Pagine

venerdì 2 ottobre 2020

NECROT - "MENTALITA' FEROCE"








CON IL NUOVO "MORTAL", I DEATHSTER ITALOAMERICANI NECROT TORNANO ALLE ORIGINI DI UN GENERE ANDANDO A RISPOLVERARE QUEL SOUND VECCHIA SCUOLA INOSSIDABILE COME L'ACCIAIO, CONFERMANDO QUANTO DI BUONO GIA' FATTO SUL PRECEDENTE ALBUM "BLOOD OFFERINGS" (2017). TRA I PROTAGONISTI ASSOLUTI DELLA SCENA DEATH METAL ODIERNA, I NOSTRI DANNO PROVA DI MATURITA' E GRANDE MAESTRIA, UNITI DA UNA PROFONDA PASSIONE COMUNE. QUESTO E' QUANTO CI HA RACCONTATO UN DISPONIBILE E GENTILE LUCA INDRIO, CANTANTE/BASSISTA DELLA BAND DI OAKLAND.

Ciao Luca. Come procede la tua vita in questo periodo? Attualmente vivi a Oakland? Come mai hai deciso di abbandonare l'Italia per raggiungere gli Stati Uniti?

- Ciao e grazie per l’intervista. Al momento vivo in Messico. Da quando tutto si è fermato a causa del Covid mi sono trasferito quI. Oakland è un ottimo posto per la musica, ci sono tante band ed una scena punk e metal attiva da decenni. Purtroppo le cose stanno cambiando ad un ritmo molto veloce e, purtroppo, molti locali underground chiuderanno per colpa della pandemia. Vedremo che succederà. Mi sono trasferito in quella città nel 2008 all’età 21 anni, un posto incredibile per la musica e l’arte in generale.

Vi siete formati nel 2011 e in 9 anni di attività avete ottenuto un seguito non indifferente nella scena underground. Quando vi siete resi conto che la band stava raccogliendo i risultati che meritava?

- È stato un processo graduale, abbiamo fatto dei demo in cassetta e suonato in tanti concerti a partire dal 2013. Nel 2017, durante uno dei nostri tour negli USA, ci siamo resi conto di avere un buon seguito perché la gente veniva a vederci sia di sabato che di lunedì, e questo accadeva in tutta l’America. Poi, siamo partiti in tour con gruppi più grossi come Suffocation, Black Dahlia Murder, Morbid Angel, Cannibal Corpse, Immolation etc... ed è così che siamo diventati uno dei gruppi più conosciti, non solo nell’underground ma anche nell’ambiente metal più mainstream.

Avete utilizzato un nome breve e diretto: Necrot. E' solo una scelta “classica” di genere per colpire subito nel segno o riguarda una fascinazione più profonda per il concetto di necrosi?

- Per me è importante che dal nome si possa già capire il genere musicale proposto da una band, e questo ha influito nella scelta di Necrot.

Come vedi il nuovo album in relazione al precedente, “Blood Offering”? Su quali elementi avete puntato durante la fase compositiva delle nuove canzoni? Come nasce “Mortal”?

- In realtà abbiamo avuto molto meno tempo per scrivere l’intero “Mortal” rispetto al precedente “Blood Offerings”. Avevamo tours di un mese o più, con intervalli di tempo che andavano dai 10 giorni ai 2 mesi massimo fra un tour e l’altro. Quindi il nuovo materiale è stato composto fra un tour e l’altro, con tempi molto più ristretti, come dicevo poc’anzi. In realtà ci sentivamo più pronti anche perché eravamo cresciuti molto come band, grazie al numero di concerti fatti tra il 2017 e il 2020, un numero che si aggira intorno ai 300-350 gigs. Suonare tanto ti fa diventare più padrone della tua arte. Questa maturità si può sentire nel nostro nuovo “Mortal”.

In un genere come l'old-school death metal, qual è a tuo modo di vedere il punto di contatto tra istintività, controllo e tecnica?

- Non saprei. Secondo me è importante comporre un disco che ti piacerebbe ascoltare, come se l'avvesse scritto qualcun altro. Ovviamente devi saper suonare e avere una conoscenza del genere. La bellezza è molto soggettiva, quindi non penso ci sia una formula che possa funzionare per tutti. Di sicuro, come in tutto ciò che si fa, se ti ci dedichi solo parzialmente e non completamente i tuoi risultati saranno sempre molto limitati.

E' stato difficile trovare i suoni giusti per dare vigore alla struttura dei nuovi pezzi? Da dove arriva la decisione di affidarvi a Greg Wilkinson e Alan Douches?

- Per noi non è difficile trovare i suoni giusti. Cerchiamo di ottenere dei suoni molto live, immaginando di suonare dal vivo, quindi facciamo in modo che i nostri toni si traducano il più onestamente possibile sul disco. E’ facile lavorare con Greg Wilkinson, infatti ci conosciamo da anni perché in passato abbiamo collaborato per molti progetti e dischi. Lui sa cosa vogliamo e sa come fare a catturare il nostro suono. Alan Douches è un maestro del mastering. Greg aveva già lavorato con Alan e si era trovato bene, perciò la scelta di affidarci a lui è nata spontaneamente. È importante che il mastering non stravolga il lavoro fatto nella parte del mixaggio.

Secondo te, perché negli ultimi anni è riemerso un forte interesse verso il death metal? Molte band contemporanee cercano di riprendere il vecchio sound tipico della fine degli anni '80/inizi '90. Questo vi rende le cose più facili?

- Secondo me il rinato interesse per il genere è dovuto sia alle vecchie band che stanno tutt’ora facendo uscire ottimi album, e dal fatto che alcune nuove band come noi, i Blood Incantation, i Gatecreeper, negli ultimi anni abbiano fatto dai 100 ai 150 concerti all’anno in giro per il mondo, facendo appassionare tanti nuovi fan più giovani. Internet ha fatto si che in ogni angolo del globo si potesse ascoltare tanta musica estrema che molti anni fa era più di nicchia e relegata a certe zone geografiche del mondo.

E' difficile tenere in vita una band formata da persone diverse nella personalità ma così appassionate dello stesso genere musicale? La domanda non è casuale. Ti chiedo questo perché molti musicisti continuano ad affermare che non è semplice tenere unita una band underground, soprattutto oggigiorno.

- Non è facile tenere insieme sia una band che una vita privata, con una moglie, un lavoro a tempo pieno, pagamenti su una macchina e tante altre belle cose etc. Dedicarti ad una band a tempo pieno comporta tanti sacrifici e tante persone non sono pronte a prendere questo impegno. Suonare in un gruppo come il nostro ti porta a dover stare on the road più di un terzo dell’anno, con tutto ciò che comporta. Secondo me le cose si possono fare se sei disposto ad organizzare la tua vita in un certo modo, per esempio spostarti in altra città o paese per suonare con le persone giuste. Poi, devi trovare dei musicisti che hanno il tuo stesso spirito e la tua stessa mentalità, non basta sacrificare tutto per la band se alla fine suoni con persone che non sono pronte a farlo o hanno tanti altri impegni e priorità. Non seguire la giusta strada può farti perdere tempo e finisci col sentirti frustrato per quello che hai sacrificato puntando sulle persone sbagliate. Nei Necrot siamo tutti e tre sulla stessa lunghezza d’onda, la band è la nostra vita, e devo dire che abbiamo fatto tanti sacrifici per farla funzionare, quindi a noi va bene così.

A quali band del passato vi fa più piacere essere accostati?

- Sicuramente Bolt Thrower, Immolation, Morbid Angel, Death.

Quali sono i 10 dischi death metal di cui non faresti mai a meno?

Death "Human"
Morbid Angel "Altars of Madness"
Immolation "Dawn of Possession"
Cannibal Corpse "The Bleeding"
Bolt Thrower "Realm of Chaos"
Grave "You’ll Never See..."
Suffocation "Effigy of the Forgotten"
Carcass "Symphonies of Sickness"
Deicide "Deicide"
Vomitory "Raped in Their Own Blood"

Che cosa ricordi dei tuoi esordi come musicista?

- Mi divertivo molto, allora come oggi.

Che influenza ha la musica nella tua vita al di fuori della band?

- La musica ha influenzato completamente la mia vita, sia negli spostamenti che nelle scelte pratiche su come organizzare la mia vita: le scelte nel lavoro, nel vivere in un certo modo e tante altre cose. Da un punto di vista meno pratico, non penso potrei vivere senza musica.

Progetti in lavorazione per il futuro imminente, considerando il difficile periodo di emergenza Covid-19.

- Al momento è tutto in stand by, si vedrà fra qualche mese. Speriamo di poter tornare in tour nel 2021, ma non dipende da noi.

Grazie Luca. Un abbraccio e in bocca al lupo per tutto.

- Crepi il lupo e grazie a te.

Contatti: 
 
NECROT lineup:
Luca Indrio - Basso, Voce
Sonny Reinhardt - Chitarra
Chad Gailey - Batteria

Foto della band:
Chris Johnston

Recensione: