giovedì 28 agosto 2025

THE VALLEY "Dead End” - Autoproduzione




Il grunge inteso nella sua accezione più classica ed universalmente conosciuta, ovvero quel genere tanto osannato negli anni ’90, è ormai diventato qualcosa di completamente diverso, oppure potremmo dire, più astratto e dilatato. Gli stessi creatori di quella corrente musicale hanno ormai oltrepassato le barriere del tempo, soffocandone il lato animalesco a favore di una sfaccettatura decisamente più accessibile e patinata. Sappiamo bene che l'evoluzione nel circuto del rock non ha una fine, ma è un processo dinamico e ininterrotto che in molti casi porta a trasformazioni repentine spesso inevitabili. Partendo da questo presupposto, gli abruzzesi THE VALLEY (attivi dal 2022) rappresentano un buon esempio di come si possa suonare interessanti pur utilizzando delle soluzioni già sentite, e quindi, racchiuse in alcuni schemi sonori riconducibili al passato, mantenendo un forte legame con quell’equilibrio in costante tensione tra incisività ed emotività. I Pearl Jam sono la prima band a cui ho pensato trovandomi di fronte al secondo EP ufficiale "Dead End”. Sì, proprio loro! Ho voluto citare i Pearl Jam perché a differenza di altre formazioni della loro generazione, sono quelli che, con il passare degli anni, hanno trovato una delle migliori formule per allargare e ribaltare gli orizzonti del rock/hard rock degli anni ‘70. Ascoltando il materiale dei The Valley, troverete delle similitudini con alcuni dei loro classici, ma queste potrebbero essere solo il frutto di coincidenze legate a certe atmosfere evocate da "Dead End”. Capire la propria direzione permette di mettersi alla prova, senza negare o ignorare il passato, però quel passato è necessario integrarlo adeguatamente per dare significato al proprio linguaggio. I The Valley in questo sono abbastanza bravi, dimostrando passione e mestiere. Bisognerebbe lavorare un po’ di più sulla timbrica vocale, la quale in alcuni punti dell’EP fatica a raggiungere la giusta estensione per risultare maggiormente suggestiva e penetrante. Diciotto minuti divisi su quattro brani (la prima traccia è una strumentale), tutti coerenti tra di loro se facciamo riferimento alla struttura, nel nome di un songwriting fluido e mai troppo pretenzioso. Le qualità per fare ancora meglio ci sono tutte, e spero vivamente che ciò possa accadere in futuro. "Dead End” è stato registrato, mixato e masterizzato da Ivan Mostacci presso i RedHouse Studios.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
7, Slaughterhouse, Plastic Bag, Black Monday



martedì 26 agosto 2025

PODRIDÃO - "LA VENDETTA DEI MORTI VIVENTI"






I BRASILIANI PODRIDÃO FANNO RITORNO SULLE SCENE CON "COFFIN OF THE CORRUPTED DEAD", UN DISCO CHE VEDE UNA BAND MATURA, AFFIATATA, CAPACE DI OFFRIRE UN SOUND OLD-SCHOOL DEATH METAL DI OTTIMA FATTURA, DOVE VENGONO MESCOLATI TUTTI GLI ELEMENTI NECESSARI PER COLPIRE NEL SEGNO. QUESTO E' UN GRUPPO DA TENERE FORTEMENTE IN CONSIDERAZIONE, ALIMENTATO DA UN'ENERGIA CONTAGIOSA CARICA DI CATTIVERIA PRIMORDIALE. IVI "ROTTEN FLESH" KARDEC, CHITARRISTA E FONDATORE DELLA FORMAZIONE PROVENIENTE DA ITAQUAQUECETUBA (SÃO PAULO), CI RACCONTA LA LORO STORIA E LA GENESI DEL QUARTO ALBUM IN STUDIO.

Ciao Ivi. Come va la vita dalle tue parti?

- Un saluto a tutti gli amici e lettori di Son of Flies Webzine. Prima di tutto, grazie per il tuo interesse nel nostro lavoro. Qui le cose stanno andando molto bene, un po' frenetiche, ma ce la stiamo cavando alla grande.

Siete tornati a casa dopo un tour durato all’incirca un mese: venti concerti in giro per il Brasile in compagnia dei Velho. Com'è stato condividere i palchi con loro?

- Sì, amico, tutto è andato bene. In realtà il nostro giro è durato più di un mese, ahahah. Abbiamo fatto un tour europeo che includeva nove concerti con i Trachoma, e un altro di venti live in Brasile con i Velho. Tutte le serate sono state fantastiche. Era la nostra prima volta in Europa, quindi per noi è stata una nuova esperienza. E’ stato emozionante suonare all'Obscene Extreme Fest in Repubblica Ceca. Con i Podridão avevamo già accumulato molta esperienza con diverse tournée in Brasile. Il nostro è un Paese grande quanto un continente, quindi è molto più difficile da visitare nella sua interezza, ma devo dire che tutto è andato come previsto ed è stato fantastico. Non possiamo che ringraziare ogni organizzatore, la gente e gli amici che hanno reso possibile tutto questo.

Parliamo un po' del nuovo album dei Podridão, intitolato "Coffin of the Corrupted Dead". Cosa puoi raccontare del processo di scrittura? È stato il frutto di un lavoro di squadra oppure alcuni di voi hanno avuto ruoli più importanti in questo disco?


- Da quando ho formato i Podridão, il nostro metodo di scrittura è stato un po' diverso da quello di altre band. Scrivo prima i riff, li registro, e successivamente li passo agli altri membri coinvolti nel gruppo. In realtà, con "Coffin of the Corrupted Dead" non è cambiato nulla rispetto a quanto fatto in passato, l'unica differenza è che il nuovo album è stato concepito velocemente. Siamo una band molto attiva e produttiva, sia in sala prove che dal vivo, e questo ci ha permesso di realizzarlo in poco tempo. Ho scritto più della metà dei brani pochi giorni prima di iniziare a registrare. Avevamo in programma di pubblicarlo prima del tour europeo, ma non è stato possibile per motivi di tempo, ciononostante siamo riusciti a farlo uscire in tempi brevi. In soli quattro mesi abbiamo registrato, mixato, masterizzato, scattato delle foto promozionali, creato il booklet e fatto due tour. Sì, abbiamo lavorato velocemente per far sì che tutto questo accadesse nelle tempistiche previste dal nostro programma. Quello dei Podridão è un lavoro di squadra, ma capita spesso che uno di noi fa un po' più degli altri. In fin dei conti, la squadra deve sempre lavorare in modo coeso.

Vi dimostrate dei musicisti molto esperti in quello che fate, e questo lo si capisce ascoltando la vostra musica. Nel corso degli anni, in che modo i Podridão vi hanno aiutato sul piano personalmente e professionale?

- I Podridão sono nati da un mio desiderio di voler suonare old-school death metal. Avevo messo da parte alcune idee e alcuni riff nel periodo in cui suonavo con la mia vecchia band, i Beyond the Grave; tutte quelle idee che non sono mai riuscito a concretizzare sono state messe in pratica per i Podridão. Dopo aver suonato per anni nei Beyond the Grave, ho deciso di iniziare quello che doveva essere un progetto come one-man band. Conoscevo già il batterista Rafael, che suonava in un'altra band thrash metal/crossover chiamata Febre do Rato. Avevamo già suonato in diversi festival e a volte condividevamo gli stessi interessi. Rafael ha suonato qualche concerto con i Beyond the Grave, sostituendo il nostro batterista quando non poteva esserci. Così, dopo aver composto tutto il materiale, gli ho chiesto di registrare la batteria per il mio progetto. Dopo un po' di tempo e un po' di promozione fatta per il nostro demo, il gruppo ha iniziato a ricevere inviti per suonare dal vivo, e da allora non ci siamo più fermati. Junior e Rafael sono fratelli. Inoltre, Junior aveva anche suonato nei Febre do Rato. Quando il primo cantante dei Podridão non ha potuto più esibirsi con noi, Junior lo ha sostituito definitivamente. Sergio Araujo è uscito dalla band nel 2019. Da allora è rimasta questa solida formazione.

Qual è stato il momento più intenso e quello più debole del vostro percorso musicale?

- Cavolo, abbiamo attraversato tanti momenti deboli, ahahah. Immagina una band o un artista in Brasile. Un paese del terzo mondo, totalmente diseguale, dove l'arte è considerata un gioco da barboni, dove abbiamo vissuto sotto una dittatura durata fino al 1985. Qui ci sono così tanti problemi da affrontare: l'attrezzatura è scarsa, costosa e i locali sono limitati. Fortunatamente, tutto questo sta lentamente cambiando, sta migliorando, ma dobbiamo ancora migliorare in tanti aspetti. Ciò per cui sono più grato in questi 26 anni vissuti nell’underground musicale è essere riuscito a stare sempre in tour e suonare in così tanti posti che non avrei mai immaginato. Essere lì, mostrare la nostra arte, la nostra musica, è inimmaginabile. Conoscere luoghi, persone, fare amicizia, vivere nuove esperienze... non ha prezzo. Sono grato all'underground per questo.

Come band dedita all’old-school death metal, credete di essere stati influenzati più dal thrash o dal death metal?

- Come ho detto prima, provengo da una band thrash metal. Ho suonato quel genere dal 2004, ma abbiamo sempre avuto un tocco di old-school death metal. Il death metal degli esordi era fortemente influenzato dal thrash metal di Slayer, Dark Angel, Kreator, Sodom… Quel mix di sonorità è stata la mia scuola, così come i classici dei primi anni '90 e della fine degli anni '80.

Come vedi l'evoluzione del death metal dalla metà degli anni '80 fino ad oggi?

- Il death metal è un sottogenere che, a suo modo, ha forse dato vita al maggior numero di altri sottogeneri all'interno dello stesso genere. Questa evoluzione è stata fantastica, tant'è vero che oggi si vedono molte band formate da musicisti con un'elevata padronanza del proprio strumento e una forte capacità interpretativa, con una tecnica assurda. Ci sono tanti musicisti davvero bravi. Ma noi siamo amanti del grottesco, del sound più scarno, siamo fan dell’old-school death metal, e lo saremo fino alla fine.

E i giovani musicisti del circuito estremo brasiliano? Vorresti consigliare qualche altra band che, di recente, ha catturato la tua attenzione? Puoi anche parlare della scena brasiliana, se ti fa piacere.

- Il Brasile è sempre stato un grande esportatore di band estreme; nel nostro Paese abbiamo avuto grandi gruppi fin dagli anni '80, e forse stiamo vivendo il momento migliore in questo periodo storico. Band come Open the Coffin, Velho, Sepulchraw Whore, Infamous Glory, Rot, Vazio, Evil Corpse… (ce ne sono così tante, ahahah). Tutti questi gruppi stanno facendo un ottimo lavoro. Oggi possiamo vantare ottimi produttori di concerti proprio perché stanno prendendo molto sul serio le produzioni degli eventi. Riusciamo a suonare in città che non hanno quasi mai ospitavano dei concerti metal. Stiamo vivendo un buon momento, e spero che continui a migliorare.

Ricordo quando i Sepultura fecero breccia nella scena metal tra la fine degli anni ‘80 e l'inizio degli anni ‘90, ispirando molte altre band underground. Pensi che i vecchi Sepultura abbiano avuto un impatto simile sulla tua carriera di musicista? Per farti un esempio, se parliamo di musica estrema, il mio album preferito in assoluto è ancora "Arise". Quel disco mi ha introdotto al genere thrash/death metal quando avevo solo 14 anni.

- I Sepultura sono presenti nella vita di ogni brasiliano che ascolta metal. Sono la band più importante del Brasile e credo che questa importanza non sarà mai tolta a quei musicisti. Mi piacciono solo i loro primi cinque album, ma so quanto siano importanti gli altri. Sono affascinato da "Morbid Visions"; sono profondamente ispirato da quell'album, ed è incredibilmente importante per tutti noi.

Grazie mille per questa intervista! Lascio a te le ultime parole per tutti i vecchi e nuovi fan italiani del death metal.

- Christian, grazie ancora a te per l'interesse dimostrato nei nostri confronti. Speriamo di poter suonare presto in Italia per la prima volta. Per chi non conoscesse il nostro lavoro, seguiteci su Instagram, Facebook, YouTube e BandCamp. Grazie a tutti.

Ivi "Rotten Flesh" Kardec

Pagine Ufficiali: 

PODRIDÃO line-up:
Rafael "Repugnant Fat" Prado - Batteria
Ivi "Rotten Flesh" Kardec - Chitarra
Junior "Putrid Dick" de Andrade - Voce, Basso

Recensione: 

venerdì 22 agosto 2025

SEMPRE PEGGIO “Stretti nella morsa” - Timebomb Records / Fire and Flames Music / Anfibio Records




I SEMPRE PEGGIO continuano a mantenersi fedeli alla tradizione del Punk Oi!. La scelta di diventare musicisti ha orientato in un certo modo tutta la loro vita, e non credo ci sia quale segreto dietro certe decisioni consapevoli. Lo hanno sempre dimostrato in ogni concerto. Gli appassionati del genere sentono l’onestà, e sanno apprezzarla, perché la coerenza è un segno di autenticità ed integrità. E’ così anche stavolta, visto che “Stretti nella morsa” è un’altra presa di posizione. I Nostri pestano sull’acceleratore per mostrare tutta la loro attitudine selvaggia, servendosi di un impatto velenoso necessario per tenere viva una sentita critica verso le strutture di potere, le politiche adottate o i valori della classe dominante. In questo quadro, il “dissenso” è l’arma ideale per affrontare le ingiustizie. Sì è proprio così: per moltissime band, la rabbia per l'ingiustizia è un potente “innescatore di risentimento”, un rancore che, fortunatamente, solo la musica riesce a trasformare in energia positiva. Questa è gente che continua a lottare ai margini di una società in cui c'è spazio soltanto per vittime e colpevoli. Il messaggio urlato da Martin nella traccia “Niente” è ben chiaro: “Apri i tuoi occhi. Non c’è speranza, niente per noi, non ce n’è mai stata e non ci sarà mai.”. La realtà è ciò che vedono i nostri occhi, e ogni singolo giorno, va Sempre Peggio. Per questo motivo la lotta per la sopravvivenza sarà costante. Continuate così, continuate a darci dentro! Registrato da Alessandro Caneva nello studio Mobsound a Milano, il master è stato curato da Alessandro Berni. L'artwork è opera di Roberta "Joe1" Muci, il layout è di Dario "Porro" Ursino. L'EP è già disponibile nel formato vinile colorato 12” con un lato serigrafato.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Domani, Quei nomi, Pazienza, Matite (cover di Stainboy dei Petrograd, con testo in italiano), Niente, Semplice







mercoledì 20 agosto 2025

LIK - "PATTO DI SANGUE"







GLI SVEDESI LIK HANNO FORGIATO UN NUOVO ALBUM ALL'INSEGNA DEL DEATH METAL PIU' FERALE. STIAMO PARLANDO DI UN LAVORO POTENTISSIMO, ISPIRATO, CHE CONFERMA ANCORA UNA VOLTA L'OTTIMA FORMA DELLA BAND PROVENIENTE DA STOCCOLMA. UN DISCO CHE AGGIUNGE UN ALTRO IMPORTANTE TASSELLO A UNA STORIA INIZIATA UNDICI ANNI FA. QUESTA E' LA MIA SECONDA INTERVISTA CON IL BATTERISTA CHRISTOFER BARKENSJO.

L'attesa per "Necro" era palpabile, e devo dire che quell’attesa è stata ripagata appieno. Voi eravate reduci dall'ottimo responso ricevuto con i tre precedenti album, per questo motivo tutti si aspettavano un altro disco schierato dalla parte della vecchia tradizione. Quindi ti chiedo se avete sentito o accusato una maggiore sensazione di pressione durante la fase compositiva. Affrontare le pressioni e le aspettative non è mai facile.

- A dire il vero, la pressione è scomparsa non appena le canzoni hanno iniziato a prendere forma. Sentivamo che stavamo realizzando un altro album di cui poter essere orgogliosi.

Come nascono le idee per la composizione dei vostri brani? Chi tra voi è in grado di motivare e guidare gli altri verso un obiettivo comune?

- Questa volta è passato un po’ più di tempo prima di partire con il lavoro di composizione. Di solito siamo io e Tomas a iniziare a jammare su idee diverse. Mettiamo insieme tutte le nostre idee, e dopo aver capito cosa fare, ci alterniamo per apportare gli ultimi ritocchi. Proviamo la maggior parte delle idee che ci vengono in mente, anche se molte vengono scartate. Alcune canzoni nascono facilmente, altre richiedono molto più tempo per essere completate. Successivamente realizziamo delle demo da inviare a Lawrence, il nostro produttore/ingegnere del suono, soprattutto perché il suo contributo è molto importante. Quindi sì, direi che in linea di massima questo è il nostro modo di lavorare. Devo dire che ci sono state tante prove prima di registrare dal vivo in studio.

Il suono del nuovo album è molto più ampio. Sei d'accordo con me? Qual è stata la fase più difficile durante la lavorazione di queste canzoni?

- Sì sono d’accordo. Questa volta abbiamo registrato in un vero studio, nella nuova sede di Necromorbus, situata a due ore da Stoccolma. La stanza di incisione era molto grande e questo fattore ha sicuramente influenzato la resa sonora. L’unica canzone più impegnativa è stata “Rotten Inferno”, dato che è la più lenta che abbiamo mai realizzato. Diciamo che, suonando la batteria, ho faticato un po’ a trovare i giusti “fill” e il “groove” adatto per quel brano.

"Necro" esplora temi oscuri e influenze old school. Come risuonano oggi certe idee? Come pensi che venga percepito il vostro messaggio dagli ascoltatori?


- Certi temi sono strettamente intrecciati al death metal, quindi sento una forte connessione emotiva con quegli argomenti.

I Lik sono maggiormente influenzati dal tipico suono del death metal svedese, quello che ha caratterizzato il periodo d'oro del genere. Non ci sono dubbi sulla posizione della vostra band.

- Assolutamente al 100%

Avete deciso di affidare la copertina dell'album all’artista Jens Olsson. Come il suo lavoro si adatta alla vostra musica?

- Desideravamo vedere i colori di un vero dipinto. Jens ci ha contattato per chiedere se poteva realizzare delle illustrazioni per il nostro merchandise. Noi però gli abbiamo chiesto di realizzare la copertina di “Necro”. Lui ha accettato la nostra proposta. Abbiamo inoltrato le nostre idee, e il resto è storia. Il risultato finale è perfetto per un album death metal.

Come ci si sente a sapere di aver ottenuto una buona reputazione nella comunità death metal?

- Non posso dire di averne sentito parlare tanto, ma se così fosse, sarebbe fantastico. Ci impegniamo al massimo per lasciare un segno nel genere, quindi va bene così.

Grazie per l'intervista, Christofer! Ti auguro tutto il meglio che la vita può offrirti. Lascio a te le ultime parole.

- Grazie a te Christian. Grazie per averci sostenuto nel corso degli anni.

Contatti: 
 instagram.com/lik_official

LIK lineup:
Chris Barkensjö - Batteria
Niklas "Nille" Sandin - Chitarra
Tomas Åkvik - Voce, Chitarra
Joakim Antman - Basso

Recensione: 

lunedì 18 agosto 2025

RUPE "Sirente" - Autoproduzione




Siete ancora convinti che le migliori band underground provengano solo da oltreconfine? Ognuno di voi avrà una sua risposta, ma la mia opinione rimane la stessa di sempre: l’Italia può vantare dei gruppi ancora sconosciuti che hanno i requisiti necessari per competere con tante realtà provenienti da altri paesi. L'ho sempre pensato e oggi ne ho avuto un'altra conferma ascoltando gli abruzzesi RUPE. Parlare bene dei nostri musicisti è per me motivo di soddisfazione, soprattutto perché ho sempre combattuto caparbiamente per sostenere tutti quei gruppi nostrani capaci di mettere in evidenza le proprie qualità compositive, e chi mi conosce da tempo sa che in trent’anni di attività nel circuito musicale ho continuamente agito con coerenza e consapevolezza in merito al “supporto”, quella capacità di offrire un aiuto genuino e mirato a chi merita: dare senza chiedere nulla in cambio. Molti recensori dovrebbero imparare a difendere con i denti l'operato delle band italiane, invece di essere eccessivamente pignoli o di cercare difetti inesistenti o insignificanti ascoltando un qualsiasi disco. Non è necessario cercare il pelo nell'uovo, quindi, non è fondamentale che qualcosa sia originale, cioè unico o nuovo, per essere valido o apprezzato. Ciò detto e assodato, torno a focalizzarmi sulla proposta schietta e sincera dei Rupe. Il nuovo EP “Sirente”, pubblicato a distanza di quattro anni dal precedente “Big Stone”, si ascolta molto piacevolmente e senza interruzioni, perché è coinvolgente e ben fatto. Ad emergere è la capacità di fare leva sulle varie stratificazioni sonore, riuscendo a spostare un bel po’ di polvere dal proprio orizzonte, in modo da trovare il giusto equilibrio per sorvolare un vasto spazio immaginario fatto di chilometri di sabbie roventi. I Rupe hanno le idee chiare su cosa proporre e, nel loro modo di esprimersi, non vogliono assolutamente nascondere l’amore viscerale per formazioni più famose come Monster Magnet, Fu Manchu, Orange Goblin; questo è piuttosto evidente e non lascia spazio a dubbi. Il loro desiderio è piuttosto chiaro, senza troppi fronzoli: suonare al meglio ciò che realmente si ama, liberandosi dai pensieri incongrui, restando coerenti con la semplicità della propria spontaneità. “Blew”, la cover dei Nirvana, si sposa alla perfezione con i toni dell’EP. Un lavoro che attinge ad una memoria sonora collettiva, indissolubilmente legata ad una certa tradizione. Avanti così.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Iron Camel, Third Man, Jharia, White Noise, Blew (Nirvana cover)





domenica 17 agosto 2025

RETIREMENT “Attention Economy" - Iron Lung Records




Grandiosi gli americani RETIREMENT. Trattasi di un quartetto proveniente da Portland, dotato di un sound grezzo ed estremamente eccitante: un muro di suono turbinante di chitarre taglienti, e una sezione ritmica nevrastenica che percuote senza lasciare mai tregua all'ascoltatore. Brani traumatizzanti per spinta e rumore, ottimi da subire tanto quanto da pogare fino allo sfinimento, irrobustiti da una voce ringhiante che riesce ad insinuarsi sottopelle con agitazione irritante. La granitica produzione affidata a Evan Mersky è sorprendente, e si può dire la stessa cosa per il lavoro svolto da Will Killingsworth, per la sua capacità di utilizzare le giuste scelte in fase di masterizzazione. Occorre riconoscerlo, i Retirement mantengono un certo spirito DIY, che è parte creativa del processo più genuino dell’hardcore/noise rock, e questo lo si può riconoscere come un senso di appartenenza ad una specifica corrente musicale. Perché se vuoi essere in un certo modo, devi esserlo fino in fondo: un'adesione convinta a un determinato modo di pensare e agire. A livello musicale, avevo già sentito qualcosa del genere grazie agli Obliteration di “Poison Everything” (2014). Questo è solo un semplice appunto per capire come si comportano alcuni musicisti. Ma, al di là dei riferimenti, rimane un disco dal fortissimo impatto, pieno di dissonanze trasversali, utili per evitare l’utilizzo di schemi ormai consunti e puntare tutto su schiettezza, intuito e attitudine. “Attention Economy" è veloce, caotico, destabilizzante, come ogni vero disco hardcore/noise dovrebbe essere. A loro modo, intransigenti.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Human Meme, All Guilty, Annihilate, Psychic Slaughter, Blind, Isolation, Parasites, Bodybag Future, Suffer The Law, Keep Waiting, You Will Be Forgotten, What We Deserve, Sell Me Something, Next Time





sabato 16 agosto 2025

FORCED STARVATION "s/t" - RSR Records




I neozelandesi FORCED STARVATION entrano di pieno diritto nella schiera di quelle band che, negli ultimi anni, sono riuscite a produrre un impatto davvero significativo nella scena grindcore/fastcore. Lo scenario malato raffigurato da “Forced Starvation” è tutt’altro che rassicurante: già il titolo vuole essere una sorta di provocazione, ad indicare il significato inquietante e disturbante che anima l’essenza di un disco di debutto che non presenta punti deboli. La visione dei Nostri si rivela essere estremamente convincente nella sua spietata efferatezza, pur non portando nulla di diverso se paragonato a quanto fatto da altre valide formazioni impegnate con il medesimo genere musicale. La ruvidezza e la sfrontatezza sono i cardini su cui si reggono brani tanto efficaci quanto disumani; mettendo sul piatto tanta voluminosità, tanto “peso” sonoro, tanta cattiveria inaudita. Il frontman qui offre una prova dannatamente efficace e dimostra di non essere solo un buono screamer. I riff, le ritmiche grondano sangue in una gabbia d’acciaio che rotola come un macigno sui nostri crani. Certi passaggi mi hanno ricordato i grinder svedesi Gadget. Un album arcigno, sgraziato, che fa emergere tutta la frustrazione e la ripetitività di una società ormai distrutta che non porta a nessun progresso su cui fare affidamento. Alle orecchie di molti i quattordici brani possono sembrare tutti uguali, ma in realtà ogni singola traccia è indispensabile per scavare un solco profondo dove far passare sentimenti carichi di una forte avversione. Ascoltare dischi come “Forced Starvation” non può che trasmettere una certa soddisfazione. La line-up della band è formata da membri di Piggery, Meth Drinker, Stress Ghetto, Unruly.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Circling the Drain, Bathed in Blackwater, Front Towards Enemys, Children's Skeletons, Cryptic Incursion, Mapogo Coalition, Shit Giving Exacerbation, From My Rotting Body, Crushed to Powder, As the Lake Dries Up, Faceless Aquaintance, Forced to Face the Day, Champawat Maneater, MAGA Hat (Dogcock)