"Black Market Enlightenment" è potente, accecante, a tratti vellutato, in grado di trattare le diverse emozioni in maniera umana, come pochi altri dischi del genere. La produzione, che seziona le trame e mescola spartiti, tempi e spazi, aumenta il coinvolgimento nello scorrere dei minuti. L'insieme è consolidato da arrangiamenti attenti a cogliere dettagli e sfumature. Detto questo, è giusto riconoscere l'efficacia del mosaico messo insieme da Mick Moss: un artista che illumina i diversi piani strumentali con una insaziabile sensibilità. "Black Market Enlightenment" pretende anche dall'ascoltatore il coraggio che ha sorretto l'ispirazione degli stessi artefici dell'opera, ma solo per capire che tutti noi siamo parte di un travaglio regolato dalla loro ambiziosa ricerca per comprendere il senso della vita. Le canzoni sono realistiche, perciò riescono appieno nell'intento di toccare nel profondo. Gli ANTIMATTER proseguono il loro cammino sui carboni ardenti, trovando una nuova forza interpretativa di rara bellezza. Avvicinarsi a "Black Market Enlightenment" significa aprire il cuore, lasciarsi commuovere, mettere il dito nelle piaghe del mondo di oggi.
TRACKLIST: The Third Arm, Sanctification, Partners In Crime, Liquid Light, Wish I Was Here, This Is Not Utopia, What Do You Want Me To Do?, Between The Atoms, Existential
L'attrazione esercitata dal mistero della morte sulla mente del compositore svedese Johan Levin diventa un tutt'uno con la sua personale ricerca del significato di identità. Il cupo e inebriante concept che DESIDERII MARGINIS ha messo in scena attraverso "Vita Arkivet" va a convergere in un unico punto focale. Senza ricorrere a qualsivoglia ideologia religiosa Johan cerca quindi di accompagnare l'ascoltatore attraverso l'esperienza della morte, un viaggio che ha inizio fuori dal corpo in un altro livello di realtà, e che raccontato dalle sue sonorità ambientali diventa simbolo di eterna purificazione. Ma tale concetto racchiuso in "Vita Arkivet" non può prescindere dall'immaginazione, quella capacità di formulare varie interpretazioni utili per far vedere diversamente il mondo ultraterreno come comunemente inteso, soprattutto come luogo in cui continuerebbe la vita dopo la morte. Il mio consiglio è quello di lasciarsi trascinare dalla corrente regolata dalle nuove tracce scritte ed eseguite da Desiderii Marginis, in modo da poter vivere sulla propria pelle il brivido del trapasso e della perdita. "Vita Arkivet" non può che essere consideratao puro smarrimento. Johan Levin: uno dei Maestri indiscussi del panorama dark ambient mondiale.
La severità dell'andamento dei BLOODTRUTH si è intensificata a dismisura dai tempi in cui erano stati considerati solo dei validi musicisti all'esordio (correva l'anno 2014). Travalicando i confini più ristretti della standardizzazione stilistica del brutal death metal, questi cinque deathster umbri ci mettono a disposizione nove composizioni (inclusa l'acustica "Prelude to Havoc") che descrivono nel dettaglio un genere musicale strettamente legato alle proprie connotazioni morfologiche, ma che oggi ha anche la possibilità di approfondire ed esternare una grande varietà di soluzioni meno prevedibili. Lo svolgimento del songwriting è tanto curato quanto intenso, i Nostri penetrano nel cuore delle atrocità del passato analizzando in profondità il tema del martirio, il che ci fa calare perfettamente nell'atmosfera straziante di "Martyrium". L'intero album viene incendiato da un approccio integralista, con una coralità interpretativa vecchia maniera, manovrata con l'abilità di chi conosce i meccanismi per non farla diventare monotona e ripetitiva. I nuovi ragazzi entrati nel gruppo sono da considerarsi linfa vitale (il vocalist Luis Maggio, il chitarrista aggiunto Stefano Clementini). I Bloodtruth non si nutrono di cose artefatte perchè quel che utilizzano è l'atmosfera peccaminosa generata dalle note inserite nei brani. Non è l'autocompiacimento il loro obiettivo ma intensificare l'evocazione della drammaticità del dolore, quasi delirante nel suo potere iconico. "Martyrium" guarda ai classici degli anni '90, soffermandosi in particolar modo sugli aspetti evolutivi che avvolgono molte delle attuali uscite death metal, anche quelle ampliate con l'aggiunta di toni sinfonici. I Bloodtruth si rivelano estremamente precisi ed efficaci nello sviluppo della loro musica estrema.
TRACKLIST: 1184 P.C., Centuries of Intolerance (Danse Macabre), Schismatical Crusades, Inner Resurrection, Peste Noire, Prelude to Havoc, The Tome of Suffering, Persecution, The Last Prophet, Martyrium
A fronte di una professionalità ormai riconosciuta, le considerazioni sui torinesi NOISE TRAIL IMMERSION hanno subito nel corso degli ultimi quattro anni mutazioni di valenza opposta equamente divise tra chi, soprattutto all'inizio della loro carriera, li ha considerati come l'ennesima band clone dei Dillinger Escape Plan, e quelli che invece vedevano nelle qualità tecniche di questi giovani musicisti piemontesi il punto di forza di un progetto ben avviato e di larghe vedute, capace di esprimere tanto sul piano compositivo. "Symbology of Shelter", opera terza uscita il 2 novembre, appare più del precedente album "Womb" adatto a mettere in risalto le dichiarazioni di intenti e le traiettorie stilistiche tracciate accuratamente su una mappa priva di qualsiasi appiglio che ci indichi uno specifico punto di riferimento, una struttura musicale contorta e disorientante all'interno della quale trovano spazio temi, stilemi di varia entità. La violenza come sfogo e ribellione, come reazione alla mancanza di speranza nella vita, all'isolamento e soprattutto al dolore, fisico e psicologico. Ecco perché si potrebbe definire "solipsistica" la dimensione in cui si scatena la fisicità di "Symbology of Shelter", che però non esclude il torpore radicato nella nostra realtà. I Noise Trail Immersion dimostrano di essere sinonimo di tangibile talento, pur avendo toccato e modellato note e sonorità già adoperate da altre rinomate formazioni scandinave e statunitensi. Ed è proprio il loro rituale catartico inverso, con il trionfo della qualità compositiva, a far risultare sterili le ennesime annotazioni di paragone con tutte quelle entità tentacolari attive in tale circuito musicale (The Secret e simili). "Symbology of Shelter" sconvolge e traumatizza dall'inizio alla fine. Sarebbe quasi scontato dire "fatelo vostro". Complimenti Noise Trail Immersion.
IN "SKY OVER GIZA", ALBUM DEI LA MORTE VIENE DALLA SPAZIO, C'E' COME UNA FORZA NASCOSTA CHE CI FORNISCE LA CONFERMA DELLE CAPACITA' ARTISTICHE DI QUESTA BAND NOSTRANA, CAPACE DI VALORIZZARE UN LINGUAGGIO MUSICALE MOLTO PARTICOLARE E, A SUO MODO, INTRIGANTE. ANDIAMO A CONOSCERLI MEGLIO GRAZIE A QUESTA INTERVISTA CON MELISSA CREMA.
Come potresti descrivere i passaggi chiave che vi hanno portato alla realizzazione di "Sky Over Giza"?
- "Sky Over Giza" è frutto di due giornate di improvvisazione in studio di registrazione. E' un lavoro estemporaneo, dettato dalla volontà di creare qualcosa di nuovo e anticonvenzionale nei suoni. Non ci sono stati passaggi chiave in quanto al tempo delle registrazioni la band era ancora un collettivo aperto, non esisteva una formazione stabile e non c'era una progettazione musicale dei brani.
Qual è il processo creativo alla base della vostra musica?
- Solitamente è il chitarrista ad occuparsi in larga parte di composizione e arrangiamento, ma non parlerei di un vero e proprio processo creativo, in quanto la composizione dei nostri brani nella maggior parte dei casi è molto istintiva, come un flusso di suoni.
E' stato difficile unire i diversi background dei componenti coinvolti nei LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO?
- Credo che il nostro sia un genere che va al di là dei generi. Non saprei collocarci in uno specifico filone musicale, ma penso anzi che il nostro punto di forza sia proprio l'essere trasversali a più generi. Questo ha fatto sì che sia stato piuttosto naturale bypassare i nostri singoli background musicali per dar vita a qualcosa che vada oltre.
Il nome della band è decisamente particolare. Interessante la scelta di utilizzare la lingua italiana. Puoi illustrarci la storia dietro queste parole? "La morte viene dallo spazio" è anche un film di fantascienza del 1958 diretto da Paolo Heusch.
- La Morte Viene Dallo Spazio come hai già detto è proprio il titolo di un vecchio b-movie italiano e l'averlo reso niente meno che il nome del progetto è sintomo del fatto che sono proprio i film sci-fi italiani degli anni 50-60 e le loro colonne sonore ad essere la nostra principale ispirazione. Siamo sempre stati affascinati da questo mondo e dal mistero in cui è avvolto.
Pensi che "Sky Over Giza" renda giustizia alla vostra concezione di musica sperimentale? Quale era l'idea iniziale dei LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO e a cosa è arrivata oggi?
- "Sky Over Giza" è slegato da concezioni e ideologie di sorta, sicuramente si tratta di musica sperimentale ma non ci siamo rifatti ad alcun obiettivo specifico di suono durante le registrazioni. La Morte Viene Dallo Spazio è nato come un open ensamble che coinvolgeva ad ogni concerto elementi diversi sul palco, una sorta di collettivo che ha raggiunto una formazione pseudostabile e ha acquisito identità di band soltanto all'inizio dell'anno in corso.
Quali sono i pro e i contro di comporre brani così complessi e articolati?
- I brani che componiamo riflettono interamente il nostro modo di essere, e per noi non sono complessi e articolati, ma anzi le strutture di "Sky Over Giza" sono molto semplici, quasi non esistono, essendo frutto di un'improvvisazione come già detto. Sono semplicemente il risultato di quello che abbiamo dentro, di ciò che si muove in noi e tra di noi. Non ci sono né pro né contro, è la nostra musica e non potrebbe essere niente di diverso da questo.
Qual è la tua visione di universo/spazio? Credi nella vita oltre la terra? Te lo chiedo perché vorrei capire se il titolo "Sky Over Giza" ha una connessione con questo argomento...
- Siamo solo una minuscola parte dell'universo e i luoghi che l'essere umano non ha ancora raggiunto sono molti. Personalmente non credo in nessuna realtà parallela, ma considerando che la Terra è solo uno dei pianeti che compongono la nostra galassia e che probabilmente esistono anche altre galassie delle quali non siamo a conoscenza, non escludo la possibilità di altre forme di vita intelligenti oltre a noi. "Sky Over Giza" sicuramente ha dei richiami a queste tematiche, soprattutto in "Zombies Of The Stratosphere".
Il disco affascina anche per l'unione di sonorità contrastanti. Pensi che la struttura psych rock delle vostre composizioni possa in qualche modo destabilizzare l'attenzione dell'ascoltatore, a prescindere dai gusti personali. Sicuramente non è facile ascoltare un disco come "Sky Over Giza".
- La facilità o meno dell'ascolto è soggettiva. Sicuramente i nostri brani non sono immediati, il nostro non è un sound commerciale e non vuole nemmeno esserlo, ma è caratterizzato invece da influenze di diverso tipo, dalla musica dark ambient al doom, passando dallo space rock e dalla psichedelia.
Vi sentite legati al filone progressive sviluppatosi in Italia all'inizio degli anni settanta?
- Sicuramente per quanto riguarda la scena italiana il filone progressive è quello a cui più ci sentiamo legati. Jacula e Goblin ci hanno in qualche modo ispirato nelle sonorità, così come Paul Chain dall'altro lato.
Grazie per l'intervista. Buona fortuna.
I NIET nascono in Provincia di Ferrara nella calda estate dell'anno 2014 dall'unione di Ivo (chitarra, voce) e Campi (batteria). Dopo l'uscita del demo "Home" (2016) questi ragazzi giungono al nuovo EP "Dangerfield" nel settembre del 2018, fieri di continuare a proporre il loro sound come un duo. I Niet hanno sicuramente assimilato la lezione impartita dai Sonic Youth, Jesus Lizard, NoMeansNo, Melvins, ma anche quella dei Big Black, Fudge Tunnel, Unsane, The Cutthroats 9, Whores, UXO. Un assalto distorto sorretto da una batteria secca e martellante, arricchito da una voce che, filtrata al punto giusto, si fa carico di un palpabile disagio interiore. "Dangerfield" merita di essere ascoltato perché ci mette di fronte a due musicisti motivati e convinti dei propri mezzi. Sono certo che il loro songwriting migliorerà ancora nel corso del tempo.
PER I GERDA LA MUSICA E' LO STRUMENTO PER ESPRIMERE LA LORO NATURA, PER RELAZIONARSI CON LE COSE E GLI EVENTI, MA ANCHE UN BINARIO DA PERCORRERE PER TROVARE UN SENSO AI PASSAGGI-CHIAVE DELL'ESISTENZA. NUTRO UNA GRANDE STIMA PER QUESTA BAND DI JESI, SIA PERCHE' SI SONO SEMPRE RIVELATI DEI MUSICISTI "LIBERI" E "AUTENTICI", SIA PERCHE' APPROFONDISCONO OGNI LORO ARGOMENTO CON FORBITA ELOQUENZA. HO COSI' DECISO DI CONTATTARLI PER FARCI RACCONTARE QUALCOSA RIGUARDO IL NUOVO ALBUM "BLACK QUEER". QUI DI SEGUITO IL RESOCONTO DELLA NOSTRA CHIACCHIERATA.
Qual è la vostra idea di "noise", e cosa ha in più questo genere se lo intendiamo come mezzo comunicativo? Come si è evoluto il concetto di noise nel corso degli ultimi dieci anni?
- Credo ormai il termine sia stato usato per gruppi che superficialmente hanno pochi punti in comune e soprattutto accostato a tanti altri generi più definiti, come punk, hardcore, psych, etc. per cui parlerei più di approccio libero alla musica di cui possono essere chiari i punti di partenza e/o le radici ma, senza esserne un difetto, meno gli obiettivi, se non la ricerca stessa, musicale e personale.
Quindi, cosa ci potete dire su "Black Queer"? E' corretto parlare di "originalità" se teniamo in considerazione tutti gli aspetti che hanno dato forma a "Black Queer"?
- "Black Queer", come anche gli altri dischi, è figlio del momento emotivo della band, delle capacità, della coscienza di sè.
Questi sono gli aspetti che conducono a scrivere un disco, presenti, assenti o confusi che siano stati.
Nei precedenti le nostre volontà erano più in contrasto e sotto pressione.
"Black Queer", per il sentimento che lo percorre, ha una volontà più univoca, non perchè ci siamo accordati su come dovesse suonare prima di comporlo e registrarlo, questa è una cosa che non abbiamo mai fatto e che non siamo in grado di fare. La ragione è piuttosto, io credo, che sempre di più diventiamo un organismo, qualcosa in cui ogni parte ha cratteristiche e funzioni diverse ma insieme alle altre compone una stesssa forma di vita. Per ciascuno di noi quattro suonare significica suonare nei Gerda, ora più che mai.
C'è una forte continuità stilistica tra "Black Queer" e i vostri precedenti album, nell'approccio alla musica in primis, ma l'atmosfera che si respira in questo nuovo lavoro è più cupa e in un certo senso depressiva. Che ne pensate?
- Dopo vent'anni vediamo un percorso emotivo che si riflette sullo stile nella produzione dei nostri cinque dischi. Nascita, coscienza, autodistruzione, libertà e dolore.
Troviamo le prime produzioni più claustrofobiche. Non trovo "Black Queer" più cupo o depressivo, i sentimenti però rispetto al passato non vengono più nascosti. Esce una vena malinconica in più, probabilmente.
Che valore hanno per voi le parole utilizzate nei vostri testi? Credo sia un'opportunità poter comunicare qualcosa di profondo a chi ascolta la musica in maniera attenta.
- Nessuna parola è scelta a caso. Stare su un palco, dire certe parole è: essere e dire "guardami".
Mi interesserebbe sapere perché la scelta del titolo "Black Queer". C'è un legame tra il titolo e il concept che sta alla base dell'album?
- Tradotto: frocio nero. Neri e gay sono fra le classi più discriminate, i primi per indirizzo/scelta (sessuale) e i secondi per origine. Storia e società li disegnano come emarginati, deboli e perdenti ma la paura, la debolezza è in chi dalla diversità si sente disturbato. Il disco è dedicato a Francesco Vilotta, chitarrista, cantante e fratello, e nasce dopo la sua scomparsa quasi quattro anni fa. Lui è il nostro "Black Queer", ma nero e diverso è anche il nostro sound, lo è sempre stato ma questa volta, noi crediamo, lo è in particolar modo. E' un disco scuro, molti dei brani parlano di morte, ma è anche un disco in cui gli elementi stilistici si confondono più del solito, un disco in cui emerge in qualche modo più esplicitamente una componente femminile all'interno del sound, se così si può dire, di questo siamo fieri.
In mezzo a questo calderone di cloni e band senza personalità, qual è l'obiettivo dei Gerda?
- Ci sono anche band interessanti in giro, ma è il livello di interesse del pubblico e di certa critica poco coraggiosa che decreta ormai il peso di una band, peso il cui parametro è spesso meramente mediatico. Del resto al giorno d'oggi la comunicazione non svolge più una funzione culturale, il cui fine è la conoscenza, ma economica, il cui fine può essere pure vendere la merda, se piace. E piace, è un minino comune denominatore, semplice e comprensibile, che mette tutti d'accordo. Non abbiamo obiettivi, è naturale. Come l'essere umano, non sceglie di respirare.
La consapevolezza serve a capire la realtà che ci circonda?
- Si, fa male e non riesco farne a meno.
Qual è stato il più grande insegnamento dopo tanti anni di attività come band?
- Che i batteristi sono una categoria umana a parte.
Tempo fa mi capitò di leggere una frase di Alejandro Jodorowsky: "Sei talmente abituato a vivere da vittima che la felicità che ricevi in questo momento ti fa piangere". Vi sentite di commentarla?
- A volte succedono cose molto belle, attimi, picchi così fulgidi che danno la misura del dolore che provi e a cui sei abituato ogni giorno e al cui cospetto siamo costretti a restare troppo freddi. La felicità che ricevi risveglia il corpo e ogni sua percezione, la concezione del passato si fa più chiara. E' il pianto dei sopravvissuti, è l'omaggio a ciò che comunque è stato.
Grazie per la vostra disponibilità. E' la vostra prima intervista per Son of Flies webzine.
Scelgono le ali protettive della Despise The Sun Records e della Go Fuck Yourself Productions i fiorentini NOIA, già conosciuti nell'underground heavy per essere una delle compagini più ostinate che il suolo italico abbia partorito, e questo, per due musicisti intransigenti come Lorenzo Bellia e Mirkö D.D. vuol dire comporre musica con il pugno di ferro. "Iron Death" non concede sconti di sorta, è un disco risoluto, sincero, in cui dolore e morte assumono sostanza quasi divina. Quello dei Noia è un genere inutile da elevare dalle sue fangose origini, ed è giusto che sia così. Qui la distanza tra la sfrontata attitudine punk e l'irruenza del metal vecchia scuola è talmente ravvicinata che solo un sottile filo spinato separa l'una dall'altra. E il resto? Il resto non conta niente. Lunga vita ai ribelli! Disponibile su CD e tape.
Contatti: noianera.bandcamp.com/album/iron-death facebook.com/noiametal despisethesunrecords.bandcamp.com gfyp.de TRACKLIST: Condemned to Hate, Deathwish Mania, Bring on the Violence, Return to Hell, I Am Nightmare, Iron Death, Oath Of Strife, Counterattack, Black Depths of the End, Worldwide Killing Field
Una delle release hip hop più attese del 2018 è il nuovo EP dei savonesi DSACOMMANDO, chiaro indicatore di un malessere racchiuso nell'Inferno della nostra contemporaneità, una sorta di flusso di coscienza musicale liberato nell'intercapedine del tempo. Quella dei DSA è una versatilità imprescindibile, ma anche una delle proposte più genuine che la scena rap italiana abbia conosciuto negli ultimi dieci anni. I Nostri sono riusciti nell'impresa di rappresentare al meglio la vera essenza di un genere che in questa Nazione ha subito un tracollo di credibilità, soprattutto se si pensa al redditizio circuito mainstream. I contenuti di "Memento Mori" rafforzano ulteriormente l'integrazione fra musica e concetti lirici ribaditi nel corso dell'intera carriera, e in tal senso il loro stile ha influenzato lo sviluppo del gruppo stesso. Per capire l'onestà con cui i DSA COMMANDO affrontano la composizione lirica, basterebbe solo prestare orecchio alla opener, nonché title track dell'EP in questione. Questi ragazzi hanno il raro merito di trasmettere energia contagiosa a chiunque creda ancora nella libertà d'espressione nell'arte. Interamente prodotti da Sunday (Thriller Machine): uno dei più brillanti produttori della sua generazione, discepolo ascoltatore dell'underground americano e allo stesso tempo innovatore e sperimentatore di altri mondi. "Memento Mori" non ha confini, e dispensa emozioni senza scendere mai a compromessi. Masito dei Colle der Fomento ospite in "Canaro". Disponibile sulle piattaforme digitali di Spotify / iTunes, il 10" LP è ordinabile e acquistabile sul sito della nostrana Tuff Kong Records.
UNA LUNGA E PIACEVOLE CHIACCHIERATA QUELLA AVUTA CON DAVE KLIBER E VON YOUNG DEI DEATHSTER AMERICANI LIVIDITY. LORO, OVVIAMENTE, SONO UNA BAND DI CULTO NELL'UNDERGROUND ESTREMO, SEGUITI E RISPETTATI DA TANTISSIMI DEATH MANIACS SPARSI PER IL GLOBO. L'OCCASIONE E' QUELLA GIUSTA PER PARLARE DEL NUOVO BRUTALE ALBUM "PERVERSEVERANCE".
I Lividity sono attivi nell'underground musicale da più di due decenni e, in merito a ciò, potete essere considerati uno dei pesi massimi della scena brutal death metal. Facendo riferimento ai tanti anni di attività, vi siete mai chiesto cos'è più importante per voi attualmente? Cosa è cambiato nel corso del tempo?
Von: Wow Christian. Grazie per le tue gentili parole. La cosa principale da tenere in considerazione è che la solidità della line-up è cambiata nel corso del tempo, infatti negli ultimi quattro anni la formazione è rimasta la stessa. Sappiamo come lavorare l'uno con l'altro, suonare l'uno con l'altro, e siamo anche in grado di adattarci alle necessità altrui. Su ciò che è più importante dopo tutti questi anni di attività, sicuramente il fatto che siamo ancora in grado di suonate questo genere musicale con grande passione. Sono felice che le persone ci ascoltano ancora e ci supportano in tutto il mondo.
Dave: Fuck yeah Christian. Grazie. I Lividity hanno lavorato duramente promuovendo la loro musica per ben 25 anni, mantenendo accesa la fiamma del death metal. L'unica cosa che è cambiata sono i membri della band. Abbiamo finalmente raggiunto una buona solidità. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti dopo tutti questi anni. La formula è rimasta vera e coerente, altrettanto l'esecuzione della nostra musica.
Quali sono le maggiori differenze tra questo nuovo album è quelli che lo hanno preceduto? Pensate che "Perverseverance" sia migliore sul piano qualitativo?
Von: A differenza del passato, questo nuovo album è stato scritto e arrangiato da tutta la band, ognuno di noi ha contribuito al songwriting. Possiamo considerarlo uno sforzo di gruppo. Il precedente "To Desecrate and Defile" era stato caratterizzato da una visione più individualistica. Se gli ascoltatori considerano migliore "Perverseverance", a noi non può che far piacere. Sicuramente è il mio disco preferito dei tre composti con gli altri ragazzi della band.
Dave: Proprio come ha detto Von, la scrittura del disco è stato il frutto di uno sforzo di gruppo e questo fattore lo si può percepire ascoltando i brani presenti nell'album. Attualmente sono tre le voci coinvolte dietro il microfono. Le parti epiche sono più putride e oscure, tutti gli arrangiamenti di batteria molto più curati, le intro inserite nei punti giusti. Abbiamo portato un sacco di buone idee sul tavolo, valutandole e mettendole insieme come in un puzzle. "Perverseverance" è simile ad un labirinto, un labirinto che gira nella mente sadica di uno psicopatico malato. Questo è il nostro miglior album, il disco che volevamo scrivere già da molto tempo, e se devo dire la mia non mi interessa cosa possano dire o pensare i critici del metal. Dobbiamo ringraziare Dan Klein per aver dato ai Lividity il miglior suono possibile in fase di produzione, questo ci ha dato la possibilità di mostrare tutta la nostra violenza e la cattiveria che i Lividity sono capaci di infliggere.
Il processo di scrittura è stato in qualche modo modificato rispetto al passato?
Von: Posso dire che i Lividity suonano cose diverse da molte altre band. Si inizia sempre dai giri di chitarra, prendendo appunti per individuare la giusta direzione da prendere. Viviamo a circa due ore di distanza l'uno dall'altro quindi è piuttosto semplice incontrarsi per le prove. Dopo che le idee principali sono state valutate, il nostro batterista Garrett inizia a lavorare sui brani. Man mano che la struttura prende forma continuiamo a modificarla per poi portarla nella fase finale. Le parti vocali vengono inserite successivamente.
Dave: Sono d'accordo su tutto ciò che ha espresso Von. Non avrei potuto dire di meglio. Questo è il modo in cui creiamo la nostra musica.
Quindi, secondo voi, questo disco vi porterà su un livello superiore?
Von: Vogliamo fare quello che ci rende soddisfatti, lo abbiamo sempre fatto. Devo dire che le reazioni del pubblico su questo nuovo album sono state sorprendenti e mi hanno davvero sconvolto. Anche le reazioni dal vivo sono state grandiose. Non so quale potrebbe essere il livello successivo, ma sono disposto a scoprirlo.
Dave: Sì, questo album è davvero potente, i brani epici ed emozionali, le tre voci aggressive come un demone a tre teste. E' stato magico lavorare nell'Iron Hand Audio studio.
Con tutto il cuore, credo fermamente che questo disco sia eccezionale. "Perverseverance" otterrà un'attenzione molto più ampia, e ha già ottenuto ottimi riscontri. Vedremo cosa ci riserverà il futuro, comunque andrà ci divertiremo come sempre. Il 30 novembre la Metal Age Productions pubblicherà le ristampe dei nostri vecchi album, quindi acquistateli e divertitevi durante l'ascolto!
È così che vi piace suonare: brutali nella musica e nei testi?
Von: Assolutamente. Suoniamo uno stile aggressivo e tutti gli aspetti del sound devono corrispondere a tale genere musicale. "Perverseverance" vi travolgerà con il suo odio, con la sua cattiveria. Non so se abbiano influito le nostre vite personali mentre scrivevamo le canzoni, ma tutto ha funzionato alla perfezione... hahahahaha.
Dave: It is mean as fuck! Non abbiamo pubblicato nulla dopo "To Desecrate And Defile", per questo motivo ora siamo affamati e concentrati. Abbiamo lavorato duramente e ora l'album ha preso le sembianze di una bestia! "Perverseverance" è psicopatico e sinistro. Onestamente, non vedo l'ora di materializzare nuove idee con la nostra musica!
Qual è stata l'idea iniziale per l'artwork di "Perverseverance"? Penso che l'immagine di copertina rappresenta pienamente la brutalità del nuovo album.
Von: Come si può progettare un artwork partendo da un titolo inventato? Inizialmente avevamo un'altra copertina (che è sempre grandiosa), ma non incarnava totalmente il titolo del disco. Così ci siamo messi in contatto con Daemorph Art che ha creato qualcosa di incredibile. L'immagine di copertina è davvero fenomenale. ASSOLUTAMENTE, rappresenta perfettamente il titolo del disco!
Dave: A Daemorph Art sono state date alcune linee guida, dando così la nostra interpretazione di "Perverseverance", poi lui ha creato qualcosa di spaventoso. Se ascolti l'album dall'inizio alla fine, penso che la musica dipinga un quadro malato e grottesco quanto la stessa copertina. È affascinante, profonda e oscura. È perfetta. L'attesa ne è valsa la pena!
Quali band state ascoltando in questo periodo, e quali sono i vostri album preferiti usciti nel 2018?
Von: Non ascolto molta musica mentre compongo. Non voglio essere influenzato durante la fase di scrittura. Dave e Jake ascoltano molta più musica rispetto a me hahaha. Mi piacciono i lavori di Suffocation, Skinless, Soreption, Death, poi quelli di Gruesome e Internal Bleeding! Sono uscite tante cose buone nel 2018. Il nuovo EP dei Cryptopsy è davvero killer, ma anche il nuovo album degli Hate Eternal. Comunque sto diventando troppo vecchio per ricordare tutto hahahaha.
Dave: Vengo stimolato dalle grandi band, specialmente dai veterani come Napalm Death, Carcass, Autopsy, Impetigo, Deicide, Cannibal Corpse, Dismember, Entombed, Obituary, Hypocrisy, Blood, Death, Mortal Decay, Dying Fetus, etc... Sai, preferisco quelle band capaci di trasmettere sentimento ed emozione, e non quelle legate al codice math metal troppo meccanico e non abbastanza organico. Ultimamente ho ascoltato i dischi killer di Skinless, Mortal Decay, Internal Bleeding, Profanation (Ger), Aborted (Bel), Lower Than Zero (Ger), Dictated (NL), Putrid Pile, Disintegrator, Human Compost (Can), Clitgore (Rom) e altro ancora. Apprezzo gli Imperial Savagery e i Sons Of Famine, proggetti in cui è coinvolto il nostro batterista Garrett Scanlan, ma anche i Dead Shore del nostro bassista Jake Lahniers.
Siete attivi nella scena fin dagli anni '90, perciò mi piacerebbe sapere cosa ne pensate dei fan più giovani del death metal. Trovate differenze tra i vecchi e i nuovi seguaci del genere?
Von: La "scena" è molto diversa solo per il modo in cui oggi si comunica. Ci sono molti fan che vivono, respirano e supportano questo genere. Al momento la scena death metal sembra essere in ripresa, e penso sia una buona cosa. Ci saranno sempre alti e bassi.
Dave: Ricordo di essermi seduto al mio tavolo trovandomi davanti a 100 buste con lettere scritte a mano e una demo dei Lividity da inviare, sperando che qualcuno apprezzasse tanto quanto me. Le nuove generazioni di musicisti non potranno vivere tutto questo. La scena si sta evolvendo, qualcuno salta fuori e qualcun altro salta dentro. Abbiamo visto tante cose e vissuto tanti cambiamenti durante tutti questi anni. Finché ci sono fan sfegatati, lo spettacolo andrà sempre avanti.
Vi piace ancora suonare dal vivo?
Von: Assolutamente! I LIVIDITY SONO UNA BAND LIVE. Venite a vederci per credere.
Dave: Christian, io vivo per tutto questo. Desidero sempre un palco su cui suonare! Dal vivo do tutto me stesso! Non voglio mai che finisca.
Ora che l'album è stato pubblicato, quali sono le prospettive per i Lividity?
Von: Speriamo nella massima promozione da parte della label Metal Age Productions. Andare in tour l'anno prossimo attraverso l'Europa e in altri posti. Vogliamo suonare il più possibile!
Dave: Vogliamo vivere le nostre future esperienze con rilassatezza. Ci divertiremo!
Von e Dave, grazie per l'intervista, vi auguro il meglio.
Von: Grazie a te fratello per tutto il supporto che dai a questa forma d'arte e all'intera scena. Spero saremo abbastanza fortunati per andare in tour l'anno prossimo.
Dave: Grazie per il tuo supporto killer. You rule. Chiunque prenderà il nostro album non rimarrà deluso. Saluti.