Da tanti mesi che non ascoltavo un disco di heavy/power/speed metal così esaltante. I canadesi STRIKER non deludono le aspettative di quanti come me avevano già assimilato e apprezzato i precedenti lavori in studio, in particolar modo quel "City of Gold" del 2014 che fece breccia nel cuore di numerosi appassionati di tali sonorità. Grintoso e melodico al tempo stesso, il sound adrenalinico di "Stand in the Fire" possiede l'energia necessaria per dare una svolta decisiva alla solida carriera di questa splendida realtà nordamericana, giunta a una maturità artistica davvero sorprendente, dopo nove anni di dura gavetta. In queste canzoni ci sono praticamente i migliori ingredienti dell'heavy metal a stelle e strisce, ma anche di quello europeo. A cominciare dal drumming esplosivo di Adam Brown, passando per le cavalcate del basso di William Wallace, per poi arrivare ai fulminanti riff/assoli di Timothy Brown (un mostro della sei corde) e all'incredibile estensione vocale del singer Dan Cleary. E' un ritorno discografico consigliato agli amanti dei suoni più classici, e che, probabilmente, potrebbe risultare accessibile anche agli estremisti dell'underground. Mi spiace per averlo ascoltato con ritardo, visto che "Stand in the Fire" (completamente autoprodotto) è uscito agli inizi del 2016. Avanti così Striker!
TRACKLIST: Phoenix Lights, Out for Blood, Too Late, Stand in the Fire, The Iron Never Lies, Escape from Shred City, Outlaw, Locked In, United, Better Times, One Life
I SODOM sono ancora in grado di stare al passo con i tempi, nonostante la loro mentalità sia saldamente ancorata al passato. Autori dalla metà anni '80 di tre degli album più crudi e abrasivi del thrash metal, pur avendo migliorato la qualità del songwriting nel decennio successivo, nel corso della lunga carriera hanno mantenuto il rispetto dei fan che continuano a sostenerli appassionatamente con il sangue agli occhi. Come da manuale, la proposta musicale offerta nel nuovissimo "Decision Day" è compulsiva, irrefrenabile, ma per nulla semplicistica, grazie anche al modo sapiente con cui è stata impostata la possente sezione ritmica e gli affilati riff di chitarra, segno della smisurata esperienza della formazione tedesca in fase compositiva e di arrangiamento. La timbrica vocale di Angelripper è un'autentica garanzia. Se devo fare un personale appunto su una piccola nota stonata, direi la produzione curata da Cornelius 'Corny' Rambadt, a mio parere, un po' troppo ripulita e distante dalla violenza tipica dei Sodom negli anni '80/'90. A parte ciò, potete stare tranquilli perché il trio gode di ottima forma e rimane leader indiscusso della vecchia scuola teutonica. Bello l'artwork dello storico artista statunitense Joe Petagno (Motörhead, Angelcorpse, Autopsy...). Thrash Metal Will Never Die.
SONGS: In Retribution, Rolling Thunder, Decision Day, Caligula, Who Is God?, Strange Lost World, Vaginal Born Evil, Belligerence, Blood Lions, Sacred Warpath, Refused To Die, Predatory Instinct
Esce per la messicana EBM Records il secondo disco degli UNHOPED, gruppo finlandese attivo da quasi 10 anni e artefice di un thrash metal veloce e impetuoso. Il quintetto concentra tutta l'energia sull'ira, mettendo in risalto una padronanza distruttiva fortemente retrò. Va riconosciuto agli scandinavi una certa abilità nell'assemblare canzoni dirette e immediate che, grazie a una produzione azzeccata, non faticano a raggiungere i loro intenti bellicosi. L'approccio non è dei più originali, ma all'interno di ogni brano si può assaporare la vera passione per questi suoni assassini, cosa da non sottovalutare in un genere musicale che fa della concretezza strutturale la caratteristica principale. Insomma, "Sonic Violence" degli Unhoped è un disco immediato, elettrico, godibile; esattamente quello che qualunque appassionato si aspetta da una band del genere. Né più né meno.
Contatti:
unhopedband.com facebook.com/unhoped TRACKLIST: Whole World Gone to Hell, Assimilation, Sonic Violence, Human Disgrace, No Man's Land, Warhead Sunrise, The Naked and the Dead, Club of Swines, Pies & Friends
Se con il debutto ufficiale "Dominion of Darkness" (del 2012, sempre su High Roller Records) il trio australiano si era fatto largo all'interno della scena thrash metal, oggi, con il nuovo arrivato "Awakened from the Abyss", questi metallari provenienti da Canberra sfoderano non soltanto le proprie potenzialità compositive, ma anche le diverse componenti che hanno cementato il sound incendiario dei primi album degli Slayer ("Show No Mercy", "Hell Awaits", "Reign in Blood", "South of Heaven", "Seasons in the Abyss"). Ogni brano degli HELLBRINGER riflette il demone dei loro mentori. Tutto questo per ribadire che c'è stato un tempo in cui il metal era animato da uno spirito sincero e animalesco. Fare musica significa esprimere se stessi, per tale motivo/principo, non posso assolutamente colpevolizzare gli Hellbringer se non riescono a lasciarsi alle spalle la fisica immortalità di certi suoni old school. Tirando le somme: "Awakened from the Abyss" è l'ennesimo buon disco di genere, termine, appropriato e non penalizzante.
E' bastato poco meno di un anno ai FANGE per portare a termine un album deflagrante come "Purge", successore dell'EP "Skapheusis" (contenente una sola traccia). La band di Rennes sembra aver trovato la classica formula disturbante, maltrattandoci con un mix claustrofobico, calibrato al punto giusto. Questi quattro ragazzi sono totalmente avversi a qualsiasi forma di benevolenza e lo capirete dai primi minuti della song "Cour Martiale"! Il processo di scrittura dei nostri si è fatto più serio e professionele, e l'impatto che ne viene fuori è sufficiente per garantire la giusta dose di cattiveria. Forse c'è un po' di carenza sul piano strutturale, ma la sostanza non manca. In una scena estrema sempre più satura, i Fange non potranno di certo fare la differenza. Purtroppo è la cruda realtà.
Il costante impegno di Erik B., il mastermind di VERWOED (ex-Woudloper), lo aiuterà a solidificare una stabilità nel proprio sviluppo creativo, in quanto le sue necessità sono aumentare notevolmente. La differenza tra il passato e il presente del musicista ci dà la possibilità di constatare il livello di credibilità sul campo di battaglia. Compie in questo senso un passo decisivo con "Bodemloos" (Argento Records), utilizzando elementi sonori appropriati che lo proiettando in una dimensione meno purista e prevedibile. Ormai restano in pochi a tirar fuori da formule già trite e ritrite qualcosa di efficace e accattivante. Verwoed riesce a dare vigore al black metal racchiuso nell'EP sviscerando delle idee evolute ma anche ambiziose (se mi passate il termine). In ogni caso le sensazioni restano soggettive a seconda della sensibilità di ognuno. Perciò sta al singolo ascoltatore mettersi nel mood ideale per la ricezione di un certo tipo di vibrazioni. Molto spesso non serve affidarsi esclusivamente alle abilità musicali, bisogna solo saper guardare avanti e non avere limiti di sorta. Il mio consiglio è di acquistare "Bodemloos".
Contatti:
Suonare crust-punk-grind significa distruggere tutto! Gli irlandesi OKUS si dimostrano concreti, ribelli e anarchici nel modo di concepire musica. 10 canzoni bastarde, abrasive, minimaliste, che vanno dritte al dunque; mentre l'attitudine è profondamente nichilista e alienata. Un concentrato anti-melodico capace di dare slancio e continuità al selvaggio processo di songwriting. Gli Okus sono dei cani ringhianti, c'è poco da dire, sempre pronti nel rifiutare i dettami delle mode del momento. Musicisti testardi e desiderosi di garantire fuoco e fiamme! "Scourge" non vuole assolutamente risultare fantasioso. Ciò che conta in questo lavoro è la consistenza delle composizioni. Invito i più afferrati in materia a farsi "bastonare" dagli Okus. Spero di essere stato breve e conciso.
Contatti:
okus.bandcamp.com/scourge facebook.com/Okusband TRACKLIST: Famine Feeder, Buried Deep, End It All, Authority Swarm, Burning Crosses, Practice Profit, Old Wounds, Skin Peeler, Abandon Sun, Regicide
IL TEDESCO MARCUS S. (A.K.A. VORTEX) E' UNO DEGLI ARTISTI PIU' TALENTUOSI E ISPIRATI DEL MOVIMENTO RITUAL DARK AMBIENT, QUESTO IL MOTIVO PRINCIPALE CHE MI HA SPINTO A DARGLI LA POSSIBILITA' DI RISPONDERE ALLA SECONDA INTERVISTA PER SON OF FLIES WEBZINE. IL COMPOSITORE HA PARLATO DEL SUO NUOVO ALBUM "MOLOCH".
1. Ciao Marcus. Il tuo ultimo "Moloch" è un lavoro davvero sorprendente. Quali sono le tue riflessioni sul disco ora che finalmente ha visto la luce?
- Grazie! Ho lavorato a lungo su questo album e ora sono molto felice che le reazioni/recensioni siano così positive. "Moloch" è la parte centrale della mia trilogia dedicata ai "miti". Tutto iniziò con il precedente "Kali Yuga". La prima parte della trilogia riflette il concetto induista dell'età del ferro, una metafora utile per sottolineare lo stato attuale della nostra società. Il dio "Moloch" è una metafora usata per esternare il concetto sulle tante città in decadenza del mondo occidentale. La terza parte, quella finale (in arrivo a fine del 2017), sarà intitolata "Fall of the Gods", e si concentrerà sull'Apocalisse e sulla possibile rinascita del nostro mondo. "Moloch" deve essere visto come il concept più moderno e contemporaneo che, mette in evidenza l'uso di suoni molto duri e freddi ottenuti dall'EBow (uno strumento per chitarra elettrica inventato nel 1969 da Greg Heet e tuttora commercializzato dalla sua ditta, la Heet Sounds. /NdR). Ascoltando l'album a distanza di un anno mi rende davvero felice, soprattutto per il fatto che sia stato prodotto da me, Danilo e Cyclic Law. Ascoltatelo osservando il mediabook di 32 pagine fotografiche e avrete l'idea dell'opera d'arte totale (Gesamtkunstwerk). "Moloch" è puro suono e visione.
2. Qual è il tuo parere sulla qualità della tua scrittura?
- Il concept di base è iniziato molti anni fa. Lavoro continuamente sulla mia musica, e non smetto mai di farlo. Andrò avanti in questo modo, spero per sempre. Dopo l'era del vorticismo ("Phanopoeia" e "Rockdrill"), le cose hanno preso forma in maniera intuitiva. Una mia visita a Kolkata in India alimentò l'idea di utilizzare "Kali Yuga" come titolo del disco precedente. Sto viaggiando molto nel mondo: Cile, Giappone, Colombia, Stati Uniti d'America, Vietnam, Canada, Spagna, Grecia, Egitto... Ovunque io vada effettuo delle registrazioni sul campo che poi utilizzerò per i miei album. Mentre "Kali Yuga" è stato creato come un vero e proprio rituale (credo si possa percepire ascoltando la musica), "Moloch" è simile a una sceneggiatura cinematografica. Racconta una storia mitica di una grande città come terreno di caccia. La prima traccia è stata creata con Marcel e Kai (MARS presents The Trail) ed è ispirata al romanzo di Jules Verne intitolato "City of Steel". La song "City by the Sea" è stata concepita insieme all'artista berlinese Christoph Wirth, come colonna sonora per uno spettacolo teatrale. All'interno della traccia si possono ascoltare i suoni del fiume Hudson.
3. Da dove trai ispirazione prima di comporre le strutture portanti dei brani?
- Le mie esperienze personali attraverso le culture straniere sono una fonte incessante di ispirazione. Inoltre conosco un sacco di amici molto creativi: pittori, cineasti, musicisti. Guardo molti film, leggo molto e ascolto tanta musica, nuova o vecchia che sia. Tutto questo potrebbe aver avuto un'influenza su di me.
4. L'album ha un chiaro tono cinematografico. Sei d'accordo?
- Sì, come dicevo prima, questo "Moloch" è stato composto come se stessi scrivendo un lungometraggio. Ho lavorato per dei film per decenni, e la mia musica è il mio modo di creare un immaginario cinematografico. Una sorta di cinema interiore. Ciò ha portato la mia musica ad essere utilizzata in dei cortometraggi. Ultimamente ho creato una nuova colonna sonora, scritta per il thriller occulto di Julia Ostertag (DRAK CIRCUS) che uscirà nel 2017. Sembra che il tempo sia ormai maturo per la mia specifica miscela di suoni ritual e drone. Con Oliver, il mio compagno di band, ho anche fatto delle colonne sonore per dei film classici come VAMPYR (Exground Festival 2015).
5. Entriamo nello specifico di "Moloch". Ho letto questa frase in inglese nella descrizione del tuo full-length: "In 2013 I visited New York City to see what was left of the unique mood i came to appreciate from the inspiring, New York based american cinema of the late 1970s".
- Io sono uno studioso di cinema ben conosciuto in Germania, per questo motivo ho potuto visitare i luoghi degli Hollywood movie studios a New York, come parte del mio lavoro accademico. Quell'esperienza mi ha fatto registrare del materiale in quel di Manhattan e Brooklyn. Giornalisti underground di culto come Shade Rupe o Sean Ragon (Cult of Youth) erano i miei contatti a New York, e loro stessi hanno ispirato questo progetto. Tutte le foto nel booklet sono state scattate durante quel viaggio. E di sicuro: io amo i film americani dei '70, quelli di William Friedkin, Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Abel Ferrara, Paul Schrader etc.
6. Hai in programma nuovi progetti per il futuro?
- Alla fine del 2017 spero di pubblicare "Fall of the Gods" per la Cyclic Law. Questo album sarà il culmine della trilogia mitica e cercherò di spingere ancora più in avanti il suono di Vortex. I fan della mia band precedente (Golgatha) potrebbero essere molto felici per il sound del disco, proprio perché sarà più classico, come quello di Golgatha "Sang Graal" uscito per la label Cold Meat Industry. Userò molti suoni ottenuti da sorgenti naturali come acqua, rocce, legno, ossa, strumenti classici (stringhe, flauti, corni), così come da chitarre elettriche/acustiche e voci (maschili e femminili). Potrei avere la possibilità di collaborare con l'artista sciamanico Nadine, che ha creato il recente singolo di MARS "Farewell to the Sun" (La Esencia). "Fall of the Gods" sarà immenso ed epico... A neo-classical ritual soundtrack for Ragnaroek.
7. Grazie per l'intervista. E' stato un grande piacere parlare con te. Buona fortuna Marcus.
Enigmatico, visionario, ambiguo, onirico. Quattro termini che si adattano perfettamente ad "Ark of Contempt and Anger", nuovo album dei finlandesi SINK, stampato dalla Svart Records. La scrittura "mai" banale del gruppo cattura fin da subito, ed è così che l'ascoltatore potrà rinunciare a una fruizione passiva per iniziare a modellare interpretazioni possibili, e si serve proprio delle nostre supposizioni per trascinare l'immaginazione in luoghi che non hanno un'ampiezza logica. Questi cerimonieri utilizzano fluidi movimenti sonori per ondeggiare in una dimensione misteriosa. Il lato più arduo dell'impresa è trovare un senso per ognuna delle tracce, tutte intense e stravolte da un radicato background musicale. In "Ark of Contempt and Anger" c'è un pezzo di ciascuno di noi. Un'ascesa amara per chi confonde finzione e verità. Potrete osservare da vicino le angosce, le allucinazioni più cupe e gli incubi meno comuni, le paranoie ossessive e le pulsioni inconsce. Le risposte si materializzano anche per mezzo di una copertina che nasconde più di quanto non mostri. Al termine dei 35:40 rimane solo il silenzio. Fatevi rapire!
La prima cosa da ricordare prima di iniziare ad ascoltare un disco come il debutto omonimo dei BEWITCHER è di stappare delle birre ghiacciate da bere a canna, accompagnate da una dose consistente di tabacco fumante. Questo è NWOBHM violento, trasgressivo che si bagna nel siero intossicato dei Venom, i padri fondatori di tali sonorità, consacrati a leggenda. Ma nell'anima dei tre di Portland vaga il fantasma degli Iron Maiden delle origini, Motörhead, Celtic Frost (i riferimenti musicali sono alquanto scontati). Il modus operandi della vecchia scuola non è mai cambiato. Per i Bewitcher conta solo la sostanza, ovviamente connessa ad un certo tipo di attitudine, grezza e ignorante. Se per voi il tempo si è fermato tra la fine dei '70 e gli inizi degli '80, con i Bewitcher potete andare sul sicuro. Posso terminare qui la recensione. L'album è stato registrato, mixato e masterizzato da Joel Grind (Toxic Holocaust, Tiger Junkies, War Ripper) nei Falcon Studios. Sarà disponibile su LP limitato a 500 copie (Diabolic Might Records) e su CD (Divebomb Records).
TRACKLIST: Bewitcher, Speed 'til You Bleed, Sin Is in Her Blood, Wild Blasphemy, Midnight Hunters, Harlots of Hell, Hot Nights Red Lights, Black Speed Delirium, In the Night (The Cult Will Rise)
Seppur attivi da due anni (da quello che mi sembra di capire), gli SPURN dimostrano ottime doti tecniche, passione e classe, confezionando delle canzoni squilibrate di pregevole fattura che fanno centro immediatamente. Provenienti dalla città di Calgary (il più grande centro abitato della provincia canadese dell'Alberta), non temono alcun confronto con realtà ben più conosciute... e qui si possono citare i vari Ulcerate, Gigan, Car Bomb, Murder Construct, Converge, Today Is The Day, Cephalic Carnage; primi The Dillinger Escape Plan, tanto per fare degli esempi logicamente coerenti con l'argomento musicale trattato. L'approccio dei nordamericani è altamente sperimentale ed estremamente aggressivo, e perciò flessibile e sempre pronto a spostarsi dal mathcore al grindcore con una velocità disarmante. Non manca la giusta dose di noisecore. Il risultato finale è equivalente alla potenza propulsiva di un motore a reazione. Il disco dura circa mezzora, meglio così direi, anche perché con una proposta così impegnativa è opportuno non eccedere nel minutaggio. Nulla di lineare o uniforme perchè è un continuo alternarsi di ritmiche fulminee, sincopate, dispari, dannatamente fugaci. Il mio consiglio è quello di ascoltare più volte ad alto volume. Approfondendo bene, apprezzarete e comprenderete appieno "Comfort In Nothing". Una bella rivelazione. Da non perdere!
Le origini del black metal si alimentano nel tempo. Purtroppo non sempre è sufficiente usare i soliti accordi o simbolismi, ma spesso si ritiene necessario strutturare delle composizioni che abbiano un senso. Stupisce, positivamente, il songwriting dei danesi GESPENST, nelle cui fila sono coinvolti Genfærd (Black Dementia, Woebegone Obscured) e Galskab (Black Dementia, Woebegone Obscured, Glorior Belli, ex-Drab, ex-Horned Almighty, Dwell), due musicisti che partecipano, attivamente, alla crescita di un genere musicale fortemente legato alla propria infame essenza. Il debutto "Forfald", stampato su gatefold LP dalla Duplicate Records (il formato digipack CD sarà reso disponibile in autunno grazie alla collaborazione tra l'etichetta di Oslo citata poc'anzi e la polacca Hellthrasher Prod.), viene realizzato affidandosi al principio dottrinale di questa musica: si opera su un territorio battuto già da molti gruppi, sul quale si desidera trasferire una vasta dominanza delle avversità esistenziali. E' doveroso precisare che il livello di efficacia delle tracce dipende essenzialmente dalla competenza professionale dei blackster di Aarhus che, forti di un solido background e di un linguaggio conciso, arrivano a materializzare qualcosa di intenso. I Gespenst prendono sul serio ciò che fanno, e forse è proprio questo il loro miglior pregio.
"Monuments of Power" riporta in auge sensazioni angosciose, qui la musica è centrata sul ritmo di un'atmosfera che si insinua sotto pelle come un virus letale e perciò offre un'esperienza traumatizzante: i finlandesi Niko Salakka e Juho Lepistö architettano uno spettro sonoro fatto di campionamenti apocalittici, con l'unico scopo di tracciare ampi scenari di autentica decadenza esistenziale. L'entità KOLHOOSI 13 mette in scena un immaginario inquietante, tanto che ogni particolare diventa fonte di inquietudine. Nel complesso però, il disco non fa che rimarcare quelle che sono ormai diventate le caratteristiche principali del dark ambient. Una varietà di suoni sommersi che, intrecciandosi, mirano a tormentare la stabilità emotiva dell'ascoltatore. Ci troviamo di fronte a un'opera che ci conduce nell'ennesimo trip oscuro tra scenari sconosciuti e desolati. Da provare!
Ogni nuovo giorno è una nuova vita per il musicista catanzarese Gianluca Molè (aka Faunus), compositore di prim'ordine di LUPERCALIA, ma anche fondatore/chitarrista dei Glacial Fear. Dopo 17 lunghi anni di esilio, lo storico musicista calabrese riprende le redini di questo progetto solista con l'ultimo EP "Helaphebolion" (CMI Productions). Sei tracce interamente scritte, arrangiate e prodotte nel suo Soundfarm Studio. Da sottolineare la durata consistente del lavoro (19 minuti abbondanti), come consistente è stato l'impegno per ottenere il miglior risultato sul piano lirico e strumentale. Nell'intero "Helaphebolion" troneggia un'atmosfera sinistra e terrificante, black metal avvolgente irrobustito da passaggi rallentati che riprendono, ed esaltano, alcune componenti tipiche della corrente del post-doom metal contemporaneo. Oggi come ieri, non si può assolutamente mettere in discussione l'esperienza dell'artista chiamato in causa nella mia recensione, tenendo in considerazione la sua lunghissima militanza all'interno della scena underground del Sud Italia. I fatti contano più delle parole e GLK lo dimostra con un songwriting ispirato, malato di rabbia, minaccioso, che ha il potere di atrofizzare le percezioni con una inesauribile intensità mortifera, quasi dantesca. Nel brano "The Dawn of Lykaia" canta il greco Manos Ego Death (Internal Decadence, Necromancy). Fatevi coinvolgere da questa imperdibile release limitata a 50 copie su tape. Bentornato Faunus!
Finalmente ho avuto la possibilità di ascoltare un disco di old school death/thrash metal suonato con i controcazzi. Nei CADAVERIC POISON sono coinvolti tre veterani della scena estrema: il cantante Paul Speckmann (Master, Death Strike, ex-Abomination), Simon Seegel (chitarra, basso) e il drummer Felix Darnieder, entrambi attivi nei tedeschi Witchburner ed ex-Dangerous Force. Lo spirito esplicito e irriverente dei classici album degli anni 90 persiste nelle tracce di questo debutto omonimo messo in commercio dall'etichetta Metal on Metal Records, e si denota fin dalle prime battute che la passione per tali sonorità non conosce limiti, con tanto di riff/ritmi secchi ed impulsivi che li avvicinano a formazioni intoccabili come Autopsy, Deceased, Incantation, primi Obituary, ma anche ai Master, la storica band guidata dallo stesso Speckmann fin dagli inizi degli 80. "Cadaveric Poison" fa riemergere dalla viscere della terra le radici robuste del miglior retro death metal. Massimo rispetto!
TRACKLIST: Cadaveric, The Few, Rollover, Fight for Evil, Forfeit the Race, Never Put All Your Stones in One Basket, Face the Whore, Bombs Away, Violence Breeds Violence, Poison
I piemontesi NIBIRU vanno dritti al cuore dell'oscurità per unirsi al lato ombroso delle loro anime. La prima cosa che si nota nel nuovo EP è una maggiore esposizione a un sound ritual ambient, una struttura sonora ferrea sorretta da un impianto lirico-ideologico straziante. Il gruppo nostrano chiama attorno a sé tutti coloro che sono alla ricerca di un tramite diretto con la parte meno contaminata della propria essenza. Ma c'è di più! I Nibiru non sono proprio capaci di allontanarsi dai temi cosmici e spirituali. Ecco dunque "Teloch", lavoro dai toni apocalittici che ci preannuncia una sorta di implosione terrestre simmetrica all'asse dell'universo. Questi musicisti conoscono perfettamente il significato di drone-doom-ambient. L'EP in questione è l'ennesima fatale celebrazione. Non ho altro da aggiungere, la musica parla da sé. L'ascolto di "Teloch" farà bruciare la vostra pelle.
Qualunque cosa dicano dei VIRUS i comuni ascoltatori, io ho costantemente apprezzato e toccato con mano la loro fervida follia, quella insania data in pasto ai palati sempre più esigenti, tuttavia, ecco qui arrivare la prova decisiva per il trio di Oslo. Nel percorso artistico dei Virus ha inciso soprattutto la determinazione con cui l'ego è stato condotto verso la realizzazione di un gesto di elettrizzante unicità. Un gruppo è tanto più apprezzato quanto più il suo eccesso è tentacolare. L'evoluzione è tutta qui, nel quarto "Memento Collider". Gli ex-Ved Buens Ende (Czral, Plenum, Einz) vedono, analizzano e dipingono idee grigie come il piombo fuso, cercano la quiddità e l'ecceità delle cose, sovrappongono elementi tanto sottili quanto indispensabili, appartenenti alla condizione mentale di pochi eletti. Probabilmente la fortuna abbraccia quelli che fanno leva sul motto "il dado è tratto". I Virus sono dei veri compositori, anomali, difficili, anche quando suonano semplici. Figure di artisti, che abbinano l'inesplorato con le vibrazioni contemplative evocate da un sound mai stabile, nutrito di una fascinazione per un vocabolario più profondo di quello che si può immaginare. Visionari e spesso contraddittori nelle linee portanti. "Memento Collider" è un'opera dotata di poderosa forza.
Terzo album per gli australiani DENOUNCEMENT PYRE, gruppo di Melbourne che mantiene ben saldo il legame con la Hells Headbangers Records. "Black Sun Unbound" suona black metal fino al midollo! I 10 brani di questo cd sono contrassegnati da un sound acuminato, il tutto accompagnato dalla voce irata del cantante/chitarrista D. Sono musicisti musicalmente molto preparati, superiori per alcuni versi ad altri adepti del verbo nero. Si sta parlando di un lavoro diretto e glaciale, capace di convincere già al primo ascolto. Non sarà difficile assimilare gli impulsi ribollenti dei Denouncement Pyre. L'impatto generale è davvero trascinante grazie ad un incedere delirante che, nel bene e nel male, risente degli echi di due entità malefiche provenienti dalla fredda terra di Svezia: Valkyrja e Watain. Altro punto a favore, oltre alla buona produzione, è la varietà delle canzoni, spinte all'ennesima potenza dal drumming spietato di L. In sostanza i nostri sono autori di una prova maiuscola, e il nuovo "Black Sun Unbound" è un ottima dimostrazione di quanto questi Denouncement Pyre siano riusciti a crescere negli anni. Meritano attenzione.
TRACKLIST: Abnegate, Deathless Dreaming, Wounds of Golgotha, World Encircler, Scars Adorn the Whore in Red, Black Sun Unbound, Revere the Pyre, Witness, Transform the Aether, Sophrosune