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giovedì 27 dicembre 2018

Recensione: FERAL "Flesh for Funerals Eternal" - Transcending Obscurity Records




Quello che per molti ascoltatori è un genere storico ormai rivisitato da centinaia di band, per i FERAL lo "swedish death metal" è pura religione, e non potrebbe essere altrimenti vista la loro provenienza territoriale. Lo stretto legame con queste sonorità non può assolutamente essere condizionato dal veloce scorrere dello tempo, né tantomeno da scadenze prefissate. Il death metal, lo ami o lo odi. Il gruppo proveniente da Skellefteå ci presenta un terzo album implacabile e forsennato, onesto, coerente e battagliero come gli Dèi comandano. "Flesh for Funerals Eternal" mantiene intatto il marchio di fabbrica tipico della scuola scandinava degli anni '90, perciò può vantare un suono temibile e variegato, con delle canzoni rocciose che sapranno soddisfare quei fans desiderosi di riconoscersi in quest'attitudine propriamente underground. "Flesh for Funerals Eternal" riassume quanto già fatto dai colossi Entombed e Dismember. Precisione, energia e voglia di far male escono copiose dalle casse dello stereo: tridente elevato all'ennesima potenza nel segno dell'estremizzazione sonora. Diamo allora il "bentornato" al frontman David Nilsson e soci. Per una buona fetta di pubblico potrà essere un disco di genere da non perdere.

Contatti: 
 feralsweden.bandcamp.com/album/flesh-for-funerals-eternal-death-metal
feral.se
facebook.com/feralswe

TRACKLIST: Vaults Of Undead Horror, Black Coven Secrets, Gathering Their Bones, Dormant Disease, Of Gods No Longer Onvoked, Accursed, Horrendous Sight, Stygian Void, Buried, Bled Dry




sabato 22 dicembre 2018

Recensione: CORPSEFUCKING ART "Splatterphobia" - Comatose Music




Dopo quattro full-length in ventidue anni di attività, i death metaller CORPSEFUCKING ART tornano a mietere vittime con il sanguinolento "Splatterphobia": solido album che è un inno alla mattanza, alla coerenza e alla perseveranza. Il gruppo capitolino, guidato come sempre dall'insaziabile chitarrista e fondatore Andrea Cipolla (Despise The Sun Records, Morbo, ex-Corpsegod, ex-Enthralment), riesce anche questa volta a confezionare una prova spietata e convincente, e le nuove canzoni sono qui a testimoniarlo. Finalmente i Nostri sono stati in grado di fare molto meglio per quanto riguarda la produzione: quella di "Splatterphobia" è nettamente superiore rispetto a quanto ascoltato con il precedente "Quel Cimitero Accanto Alla Villa" dell'anno 2014. In questo modo il disco risulta più robusto, fluido, trascinante, con un suono pesantissimo che rende piena giustizia al trademark old school dei Corpsefucking Art. Ottimo il rifframa, e nel complesso il lavoro delle due chitarre motosega, davvero precisi e dilanianti i colpi inferti dalla sezione ritmica, micidiale la prestazione e il timbro cavernoso del cantante Francesco Bastard. E per chiudere il quandro criminale, ci propongono la cover (ben fatta) di "Staring Through the Eyes of the Dead" dei monolitici Cannibal Corpse, traccia portante inclusa nel capolavoro intitolato "The Bleeding" (1994). "Splatterphobia" esprime la sensazione che si prova nell'essere uccisi con una mannaia dalla lunga lama affilata. PURE CRUSHING DEATH METAL.

Contatti: 
corpsefuckingart.bandcamp.com/album/splatterphobia 
facebook.com/sachertorture 

TRACKLIST: Splatterphobia, Satanic Barbecue, Black Sheep Terror, Tomator, Nightmare City, Robocorpse II, Devoured by the Sauce, Beyond the Holy Grounds (Tomato version), Staring Through the Eyes of the Dead (Cannibal Corpse cover), Blood Knife Mirror


giovedì 20 dicembre 2018

Recensione: THE DAWN "The World We Knew Is Gone" - Autoproduzione




"The World We Knew Is Gone" è stato concepito attingendo linfa da band psicotiche come Botch, The Dillinger Escape Plan, Today is The Day, The Melvins, Coalesce, Knut, quindi riabbracciando il concetto di imprevedibilità sonora, qui sovrastata da un energico istinto tenuto sotto controllo da una invidiabile padronanza strumentale. I francesi THE DAWN, a differenza delle precedenti produzioni, aumentano il tiro della proposta andando ad esaltare la parte più animalesca, schizofrenica e matematica della loro insana creatività. Un magma sonico violentissimo e stordente. In ciascuna song troviamo idee interessanti, che questi quattro musicisti hanno saputo sviluppare e concretizzare al meglio, scegliendo diverse vie di fuga. Repentine accelerazioni, continui cambi di registro, esplosioni iper-dinamiche danno forma ad un lavoro dal forte impatto e meritevole di un attento approfondimento. Solo nel finale i toni si fanno più calmi, e il suono più disteso. Potenti, disorientanti, difficili da capire al primo giro, ma dopo ripetuti ascolti i The Dawn non passano nell'indifferenza. Quando un album contorto, tecnico e sfuggente come questo scorre così liscio, vuol dire che il risultato ottenuto è da applausi.

Contatti:
 thedawnhxc.bandcamp.com/album/twwkig
facebook.com/thedawnhxc

TRACKLIST: Decimator, I Bet You Like Botch - Bitch, Earthlings, El Dia De Los Muertos - Pt 1, El Dia De Los Muertos - Pt 2, Menza, Walpurgisnacht, Wandering Soul, TWWKIG


lunedì 17 dicembre 2018

Recensione: DIRGE "Lost Empyrean" - Debemur Morti




Quello di cui vi sto parlando è "Lost Empyrean", settimo album dei francesi DIRGE, band post-metal che con questo ritorno discografico di fine 2018 tocca il suo personale apice creativo, paragonabile per intensità al magnifico "Elysian Magnetic Fields" del 2011: così attraente, cosmico e spirituale. La fisicità delle composizioni è avvolta da un voluttuoso magnetismo, ispirato da un senso di indelebile intimismo (tra estasi e perdizione). Durante l'ascolto si fanno avanti progressioni strumentali, impressionanti muri di suono e passaggi dilatati da capogiro; il tutto accompagnato da una voce possente, in alcune canzoni solenne e raffinata (le conclusive "A Sea Of Light", "Sarracenia"), quindi capace di muoversi con altri tipi di andature. Racchiusa in "Lost Empyrean" troviamo una realtà da custodire nelle spire di un anfratto che solo i Dirge sono in grado di illuminare a loro piacimento.

Contatti:
dmp666.bandcamp.com/album/lost-empyrean
facebook.com/DIRGE.fr

TRACKLIST: Wingless Multitudes, Hosea 8:7, Algid Troy, The Burden of Almost, Lost Empyrean, A Sea of Light, Sarracenia


venerdì 14 dicembre 2018

Recensione: NECRO "The Notorious Goriest" - Psycho+Logical-Records




Sotto l'aspetto musicale "The Notorious Goriest" riporta in vetta un certo modo di intendere l'hardcore rap: il newyorkese NECRO ottimizza gli evidenti aspetti del suo stile per ottenere un suono denso e mordace, architettato su beat acuminati come chiodi metallici. La sua è una visione del mondo cronica, disturbata e selvaggia, elaborata ad hoc su un affresco bizzarro che racconta la difficile condizione culturale della società odierna, sospesa fra i residui di milioni di coscienze in cortocircuito. Necro afferra e scuote l'ascoltatore, lo attacca con il solito fervore, lo brucia con impulsi ossessivi. Insomma, nonostante i tanti anni di attività nella scena, il rapper statunitense sembra ancora in grado di proporre della buona musica, soprattutto quando le sue strofe tornano ad unirsi alle sonorità sinistre figlie dello spirito hardcore del passato. "The Notorious Goriest" è un disco che riesce in linea di massima a descrivere l'anima frenetica e ribelle di Necro: la rabbia, il disagio sono le armi necessarie per combattere contro gli stessi nemici di sempre. E' un lavoro non all'altezza di quelli che l'hanno preceduto, ma comunque schietto e abbastanza soddisfacente.

Contatti: 
necroproduct.com
facebook.com/necrohiphop

TRACKLIST: Intro, Murder Obscene, HNA Intro, Head Neck Apartheid, My Precious, Know Con-Science, WTWCT Intro, What’s This World Coming To, Deaded, Caught It!, The Love & Terror Cult, Party Killer, The Notorious Goriest (When Will You Die!), Gat O’ 9 Tales, TMOR Intro, The Master of Ruckus, Grave Old World, Stories of the Almost Dead, The Dawn of a Dead Day, Outro




martedì 11 dicembre 2018

Recensione: VINNIE PAZ "The Pain Collector" - Enemy Soil




L'anno sta per finire e come da tradizione si stilano le varie classifiche e bilanci del 2018. Nel circuito del rap underground ritorna all'attacco l'italo-americano Vincenzo Luvineri, meglio conosciuto con il nome di VINNIE PAZ (Heavy Metal Kings, Army of the Pharaohs, Jedi Mind Tricks), uno dei rapper più validi e rispettati oltreoceano. Il suo stile imprescindibile, la sua voce roca e graffiante, le sue rime agguerrite sono state alcune delle migliori caratteristiche che l'hip hop statunitense abbia mai conosciuto. Chi è attento a determinate sonorità sa che Vinnie Paz è sinonimo di qualità, un artista capace di porre continui punti esclamativi sugli orizzonti sonici che questo genere può dischiudere: le sue sono uscite discografiche mirate e di alto livello, da gustare traendone il massimo godimento. Diverse le incursioni su "The Pain Collector" (Reef The Lost Cauze, DJ Muggs, Crimeapple & Tha God Fahim, ILL BILL, Goretex Elohim), collaborazioni proficue proprio perché nate in un contesto amichevole fra musicisti determinati e destinati a colpire un unico bersaglio. Vinnie sa bene che non bisogna soffermarsi su un singolo metodo creativo, se ciò avvenisse la stagnazione e la ripetitività prenderebbe il sopravvento, limitando la crescita artistica. Ma è anche risaputo che, nella maggior parte dei dischi rap contemporanei, si pone troppa enfasi sui particolari della fase produttiva, quando in realtà sarebbe meglio focalizzarsi sul risultato del processo creativo. Non è il caso dell'ottimo "The Pain Collector". Purtroppo, solo due brani risultano sbiaditi e poco incisivi: "Sundae Bloody Sundae", "Gracious"; non all'altezza né delle sue capacità né dell'alto livello qualitativo del nuovo capitolo da solista. Per il resto è tutto materiale ad alto potenziale esplosivo, frutto del talento inaudito di Vinnie Paz. Un ritorno discografico diretto, provocatorio, a tratti irriverente, risoluto nel mantenere inalterato il suo inconfondibile trademark. Imperdibile.

Contatti: 
httjmthiphop.com
facebook.com/vinniepaz

TRACKLIST: Winter Soldier, Necklace of Heads, Gasmask, Sundae Bloody Sundae, Jail Cell Recipes, Tongan Death Grip (featuring Reef the Lost Cauze), God's Shadow, DualTow Night Eagle, Blood on My Hands, Floating Goat (featuring DJ Muggs), Byzantine Jewelry, Requiem for Black Benjy in 2 Parts (featuring Crimeapple & Tha God Fahim), Pray for Sleep, HaShem on a Pentagram (featuring ILL BILL & Goretex), Masked Stickups, Hollow Light Severed Sun, Cold in Philadelphia, Gracious, A Power Governments Cannot Suppress






venerdì 7 dicembre 2018

Recensione: SVARTIDAUÐI "Revelations of the Red Sword" - Ván Records




Gli SVARTIDAUÐI sono stati una delle sorprese più valide dell'anno 2012, quando decisero di esordire con l'album "Flesh Cathedral", anche se va detto che nei dieci anni precedenti a quel debutto questi blackster islandesi avevano già confezionato tre demo e uno split 7" con i cileni Perdition. Dopo la doverosa ma breve analisi iniziale, il dato di fatto sbalorditivo: quanto di sorprendente era stato espresso sul primo full-length è pienamente esploso con "Revelations of the Red Sword", un titolo già di per se esplicativo. E' un black metal ricco di mescolanze derivanti da altri generi musicali, perciò snodabile e fascinoso, a tal punto che oggi si potrebbe parlare di "post" black metal: hanno infatti saputo ampliare notevolmente il proprio raggio d'azione offrendo una prova magistrale ed eclettica sotto tutti i punti di vista. Gli Svartidauði e il Chaos operano a stretto contatto per inventare combinazioni inaudite, a soffiare furiosamente aria rovente che alimenti le fiamme dell'occulto. Gli Svartidauði hanno il demonio nel sangue e lo dimostrano suonando con l'abilità tecnica di cui solo loro ne sono capaci. Il nuovo "Revelations of the Red Sword" risulta essere una delle massime espressioni del black metal contemporaneo, ma anche uno dei migliori dischi del 2018.

Contatti: 
svartidaudi.bandcamp.com/album/revelations-of-the-red-sword
facebook.com/svartidaudi

TRACKLIST: Sol Ascending, Burning Worlds of Excrement, The Howling Cynocephali, Wolves of a Red Sun, Reveries of Conflagration, Aureum Lux


giovedì 6 dicembre 2018

Recensione: BLOODBATH "The Arrow of Satan Is Drawn" - Peaceville Records




"The Arrow of Satan Is Drawn" ribadisce ulteriormente un'attrazione viscerale per il metal estremo di stampo retrò, quello che da sempre attira la mia attenzione. In bilico tra death e black'n'roll, i BLOODBATH non si allontanano troppo dalle loro passate produzioni, ma il nuovo album è stato congegnato con un fervore molto più maligno che inevitabilmente rafforza lo stile scabro e d'impatto dei brani. L'ingresso nella band di Joakim Karlsson (già chitarrista ritmico dei Craft) ha iniettato veleno luciferino nel corpo del songwriting (ne sono un esempio lampante "Warhead Ritual" e "Chainsaw Lullaby"). L'organicità della struttura del suono, da sempre caratteristica portante dei Nostri, acquista una maggiore robustezza in "The Arrow of Satan Is Drawn". Anche questa volta è l'urgenza a farla da padrone, con il suo incedere adirato, ricco di dinamicità ma contemporaneamente basilare, che fa da mitragliatrice per tutta la durata del disco. E' un lavoro dannatamente compatto, eretto per ricordarci cosa vuol dire rimanere coerenti con le proprie radici. I Bloodbath si fanno ancora più incisivi ed affilati, mantenendosi saldi nel profondo solco scavato dalla vecchia scuola. Da ascoltare tutto d'un fiato.

Contatti: 
peaceville.com/bands/bloodbath
facebook.com/bloodbathband 

TRACKLIST: Fleischmann, Bloodicide, Wayward Samaritan, Levitator, Deader, March of the Crucifers, Morbid Antichrist, Warhead Ritual, Only the Dead Survive, Chainsaw Lullaby