giovedì 28 agosto 2025

THE VALLEY "Dead End” - Autoproduzione




Il grunge inteso nella sua accezione più classica ed universalmente conosciuta, ovvero quel genere tanto osannato negli anni ’90, è ormai diventato qualcosa di completamente diverso, oppure potremmo dire, più astratto e dilatato. Gli stessi creatori di quella corrente musicale hanno ormai oltrepassato le barriere del tempo, soffocandone il lato animalesco a favore di una sfaccettatura decisamente più accessibile e patinata. Sappiamo bene che l'evoluzione nel circuto del rock non ha una fine, ma è un processo dinamico e ininterrotto che in molti casi porta a trasformazioni repentine spesso inevitabili. Partendo da questo presupposto, gli abruzzesi THE VALLEY (attivi dal 2022) rappresentano un buon esempio di come si possa suonare interessanti pur utilizzando delle soluzioni già sentite, e quindi, racchiuse in alcuni schemi sonori riconducibili al passato, mantenendo un forte legame con quell’equilibrio in costante tensione tra incisività ed emotività. I Pearl Jam sono la prima band a cui ho pensato trovandomi di fronte al secondo EP ufficiale "Dead End”. Sì, proprio loro! Ho voluto citare i Pearl Jam perché a differenza di altre formazioni della loro generazione, sono quelli che, con il passare degli anni, hanno trovato una delle migliori formule per allargare e ribaltare gli orizzonti del rock/hard rock degli anni ‘70. Ascoltando il materiale dei The Valley, troverete delle similitudini con alcuni dei loro classici, ma queste potrebbero essere solo il frutto di coincidenze legate a certe atmosfere evocate da "Dead End”. Capire la propria direzione permette di mettersi alla prova, senza negare o ignorare il passato, però quel passato è necessario integrarlo adeguatamente per dare significato al proprio linguaggio. I The Valley in questo sono abbastanza bravi, dimostrando passione e mestiere. Bisognerebbe lavorare un po’ di più sulla timbrica vocale, la quale in alcuni punti dell’EP fatica a raggiungere la giusta estensione per risultare maggiormente suggestiva e penetrante. Diciotto minuti divisi su quattro brani (la prima traccia è una strumentale), tutti coerenti tra di loro se facciamo riferimento alla struttura, nel nome di un songwriting fluido e mai troppo pretenzioso. Le qualità per fare ancora meglio ci sono tutte, e spero vivamente che ciò possa accadere in futuro. "Dead End” è stato registrato, mixato e masterizzato da Ivan Mostacci presso i RedHouse Studios.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
7, Slaughterhouse, Plastic Bag, Black Monday



martedì 26 agosto 2025

PODRIDÃO - "LA VENDETTA DEI MORTI VIVENTI"






I BRASILIANI PODRIDÃO FANNO RITORNO SULLE SCENE CON "COFFIN OF THE CORRUPTED DEAD", UN DISCO CHE VEDE UNA BAND MATURA, AFFIATATA, CAPACE DI OFFRIRE UN SOUND OLD-SCHOOL DEATH METAL DI OTTIMA FATTURA, DOVE VENGONO MESCOLATI TUTTI GLI ELEMENTI NECESSARI PER COLPIRE NEL SEGNO. QUESTO E' UN GRUPPO DA TENERE FORTEMENTE IN CONSIDERAZIONE, ALIMENTATO DA UN'ENERGIA CONTAGIOSA CARICA DI CATTIVERIA PRIMORDIALE. IVI "ROTTEN FLESH" KARDEC, CHITARRISTA E FONDATORE DELLA FORMAZIONE PROVENIENTE DA ITAQUAQUECETUBA (SÃO PAULO), CI RACCONTA LA LORO STORIA E LA GENESI DEL QUARTO ALBUM IN STUDIO.

Ciao Ivi. Come va la vita dalle tue parti?

- Un saluto a tutti gli amici e lettori di Son of Flies Webzine. Prima di tutto, grazie per il tuo interesse nel nostro lavoro. Qui le cose stanno andando molto bene, un po' frenetiche, ma ce la stiamo cavando alla grande.

Siete tornati a casa dopo un tour durato all’incirca un mese: venti concerti in giro per il Brasile in compagnia dei Velho. Com'è stato condividere i palchi con loro?

- Sì, amico, tutto è andato bene. In realtà il nostro giro è durato più di un mese, ahahah. Abbiamo fatto un tour europeo che includeva nove concerti con i Trachoma, e un altro di venti live in Brasile con i Velho. Tutte le serate sono state fantastiche. Era la nostra prima volta in Europa, quindi per noi è stata una nuova esperienza. E’ stato emozionante suonare all'Obscene Extreme Fest in Repubblica Ceca. Con i Podridão avevamo già accumulato molta esperienza con diverse tournée in Brasile. Il nostro è un Paese grande quanto un continente, quindi è molto più difficile da visitare nella sua interezza, ma devo dire che tutto è andato come previsto ed è stato fantastico. Non possiamo che ringraziare ogni organizzatore, la gente e gli amici che hanno reso possibile tutto questo.

Parliamo un po' del nuovo album dei Podridão, intitolato "Coffin of the Corrupted Dead". Cosa puoi raccontare del processo di scrittura? È stato il frutto di un lavoro di squadra oppure alcuni di voi hanno avuto ruoli più importanti in questo disco?


- Da quando ho formato i Podridão, il nostro metodo di scrittura è stato un po' diverso da quello di altre band. Scrivo prima i riff, li registro, e successivamente li passo agli altri membri coinvolti nel gruppo. In realtà, con "Coffin of the Corrupted Dead" non è cambiato nulla rispetto a quanto fatto in passato, l'unica differenza è che il nuovo album è stato concepito velocemente. Siamo una band molto attiva e produttiva, sia in sala prove che dal vivo, e questo ci ha permesso di realizzarlo in poco tempo. Ho scritto più della metà dei brani pochi giorni prima di iniziare a registrare. Avevamo in programma di pubblicarlo prima del tour europeo, ma non è stato possibile per motivi di tempo, ciononostante siamo riusciti a farlo uscire in tempi brevi. In soli quattro mesi abbiamo registrato, mixato, masterizzato, scattato delle foto promozionali, creato il booklet e fatto due tour. Sì, abbiamo lavorato velocemente per far sì che tutto questo accadesse nelle tempistiche previste dal nostro programma. Quello dei Podridão è un lavoro di squadra, ma capita spesso che uno di noi fa un po' più degli altri. In fin dei conti, la squadra deve sempre lavorare in modo coeso.

Vi dimostrate dei musicisti molto esperti in quello che fate, e questo lo si capisce ascoltando la vostra musica. Nel corso degli anni, in che modo i Podridão vi hanno aiutato sul piano personalmente e professionale?

- I Podridão sono nati da un mio desiderio di voler suonare old-school death metal. Avevo messo da parte alcune idee e alcuni riff nel periodo in cui suonavo con la mia vecchia band, i Beyond the Grave; tutte quelle idee che non sono mai riuscito a concretizzare sono state messe in pratica per i Podridão. Dopo aver suonato per anni nei Beyond the Grave, ho deciso di iniziare quello che doveva essere un progetto come one-man band. Conoscevo già il batterista Rafael, che suonava in un'altra band thrash metal/crossover chiamata Febre do Rato. Avevamo già suonato in diversi festival e a volte condividevamo gli stessi interessi. Rafael ha suonato qualche concerto con i Beyond the Grave, sostituendo il nostro batterista quando non poteva esserci. Così, dopo aver composto tutto il materiale, gli ho chiesto di registrare la batteria per il mio progetto. Dopo un po' di tempo e un po' di promozione fatta per il nostro demo, il gruppo ha iniziato a ricevere inviti per suonare dal vivo, e da allora non ci siamo più fermati. Junior e Rafael sono fratelli. Inoltre, Junior aveva anche suonato nei Febre do Rato. Quando il primo cantante dei Podridão non ha potuto più esibirsi con noi, Junior lo ha sostituito definitivamente. Sergio Araujo è uscito dalla band nel 2019. Da allora è rimasta questa solida formazione.

Qual è stato il momento più intenso e quello più debole del vostro percorso musicale?

- Cavolo, abbiamo attraversato tanti momenti deboli, ahahah. Immagina una band o un artista in Brasile. Un paese del terzo mondo, totalmente diseguale, dove l'arte è considerata un gioco da barboni, dove abbiamo vissuto sotto una dittatura durata fino al 1985. Qui ci sono così tanti problemi da affrontare: l'attrezzatura è scarsa, costosa e i locali sono limitati. Fortunatamente, tutto questo sta lentamente cambiando, sta migliorando, ma dobbiamo ancora migliorare in tanti aspetti. Ciò per cui sono più grato in questi 26 anni vissuti nell’underground musicale è essere riuscito a stare sempre in tour e suonare in così tanti posti che non avrei mai immaginato. Essere lì, mostrare la nostra arte, la nostra musica, è inimmaginabile. Conoscere luoghi, persone, fare amicizia, vivere nuove esperienze... non ha prezzo. Sono grato all'underground per questo.

Come band dedita all’old-school death metal, credete di essere stati influenzati più dal thrash o dal death metal?

- Come ho detto prima, provengo da una band thrash metal. Ho suonato quel genere dal 2004, ma abbiamo sempre avuto un tocco di old-school death metal. Il death metal degli esordi era fortemente influenzato dal thrash metal di Slayer, Dark Angel, Kreator, Sodom… Quel mix di sonorità è stata la mia scuola, così come i classici dei primi anni '90 e della fine degli anni '80.

Come vedi l'evoluzione del death metal dalla metà degli anni '80 fino ad oggi?

- Il death metal è un sottogenere che, a suo modo, ha forse dato vita al maggior numero di altri sottogeneri all'interno dello stesso genere. Questa evoluzione è stata fantastica, tant'è vero che oggi si vedono molte band formate da musicisti con un'elevata padronanza del proprio strumento e una forte capacità interpretativa, con una tecnica assurda. Ci sono tanti musicisti davvero bravi. Ma noi siamo amanti del grottesco, del sound più scarno, siamo fan dell’old-school death metal, e lo saremo fino alla fine.

E i giovani musicisti del circuito estremo brasiliano? Vorresti consigliare qualche altra band che, di recente, ha catturato la tua attenzione? Puoi anche parlare della scena brasiliana, se ti fa piacere.

- Il Brasile è sempre stato un grande esportatore di band estreme; nel nostro Paese abbiamo avuto grandi gruppi fin dagli anni '80, e forse stiamo vivendo il momento migliore in questo periodo storico. Band come Open the Coffin, Velho, Sepulchraw Whore, Infamous Glory, Rot, Vazio, Evil Corpse… (ce ne sono così tante, ahahah). Tutti questi gruppi stanno facendo un ottimo lavoro. Oggi possiamo vantare ottimi produttori di concerti proprio perché stanno prendendo molto sul serio le produzioni degli eventi. Riusciamo a suonare in città che non hanno quasi mai ospitavano dei concerti metal. Stiamo vivendo un buon momento, e spero che continui a migliorare.

Ricordo quando i Sepultura fecero breccia nella scena metal tra la fine degli anni ‘80 e l'inizio degli anni ‘90, ispirando molte altre band underground. Pensi che i vecchi Sepultura abbiano avuto un impatto simile sulla tua carriera di musicista? Per farti un esempio, se parliamo di musica estrema, il mio album preferito in assoluto è ancora "Arise". Quel disco mi ha introdotto al genere thrash/death metal quando avevo solo 14 anni.

- I Sepultura sono presenti nella vita di ogni brasiliano che ascolta metal. Sono la band più importante del Brasile e credo che questa importanza non sarà mai tolta a quei musicisti. Mi piacciono solo i loro primi cinque album, ma so quanto siano importanti gli altri. Sono affascinato da "Morbid Visions"; sono profondamente ispirato da quell'album, ed è incredibilmente importante per tutti noi.

Grazie mille per questa intervista! Lascio a te le ultime parole per tutti i vecchi e nuovi fan italiani del death metal.

- Christian, grazie ancora a te per l'interesse dimostrato nei nostri confronti. Speriamo di poter suonare presto in Italia per la prima volta. Per chi non conoscesse il nostro lavoro, seguiteci su Instagram, Facebook, YouTube e BandCamp. Grazie a tutti.

Ivi "Rotten Flesh" Kardec

Pagine Ufficiali: 

PODRIDÃO line-up:
Rafael "Repugnant Fat" Prado - Batteria
Ivi "Rotten Flesh" Kardec - Chitarra
Junior "Putrid Dick" de Andrade - Voce, Basso

Recensione: 

venerdì 22 agosto 2025

SEMPRE PEGGIO “Stretti nella morsa” - Timebomb Records / Fire and Flames Music / Anfibio Records




I SEMPRE PEGGIO continuano a mantenersi fedeli alla tradizione del Punk Oi!. La scelta di diventare musicisti ha orientato in un certo modo tutta la loro vita, e non credo ci sia quale segreto dietro certe decisioni consapevoli. Lo hanno sempre dimostrato in ogni concerto. Gli appassionati del genere sentono l’onestà, e sanno apprezzarla, perché la coerenza è un segno di autenticità ed integrità. E’ così anche stavolta, visto che “Stretti nella morsa” è un’altra presa di posizione. I Nostri pestano sull’acceleratore per mostrare tutta la loro attitudine selvaggia, servendosi di un impatto velenoso necessario per tenere viva una sentita critica verso le strutture di potere, le politiche adottate o i valori della classe dominante. In questo quadro, il “dissenso” è l’arma ideale per affrontare le ingiustizie. Sì è proprio così: per moltissime band, la rabbia per l'ingiustizia è un potente “innescatore di risentimento”, un rancore che, fortunatamente, solo la musica riesce a trasformare in energia positiva. Questa è gente che continua a lottare ai margini di una società in cui c'è spazio soltanto per vittime e colpevoli. Il messaggio urlato da Martin nella traccia “Niente” è ben chiaro: “Apri i tuoi occhi. Non c’è speranza, niente per noi, non ce n’è mai stata e non ci sarà mai.”. La realtà è ciò che vedono i nostri occhi, e ogni singolo giorno, va Sempre Peggio. Per questo motivo la lotta per la sopravvivenza sarà costante. Continuate così, continuate a darci dentro! Registrato da Alessandro Caneva nello studio Mobsound a Milano, il master è stato curato da Alessandro Berni. L'artwork è opera di Roberta "Joe1" Muci, il layout è di Dario "Porro" Ursino. L'EP è già disponibile nel formato vinile colorato 12” con un lato serigrafato.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Domani, Quei nomi, Pazienza, Matite (cover di Stainboy dei Petrograd, con testo in italiano), Niente, Semplice







mercoledì 20 agosto 2025

LIK - "PATTO DI SANGUE"







GLI SVEDESI LIK HANNO FORGIATO UN NUOVO ALBUM ALL'INSEGNA DEL DEATH METAL PIU' FERALE. STIAMO PARLANDO DI UN LAVORO POTENTISSIMO, ISPIRATO, CHE CONFERMA ANCORA UNA VOLTA L'OTTIMA FORMA DELLA BAND PROVENIENTE DA STOCCOLMA. UN DISCO CHE AGGIUNGE UN ALTRO IMPORTANTE TASSELLO A UNA STORIA INIZIATA UNDICI ANNI FA. QUESTA E' LA MIA SECONDA INTERVISTA CON IL BATTERISTA CHRISTOFER BARKENSJO.

L'attesa per "Necro" era palpabile, e devo dire che quell’attesa è stata ripagata appieno. Voi eravate reduci dall'ottimo responso ricevuto con i tre precedenti album, per questo motivo tutti si aspettavano un altro disco schierato dalla parte della vecchia tradizione. Quindi ti chiedo se avete sentito o accusato una maggiore sensazione di pressione durante la fase compositiva. Affrontare le pressioni e le aspettative non è mai facile.

- A dire il vero, la pressione è scomparsa non appena le canzoni hanno iniziato a prendere forma. Sentivamo che stavamo realizzando un altro album di cui poter essere orgogliosi.

Come nascono le idee per la composizione dei vostri brani? Chi tra voi è in grado di motivare e guidare gli altri verso un obiettivo comune?

- Questa volta è passato un po’ più di tempo prima di partire con il lavoro di composizione. Di solito siamo io e Tomas a iniziare a jammare su idee diverse. Mettiamo insieme tutte le nostre idee, e dopo aver capito cosa fare, ci alterniamo per apportare gli ultimi ritocchi. Proviamo la maggior parte delle idee che ci vengono in mente, anche se molte vengono scartate. Alcune canzoni nascono facilmente, altre richiedono molto più tempo per essere completate. Successivamente realizziamo delle demo da inviare a Lawrence, il nostro produttore/ingegnere del suono, soprattutto perché il suo contributo è molto importante. Quindi sì, direi che in linea di massima questo è il nostro modo di lavorare. Devo dire che ci sono state tante prove prima di registrare dal vivo in studio.

Il suono del nuovo album è molto più ampio. Sei d'accordo con me? Qual è stata la fase più difficile durante la lavorazione di queste canzoni?

- Sì sono d’accordo. Questa volta abbiamo registrato in un vero studio, nella nuova sede di Necromorbus, situata a due ore da Stoccolma. La stanza di incisione era molto grande e questo fattore ha sicuramente influenzato la resa sonora. L’unica canzone più impegnativa è stata “Rotten Inferno”, dato che è la più lenta che abbiamo mai realizzato. Diciamo che, suonando la batteria, ho faticato un po’ a trovare i giusti “fill” e il “groove” adatto per quel brano.

"Necro" esplora temi oscuri e influenze old school. Come risuonano oggi certe idee? Come pensi che venga percepito il vostro messaggio dagli ascoltatori?


- Certi temi sono strettamente intrecciati al death metal, quindi sento una forte connessione emotiva con quegli argomenti.

I Lik sono maggiormente influenzati dal tipico suono del death metal svedese, quello che ha caratterizzato il periodo d'oro del genere. Non ci sono dubbi sulla posizione della vostra band.

- Assolutamente al 100%

Avete deciso di affidare la copertina dell'album all’artista Jens Olsson. Come il suo lavoro si adatta alla vostra musica?

- Desideravamo vedere i colori di un vero dipinto. Jens ci ha contattato per chiedere se poteva realizzare delle illustrazioni per il nostro merchandise. Noi però gli abbiamo chiesto di realizzare la copertina di “Necro”. Lui ha accettato la nostra proposta. Abbiamo inoltrato le nostre idee, e il resto è storia. Il risultato finale è perfetto per un album death metal.

Come ci si sente a sapere di aver ottenuto una buona reputazione nella comunità death metal?

- Non posso dire di averne sentito parlare tanto, ma se così fosse, sarebbe fantastico. Ci impegniamo al massimo per lasciare un segno nel genere, quindi va bene così.

Grazie per l'intervista, Christofer! Ti auguro tutto il meglio che la vita può offrirti. Lascio a te le ultime parole.

- Grazie a te Christian. Grazie per averci sostenuto nel corso degli anni.

Contatti: 
 instagram.com/lik_official

LIK lineup:
Chris Barkensjö - Batteria
Niklas "Nille" Sandin - Chitarra
Tomas Åkvik - Voce, Chitarra
Joakim Antman - Basso

Recensione: 

lunedì 18 agosto 2025

RUPE "Sirente" - Autoproduzione




Siete ancora convinti che le migliori band underground provengano solo da oltreconfine? Ognuno di voi avrà una sua risposta, ma la mia opinione rimane la stessa di sempre: l’Italia può vantare dei gruppi ancora sconosciuti che hanno i requisiti necessari per competere con tante realtà provenienti da altri paesi. L'ho sempre pensato e oggi ne ho avuto un'altra conferma ascoltando gli abruzzesi RUPE. Parlare bene dei nostri musicisti è per me motivo di soddisfazione, soprattutto perché ho sempre combattuto caparbiamente per sostenere tutti quei gruppi nostrani capaci di mettere in evidenza le proprie qualità compositive, e chi mi conosce da tempo sa che in trent’anni di attività nel circuito musicale ho continuamente agito con coerenza e consapevolezza in merito al “supporto”, quella capacità di offrire un aiuto genuino e mirato a chi merita: dare senza chiedere nulla in cambio. Molti recensori dovrebbero imparare a difendere con i denti l'operato delle band italiane, invece di essere eccessivamente pignoli o di cercare difetti inesistenti o insignificanti ascoltando un qualsiasi disco. Non è necessario cercare il pelo nell'uovo, quindi, non è fondamentale che qualcosa sia originale, cioè unico o nuovo, per essere valido o apprezzato. Ciò detto e assodato, torno a focalizzarmi sulla proposta schietta e sincera dei Rupe. Il nuovo EP “Sirente”, pubblicato a distanza di quattro anni dal precedente “Big Stone”, si ascolta molto piacevolmente e senza interruzioni, perché è coinvolgente e ben fatto. Ad emergere è la capacità di fare leva sulle varie stratificazioni sonore, riuscendo a spostare un bel po’ di polvere dal proprio orizzonte, in modo da trovare il giusto equilibrio per sorvolare un vasto spazio immaginario fatto di chilometri di sabbie roventi. I Rupe hanno le idee chiare su cosa proporre e, nel loro modo di esprimersi, non vogliono assolutamente nascondere l’amore viscerale per formazioni più famose come Monster Magnet, Fu Manchu, Orange Goblin; questo è piuttosto evidente e non lascia spazio a dubbi. Il loro desiderio è piuttosto chiaro, senza troppi fronzoli: suonare al meglio ciò che realmente si ama, liberandosi dai pensieri incongrui, restando coerenti con la semplicità della propria spontaneità. “Blew”, la cover dei Nirvana, si sposa alla perfezione con i toni dell’EP. Un lavoro che attinge ad una memoria sonora collettiva, indissolubilmente legata ad una certa tradizione. Avanti così.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Iron Camel, Third Man, Jharia, White Noise, Blew (Nirvana cover)





domenica 17 agosto 2025

RETIREMENT “Attention Economy" - Iron Lung Records




Grandiosi gli americani RETIREMENT. Trattasi di un quartetto proveniente da Portland, dotato di un sound grezzo ed estremamente eccitante: un muro di suono turbinante di chitarre taglienti, e una sezione ritmica nevrastenica che percuote senza lasciare mai tregua all'ascoltatore. Brani traumatizzanti per spinta e rumore, ottimi da subire tanto quanto da pogare fino allo sfinimento, irrobustiti da una voce ringhiante che riesce ad insinuarsi sottopelle con agitazione irritante. La granitica produzione affidata a Evan Mersky è sorprendente, e si può dire la stessa cosa per il lavoro svolto da Will Killingsworth, per la sua capacità di utilizzare le giuste scelte in fase di masterizzazione. Occorre riconoscerlo, i Retirement mantengono un certo spirito DIY, che è parte creativa del processo più genuino dell’hardcore/noise rock, e questo lo si può riconoscere come un senso di appartenenza ad una specifica corrente musicale. Perché se vuoi essere in un certo modo, devi esserlo fino in fondo: un'adesione convinta a un determinato modo di pensare e agire. A livello musicale, avevo già sentito qualcosa del genere grazie agli Obliteration di “Poison Everything” (2014). Questo è solo un semplice appunto per capire come si comportano alcuni musicisti. Ma, al di là dei riferimenti, rimane un disco dal fortissimo impatto, pieno di dissonanze trasversali, utili per evitare l’utilizzo di schemi ormai consunti e puntare tutto su schiettezza, intuito e attitudine. “Attention Economy" è veloce, caotico, destabilizzante, come ogni vero disco hardcore/noise dovrebbe essere. A loro modo, intransigenti.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Human Meme, All Guilty, Annihilate, Psychic Slaughter, Blind, Isolation, Parasites, Bodybag Future, Suffer The Law, Keep Waiting, You Will Be Forgotten, What We Deserve, Sell Me Something, Next Time





sabato 16 agosto 2025

FORCED STARVATION "s/t" - RSR Records




I neozelandesi FORCED STARVATION entrano di pieno diritto nella schiera di quelle band che, negli ultimi anni, sono riuscite a produrre un impatto davvero significativo nella scena grindcore/fastcore. Lo scenario malato raffigurato da “Forced Starvation” è tutt’altro che rassicurante: già il titolo vuole essere una sorta di provocazione, ad indicare il significato inquietante e disturbante che anima l’essenza di un disco di debutto che non presenta punti deboli. La visione dei Nostri si rivela essere estremamente convincente nella sua spietata efferatezza, pur non portando nulla di diverso se paragonato a quanto fatto da altre valide formazioni impegnate con il medesimo genere musicale. La ruvidezza e la sfrontatezza sono i cardini su cui si reggono brani tanto efficaci quanto disumani; mettendo sul piatto tanta voluminosità, tanto “peso” sonoro, tanta cattiveria inaudita. Il frontman qui offre una prova dannatamente efficace e dimostra di non essere solo un buono screamer. I riff, le ritmiche grondano sangue in una gabbia d’acciaio che rotola come un macigno sui nostri crani. Certi passaggi mi hanno ricordato i grinder svedesi Gadget. Un album arcigno, sgraziato, che fa emergere tutta la frustrazione e la ripetitività di una società ormai distrutta che non porta a nessun progresso su cui fare affidamento. Alle orecchie di molti i quattordici brani possono sembrare tutti uguali, ma in realtà ogni singola traccia è indispensabile per scavare un solco profondo dove far passare sentimenti carichi di una forte avversione. Ascoltare dischi come “Forced Starvation” non può che trasmettere una certa soddisfazione. La line-up della band è formata da membri di Piggery, Meth Drinker, Stress Ghetto, Unruly.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Circling the Drain, Bathed in Blackwater, Front Towards Enemys, Children's Skeletons, Cryptic Incursion, Mapogo Coalition, Shit Giving Exacerbation, From My Rotting Body, Crushed to Powder, As the Lake Dries Up, Faceless Aquaintance, Forced to Face the Day, Champawat Maneater, MAGA Hat (Dogcock)



giovedì 14 agosto 2025

SICK DESTROYER "s/t" - Psychocontrol Records / I Feel Good Records / Calvos 73 Records




Le lancette del tempo sembrano girare a ritroso per questa band dell’Est Europa, nelle cui fila militano musicisti provenienti dalla Repubblica Ceca e dalla Slovacchia, già attivi con Lycanthrophy, Morbid Angel Dust, Needful Things. I SICK DESTROYER sono fortemente ispirati alle incarnazioni più classiche e datate del grindcore, guardando alla vecchia scuola come unico punto di riferimento per riuscire a ritagliarsi un po’ di spazio nel circuito dell’estremizzazione sonora, senza particolari pretese o manie di protagonismo; anche perché non bisogna cercare chissà quale ispirazione per suonare questo genere musicale particolarmente essenziale e psicotico. La vera certezza in merito al terzetto in questione risiede nella genuinità della loro musica, concepita con una solidità che ha radici molto lontane. Tutto questo è ben identificabile nel ritmo serratissimo dell’omonimo album di debutto, che arriva dopo la pubblicazione di diversi Split stampati in formato 7", 12" e audiocassetta. Il grande pregio dei Sick Destroyer è quello di garantire affidabilità e certezze ai fan di lungo corso, e mettere in chiaro che, quando si decide di suonare in un certo modo, tutto il resto non conta un cazzo. Diciannove tracce di violenza sonora inaudita, di caos ben organizzato dove nulla è lasciato al caso, gestito da un gruppo corazzato e consapevole dei propri mezzi. E questo non è poco! Nella coda della tracklist troverete il brano “Salt Mine”, la cover degli Assück.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Torture Incident of Smile, Short Hands, Crossed Out Fingers, Rotting Headache, Mind Deprivation, Speedhell, Machinegun Mistake, Bleargh Eyes (Blue), Gangrene Discharge, Chainsaw to the Ass, Metal of Death, Slight Slappers, Green Smoke Shit, Wormhead Rot, Aquarium, Dead Ceremony, Your Days Are Numbered, Salt Mine (Assück cover), Squashed in the Pit

martedì 12 agosto 2025

PODRIDÃO "Coffin of the Corrupted Dead" - Iron Fortress Records / Kill Again Records




Questo è un disco che suona brutale e marcio in tutto e per tutto, e si denota fin da subito che i brasiliani PODRIDÃO ci danno dentro in efferatezza mortifera, lubrificando i propri ingranaggi con litri di sudore maleodorante, dimostrandosi esecutori di grande livello e riuscendo così a iniettare la giusta dose di cruda ripugnanza nei brani di “Coffin of the Corrupted Dead”. Qui il sound rispolvera i caratteri distintivi della frangia più putrida del death metal, allineandosi a quelle cavalcate schizofreniche alimentate da una doppia cassa chirurgica e martellante, ma anche ai caratteristici rallentamenti del doom indispensabili per vomitare orrore e disperazione. I Podridão ci mettono il massimo impegno per rileggere in modo circostanziato alcune pagine fondamentali della discografia dei seminali Autopsy, attingendo a piene mani dalla furia presente in quegli archivi, spremendola e concentrandola in poco più di mezz’ora. La terrificante intensità dei riff consolida e conferma l’inclinazione della band verso suoni che non fanno altro che risvegliare orde di zombie affamati e assetati di sangue, dipingendo un’ambientazione delirante e mortale. La voce del bassista/cantante Junior de Andrade, per le sue caratteristiche timbriche, tecniche e interpretative, si immerge completamente nell'esperienza musicale andando a valorizzare ogni singola composizione. Il quarto full-length del gruppo proveniente da Itaquaquecetuba (São Paulo) è un lavoro più che onesto, massacrante, ben realizzato e coinvolgente, anche se derivativo nella sostanza. Per quanto mi riguarda, i Podridão meritano attenzione e supporto. Ultima nota in aggiunta: "Coffin of the Corrupted Dead" potrebbe piacere anche a tutti coloro che hanno consumato i dischi dei deathster americani Necrot.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Coffin Of The Corrupted Dead, Dissolved into Viscous Ruin, Exhaling Pestilent Rot, Stages of Decomposition, Submerged Into Vile Repugnance, Fetid Purulence Manifest, Disinterred to Devour, Oozing Cadaveric Liquid



lunedì 11 agosto 2025

GAME OVER "Face the End" - Scarlet Records




Doveva essere thrash metal al 100%, e così è stato. Gli emiliani GAME OVER hanno una storia e un’eredità con cui confrontarsi, e come si può ben immaginare, quando decidi di suonare in maniera così radicale non è sempre facile proporre qualcosa che sia all’altezza delle aspettative. Pur essendo un album coerente con le linee guida del genere, quello più sanguigno tanto per intenderci, “Face the End” ha dalla sua parte una dinamicità che non lo appiattisce mai sui soliti luoghi comuni dello stile musicale citato poc'anzi, e già dalla prima traccia “The Final Hour” possiamo ascoltare un gruppo che suona affiatato e coeso, ora più di prima, visibilmente rinvigorito dalle gesta dei nuovi entrati Daniele Schiavina (voce) e Leonardo Molinari (basso). Il dato di fatto principale che va ricordato è che l’autenticità di tutto ciò che viene fatto con passione la si riconosce fin dal primo ascolto. Ed è anche vero che, chiunque sia in grado di esprimere qualcosa di convincente, deve esprimerlo al meglio affinché potesse sentirsi veramente libero durante il processo compositivo, lo sanno molto bene i Game Over. Sin dalle prime battute si evidenzia il legame affettivo con i dischi più carichi e veraci degli anni ’80 e primi ’90, ricalcandone risolutezza, attitudine e strutture sonore (aggressive e melodiche). E lo fanno con tale spregiudicata convinzione e naturalezza che non ci resta che godere appieno dell'esperienza ascoltandoli a volume sostenuto, senza stare lì a trovare il possibile margine di paragone o rimuginare nostalgicamente su quello che venne fatto quarant’anni fa. Non serve enfatizzare eccessivamente una valutazione per per illustrare le loro intenzioni ad ogni singolo ascoltatore. I Game Over vi faranno vivere intensamente il presente regalandovi la possibilità di allontanare la vostra solita tendenza a rimpiangere il passato. “Face the End” si avvale di una vivacità sonora che viene mantenuta costante, senza fluttuazioni dispersive. La qualità della musica è di livello superiore, a ribadire ancora una volta la differenza fra chi possiede il dono di fare le cose nel modo giusto per passare con successo e determinazione allo step successivo, e chi si limita a tracciare prospettive abusate come mestierante. Se siete dei fan del thrash metal non potrete fare a meno di acquistare questo disco prodotto da Simone Mularoni (Domination Studio, DGM).

Pagine Ufficiali: 

Songs:
The Final Hour, Lust For Blood, Neck Breaking Dance, Grip Of Time, Lost In Disgrace, Veil Of Insanity, Gateway To Infinity, Tempesta, Crimson Waves, Weaving Fate



venerdì 8 agosto 2025

SADIST “Something To Pierce” - Agonia Records




Parlare nuovamente dei SADIST mi fa tornare indietro nel tempo quando, all’età di 15 anni, ebbi la fortuna di vederli dal vivo nella mia terra (il Salento), era l’anno 1994 o giù di lì. E nonostante siano trascorsi ben trent’anni da quel concerto, l’ascolto della loro musica riesce ancora oggi ad evocare questo tipo di sentimento, un sentimento profondo che richiama una certa nostalgia per un periodo felice e spensierato della mia vita. Quello era l’anno in cui iniziai a scrivere di musica curando le prime recensioni e interviste per i gruppi metal italiani. Ma devo anche dire che, come molti miei coetanei provenienti dalla vecchia scuola, conobbi la band genovese grazie all’esordio “Above the Light” (1993). E’ ancora forte il ricordo di quel giorno in cui l’adolescente Christian afferrò la cornetta del telefono per contattare la sede della Nosferatu Records voglioso di ordinare la sua copia stampata su CD, dopo aver visto un flyer pubblicato dalla rivista italiana Grind Zone. Era l'inizio di una lunga storia. Impossibile dimenticare! Tutto questo per dire che, a distanza di così tanto tempo e a prescindere dalle mie emozioni e ricordi personali legati ai tempi ormai andati, i Sadist sono ancora qui, più forti che mai, immensi come sempre e capaci di catturare la mia attenzione anche con il decimo album “Something To Pierce”. Eppure stiamo parlando di una di quelle band da cui non si sa mai cosa aspettarsi, ed è proprio questo il bello. E’ praticamente impossibile negare la bellezza di un’opera come questa, caratterizzata da un sound multiforme perciò camaleontico. Come già fatto in passato, i Nostri sfoggiano tecnica e gusto per la melodia e sullo stesso livello una notevole propensione per l’impatto progressivo, avvalendosi di intuizioni fuori da ogni preconcetto, certamente non comuni per i canoni del death metal, riuscendo a lasciare un segno con continui cambi d’atmosfera e intensità che, ascolto dopo ascolto, risultano dannatamente irresistibili. Tommy Talamanca offre il suo lato più imprevedibile sui pezzi in cui fa emergere maggiormente la sua personalità più progressiva, toccando picchi qualitativi notevoli. Questa è la chiara dimostrazione che se continui a fare quello che hai sempre fatto senza porre dei limiti, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre desiderato. Ogni singola performance, ogni singolo musicista coinvolto nel songwriting raggiunge livelli vertiginosi. Quella che si può sentire è una celebrazione di tutto ciò che di eclettico ha il sound dei Sadist, un lavoro brillante che valorizza un trademark (riconoscibile) consolidato nel corso di una lunga carriera. Non si tratta di un disco immediato: questi brani si fanno strada lentamente in una spirale che inquieta e affascina contemporaneamente. Parlare di ascolto significa parlare di comunicazione, di una forma superiore di comunicazione, perché senza l'uno l'altra viene meno in efficacia. Sì, è proprio così, in questo caso è necessario ascoltare attentamente per assimilare appieno ciò che viene espresso dai Sadist. Da questa prospettiva è più facile calarsi nei contenuti racchiusi in “Something To Pierce”. Tutto quanto è caratterizzato da una cura meticolosa per i dettagli, dalla composizione agli arrangiamenti, e tutti questi elementi messi insieme permettono a chiunque di entrare in contatto con la forza espressiva di una formazione unica nel suo genere, non solo in Italia. Massimo rispetto. Lunga vita.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Something to Pierce, Deprived, No Feast for Flies, Kill Devour Dissect, The Sun God, Dume Kike, One Shot Closer, The Best Part is the Brain, Nove Strade, Respirium (instrumental)



giovedì 7 agosto 2025

ACID MASS "Violent End" - Motorpunk Records




Il ritorno di Ben Ricketts con la sua creatura ACID MASS, che avviene ad un anno di distanza dal secondo full-length “Worship” e dalle altre sue precedenti produzioni, non è tanto rilevante sul piano compositivo dato che la sostanza non porta nulla di nuovo per quanto concerne l'approccio alla musica, ma risulta immediatamente efficace il suo modo così selvaggio di guardare al passato per tenere viva la tradizione di tutte quelle sonorità cariche di sporcizia che, inevitabilmente, hanno caratterizzato fino al midollo il marchio di fabbrica di alcune tra le band più iconiche nella storia del metal e dell'hardcore punk primigenio. Qui i richiami parlano dei primissimi vagiti di Slayer, Venom, Celtic Frost, Destruction, Bathory, Sodom, Bulldozer, Discharge, solo per citarne alcuni; un suono marcio e tagliente che se ne sbatte di tutto ciò che viene prodotto nell’attuale contemporaneità. Lo scopo principale del musicista proveniente da Cincinnati (Ohio) è recuperare la maggior quantità di efferatezza dal materiale composto negli anni ’80, riversarla nei suoi brani, e far capire all’ascoltatore che il riciclaggio di ciò che abbiamo già sentito per decenni si configura ancora oggi come un’autonoma attività per continuare a picchiare duro senza scendere a compromessi. La carica di spontanea violenza che i Black Mass lasciano deflagrare in undici minuti risulterà irresistibile per i fan delle sonorità in questione. In fin dei conti potremmo dire tanto altro, oppure avere opinioni completamente diverse sulla stessa questione, ma non ci sarà verso di far cambiare binario a certi musicisti così ostinati e intransigenti. Credo che su questo punto siamo tutti d'accordo. Prendere o lasciare. L'EP "Violent End" è stato pubblicato dalla Motorpunk Records.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Misery, Die Like Dogs, Pain Inhabits, Violent End



mercoledì 6 agosto 2025

LETA "The Black Cat" - Ivar Records




I salentini LETA sono senza ombra di dubbio una delle realtà più interessanti in ambito doom, chi ha avuto la possibilità di ascoltare il debutto “Condemned to Flames” (2021) e, soprattutto, chi ha vissuto il piacere di vederli dal vivo in questi ultimi quattro anni, sa di cosa sto parlando. Questa è una band ben consolidata fatta di cuori pulsanti all'unisono che consumano ossigeno vitale attingendo da quel caleidoscopio di vibrazioni che, negli anni ’70, animava i precursori di un genere diventato poi culto, inutile negarlo, e come ogni culto che si rispetti ha avuto e continua ad avere i suoi seguaci, oggi come ieri, quasi sempre adoranti “in toto”. Quelli erano gli anni in cui le lodi ai “Black Sabbath” (in primis) diventavano vere e proprie esperienze rimaste indelebili allo scorrere del tempo, e non è un caso se tantissimi musicisti rimangono tuttora affezionati a certe atmosfere nascoste tra le ombre della notte, perché come diceva Khalil Gibran: “per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte”. “The Black Cat” si eleva attraverso un’overdose di suoni che in quel glorioso passato trovano la spinta per continuare a modellare insistentemente il presente, contribuendo in modo decisivo a rendere intrigante e al passo coi tempi (andati) la musica prodotta dai Nostri. Ma la cosa più entusiasmante risiede nel fatto che anche il nuovo capitolo rilascia interessanti scorie psichedeliche capaci di accompagnare l’ascoltatore in un’esperienza acida e fumosa, senza mai rinunciare a quelle melodie penetranti ricche di fascino ancestrale, come se il saggio timoniere Ilario Suppressa (chitarra) avesse avuto spesso bisogno di fermarsi ad osservare e contemplare il cielo stellato prima di riprendere velocità per spiccare il volo, trascinando con sé la creatura Leta in modo da raggiungere altre mete lontane e sconosciute. Il bello è che tutto funziona bene, anche se i brani sono molto lunghi, confermandosi una squadra efficacemente affiatata a cui non manca certo l’ispirazione; insieme sono riusciti a dare vita ad un album variegato, dinamico ed espressivo allo stesso tempo, dove lo scopo principale non è tentare di trovare la formula dell’originalità, bensì rimanere aggrappati al potere intrinseco dell'espressività. Se posso permettermi di dare un consiglio, cercherei di diversificare un po’ il cantato, ma solo per enfatizzare al meglio il pathos di determinate soluzioni racchiuse nel songwriting, per il resto la proposta dei Leta è nella sostanza di grande effetto oltre che convincente. La verità è una sola: il circuito underground italiano vanta ancora oggi delle compagini che, pur non essendo sotto i riflettori, godono di buona stima all'interno della community. In fin dei conti solo i fatti contano e creano la vera identità di un qualcosa, il resto sono solo chiacchiere. Registrato e mixato dal chitarrista Ilario Suppressa presso i Ghost Studio's Sound, masterizzato da Francesco de Pascali (Ivar Studios, Torba). Il funesto artwork è opera del bassista Gabriele Tarantino. Un gradito ritorno.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Black Cat, Freedom, Around You Inside You, Lame





lunedì 4 agosto 2025

LIK "Necro" - Metal Blade Records




Hanno spinto all’ennesima potenza i dettami dello swedish death metal, consolidandone impatto e contenuti fino a dar vita ad un’esplosione di aggressività dannatamente contagiosa: stiamo parlando degli svedesi LIK, band attiva dal 2014 che vede coinvolti musicisti di una certa esperienza che vantano militanze presenti e passate nel circuito della musica estrema (e non solo). I Nostri si stanno facendo largo nella scena metal tenendo fede all’insegnamento dei vecchi maestri Dismember ed Entombed, e questo gli ha permesso di farsi conoscere da un grande numero di estimatori di una tradizione ben precisa, ed è chiaro che non poteva essere diversamente visto che questa realtà ha sempre dimostrato una forte personalità compositiva, pur restando dentro i confini del death metal più veemente che sanguina elettricità. Il forte legame con l’ondata primigenia proveniente dalla loro terra è evidente, come ho già detto poco fa, e si evidenzia con abbondanti dosi di brutalità ben assestata; non mancano tuttavia, e questo contribuisce a rendere più appetibile il quarto album “Necro”, quei fraseggi di tensione melodica di grande spessore che strizzano l'occhio agli Iron Maiden. Come molti di voi sanno, tali elementi hanno convogliato ancora meglio un trademark che si è materializzato nel tessuto sonoro della scena svedese. La maestria tecnica e compositiva è ineccepibile, così come i significati intrisi di cupezza all'interno di una proposta che non fa prigionieri. Il quartetto, ancora una volta, dimostra di possedere qualità indiscutibili ed allo stato attuale già abbondantemente rafforzate: ascoltare “Necro” è una vera e propria goduria auditiva, grazie alla sua capacità di riservare diverse sorprese all’insegna di una scrittura ben bilanciata che traspare in pezzi pervasi da un’atmosfera soffocante difficile da allontanare. Un gruppo solido e determinato che, oggettivamente, mette in campo uno dei migliori dischi di genere pubblicati negli ultimi dieci anni. Se questo lavoro fosse stato pubblicato nella prima metà degli anni ‘90 avremmo quasi certamente gridato al capolavoro. Tutto questo fa ben sperare anche per il futuro del genere.

Pagine Ufficiali: 

Songs:
Deceased, War Praise, They, Worms Inside, Morgue Rat, Shred Into Pieces, In Ruins, The Stockholm Massacre, Fields Of Death, Rotten Inferno