Pagine

lunedì 27 aprile 2020

THE RADSTERS - "MOTORI IN FIAMME"






SE VI PIACE LA MUSICA ONESTA, VELOCE E 'IN YOUR FACE', I NAPOLETANI THE RADSTERS FANNO SICURAMENTE AL CASO VOSTRO. NESSUN GIRO DI PAROLE, NIENTE CHIACCHIERE A VUOTO, SOLO ROCK'N'ROLL INFUOCATO SUONATO CON ATTITUDINE PUNK. IN QUESTA LUNGA E APPROFONDITA INTERVISTA LA BAND AL COMPLETO CI PARLA DEL NUOVO ALBUM "FASTER THAN POLICE", E NON SOLO.

Per prima cosa: chi sono gli attuali membri dei The Radsters? Ci sono stati dei cambi nella line up?

Daniele: Io, Daniele, sono il chitarrista e nel 2008 insieme al primo cantante Bob creammo la cosa. Lui poi ci abbandonò per fare copertine ai gruppi metal, cosa che gli riesce benissimo comunque, e molti testi e cantati di “The Wild Bunch” sono suoi. Arrivò quindi Dario che è con noi ormai da sei anni, e con lui i live fecero un salto di qualità, cominciammo ad ingranare e a suonare fuori Napoli. Alla batteria c'è Andrea, anche lui suona dall'inizio del progetto, lo recuperai in un container vicino 'A Maronn e l'Arco dove l'avevo conosciuto mesi prima, previo annuncio, ma è una lunga storia. Ha sempre suonato lui la batteria tranne per un periodo in cui è scomparso, qualcuno disse di averlo visto in Finlandia ma rimane un’ipotesi. Il posto di bassista è stato di Marino per un po’ di anni, è fuggito poi dopo un concerto a Ravenna urlando cose senza senso. Venne sostituito quindi da Peppino che era già nostro amico, tutto ciò quattro anni fa abbassando quindi l'età media di 10 anni, ed è per tutti i Radsters ‘o guaglione ca c’arrobba e femmen', maledetto! Da cinque anni comunque siamo stabili.

Andrea: Da un po' di anni, dal 2016 per l'esattezza, siamo sempre Io (Andrea) alla batteria, Daniele alla chitarra, Peppe al basso e Dario alla voce. Qualche anno fa c’era Bob alla voce e Marino al basso, gente brutta dai vicoli di Napoli e dalla Napoli alta, cioè il Vomero...

Il nuovo album “Faster Than Police” si focalizza principalmente sull'impatto, come già successo in passato. Siete sempre stati conosciuti per il vostro ritmo frenetico, aggressivo e diretto. Cosa significa per voi suonare rock'n'roll/punk?

Daniele: Suonare punk significa sfogare la rabbia per quello che vedi e senti ogni giorno: se hai un po’ di sale in zucca i motivi non mancano per incazzarsi e la musica è il risultato. Punk per me significa soprattutto socialità, scambiare idee, organizzare concerti cercando di realizzare in qualunque modo ed in qualunque luogo, delle cose vere, senza ipocrisie.

Andrea: Personalmente, io che sono il batterista e motore di una band uso motocross, mi diverto tantissimo ad andare veloce anche se ultimamente con l’età sento sto motore molto sulle spalle. Per me significa molto far sentire il nostro ritmo veloce ed incalzante che mi fa appartenere alla schiera di gente di merda che viene da Ponticelli (quartiere a est di Napoli).

Peppe: Credo che, per noi come per chiunque suoni o appartenga a questo genere, la velocità e l’aggressività siano una trasposizione musicale del modo in cui ci si pone nella vita: si è veloci e cattivi perché siamo incazzati e ci girano i suddetti. Ovviamente tante parole sono state spese riguardo al fatto che questo (il punk) non sia solo un genere musicale, ma un modo di porsi nei confronti della vita, e anche per noi come per tanti è così. I Radsters poi hanno un tono canzonatorio, un poco scugnizzesco, che è sicuramente legato ad una questione di territorialità.

Dario: È attitudine e mentalità: un modo per incanalare e dare sfogo alla rabbia che accumuliamo vivendo in una società dove siamo continuamente controllati e calpestati. Significa fare parte di una comunità dove non esiste divisione tra palco e pubblico, fra “artisti” e “spettatori”. Significa dare centralità al live, dove diamo tutto quello che possiamo perché è proprio ciò che vogliamo fare e il posto in cui vogliamo essere.

Quando scrivete una canzone, sapete già dall'inizio che direzione prenderà e come sarà? Ve lo chiedo perché, come da manuale, il vostro genere musicale non bada ai fronzoli. Come funziona il processo di composizione?

Daniele: In genere io scrivo le canzoni più o meno finite poi abbozzo il pezzo con Andrea alla batteria, dopo di che se ci piace lo facciamo sentire a Dario che può dire “ok” oppure “fa cagare”, e nel caso procede a fare la linea vocale. Qualche volta impronto anche quella, ma è Dario a scrivere i testi e definire il tutto. Peppe in particolare non esprime delle vere opinioni, fa una faccia che significa “va bene, è uguale agli altri”.

Peppe: Di solito la base compositiva è dettata da Daniele, il quale butta giù riff ed idee e poi le sottopone al resto del gruppo in sala prove. Mediamente questa scelta ci soddisfa, i Radsters d’altronde sono soprattutto un gruppo figlio di Daniele ed Andrea: l’approvazione definitiva dei pezzi nuovi passa prima di tutto attraverso loro. Io ad esempio non sono molto portato per la creazione in questo genere (di solito ascolto altro) ma do una mano in fase compositiva, suggerendo magari cose da poter inserire, break, modifiche dei riff eccetera. Insomma di base rompo i coglioni. Dario ha, manco a dirlo, il compito di buttare giù i testi: dei testi aulici, delle vere e proprie composizioni stilnoviste, ubriachi e drogati in mezzo ai vicoli partenopei.

Andrea: Ma guarda, come ha detto Peppe, spesso le cose nascono da Daniele che porta un riff, e spesso ci troviamo io e lui in saletta e lo aggiustiamo insieme in maniera istintiva, magari suggerendogli una nota a voce, dato che so solo suonare la batteria e devo dire che mi viene molto bene. Il resto è quello che ascoltate voi, e vedo che il risultato piace.

Dario: Confermo che il processo di composizione funziona più o meno come è stato descritto dagli altri, cioè Daniele, o qualcun altro, propone un’idea e cerchiamo di definirla in sala. In genere è dalla musica che nasce il tema del testo, altre volte ho già delle idee in parole che provo ad adattare alla struttura del pezzo.

Quale background c'è dietro le vostre canzoni? Le influenze arrivano dai vecchi mentori o solo dalla strada e dalle vostre esperienze di vita? Per farla breve, cosa alimenta il flusso della musica targata The Radsters?

Daniele: La musica è sempre uscita da sola senza riferimenti e obiettivi, penso che il modo migliore sia fare quello che ti esce naturale, senza mai prendersi sul serio. Come ispirazioni potrei dire di essere un feticista di accordoni e batteria dritta: Ramones, The Riverdales, Bad religion, DRI, 7Seconds, Zeke, ma amo anche le atmosfere sporche e polverose: Melvins, Kyuss, Electric Wizard, Entombed, infatti su "The Wild Bunch" queste influenze si sentono di più.

Andrea: Non si segue un flusso nei Radsters, direi che è più una cosa tipo una slittata di ruota su terreno bagnato… Nel senso che non ha un flusso, come dici tu, ma più che altro è una voglia di sfogare malamente su quello che ci gira intorno in questa città di matti. La vedo così.

Peppe: Come evidente un grosso peso nella musica dei Radsters è dato dall’immaginario motociclistico e un po' illegalista. Tutta la musica gira intorno a questi scenari, fatti di enormi silos pieni di benzina e container marittimi che infestano l’asse mediano all’altezza di San Giovanni a Teduccio, poco prima di entrare a Napoli. A questo poi ovviamente si uniscono le tragicomiche vicissitudini della nostra vita privata, anche se non le definirei proprio di strada (anche se nessuno di noi è estraneo alla strada).

Dario: Sicuramente siamo ispirati dalla musica aggressiva che ci fa sbattere la testa e muovere il culo: direi la vecchia scuola inglese (Motorhead, Hawkwind, Discharge, Slaughter and the Dogs, Cock Sparrer, Angelic Upstarts), l’HC americano (Black Flag, Circle Jerks, Negative Approach, Verbal Abuse, SSD, RKL, Gang Green, Suicidal Tendencies, Zeke) e un pizzico di Scandinavia (Disfear, Entombed, The Hellacopters). Nei testi che scrivo, fondamentalmente cerco di parlare delle cose che mi fanno sentire bene (viaggiare in moto, praticare il pugilato…) o di quello che mi fa incazzare nella vita di tutti i giorni, cioè le varie forme dell’autorità costituita. In genere cerco di non essere troppo serioso e di prenderci un po’ per il culo, perché in fondo non siamo dei fighi ma una banda di casi umani…

Ho letto di questa edizione particolare del nuovo 12”: stampato su una sola facciata e serigrafato dall'altra. Che ne dite di spendere qualche parola in merito?

Dario: Il punk hardcore e il rock’n’roll sono dei generi che hanno più impatto dal vivo che dal morto… cioè su un supporto di qualsiasi tipo. Suonavamo i pezzi di “Faster Than Police” nei live da un po’ e volevamo farli uscire prima di metterci al lavoro su materiale nuovo. Avevamo pensato a uno split, ad un 7”, a una cassetta… Ma nell’era del digitale, dove basta una connessione per ascoltare tutta la musica che vuoi, che senso ha un disco? È un feticcio… e allora che feticcio sia! Abbiamo voluto fare qualcosa di bello e sono davvero soddisfatto del risultato, anche grazie ai disegni di Claudio Scialabba. Inoltre, la qualità dell’audio è il top: senza troppe tracce i solchi del vinile sono più larghi e il disco ha più volume.

Peppe: Fondamentalmente il materiale non aveva la lunghezza necessaria a coprire un 12” intero, motivo per il quale abbiamo deciso che fosse fico serigrafarne un lato. Si, siamo soddisfatti della ricezione anche se questa storia del coronavirus ci ha costretto a cancellare molte date e ci terrà presumibilmente lontani dai palchi per qualche mese.

Andrea: Sempre come dice Peppe, logicamente avere solo 12 minuti di musica non li puoi mettere mica su un 33 giri? Fin dall’inizio volevamo creare qualcosa di bello a vista, e vedendo altri amici intorno a noi che fanno spesso dischi, ci piaceva l’idea di mettere tutto su un lato e serigrafare l’altro in modo da avere un impatto un po’ più aggressivo.

Siete contenti di come viene recepita la musica dei The Radsters?

Daniele: Sì, specialmente nei live: suonando musica semplice e diretta, mi sembra che subito si faccia casino e si crei una bella situazione di energia collettiva, che poi è quello che mi piace veramente.

Andrea: Beh, se vedo che la gente si apre il cranio davanti a me nei nostri concerti non posso essere che contento, andiamo avanti.

Peppe: Sì, siamo soddisfatti della ricezione anche se questa storia del coronavirus ci ha costretto a cancellare molte date e ci terrà presumibilmente lontani dai palchi per qualche mese.

Dario: Francamente, non m’interessa di come viene recepita la nostra musica: l’importante è che ai concerti la gente faccia un macello e che si diverta quanto noi che suoniamo… e, generalmente, è così.

Avete mai pensato che i vostri brani possano essere uno stimolo per chiunque voglia lottare per la propria sopravvivenza in questa società?

Daniele: Ma magari, chi suona e chi ascolta questa musica spesso condivide la stessa condizione. La musica è la benzina.

Andrea: Ti rispondo schietto perché nella band, come dicono gli altri tre, io sono il più ignorante e diretto. A me della società me ne passa per il cazzo, mi interessa di più sopravvivere alla mia città che ogni giorno ci regala tante emozioni tra tutta la merda che c’è.

Peppe: Beh sì, molte canzoni parlano di questo sentimento di risposta energica alle difficoltà della vita (ad esempio “The Hard Way”, oppure “Never Back Down”). Credo che questa sia una tematica che riflette molto il carattere di Dario, che le ha scritte. Per quel che riguarda l’essere uno stimolo alla lotta per qualcun altro, invece, non ci ho mai pensato, mi pare un obiettivo al di là delle nostre capacità sinceramente. Poi nel caso fosse così per qualcuno, beh, ne sarei onorato, non c’è che dire.

Dario: Non credo che i nostri testi abbiano delle parole esplicitamente impegnate, nonostante ognuno di noi lo sia a modo suo. Sarebbe bello se, come dici, per qualcuno possiamo essere uno stimolo a lottare o a resistere, ma credo che in quanto esseri umani niente ci obbliga a sopravvivere: soprattutto in questo momento particolare, credo che la scelta sia fra vivere o lasciarsi vivere.

Ma c'è un particolare messaggio che vorreste lanciare agli ascoltatori e, soprattutto, ai fan del vostro genere musicale?

Daniele: Portateci la droga ai concerti.

Andrea: Andate a rubare i portafogli. ‘E Fujite sule vuje.

Peppe: Realisticamente penso che il messaggio dei Radsters possa essere “divertitevi e non fate gli stronzi.

Dario: “Ccà nun ce sta nisciuno limite, nessun diplomato e cosa, Robè… tu devi uscire, ti devi salvare, Robè, t'hanno chiuso dint' 'a stù museo, tu devi uscire, và mmiezo 'a strada, tocc 'e femmene, va a arrubbà, fa chello che vuo' tu!”.

Avete avuto molte esperienze dal vivo nel corso degli anni. Qual è stato l'insegnamento più grande avendo suonato spesso in giro, e quali i ricordi più belli?

Daniele: L'insegnamento e che un altro mondo è possibile, e viaggiando, conoscendo persone fantastiche, ti viene voglia di continuare. Ricordo un concerto al Molosiglio, una ZAT suonammo su di un molo in mezzo al mare di Napoli, un'esperienza incredibile! Poi ricordo un festival con i Subhumans a Roma, eravamo in un backstage/tavolata/delirio con almeno dieci band che si devastavano, un luna park! E al Lecce HC, sotto al palco sembrava il tipico fumetto della rissa, una nuvola di polvere con braccia, gambe e teste che uscivano random.

Peppe: Allora devo dire che con i Radsters ci divertiamo molto quando suoniamo in giro, perché siamo persone diverse ma che hanno imparato a condividere i momenti di quotidianità in tour. Ecco, a titolo personale dico: la cosa più importante che ho imparato è a coesistere con chi è caratterialmente diverso da me. Esempio di quanto io lo abbia imparato bene è il fatto che il nostro batterista sia ancora vivo. Ricordi particolarmente belli: la prima volta che abbiamo fatto un tour all’estero, senza dubbio; ricordo con molto piacere una volta in cui suonammo al Campetto Occupato a Giulianova, e Paska distrusse una finestra buttandosi da un armadietto; fare colazione con amici a Dresda in autogrill usando la speed al posto dello zucchero nel cappuccino. Un posto particolare nel mio cuore è occupato, poi, da quella volta in cui il nostro batterista fu fermato e perquisito all’aeroporto di Berlino (dovevamo tornare a Napoli): ovviamente i tamponi hanno segnalato di tutto, e vederlo giustificarsi con la Polizei in un inglese maccheronico, rischiando di farci perdere l’aereo, è stato un momento degno di Totò.

Andrea: Oh, questa è seria. La prima cosa è che negli anni acquisti fiducia in te stesso e in quello che dai con la musica. Quindi il crescere e saper stare in mezzo alla gente (non come Peppino) :) L’esperienza più bella per me è stata andare a suonare in tour in Germania e il resto della mia esperienza l’ha detta Peppe.

Dario: I ricordi più belli sono sicuramente il tour in Germania e il concerto al Campetto Occupato a Giulianova: sembrava una situazione sfigatissima e scazzata, ma poi abbiamo suonato nello spogliatoio del campetto davanti una ventina di kids scatenati ed è uscito fuori un macello! Anche aprire per gli Unsane o l’ultimo Tuscia Hardcore sono state belle esperienze. Girando un po’ ho avuto la conferma del fatto che la scena punk hardcore sia realmente una comunità e che dovunque tu possa trovarti potrai sempre sentirti come a casa quando trovi le persone giuste.

Parlando di entusiasmo, stimoli... dal punto di vista del pubblico: cosa cambia tra Italia e il resto dell'Europa? Mi riferisco alla fruizione della musica, sia su disco che dal vivo.

Daniele: Fuori sono molto più organizzati, hanno più soldi e strumentazione, ma la cosa che mi ha colpito di più è che si suona presto: così quando sei completamente cotto come a fine serata, ti accorgi che sono solo le undici… Come entusiasmo non si può generalizzare, penso che in Italia comunque ci si diverta molto.

Peppe: Guarda per quel che riguarda il disco, forse all’estero si compra di più al banchetto del merch, ma è anche vero che hanno più soldi. In generale devo dire che però anche in Italia noi maglie e cd ne abbiamo sempre venduti. A livello di live io personalmente credo che l’Italia sia meglio, ci si diverte di più, poi ovviamente dipende molto dal posto in cui suoni: non mi è mai capitato in nessun posto fuori dall’Italia che il pubblico usasse una scala per pogare, ad esempio, ma in Puglia mi è successo tre volte.

Andrea: Sono d’accordo con Peppe.

Dario: Dipende sempre dai posti dove si suona o dalla gente, ma in genere all’estero ho avuto l’impressione che si prendono più cura di te: anche nel posto più scrauso, si preoccupano quanto meno di farti trovare cibo e beveraggio in abbondanza e un posto decente per dormire. In verità anche al Sud generalmente è così, a meno che non suoni nei locali, dove ti trattano sempre di merda se non è per il promoter, ma, ripeto, dipende sempre dalle persone e dai posti: se uno non ha un minimo di cura per sé stesso come può avere cura per gli altri? Convengo anche io sul fatto che all’estero ti supportano di più con il merch e che dipenda dal fatto che mediamente stanno meglio a livello economico. Per quanto riguarda la ricezione dei live, mi sembra che chi viene ai concerti si diverta abbastanza ovunque suoniamo: c’è solo un posto dove sono stato a suonare in Italia diverse volte, con diversi gruppi (e ho visto altri gruppi suonare) dove non c’è un cazzo di entusiasmo per niente, ma non lo scriverò qui… se volete, potrete chiedermelo di persona!

Torniamo un po' indietro nel tempo. Che critiche potreste muovere ai brani registrati in precedenza?

Daniele: Il primo disco era più “Metal” la chitarra è suonata con un po' di HM2 nel missaggio, ed in generale è un po' più scuro, anche se poi ci sono pezzi più propriamente punk rispetto ai quelli di "Faster Than Police". Considerato che è una presa diretta registrato in due giorni, sono più che soddisfatto, e sono molto affezionato a certe canzoni che comunque suoniamo ancora live.

Andrea: È un disco diverso e riascoltandolo sinceramente mi piace di più il nuovo, che ha più pacca sicuramente, mentre il precedente sembra un po’ meno potente, ma amo tutti i break di batteria.

Peppe: Io personalmente poche: nel primo disco non suono io ma Marino. È un disco che mi piace molto, dai suoni è più swedish death metal di “Faster Than Police”. I pezzi vecchi sono sicuramente più cadenzati di quelli nuovi, che virano nettamente verso l’hardcore.

Dario: Tendenzialmente sono d’accordo con Peppe, ma aggiungerei che il cantato suona troppo sforzato. È pur vero che ho scritto solo pochi di quei pezzi e che ero ancora all’inizio della mia esperienza con i The Radsters: solo in seguito ho capito che impronta dare alla mia voce. In questo senso sono soddisfatto del lavoro fatto su “Faster than police”.

Vi elenco solo alcuni nomi: Motorhead, G.B.H, Chaos UK, Anti Cimex, Zeke, The Casualties, Hookers, Dwarves. Che rapporto avete con la loro musica?

Daniele: Mi piacciono tutti tranne i Casualities, The Hookers li sto ascoltando adesso e sono proprio forti. Aggiungerei nel genere i Puffball e gli Speedealer.

Andrea: Sono ignorante: conosco gli Zeke, i Motorhead, i GBH e The Dwarves. E devo dire che prendiamo molto spunto dai Motorhead e dagli Zeke. Non per altro, ma sono i più rock’n’roll che mi hai nominato.

Peppe: Io personalmente vengo dal D-Beat e dal death metal degli anni ’80 (anche se ascolto un sacco di roba diversa, tipo sto in fissa con la darkwave), quindi ti dico che sono un super fan degli Anti Cimex, dei Motorhead e fino ad un certo punto dei GBH. Gli Zeke sono grandi ma non li ascolto mai. I Casualties a dirla tutta mi stanno sulle palle.

Dario: Per quanto riguarda le nostre influenze musicali, mi sembrano più che evidenti, oltre ad aver indicato quali siano le mie personali in una delle risposte precedenti. Le band che hai citato sono state tutte fondamentali nella mia crescita musicale, tranne i The Casualties che mi fanno cacare a spruzzo, come la maggior parte di quel filone street punk. Nonostante l’hardcore punk (in tutte le sue declinazioni) è il genere al quale sono più legato, ho sempre ascoltato cose diverse, così come tanta musica che attualmente ascolto ha ben poco a che spartire con i The Radsters.

Come riuscite a bilanciare la vostra vita personale o familiare con quella rock’n’roll della band?

Daniele: Io faccio il grafico, ma non cerco il posto fisso, cosi riesco a gestirmi le date senza impazzire con le ferie, guadagno meno ma sticazzi. Poi chiaramente è una smazzata: a volte lavoro durante i tour, mi porto il pc durante gli spostamenti e scontorno le donne nude.

Andrea: Ah, guarda cerchiamo di suonare una volta a settimana ma ora con sto cazzo di fatto del virus sono quasi due mesi che non suoniamo. Cerchiamo di tenere le cose abbastanza divise ed è meglio che sia così, certo vivo di rock’n’roll e mi piace molto che faccia parte della mia vita, ma mi faccio pure le cenette con la mia ragazza a lume di candele e sto zappando la terra e facendo cose belle in campagna.

Peppe: Molto semplice: facendo schifo in entrambe.

Dario: Il rock’n’roll è parte della mia vita personale e andare in giro con la band è ciò che mi piace e che ho scelto di fare. Convivo con la mia compagna, con la quale ho tanti interessi in comune, ma entrambi abbiamo impegni diversi e, a volte, è un po’ difficile prenderci un po’ di tempo solo per noi. Con Peppe abbiamo un’altra band a Benevento, gli Amphist, partecipo alla Palestra Popolare “Vincenzo Leone” e al momento per l’emergenza Covid-19 ci siamo organizzati in una Brigata di Solidarietà Attiva. Per quanto riguarda il lavoro, ho un’occupazione part time deresponsabilizzante che mi permette di arrivare a fine mese. Detta così suona facile, ma non lo è per niente non solo perché si tratta di un lavoro di merda, ma soprattutto perché, in circa 10 anni, con i miei colleghi abbiamo dovuto subirci periodi di cassa integrazione e lottare per evitare licenziamenti collettivi e di perdere diritti conquistati. In questo senso, ho sempre tenuto a mantenere l’ambito musicale separato da quello lavorativo, perché voglio sentirmi libero di suonare o meno, invece che costretto come sul posto di lavoro: anche se svolgessi un’attività che mi piace, gli aspetti competitivi e monetari del mondo del lavoro la renderebbero frustrante.

Cosa pensate dell'attuale scena rock'n'roll punk/hardcore italiana? Gruppi, musicisti o amici che meritano di essere citati in questa intervista?

Daniele: Sicuramente i napoletani: Motosega nei quali sto suonando il basso da poco, gli Amphist l'altro gruppo che spacca di Peppino e Dario, i Female Trouble e i Totenwagen, un gruppo che gira poco ma meriterebbe attenzione. In Italia ultimamente direi Dick Dastardly’s, Black Gremlins, IRA, poi Nofu, Shitty Life, Fronte della Spirale (purtroppo sciolti) e i mitici Blood '77.

Peppe: Io trovo che questo sia un momento molto proficuo in Italia da un punto di vista musicale: stanno nascendo un sacco di gruppi belli in tanti generi, e quelli che esistono da qualche anno continuano spesso a suonare. Io di gruppi in Italia che hanno appena fatto uscire qualcosa e che meritano ascolti ti dico: gli Skulld, i Dromspell, i Motosega, gli Overcharge, i Nuovo Testamento, tutta la roba che esce su Avant! Records.

Andrea: Come ha detto Peppe ci sono davvero dei bellissimi gruppi in Italia, nel Sud molti sono bellissimi, tipo i Totenwagen e gli stessi Motosega già nominati dal Cavaliere del Sannio, i Black Gremlins e i Deaf e i ragazzetti IRA. Cosa dire, c’è una bella scena.

Dario: Mi accodo ad alcuni dei nomi già citati dagli altri (Motosega, Totenwagen, NOFU, IRA, Deaf, Skulld, Overcharge, Black Gremlins), ai quali aggiungerei vari compagni di sventura come Nowhiterag, The Barsexuals, The Moo-Rays, ANF, Bigg Men, Hyle e Call The Cops.

Com'è la situazione musicale dalle vostre parti?

Daniele: Abbastanza dura, esistono sempre meno realtà. Io, Dario e Andrea insieme ad altri punk organizziamo più concerti possibile in città, alla Mensa occupata, in altri spazi o locali adeguati. Una volta l'anno organizziamo il Fat Fest, un festival abbastanza trasversale musicalmente che va dal Crust al duo sperimentale, ci sono state band sconosciute e anche nomi più noti. Esistono altre situazioni, per esempio la scena dei Face Your Enemy a Caserta ma non ci sono molti contatti. I metallari sono pochi e stanno messi peggio di noi.

Andrea: Non c’è male: ci sono belle band e ci muoviamo all’interno di un collettivo che si chiama Atri 666, nella Mensa Occupata che sta a Napoli centro. C’è un bel fermento ma davvero sta cosa del Covid ci sta frenando e mi sa che dobbiamo aspettare la prossima primavera per vedere qualche bel concerto. Speriamo bene.

Peppe: Beh Napoli e la Campania sono in genere territori poco propensi alla musica incazzata. Il che però non significa che non ci siano tante possibilità di sentire cose molto belle ed interessanti. Ovviamente tutto è fermo fino a data da destinarsi a causa del COVID, c’è da dire comunque che la programmazione punk alla Mensa Occupata a Napoli centro è sempre ricca, così come i muoversi di alcuni amici, fra Caserta e l’hinterland napoletano, che si dedicano soprattutto al death metal ed alla coldwave. Speriamo che tutto ritorni quanto prima alla normalità, così da ricordarci di quanto facesse schifo pure quella!

Dario: Fino a qualche anno fa c’era una buona scena rap, ma a Napoli sono sempre andati per la maggiore quei piagnistei indie e (pseudo)cantautoriali, quando non si tratta di qualche emulo del Pinotto nazionalpopolare. Per qualche anno, ci sono state diverse realtà nell’ambito del punk / hardcore / rock’n’roll: quelle rimaste si sono strette prima intorno all’organizzazione del Molosiglio (un molo del porto di Napoli dove organizzavamo concerti occupandolo abusivamente) e poi di ATRI666, una sala prove e concerti nel Centro Storico che avevamo preso in affitto. Visto che le band erano sempre le stesse (The Radsters, Motosega, Female Trouble, Totenwagen, Hex Ray Gun) per non finire, come le realtà della stessa scena ma degli anni passati, affossati dalla noia e dall’autoreferenzialità, abbiamo deciso di aprirci all’esterno con una sala prove negli spazi della Mensa Occupata. Questa scelta ha portato nuova linfa vitale: si sono avvicinati ragazzi e ragazze più giovani di noi, ci siamo organizzati in un collettivo (Autoproduzione Totale R’n’R Intransigente), sono nate nuove band (BamBox Orchestra, Sid the Digdigger, Frat Raw Cuts, Sebeto, Taüt, Wornpath) e abbiamo dato spazio nei live ad altri gruppi locali. Come già riportato dagli altri, l’emergenza Covid ci ha un po’ tagliato le gambe e chissà come saranno i concerti punk hardcore nell’epoca del distanziamento sociale, ma contiamo di tornare in attività appena possibile.

Progetti futuri? Grazie per l'intervista.

Daniele: Scrivere pezzi nuovi: siamo stati fermi per un po’ anche perché abbiamo suonato molto dal vivo negli ultimi anni, ora però ci vogliono un po’ di stimoli nuovi. Grazie a te!

Andrea: Dovrebbe uscire il video di “Faster Than Police” a breve e giustamente non vedo l’ora di uscire un po’ a drogarmi e bere il mio Vodka Tonic al Perditempo (un bar del centro). Ciao fra, grazie a te!

Peppe: Poter uscire di casa. Grazie a te.

Dario: È piuttosto complicato al momento fare progetti per il futuro, ma appena saranno allentate le restrizioni sicuramente torneremo in sala per provare il materiale nuovo che stiamo già preparando. Poi chissà… vediamo come si evolve la situazione, ma credo che dovremo riconquistarci spazi e opportunità per tornare a suonare ed esprimerci. In ogni caso, il futuro non è stato ancora scritto! Grazie ancora a te per le domande e l’interesse che ci hai dedicato.

Contatti:
theradsters.bandcamp.com/album/faster-than-police
facebook.com/theradsters

THE RADSTERS line up:
Daniele - Chitarra
Peppe - Basso
Dario - Voce
Andrea- Batteria

Recensione: 
THE RADSTERS "Faster Than Police" - 2020


mercoledì 22 aprile 2020

SATOR - "IL VIAGGIO INTERIORE"






A POCO PIU' DI DUE ANNI DI DISTANZA DAL PRECEDENTE FULL-LENGTH "ORDEAL", I LIGURI SATOR TORNANO CON UN NUOVO LAVORO CHE MESCOLA I DETTAMI DELLO STONER / DOOM CON GLI INFLUSSI DELLE SONORITA' LISERGICHE: IL RISULTATO E' UNA MISCELA FUMANTE CHE ATTRAE E TRASCINA, LASCIANDO INTRAVEDERE IDEE PARTICOLARMENTE AZZECCATE E, DI CONSEGUENZA, UTILI PER QUELLO CHE SARA' IL FUTURO DI UNA DELLE MIGLIORI BAND NOSTRANE DEL GENERE. DI SEGUITO LA CHIACCHIERATA CON IL TRIO PROVENIENTE DA GENOVA.

Qual è stato il momento, ammesso che ce ne sia stato uno, in cui avete capito che era arrivato il momento giusto per comporre del nuovo materiale? Com'è nato "Scorching Sunlight"?

- Ciao! Allora, in realtà, siamo quasi sempre in fase creativa per tirare fuori nuove idee e nuovi riff. Questo lavoro costante diminuisce di intensità quando abbiamo un po' di date programmate, in quel caso preferiamo concentrarci sui live e provare i vari set. Quindi, tornando alla tua domanda, non c'è stato un vero e proprio momento in cui si è deciso di comporre nuovo materiale. “Scorching Sunlight” nasce da una sfida: partire da un riff e sviluppare una sorta di concept con momenti diversi tra loro. Devo dire che è stato un processo molto faticoso ma, al contempo, molto bello e stimolante.

È difficile trova i giusti equilibri in una band come la vostra? Mi riferisco a quella stabilità indispensabile per canalizzare l'energia durante la fase compositiva.

- Direi di no. Diciamo che siamo tutti e tre persone abbastanza malleabili; riusciamo a trovare quasi sempre un punto d'incontro in fase di composizione... Inevitabilmente ci sono anche i momenti in cui si discute, ma in linea di massima riusciamo a lavorare in sintonia.

Alla luce del percorso effettuato in questi anni, come giudicate il nuovo "Scorching Sunlight" nella discografia dei Sator?

- Sicuramente un'esperienza diversa che ci ha aiutati a crescere dal punto di vista del songwriting. Avevamo bene in mente come dovevano essere strutturate la title track e la cover, mentre per gli altri due brani siamo partiti da un’idea base e poi li abbiamo creati in fase di registrazione. Abbiamo sperimentato e osato molto di più nella ricerca dei suoni sia in fase di tracking sia in fase di mixaggio, a volte adottando pratiche decisamente poco “ortodosse”.

Musicalmente parlando, a chi va attribuito il merito della composizione? Il vostro è un lavoro di squadra o dei singoli?

- Si parte quasi sempre dall'idea di un singolo e poi si va avanti insieme, scambiandoci idee, impressioni, intuizioni, improvvisando in lunghe jam session. Questo metodo ci porta, forse, ad avere bisogno di più tempo per comporre, ma ognuno di noi lascia un po' di se stesso in ogni pezzo e contribuisce al risultato finale.

Ho notato che il “ritmo” e il “groove” sono due elementi portanti della proposta dei Sator. Siete d'accordo?

- Sono sicuramente importanti: muovere e far muovere teste e corpi è essenziale nella nostra musica, cosa che ovviamente viene fuori al meglio durante i live. Al tempo stesso però vogliamo che sia presente una forte componente “dinamica”: ci sono i momenti dirompenti, ma anche quelli più “riflessivi”, nei quali si abbassa il volume, per poi esplodere di nuovo.

In cosa ritenete che il vostro songwriting sia migliorato?

- Ci siamo resi conto che da "Ordeal" è proprio cambiato il nostro modo di concepire e arrangiare i pezzi: siamo cresciuti e, inevitabilmente, siamo meno impulsivi... Non ci basta mettere insieme una serie di riff, ci piace far crescere le canzoni, e al tempo stesso vedere dove ci portano… Tendiamo poi ad affinare i pezzi maniacalmente finché non ci convincono al 100%.

L'evoluzione musicale della band ha coinciso con quella personale?

- Crediamo proprio di sì... Siamo persone curiose oltre che divoratori di musica, sempre alla ricerca di novità, desiderosi di allargare i nostri orizzonti. Tralasciando i nostri “capisaldi” che ci hanno formato e che ancora adesso ci accompagnano nella vita, la musica è il riflesso preciso dei nostri pensieri e sentimenti in un determinato momento, quindi se la vita cambia in qualche modo, cambieranno anche il modo di suonare e di concepire una canzone.

Parlando, appunto, di emozioni e sentimenti, che valore ha "Scorching Sunlight"?

- Siamo molto affezionati a " Scorching Sunlight ". In primis perché è stato concepito e affrontato in maniera diversa rispetto a un nostro disco “canonico”. Abbiamo lavorato tantissimo alla title track, è stato un grosso sforzo ma che ci ha ripagati totalmente. Il lato B invece è venuto fuori in modo quasi del tutto spontaneo e in fase di registrazione, ci siamo lasciati guidare solo dall’istinto. E poi... “A forest”! Coverizzare un pezzo dei Cure è un sogno che si è avverato: è un gruppo fondamentale per la nostra crescita artistica e personale. Ascoltato il master finale, tutti e tre abbiamo pensato: "Non avremmo potuto tirare fuori roba migliore di questa". Siamo contenti di quello che abbiamo fatto e spero che tutte le persone che avranno occasione di imbattersi in "Scorching Sunlight" condivideranno il nostro pensiero.

Ho come la sensazione che il sound dei Sator si sia maggiormente incupito rispetto al passato, ma questo mio pensiero sembra andare un po' in contrasto con il concept del disco. E' una giusta visione o c'è dell'altro?

- Mah, in generale direi di no... Il sound sicuramente si è inscurito ma anche il tema di “Scorching Sunlight” è molto cupo, pessimista. I nostri testi sono sempre ispirati da sensazioni negative, insicurezze, paure che cerchiamo di esorcizzare attraverso la musica e che sono soprattutto condivisibili dalla maggior parte delle persone che qualche domanda se la pongono. Il nostro approccio, da questo punto di vista, è molto "hardcore" se vogliamo.

Immagino che anche il concept possa ben connettersi con l'immagine di copertina. Se sì, perché? Chi si è occupato dell'artwork?

- Esattamente, l’immagine di copertina così come il concept sono idee di Valerio: un uomo in mezzo a un mare in tempesta, a simboleggiare quanto l'uomo sia piccolo e insulso davanti alla natura. L’artwork è stato realizzato da Valeria degli Evil Cosby, un gruppo di amici di Milano con i quali abbiamo fatto anche uno split.

E come reagite di fronte a questo rinato interesse verso il doom metal?

- Non può che farci piacere! Sia da musicisti, sia da ascoltatori: ogni giorno scopriamo nuove band interessanti, è tutto molto stimolante.

Qual è la vostra opinione in merito all'odierno rapporto tra la musica, tecnologia e relativa promozione sulle piattaforme digitali?

- Pensiamo che potenzialmente la tecnologia odierna possa essere un buon veicolo di conoscenza e promozione se ben utilizzata. Con pochi e semplici gesti riusciamo, bene o male, a promuovere la nostra musica a livello globale. Eppure il problema, probabilmente, sta proprio in questo: è tutto talmente fruibile e veloce che ci dimentichiamo di approfondire. Ci accontentiamo delle playlists di Spotify perché non riusciamo più a trovare il tempo di ascoltare un disco nella sua interezza. È come vedere 2 ore di spezzoni di film diversi. E questo si rispecchia anche nei nostri gesti quotidiani; ormai pensiamo di sapere tutto su un dato argomento solo perché abbiamo dato un'occhiata a Wikipedia o a qualche tutorial su YouTube. Quindi, oggi è sicuramente più facile promuovere la propria arte in modo esteso grazie ai potenti mezzi tecnologici di cui disponiamo, ma abbiamo la sensazione che le persone siano sempre meno propense ad appassionarsi a un determinato genere e/o artista. Di conseguenza, viene meno la voglia di scovare nuove band e nuovi artisti, a tutto vantaggio dei soliti nomi giganteschi.

Come vedete il futuro dei Sator?

- Abbiamo ancora un bel po’ di progetti in mente ai quali stiamo lavorando e non vediamo l’ora di realizzarli. La musica è la nostra passione, il futuro dei Sator non può che essere quello che già stiamo vivendo: concerti, dischi, serate chiusi in sala prove, risate, litigate, bevute, amici, chiacchierate, viaggi infiniti… non chiediamo altro!

Grazie per l'intervista. A voi le conclusioni.

- Grazie a te Christian per questa bella chiacchierata! Massimo supporto a te e a Son of Flies!

Contatti:
satordoom.bandcamp.com/album/scorching-sunlight 
facebook.com/SATORdoom
instagram.com/sator_doom

SATOR line-up:
Drugo - Batteria
Mauro - Chitarra
Valy - Basso, Voce

Recensione:
SATOR "Scorching Sunlight" - 2019


lunedì 20 aprile 2020

BOHREN & DER CLUB OF GORE "Patchouli Blue" - [PIAS] / Ipecac Recordings




Una schermata con sei teschi macchiati dalle tonalità acide del giallo/verde, fiori dai colori vivi e squillanti, e una cornice decorata in bianco e nero a racchiudere il tutto: questo è ciò che balza subito agli occhi tenendo in mano la mia copia su CD di "Patchouli Blue", il nuovo disco dei Bohren & Der Club Of Gore. Nell'universo di questi tre musicisti tedeschi, la luce e le ombre si scontrano violentemente come in una lotta all'ultimo sangue, le loro diversità si contrastano generando imprevedibili ed insolite metamorfosi notturne. Ed ecco che, il senso di totale smarrimento è in parte il perfetto risultato di tale mescolamento tra gli opposti, una prolungata condizione di "sospensione" che può essere percepita da ogni singolo ascoltatore come assenza di regole prestabilite che in qualche modo fungono da mezzo di orientamento. La trepidazione è reale, palpabile, proprio in quanto già conosciuta, e diventa il tema portante del disco. Di fatto, la fruizione dei brani scritti dai geniali Bohren & Der Club Of Gore favorisce un'esperienza sensoriale alimentata da energie misteriose, capaci di identificarsi con le emozioni più recondite dell'uomo moderno. I Nostri stringono forti legami con il "non conosciuto" per rinforzare la propria capacità di esplorare nuovi ed insoliti spazi metafisici. Non serve sapere che esistono altri luoghi, sicuri o meno, se rimani bloccato nella calda risonanza dell'ambient/darkjazz. Non abbiate paura di varcare i confini della vostra fisicità. MASTERPIECE.

Contatti: 
facebook.com/bohrenofficial 
instagram.com/bohrenundderclubofgore

Songs:
Total Falsch, Verwirrung Am Strand, Glaub Mir Kein Wort, Patchouli Blue, Deine Kusine, Vergessen & Vorbei, Sollen Es Doch Alle Wissen, Tief Gesunken, Zwei Herzen Aus Gold, Sag Mir - Wie Lang, Meine Welt Ist Schön




sabato 18 aprile 2020

RAT CAGE "Screams From The Cage" - La Vida Es Un Mus Discos




I RAT CAGE rimangono abbracciati a tutto ciò che rientra nella sottocultura hardcore punk, sopprattutto quella di matrice svedese, ed il nuovo disco "Screams From The Cage", infatti, conferma nelle undici canzoni uno spirito combattivo e strafottente: ogni singolo passaggio lascia intravedere una carica nervosa lanciata ad alta velocità. Si sa che il presente è sempre più decadente, doloroso ed incerto, e questi musicisti di Sheffield ci fanno assistere al loro disagio per dare prova che il futuro dell'umanità è destinato all'infelicità, e ce lo ricordano con rinnovata grinta e rabbia. Musicalmente non c’è molto da dire, se non che i riff semplici, la reboante sezione ritmica ed il cantato sentito si assestano, come nei precedenti lavori, su ritmi sempre elevati e martellanti, perché questo è quello che meritiamo veramente: pugni e calci in faccia. Tutto quello che sentirete viene lubrificato col sudore in modo tale da tenere viva l'intenzionalità ribelle di tale genere. Perché hardcore punk vuol dire mostrarsi cazzuti, "in your face", e pronti alla rivolta. I Rat Cage ci stanno dando dentro di brutto. Bentornati.

Contatti:
ratcage.bandcamp.com/album/screams-from-the-cage 
lavidaesunmus.com

Songs:
Intro, A Country For Idiots, Jump Off A Building, Snake Oil, Vanity Game (Part 1), Midnight Death Ride, I Don't Wanna Listen, Vanity Game (Part 2), Charge Them With Murder, Anti Trident, Cold Furnace, Not Got No Hope


giovedì 16 aprile 2020

IMMOLATOR "Ars Moriendi" - Masked Dead Records




Gli anni passanto veloci e molto spesso le trasformazioni hanno bisogno del giusto tempo e della migliore maturazione al fine di concretizzare certi obiettivi. Il tunnel spazio-temporale in cui ha viaggiato "Ars Moriendi" dei blackster siciliani IMMOLATOR non ha mutato i suoi contenuti funesti e la sua essenza maligna. Il lavoro, originariamente registrato nel lontano 1997, non fu mai pubblicato per una serie di vicissitudini interne al gruppo (lo scioglimento compreso), ma a distanza di 23 anni quelle tre tracce inedite + "Countess Bathory" (la cover dei Venom) sono state mixante per la prima volta in modo da ottenere una preziosa stampa su Mini-CDr, disponibile in sole 40 copie da gennaio 2020; e questo grazie all'operato della label bresciana Masked Dead Records. Un progetto legato al NWOBHM/speed/black metal dei gloriosi anni '80/'90 e che ha utilizzato quei suoni vulcanici come unico concime utile a spargere il proprio veleno sonoro. Quindi, qui si potrebbero chiamare in causa gli svizzeri Celtic Frost, i succitati demoni inglesi Venom, attraversando poi il territorio scandinavo dei Bathory/Darkthrone. Ogni cosa appare old oriented, proprio per questa ossessiva radicalità, e non potrebbe essere altrimenti visto l'anno in cui sono state realizzate le incisioni. La storia dell'underground nostrano non andrebbe mai dimenticata. Per chi non lo sapesse, la band di Caltanissetta è stata attiva dal 1994 al 1996, e dalle sue ceneri sono nati i prolifici Heretical.

Contatti: 
maskedeadrecords.bandcamp.com/album/ars-moriendi 
facebook.com/Immolatorofficial1994

Songs:
Unholy Church... Betsey Return, Black River, Crown of Thorns, Hexensabbat (Interlude), Countess Bathory (Venom cover)


mercoledì 15 aprile 2020

ANTHROPOPHAGOUS "Post-Natal Abortion" - Autoproduzione




Rimanere totalmente "underground" è lo scopo di certi gruppi attivi nella scena death metal internazionale. D'altro canto molte di queste formazioni vogliono solo suonare della buona musica senza ambire a chissà cosa, sia per il presente che per il futuro, e sono dell'idea che la propria passione debba essere vissuta fino in fondo senza dare troppo peso ai giudizi altrui. Tuttavia, c'è un altro punto da sottolineare: di questi tempi emergere dal calderone ribollente del circuito estremo è veramente difficile e tale condizione ti costringe a fare i conti con te stesso. L'esempio è particolarmente evidente nel secondo demo dei deathster statunitensi ANTHROPOPHAGOUS, confezionato per evocare tanto l'efferatezza di certe sonorità quanto il legame con tutto ciò che è insano. Ovviamente esisteranno sempre delle band stagnanti che non aggiungeranno mai nulla di nuovo al genere, ma personalmente ho sempre preferito il death metal più vecchio e sporco a quello alimentato da una costante e velocissima masturbazione tecnica. Non fraintendetemi, mi piacciono anche alcuni dischi concepiti e prodotti in maniera eccellente e penso che diversi musicisti meritano i giusti riconoscimenti, però non è quello il suono capace di soddisfare il mio apparato uditivo. Nel caso di questo giovane gruppo del Massachusetts sono contento che non ci siano stati dei cambiamenti rispetto al precedente demo. Non mancano: orrore, disgusto, velocità e una buona conoscenza in materia. Quindi, per come la vedo io, quello che il trio americano ha creato è interessante e ben fatto, ma potrebbe non essere apprezzato da tutti. Una realtà che dà prova di essere organica, potente e incisiva. Attendo il loro primo full-length.

Contatti: 
anthropophagous.bandcamp.com/album/post-natal-abortion-demo

Songs:
Post-Natal Abortion, Fermented Alive


martedì 14 aprile 2020

BOLESNO GRINJE "The Last Grinjober" - Sumoggu Records | Fucking Kill Records | Monteparadiso Reloaded




Sono trascorsi all'incirca sei anni dalla mia recensione positiva del settimo disco in studio dei grinder croati BOLESNO GRINJE, e quanto espresso in quell'occasione può nuovamente essere confermato a propostito del nuovo "The Last Grinjober". Valore utile per coloro che non conoscono ancora questo quartetto proveniente da Pola. La formula compositiva poggia ancora su un grindcore dal taglio apocalittico, che accanto alla velocità deflagrante fa ampio ricorso a ritmiche cadenzate e a innesti tipici della scuola death metal inglese degli anni '90 (Bolt Thrower), come nelle irresistibili "Pesimist A.D.", "Groblje govana (Cemetery of shit)", "Death/Grind", "Fuck the Sun". Il gruppo non si è smentito neppure in questa occasione e si rivela, ancora una volta, con la sua personalità dirompente ed accanita, riuscendo a stupire lungo la durata di "The Last Grinjober". E' necessario fare riferimento al nome dei francesi Blockheads, invece, se dobbiamo parlare della componente grindcore. E qui di violenza ce n'è davvero parecchia. Grintosi, feroci, arrembanti all'inverosimile e, naturalmente, molto convincenti. E' arrivato il momento di alzare il volume. Il vinile è disponibile grazie alla coproduzione tra le etichette Sumoggu Records, Fucking Kill Records e Monteparadiso Reloaded.

Contatti:
bolesnogrinje.bandcamp.com/album/the-last-grinjober
facebook.com/BolesnoGrinje

Songs:
Grinjav & bolestan (Covered in Mites and Sick), Strvinari, Gaster, Pesimist A.D., Monstrum, Voices from the Void, Groblje govana (Cemetery of Shit), Sanjao sam nocas da si neman (I Dreamed Last Night You Were a Monster), Death/Grind, Legends?, Crni dim (Black Smoke), Bog je mrtav (God is Dead), T.C.gori (S.M. Is Burning), Mrtvo srce (Dead Heart), Robovi (Slaves), Fuck the Sun




lunedì 13 aprile 2020

CYSTIC "Incineration Rites" - Digitale




Con la piena risolutezza delle proprie abilità strumentali e con un'attitudine totalmente underground, gli americani CYSTIC possono guardare al futuro con fiducia. Perché se hai maturato la giusta consapevolezza di ciò che corrisponde alla passione per il death metal, suonare in una band come questa può diventare un'arma molto pericolosa, che può colpire mortalmente. Scaltri e dotati di un istinto primordiale, i tre musicisti provenienti da Seattle decidono di rimanere rigorosamente legati a certe sonorità forgiate a cavallo tra gli anni '80 e '90. Perciò, non possono assolutamente mancare influenze importanti in omaggio a vere e proprie leggende quali Autopsy, Repulsion, Necrophagia, Carcass, Exhumed. Restando fedeli al filone più rancido del genere, tanto da vomitare loro stessi sul proprio putrescente lavoro per rendere il prodotto finale ancora più disturbante e nocivo, i Cystic si fanno portatori di infamia e brutalità allo stato puro, mostrando una natura riluttante ad accettare qualsivoglia compromesso. Una determinazione fondata su basi solidissime, impossibili da scalfire. Bene, è tutto chiaro? Il mio consiglio è quello di ascoltare le tracce dell'EP "Incineration Rites", la terza release in soli tre anni di attività.

Contatti:
cystic666.bandcamp.com/album/incineration-rites
posterfaction.com 

Songs:
Eviscerating The Urban Swine, Incineration Rites, Blood Of The Heretic 03:34


sabato 11 aprile 2020

THE HOLY FLESH "Emissary & Vessel" - Caligari Records




Ascoltare l'esordio del progetto THE HOLY FLESH è un'esperienza catartica, che si svolge in una dimensione sotterranea, ma potrei anche definirla incorruttibile. Il misterioso gruppo inglese (one man band?), convinto di voler lenire la sofferenza, si dimostra acuto, profondo, mai banale, in grado di trasmettere una folgorante tensione emotiva in poco più di 40 minuti di musica. "Emissary & Vessel" si concentra sulla pressione psicologica che ognuno di noi si "impone" per conformarsi a ciò che pensiamo sia la "migliore" via di fuga dal male interiore. Il buio segna qui un'ulteriore evoluzione: l'intossicante prepotenza del black metal lento ed evocativo si sottomette, si offre alla gelida intenzionalità di un certo post-rock psichedelico, lasciando trasparire la più manifesta espansione illimitata del subconscio. I The Holy Flesh si contorcono davanti ai nostri occhi diventando l'unico riflesso della loro vivida mostruosità, pronta ad aggredire in un modo puramente simbolico. Un'opera così segretamente attraente nella sua lacerante grandezza. "Emissary & Vessel", pubblicato su tape dall'etichetta Caligari Rec, possiede qualcosa di mistico, e si potrebbe dire cosmico. Appare evidente, pertanto, la necessità di puntare sulla qualità, musicalmente e liricamente. Sarete sicuramente rapiti dall'ampio raggio d'azione di questi nuovi seguaci dell'oscurità.

Contatti: 
caligarirecords.bandcamp.com/album/emissary-vessel
facebook.com/theholyflesh

Songs:
Emissary I, Emissary II, Emissary III, Emissary IV, Vessel I, Vessel II, Vessel III, Vessel IV


venerdì 10 aprile 2020

JORDABLOD - "LA CONTINUA ESPLORAZIONE DELL'INCONSCIO"






I JORDABLOD, PROVENIENTI DALLE GELIDE TERRE SVEDESI, PROSEGUONO LA LORO OPERA DI RAPPRESENTAZIONE DELL'INCONSCIO E QUESTA VOLTA LO FANNO CON IL NUOVO ALBUM "THE CABINET OF NUMINOUS SONG", DOVE LE OSCURE VIBRAZIONI DELL'ANIMO VENGONO ILLUMINATE DA LAMPI DI LUCE ACCECANTE. I NOSTRI NON MANCANO ANCORA UNA VOLTA DI SPERIMENTARE CON LE SONORITA' ESTREME, FONDENDO LA VIOLENZA DEL BLACK METAL CON INFLUSSI PIU' MAESTOSI E SUGGESTIVI. NE HO PARLATO CON IL MUSICISTA FILIP LUNDSTROM.

Ciao Filip e grazie per aver trovato il tempo di rispondere alle mie domande. Come procede la promozione del nuovo album?

- Attualmente ci troviamo in una fase di passaggio. Suoniamo dal vivo quando ci sono delle buone opportunità, inoltre continuiamo a lavorare sulla nostra musica. Non abbiamo ancora una visione chiara di quello che sarà il prossimo album, ma ci teniamo impegnati cercando qualcosa di vantaggioso per il futuro, e prima o poi arriverà.

Come descriveresti gli ultimi tre anni di attività della band, considerando il fatto che il vostro precedente album "Upon My Cremation Pyre" risale al 2017.

- Sono stati tre anni abbastanza irregolari per quanto riguarda la nostra attività. La priorità è sempre stata quella di scrivere e registrare l'ultimo album che, in linea di massima, si è rivelato un viaggio molto confuso, poi, come accennavo prima, abbiamo fatto dei concerti per promuovere la band. Il nostro è stato un processo di rapida crescita, perciò non sono nemmeno mancati i lunghi periodi di vuoto in cui non è successo quasi nulla, ma ne è valsa comunque la pena per quello che siamo riusciti ad ottenere, un qualcosa di molto più grande di noi. Tutto ha dato buone soddisfazioni, come band e come persone e artisti.

Quali sono i vostri piani ogni volta che decidete di comporre del nuovo materiale?

- Non ci sono dei piani specifici prima di iniziare a comporre, semplicemente scriviamo la nostra musica provando soluzioni diverse, poi, all'improvviso, appare l'ombra di un lavoro grandioso e quindi iniziamo ad esplorare quella struttura arcana. In questo modo, noi diamo forma ai nostri album. Dopodiché deve passare del tempo prima di riuscire a metabolizzare l'essenza di un intero disco, è stato così con il nostro primo full-length e sarà la stessa cosa per questo ultimo lavoro in studio.

È chiaro che ogni uscita discografica dei Jordablod è una sorta di quintessenza di sperimentazione e libertà creativa, al di fuori delle regole preconfezionate del music business. Per come la vedo io, il suono della band tende a spingersi oltre i confini del black metal tradizionalista. Sei d'accordo con me?

- Sono d'accordo con quello che hai espresso, ma più che “spingere”, il nostro sound cerca di “espandere” ed “evolvere” noi stessi come artisti piuttosto che il black metal. Poi, è ovvio che durante l'intero processo di composizione possiamo anche infrangere certe "regole" di genere, tuttavia, quest'ultima non è la nostra intenzione principale. Il black metal identifica il genere suonato dai Jordablod ma non è la nostra stella guida come artisti. Le nostre menti irrequiete e la voglia di viaggiare grazie alla potenza del suono sono le due stelle guida che potrebbero portarci in posti davvero strani, e ne siamo più che certi, proprio perché è già successo in passato.

Questo nuovo disco racchiude molti arrangiamenti interessanti che si possono gustare appieno solo dopo ripetuti (ed accurati) ascolti. Ci puoi dire qualcosa sul processo di arrangiamento e registrazione?

- Questa volta il processo di registrazione sembrava più o meno uguale a quello del primo album, ma è stato maggiormente ampliato. Abbiamo inciso la grancassa della batteria e una sola chitarra in uno stanzone di 100 piedi quadrati, registrate dritte su nastro. Subito dopo sono stati aggiunti gli altri strati sonori, molti di più rispetto al precedente album, molte più tracce di chitarra, sia elettriche che acustiche, ma anche alcuni elementi più “esotici". Alla fine è venuto fuori questo enorme muro di suoni e rumori abbastanza difficili da mixare, e comunque siamo riusciti ugualmente a chiudere un album capace di abbracciare sia la violenza cruda di certe sonorità che la quiete meditativa, tutto in perfetta armonia e bellezza.

Riusciresti a definire "The Cabinet of Numinous Song" in poche parole?

- Una manifestazione auditiva di una continua esplorazione dell'inconscio. Canzoni pregne di oscurità e inni di luce in una violenta armonia.

E' tutto! A te le conclusioni...

- Grazie per l'intervista. Aspettatevi qualcosa di grande per il futuro...


Contatti:
ironboneheadproductions.bandcamp.com/album/jordablod-the-cabinet-of-numinous-so
 facebook.com/Jordablod

Recensione:
JORDABLOD "The Cabinet of Numinous Song" - 2020


giovedì 9 aprile 2020

DEFECHATE "Overthrown Into Oblivion" - Autoproduzione




Si torna a parlare di brutal death metal con il calabrese Tat0 (Zora, Glacial Fear, Antipathic, Throne of Flesh) e il suo amico toscano Luke Scurb (Humangled, Suture Messiah). Questi due musicisti e fondatori del nuovo progetto DEFECHATE, accomunati dall'amore viscerale per le stesse sonorità, danno prova che si può rimanere fedeli alla tradizione del death metal senza viaggiare obbligatoriamente a velocità vertiginose. L'EP di debutto "Overthrown Into Oblivion", pubblicato come autoproduzione nel gennaio dell'anno in corso, riporta in auge l'efferatezza della vecchia scuola riuscendo però a richiamare l'attenzione dell'ascoltatore grazie all'inserimento di alcune soluzioni più sperimentali, capaci di iniettare la giusta dose di aria malsana per ossigenare i tessuti organici di un lavoro teso e sferzante, valorizzato anche dalla buona produzione. Senza eccedere in atteggiamenti eccessivi ed ostentati, i Defechate danno luce alle proprie competenze per elevarsi a prototipo di un certo death metal morboso e truculento. Questa è una condotta che viene inoltre confermata da certe scelte riguardanti le tematiche dei testi e l'uso della voce: Tat0 si dimostra un cantate abile ed esperto. Nel complesso una band davvero valida e un buon inizio. Tenetevi pronti perché il 16 aprile verrà pubblicato un altro EP digitale di tre brani.

Contatti: 
defechate.bandcamp.com/releases
facebook.com/defechate
instagram.com/defechate 

Songs:
Electrocution, Rotten Planet Dies, Overthrown Into Oblivion, The Pulsing Crust, La Morte, La Stessa


lunedì 6 aprile 2020

NUDIST "Incomplete" - Dio Drone




"Incomplete" dei fiorentini NUDIST è un album che si estende tra fallimenti e redenzione, che ha un nucleo costitutivo di opposti che si attraggono non solo all’interno della propria materia ma soprattutto fuori di essa, ovvero nella realtà in cui si manifesta: la nostra realtà illusoria. Un viaggio nel profondo della mente capace di svelare i vari retroscena della vita, ma anche un lavoro concepito per illustrare un certo modo di intendere la musica dura e sperimentale. Il flusso camaleontico di "Incomplete" scivola velocemente sui nostri crani come utile alternativa ad ogni forma di prevedibile derivazione, esaltando le interpretazioni dei singoli musicisti coinvolti nel progetto e, allo stesso modo, il messaggio di critica verso l’alienazione imperante nello scenario sociale odierno. Perciò si può dire che la pesantezza presente nelle lunghe canzoni non è mai fine a se stessa, al contrario, i Nudist ne fanno un uso essenzialmente curativo per contrapporsi con maggiore forza alle ossessive trappole dell'esistenza e ai rigidi sentimenti negativi, perché toccare il fondo serve, eccome!!! Il disco è denso, difforme e liberatorio, agile nel riflette il desiderio di spingersi oltre. Quindi, quando sentirete parlare di "post metal" o "sludge doom" riguardo al sound del nuovo "Incomplete", non fermatevi al senso stretto di queste etichette di genere. I toscani Nudist sono molto di più di tutto quello che siete normalmente abituati ad ascoltare nell'underground italiano. Acquistatelo a scatola chiusa.

Contatti: 
nudistnudist.bandcamp.com/album/i-n-c-o-m-p-l-e-t-e 
diodrone.bandcamp.com
nudistofficial.com
facebook.com/Nuudistt
instagram.com/nudistofficial

Songs:
Roped and Tied, River part1, River part2, Demolition, Crawl in me, Incomplete



domenica 5 aprile 2020

DIABOLIC "Mausoleum of the Unholy Ghost" - Tentacles Industries




Quando i death metaller floridiani DIABOLIC vennero fondati nel lontano 1996 erano una formazione dalle ampie potenzialità che sapeva dove colpire per far male, e basta ascoltare attentamente il debutto "Supreme Evil" del 1998 per toccare con mano. "Mausoleum of the Unholy Ghost" è il sesto studio album del quartetto proveniente da Tampa (vera e propria capitale del death metal), e può essere tranquillamente considerato un ritorno discografico di tutto rispetto, soprattutto perché questi musicisti mancavano dalle scene da dieci anni (per chi non lo sapesse, il precedente "Excisions of Exorcisms" risale al 2010). Comunque è importante non dimenticare "Infamous Legacy", lo split CD con i filippini Comatose uscito nell'agosto del 2019. Il culto del death metal, vissuto con profonda dedizione, ha alimentato fin dal primo demo tape "City of the Dead" (1997) la storia del combo statunitense. Lo scopo principale di "Mausoleum of the Unholy Ghost" è infatti quello di non palesare cedimenti o passaggi a vuoto, suonando veloce, accumulando cambi di tempo improvvisi e regalando momenti di rilevante classe, nonostante il gruppo mostri evidenti punti di similitudine con i maestri polacchi Vader: il songwriting non è dissimile per impostazione, seppur proveniente da oltreoceano. L'incedere è veramente ricco, l'esecuzione priva di sbavature, i chitarristi Matt Barnes (Monstrosity) e Matt Roberts si dimostrano ispirati, taglienti, come perforante è la voce del bassista/cantante Paul Ouellette e il drumming dell'unico membro fondatore rimasto Aantar Lee Coates. Le otto composizioni funzionano, pulita e strabordante anche la produzione. L'attesa, dunque, seppur lunga, è stata ampiamente compensata da un disco apprezzabile per impatto, tecnica e impetuosità.

Contatti:
facebook.com/diabolic.deathmetal 
instagram.com/diabolic.deathmetal
facebook.com/tentaclesindustries 
instagram.com/tentacles.industries 

Songs:
Atmosphere of Dread, Raped of All Sacred, Useless Saviour, Mausoleum of the Unholy Ghost, Insanity Mastered, Infamous Legacy, Passageway to Enchantment, Spoken Spite


venerdì 3 aprile 2020

NERATERRÆ "Scenes From The Sublime" - Cyclic Law




Nell'ardente prensilità, l'opera di NERATERRÆ, resa concreta dalla realtà paradossale della sua espressione artistica, si riconferma capace di modificare l'astrazione in vera e propria forma, sfuggente e indecifrabile. Le sue strutture ambientali non convenzionali, che isolano lo stesso compositore in un'area ben definita, sono un ricorrente ed inscindibile parametro spaziale. E' come se il movimento ondeggiante dell'esecuzione conducesse il nostro corpo verso una scheletrica condizione di incontrollabile perdizione. L'andamento sonoro dipinto da Alessio Antoni piega le nostre volontà e le divora nel buio, senza nessuna esitazione. Il manifestarsi di "Scenes From The Sublime", lento e penetrante, non si può assolutamente fermare durante lo scorrere dei minuti, diventando un altro viaggio ossessivo, del quale lo spettatore è costretto a seguire lo sviluppo non avendo nessun punto di riferimento nelle pieghe del tempo. Il giovane artista ligure torna sulle scene con il suo stile, già conosciuto attraverso il disco di debutto "The Substance of Perception", per raccontare una visione autenticamente soggettiva, immergendo il desiderio di creare nelle ineluttabili sensazioni dell'esistenza. E sappiate che l'arte non è fatta solo di carne e sangue. Il concept è stato ispirato da alcuni dipinti di Böcklin, Beksiński, Turner, Dalì, Friedrich, Bosch, Repin, Füssli, Goya. Inoltre, il nuovo album, masterizzato da Kjetil Ottersen, vede coinvolti Xerxes The Dark, Mount Shrine, Phelios, Shrine, Alphaxone, Dödsmaskin, Leila Abdul-Rauf, Phragments, Yann Hagimont (Cober Ord) e George Zafiriadis (Martyria). L'autore dell'intero Artwork è Anirudh Acharya.

Contatti:
cycliclaw.bandcamp.com/album/scenes-from-the-sublime
facebook.com/neraterrae
instagram.com/neraterrae

Songs:
The Last Abjurer (feat. Phelios), Fate Unveiled (feat. Dødsmaskin), In Deafening Silence (feat. Phragments), Thou Daemon (feat. Cober Ord & George Zafiriadis from Martyria), Passion Domain (feat. Mount Shrine), The Unfathomable Lives Again (feat. Xerxes The Dark & Cober Ord), Doorway to the I (feat. Alphaxone), The Collapse of Matter and Time, Towards Oneiric Truths (feat. Leila Abdul-Rauf), Virtues of the Dawn (feat. Shrine)


giovedì 2 aprile 2020

THANATOS - DISCESA NELL'OSCURITA'






E' UN MOMENTO POSITIVO, DECISAMENTE POSITIVO PER IL DEATH METAL, E LO POSSIAMO CONSTATARE DAI NUMEROSI DISCHI DI SPESSORE PUBBLICATI NEGLI ULTIMI ANNI. DIRE CHE "VIOLENT DEATH RITUALS" SIA UNO DEI MIGLIORI ALBUM DELL'ANNO IN CORSO NON E' AFFATTO UN'ESAGERAZIONE. STEPHAN GEBEDI, LO STORICO LEADER E MEMBRO FONDATORE DEGLI OLANDESI THANATOS, SEMBRA ESSERE CONSAPEVOLE DI AVER REALIZZATO UN LAVORO DI OTTIMA FATTURA. E' STATO PROPRIO LUI A PRESENTARCELO.

Ciao Stephan. È un grande piacere e un onore poter parlare nuovamente con te, quindi grazie per avermi dedicato il tuo tempo!

- Ciao Christian, sei il benvenuto.

I Thanatos sono considerati uno dei principali colossi della scena death metal europea, probabilmente perché sei sempre rimasto un musicista coerente nel tuo modo di fare musica. Come ti fa sentire tutto ciò? Io ne sarei felicissimo, se fossi al tuo posto.

- Certo, ne sono onorato. Non ho idea di quante persone la pensino come te, dato che i Thanatos non sono mai diventati una band sovraesposta. Ovviamente è bello ottenere qualche riconoscimento ogni tanto. Ma come hai detto anche tu, non abbiamo mai cambiato radicalmente il nostro stile musicale negli ultimi 36 anni, c'è sempre stata una combinazione di death e thrash metal ed è ancora così.

Cosa ti fa rimanere fedele al death metal dopo 36 anni di attività? Quanto è difficile per una band storica rimanere legata al proprio trademark, in termini di musica, attitudine e mentalità.

- Non è difficile se suoni la musica che ami. Il metal aggressivo, veloce e pesante, ha avuto un forte impatto su di me da quando ho ascoltato "Welcome to Hell" dei Venom nel 1981. Da quel momento ho deciso di voler entrare in una band e iniziare a suonare la chitarra, due anni dopo sono stati messi a punto i primi piani per i Thanatos e nel 1984 siamo giunti alla nostra prima "completa" line up. Da allora non mi sono più guardato indietro e ho voluto suonare la musica che amo e che scorre nel mio sangue. Non ho mai pensato di cambiare il nostro stile. Adoro anche altre forme di metal e hard rock, però se volessi suonare altri stili di rock o metal, lo farei con un'altra band. I Thanatos saranno sempre un gruppo votato al death/thrash metal.

Quali sono stati i maggiori passi in avanti dal 1984 fino ad oggi, e che cosa è rimasto invariato durante tutto questo tempo? Qual è stato il tuo approccio nel nuovo disco?

- Haha, beh, probabilmente siamo diventati musicisti migliori rispetto al 1984, e un po' più esperti. D'altra parte ci divertiamo ancora a suonare death metal, quindi non è cambiato molto dal lontano 1984. Quando abbiamo iniziato a registrare “Violent Death Rituals” avevo un grande obiettivo, volevo riportare "l'oscurità" e il "male" nelle nostre canzoni e nel nostro sound, due componenti venute meno dopo il nostro secondo album "Realm of Ecsatsy" del 1992, e penso che siamo riusciti ad ottenere quello che volevamo, tornando un po' indietro nel tempo!

Sono passati sei anni dal vostro precedente album “Global Purification”. Se oggi ti verrà chiesto di confrontare questi ultimi due dischi in studio, quale diresti che è la differenza principale?

- Mi piace ancora molto la musica racchiusa in “Global Purification”. È davvero un buon album, tutte le tracce sono valide, come sempre veloci e aggressive, mi piace anche la produzione e l'artwork. Ma come ho detto prima, mi mancava un po' dell'oscurità che ero riuscito ad ottenere in passato (specialmente su “Realm of Ecstasy”). Quindi questa volta abbiamo scritto canzoni veloci e aggressive ma anche un po' più suggestive e oscure. Penso anche che la produzione sia migliore sotto tutti i punti di vista e che il flusso e la dinamica dell'album siano di forte impatto. Ogni singola canzone merita di far parte di questo nuovo disco, perciò posso dire di essere veramente felice del risultato raggiunto.

Che tipo di sensazioni provi ora che il disco è stato pubblicato? Potresti raccontarmi la tua esperienza con Dan Swanö?

- Ovviamente ho ascoltato le canzoni un milione di volte durante la fase di registrazione e quella del mixaggio, ma devo dire che non mi hanno ancora stancato, quindi è un buon segno, ahah. Abbiamo lavorato con Dan Swanö per alcuni anni ed è sempre bello lavorare con lui; è facile, comprende quello che vuoi ottenere e cerca di realizzarlo nel suono. Ed è un grande maestro in questo. Se qualcosa non funziona, lui è sempre pronto a fornire delle alternative, ma dal momento che abbiamo lavorato insieme su tre dischi dei Thanatos e tre album degli Hail of Bullets, ci conosciamo abbastanza bene sul piano musicale. Penso che “Violent Death Rituals” sia il miglior album dei Thanatos.

Ho notato che "Violent Death Rituals" ha già ottenuto un feedback molto positivo da parte dei fan e della stampa. Le cose stanno andando come desideravi?

- Proprio come hai detto tu, il feedback è stato molto, molto positivo finora, ma ovviamente non tutto sta andando come vorrei a causa del fottuto coronavirus! Ovviamente è una situazione difficile per tutti ed è anche peggio per le persone che si sono ammalate. Sono deluso e incazzato per il fatto che ora non possiamo suonare dal vivo per promuovere il nuovo album. In questo momento saremmo dovuti essere sul palco a Rotterdam per presentare il nostro "Violent Death Rituals", e invece in questo momento sto rispondendo a questa tua intervista. La situazione attuale fa davvero schifo. Ma non siamo i soli in queste condizioni e speriamo di vedere presto tempi migliori.

Come descriveresti la tua collaborazione con l'etichetta Listenable Records? Come sei riuscito ad ottenere questo contratto?

- Finora la collaborazione è stata davvero positiva e aperta. L'anno scorso abbiamo inviato un demo di 3 tracce a Laurent e lui si è dimostrato davvero entusiasta delle canzoni. Dopo aver firmato il contratto, abbiamo esposto le nostre idee parlando anche dell'artwork e di un eventuale pubblicazione su digi-CD. Tutto molto positivo, fin dall'inizio. Finora è stata una buona collaborazione. Steffie, la nostra promoter, ha lavorato sodo per promuovere l'album tra gli addetti ai lavori e non solo, quindi sì, siamo felici dell'operato dell'etichetta.

Stiamo vivendo giorni molto difficili a causa di questo maledetto coronavirus. Cosa hai da dire a riguardo? Sei ottimista per il futuro dell'umanità?

- Haha, non sono MAI ottimista per il futuro dell'umanità, basta leggere i miei testi. :) Essendo un po' misantropo, potrei dire che il virus è un buon modo per purificare il mondo, ma ovviamente questo non rispecchia la realtà. Purtroppo molte delle persone anziane e degli individui più deboli che potrebbero non aver mai fatto nulla di male stanno morendo per questo virus, mentre alcuni degli idioti che affollano e saccheggiano i supermercati per la carta igienica probabilmente sopravviveranno. Spero che presto ci sarà un vaccino, anche perché solo così il bilancio delle vittime potrà essere fermato e potremmo sperare di tornare alla nostra vita "normale". Inoltre, non credo che questo sarà un "campanello d'allarme per l'umanità" o qualcosa del genere; la gente se ne dimenticherà tra qualche anno e proseguirà con il suo stupido comportamento fino al prossimo attacco di qualsiasi altro virus o disastro ambientale.

Vuoi aggiungere qualcos'altro per concludere l'intervista, magari qualche parola per i fan italiani?

Auguro molta forza a tutti gli italiani in questi tempi difficili, non solo ai nostri fan. Spero che riusciremo a vedere presto tempi migliori e mi auguro davvero che saremo in grado di tornare nei concerti metal il più presto possibile. Stay strong, stay fucking metal!

Contatti:
listenable-records.bandcamp.com/album/violent-death-rituals
facebook.com/thanatos333
instagram.com/thanatos_official 

THANATOS line-up:
Stephan Gebédi - Chitarra, Voce
Paul Baayens - Chitarra
Martin Ooms - Batteria
Mous Mirer - Basso

Recensione: 
THANATOS "Violent Death Rituals" - 2020