosto magica ed elaborata. Uno spazio in cui vengono fatti girare generi come il dub, la fusion, il reggae, il noise, il rock / psych rock. Stili diversi che si espongono alla luce di un sole rovente per creare emozioni vibranti. Tutto ciò, riversato nel nuovo "Cacophonic", disco aperto a scenari sovraccarichi di colori abbaglianti, camaleontici, più precisamente quelli di un tipico score cinematografico. C'è molto lavoro dietro la creazione di queste nove tracce. Gli Albinobeach hanno a che fare con la libertà di sperimentare con varie soluzioni o strumentazioni, strutture e, in generale, con un gesti "sinceri" e lontani dai "limiti". Bellissima la song "Emeralds". Davvero interessanti.
"Inversum" può essere letto da diversi punti di vista perché le visioni create dai finlandesi DARK BUDDHA RISING aprono un mondo a parte, oscuro e affascinante. Il cerchio si apre e si chiude in 47 minuti e 27 secondi. Durante l'ascolto si possono captare molti spunti interessanti, anche se il ritmo dei due lunghi brani è piuttosto lento, compassato e i passaggi sostenuti si presentano a fasi alterne, momenti che provocano emorragie abbondanti: segno tangibile che l'estremismo fine a se stesso non è ciò che interessa maggiormente a questi musicisti ("ESO", la traccia di apertura, ne è la dimostrazione). E' un album che adotta stili narrativi spaziosi, perciò dal punto di vista puramente musicale possiede evidenti pregi. L'attenzione dei DBR verso l'importanza dei dettagli/arrangiamenti rende l'esperienza di notevole impatto emotivo. Nel mare delle produzioni psychedelic/drone/sludge/doom metal che stanno invadendo il mercato, è proprio un prodotto europeo ad avere il merito di elevarsi a un piano più alto. Disponibile via Neurot Recordings.
I THE OBSERVATORY, PROVENIENTI DA SINGAPORE, HANNO CONFEZIONATO UN NUOVO ALBUM CHE SONO CERTO FARA' LA GIOIA DEI SEGUACI DELLA SPERIMENTAZIONE. IL GRUPPO ASIATICO VIAGGIA AL DI FUORI DEI SOLITI CANONI DI GENERE. QUESTO E' IL LORO PIU' GRANDE PREGIO. "CONTINUUM" SI AVVALE DELL'ARTWORK CREATO DALL'ARTISTA ITALIANO MASSIMILIANO AMATI. ANCHE LUI HA RISPOSTO AD ALCUNE DELLE MIE DOMANDE.
1. "Continuum" è il titolo del nuovo full-length. Avete proseguito sulla stessa strada oppure c'è stata una sterzata artistica? Quali sensazioni volevate esternare con questo lavoro?
Leslie: Ci serviamo del progetto Continuum per entrare in contatto con le nostre radici del sud-est asiatico. Spesso abbiamo guardato a Ovest, ma successivamente ci siamo ricollegati alle nostre origini. Tutto è suonato a orecchio. Sfioriamo la superficie di ciò che ascoltavamo quando eravamo molto giovani (in radio, in televisione, nei canti funebri, nelle canzoni tradizionali malesi e indiane). Tutte queste sfumature sono presenti nel nostro sound. Noi andiamo indietro nella storia. Eravamo particolarmente interessati alla musica balinese perché era veloce, intricata, dinamica e respirava come un essere vivente che danza. Si, abbiamo deviato verso una nuova direzione. Attualmente stiamo ultimando il nuovo album. Dovrebbe uscire all'inizio del prossimo anno.
2. Cosa avete da dirci sul processo di songwriting?
Chee Wai: Siamo stati a Bergen per tutto il mese di agosto ed è li che è nato il nuovo album. E' stato un processo faticoso ma proficuo. Abbiamo vissuto, respirato e mangiato nient'altro che la nostra musica. Passavamo ore in studio per lavorare selle idee di Leslie. Ci piace provare e registrare, tornare a casa, preparare la cena, e poi ascoltare e valutare le riprese. Il giorno dopo, entrare in studio e fare lo stesso, in modo da avere una maggiore sintonia. E' stato un processo estremamente sano. Faticoso, non c'è dubbio, ma quando viviamo e respiriamo per la nostra creatura è sempre entusiasmante perché tutto prende vita. Quando suoniamo queste canzoni ci tornano in mente le immagini di vita vissuta a Bergen, pensiamo ai nostri amici norvegesi, all'odore di quel mare, al freddo e alla tranquillità notturna che avvolgevano quella città.
3. Qual è il vostro background musicale?
Vivian: Tutti veniamo da esperienze musicali abbastanza diverse. Gran parte dei membri coinvolti nel gruppo sono autodidatti, tutti provengono dalla scena indie o underground di Singapore. Parlando della formazione attuale: Yuen Chee Wai ha iniziato in una band indie, ma è arrivata presto a toccare un sound artistico sperimentale, un mix di elettronica e noise. Cheryl Ong è una percussionista cinese che ha insegnato musica per un po' di tempo. Leslie suona il basso, ma ha iniziato la sua carriera nella scena indie, quella della fine degli anni '80 / primi anni '90; in passato era batterista, poi chitarrista e cantautore. Io ho avuto una formazione più formale sin da quando avevo 5 anni, e da li ho continuato ad allenarmi seriamente come pianista classico.
4. Le nuove canzoni sono intense, suggestive e molto interessanti. Che cosa ha ispirato il titolo del disco e il concept?
Leslie: L'intero "Continuum" è stato caratterizzato dal Gamelan (...il gamelan è un'orchestra di strumenti musicali di origine indonesiana che comprende metallofoni, xilofoni, tamburi e gong; può comprendere anche flauti di bambù, strumenti a corda e la voce. NdR). Strumenti adattati alla nostra scala a 6 toni. Con questi strumenti abbiamo esplorato le frequenze dei beat. Anche le chitarre elettriche sono state adattate a quella scala. Poi, un set di batteria è servito per incastrare i vari ritmi intricati (kotekans). Oltre a ciò, ci sono synth e voci. Questa è la nostra visione della musica fusion. Quindi, "Continuum" è il titolo adatto per incorniciare il concept che sta dietro la nostra musica.
5. Tutto suona piuttosto emotivo. C'è tanta variazione nel materiale di "Continuum"...
Leslie: "Mankind, the only vocal track is devoid of emotion". Si, devo ammettere che le variazioni sono tante.
6. Per voi cosa rappresentano i The Observatory?
Vivian: Tutto è rimasto tale e quale al primo giorno. The Observatory è sempre stato più di un semplice spazio riservato alla personalità. Non abbiamo mai avuto grandi successi, né ottenuto una grande fama. Ma non significa che non siamo ambiziosi. Gli obiettivi sono altri. Siamo sempre pronti a spingerci oltre per comporre cose diverse, cerchiamo di scuotere il pubblico e il nostro disagio per crescere in modo creativo. I The Observatory non hanno paura di sperimentare, sbagliare, utilizzare delle idee nobili, fallire, avere successo. Insomma, siamo come la vita stessa. Vogliamo continuare a suonare non solo per noi stessi, ma anche per la nostra comunità musicale.
7. Quali sono le aspettative personali per la fine di quest'anno?
Cheryl: E' stato un anno molto impegnativo e fruttuoso. Abbiamo appena finito la registrazione e il mixaggio del nuovo album che, speriamo di pubblicare all'inizio del prossimo anno. Ci sono in programma un paio di spettacoli entro la fine dell'anno e un tour in Giappone le prime due settimane di novembre. Metteremo in scena l'intero "Continuum" al TPAM, Performin Arts Metting che si terrà a Yokohama in Giappone nel febbraio del prossimo anno. Il nostro lavoro non si ferma mai, anche se a volte non riusciamo ad ottenere ciò che ci aspettiamo dalle cose. Tuttavia, continuiamo a fare quello che amiamo, lavorando sodo, mantenendo la mente aperta su qualunque prossimo concerto o progetto.
INTERVISTA con MASSIMILIANO AMATI, creatore dell'artwork di "Continuum"
1. Ciao Massimiliano. Quando hai iniziato a disegnare e perché. Ho letto che hai studiato architettura presso La Sapienza.
- Ho iniziato a disegnare quando ero molto piccolo, avevo all'incirca tre anni. Il perchè è tuttora un mistero, ma posso dire che probabilmente c'è stata una trasmissione genealogica; buona parte della famiglia è composta da artigiani e molti di loro hanno coltivato la passione per il disegno durante la loro vita, e continuano a farlo... Gli studi di Architettura, alla Sapienza di Roma, hanno rafforzato le mie capacità espressive... sopratutto in riferimento alle qualità dello spazio. Un dottorato in Teoria e Progetto dell'Architettura mi ha dato le basi per esplorare le configurazioni spaziali del tempo attraverso lo studio della narratività.
2. Da dove trai l'ispirazione per i tuoi disegni?
- L'ispirazione è un momento incisivo e fugace in cui la mia mano è intimamente connessa alla testa, nasce in vari modi, ma posso dire che la musica costruisce quasi sempre l'ambiente del mio operare! Ogni disegno è comunque il frutto di un movimento di ricerca e non un immagine mentale pre-costituita da perseguire. L'ispirazione per così dire si inserisce all'interno di una trama di visioni scaturite da molte letture. Adoro esplorare le vite delle forme leggendo racconti antichi, mitologie e letture di tipo scientifico, sopratutto in riferimento alle forme biologiche. Viaggiare ed osservare le opere d'arte nei loro luoghi natii è ancora un bacino di ispirazione molto robusto.
3 Che significato assume il colore nelle tue opere? Ho notato che alcuni tuoi lavori sono in bianco e nero, altri a colori.
- La scelta di utilizzare il colore o il bianco e nero è dettata da esigenze distinte che ritornano ciclicamente. Quando ho iniziato a fare le mie prime mostre, qui a Roma-Est, il colore era lo strumento per rilanciare all'esterno un immagine passionale ed estraniante di quella parte di città, tuttora popolata da molte comunità africane e asiatiche. Nacque l'idea di disegnare dei ritratti immaginari di quel crocevia con pantoni, inchiostri ed evidenziatori su carta fotografica, a cui ho dato il nome di "Tropical Pixel". Il risultato erano immagini lucide, disturbate da alte frequenze cromatiche, sotto forma di pattern e ritmi iterati di segni colorati. Parallelamente costruivo maschere multi materiche e multicolore all'interno di un collettivo performativo chiamato OXO. Successivamente ho sentito l'esigenza probabilmente più "razionale" di approfondire l'espressività del segno e riuscire a comunicare le vibrazioni cromatiche affidandomi esclusivamente alle qualità formali delle linee, e alle loro costruzioni in pattern. Il ruolo del colore in se in un certo senso decadeva. Sotto questa motivazione formale sono nati dei progetti di acqueforti, e cicli di disegni ispirati a testi storici e scientifici (i cicli Re, Apnea, Muthos). Recentemente il colore è ritornato, ma questo processo è in via di formazione...
4 Puoi raccontarmi come sei entrato in connessione con la band asiatica The Observatory? Parlami del tuo artwork del loro nuovo album.
- Durante un loro concerto, gli Observatory hanno conosciuto i miei lavori esposti all'interno di un festival romano di musica occulta e psichedelica italiana, chiamato Thalassa, ideato dal circolo culturale Dal Verme. In seguito mi hanno contattato chiedendomi di utilizzare un lavoro per la copertina di Continuum. Mi sono sentito subito a mio agio perchè sentivo che il mio immaginario poteva legarsi ai loro paesaggi sonori. D'altronde disegno benissimo con la loro musica! La scelta dei disegni è caduta su due lavori appartenente al ciclo "Re" ispirati ai legami instaurati tra i protagonisti dell' antica epopea di Gilgamesh: un ritratto del Re Gilgamesh, e la sua mano avvinghiata dal serpente che ruba il fiore dell'immortalità. E in effetti il cuore del ciclo Re è la continuità di alcuni archetipi formali e simbolici teorizzati dall'antica narrativa ed espressi nell'arte fino ad oggi con nuovi significati, contro qualsiasi visione lineare del tempo: un atteggiamento che ritrovo in forme musicali anche nel loro ultimo disco. Sito: redellearinghe.com
Peter Andersson, mente e cuore pulsante del progetto RAISON D’ÊTRE, oltre ad essere uno dei maestri indiscussi della scena dark ambient/industrial è un artista geniale in continuo divenire. Attivo fin dagli inzizi dei novanta, il compositore svedese non ha mai spezzato il filo metallico che innegabilmente lega i suoi tanti lavori pubblicati nel tempo. In questo è un maestro. Conoscendo le proprie grandi potenzialità, Peter riesce ad agire sulla sua musica con quel piglio fortemente radicato nell'istinto, nell'improvvisazione, nell'immediato; un approccio "informale" che unisce i suoi seguaci nell'indissolubilità. "De Aeris In Sublunaria Influxu" è il risultato di una lunga collaborazione con il duo tedesco TROUM, dutata dal 2011 al 2014. L'opera è l'inizio di un nuovo, eccitante, esperimento. L'obiettivo principale è, lo stesso di sempre: produrre delle sonorità di qualità. Materia/antimateria: si tratta della lotta tra oscurità e luce. Entrambi gli individui si compensano e si completano. Con le 7 tracce, Troum & raison d’être ci mostrano gli abissi nascosti dell'anima. Una personalissima e unica combinazione di atmosfere penetranti. Capolavoro.
I brasiliani MONSTER COYOTE sono una bella scoperta. Il gruppo sceglie vari ingredienti già utilizzati da diversi musicisti della scena metal moderna per ottenere una formula dinamica, omogenea e potente: 9 brani corazzati che in alcuni fraseggi mi hanno ricordano Mastodon, Machine Head, Bison B.C., Devildriver. Ma il trio di Mossoró non disprezza nemmeno le influenze southern tipiche dei Down della Louisiana ("I Fucked a Witch", "The Shepherd Who Saves the Wolf Dooms His Sheep"). Quindi, per farla breve, modernità non significa necessariamente mediocrità. Penso a ciò dopo aver approfondito il terzo album autoprodotto "Neckbreaker". Dei Monster Coyote si subisce la loro cattiveria riversata sugli strumenti (degna di nota la voce catarrosa del cantante/bassista Kalyl Lamarck). Il lavoro ci viene sbattuto dritto in faccia senza pretese. Sono canzoni schiette, scritte per spezzare le gambe, ecco perché fanno leva solo ed esclusivamente su ritornelli di facile presa. Il risultato garantisce un buon impatto grazie ad una produzione bombastic curata e professionale. Tutto è al posto giusto. Concreti. La copertina è opera di Hugo Silva.
TRACKLIST: Rapture, Iddqd, Hand of Disaster, The Worst Blind, Capgras, Leap of Faith, Spiritual Karma, I Fucked a Witch, The Shepherd Who Saves the Wolf Dooms His Sheep
Belluno oltre ad essere il capoluogo della provincia omonima è anche la città madre degli ORGAN, nuova entità italiana formata da membri di Amia Venera Landscape, Discomfort e Hobos. Gruppo horror doom che sa portare tali sonorità morbose su livelli suggestivi. Impresa non facile, visto e considerato che l'attuale periodo storico è stracolmo di gente impegnata in questo settore musicale. Il debutto intitolato "Tetro" rispecchia una determinata attitudine, indipendentemente dal fatto che sia figlio della cupa oscurità. Ha un suono catatonico e lento, disturbante, simile ad un malessere che si insinua sotto pelle per danneggiare il nostro equilibrio psichico. Gli Organ sono duri ma per certi aspetti sperimentali e, non lasciano nulla al caso, nemmeno quando si affidano a trame strumentali scarne e maledettamente risolute. Le vocals filtrate fanno aumentare le vibrazioni scatenate dalla gittata cardiaca. Le profondità dell'opener "Slave Ship", le oscillazioni dissonanti di "Witch House", le atmosfere calamitose di "Kholat Syakhl", le onde drone-ambient di "Hal" e le nebbie lisergiche che avvolgono la conclusiva "Enuma Anu Enlil" risvegliano le anime intrappolate al di là delle acque del Lete, il fiume dell'oblio. Un'uscita discografica importante e da non sottovalutare.
Nasce in Italia questa nuova realtà estrema che entra in connessione con la vecchia scuola del death metal ferale e ossessionante (Incantation, Grotesque, The Chasm, Necrophobic, primi Death e Morbid Angel, tanto per citarne alcuni). I nostri, attivi dall'anno 2013, hanno le idee chiare su ciò che vogliono proporre e, noncuranti delle correnti del momento vanno dritti per la loro strada, convinti e determinati. Gli EKPYROSIS sono uno di quei gruppi underground che fa dell'attaccamento alle radici storiche il punto cardine del proprio sound. Sto parlando di quella passione che non si può costruire a tavolino. Credo si possa affermare che i musicisti lombardi (alla batteria troviamo una ragazza: Ilaria Casiraghi), siano stati in grado di mostrare la propria padronanza strumentale, nonostante abbiano ancora tanta strada da fare. Ben disposti gli assoli di chitarra. Partendo da queste buone basi sono sicuro che gli Ekpyrosis potranno fare ancora di più per le nostre orecchie. Un inizio interessante.