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martedì 3 novembre 2015

Recensione: MONSTER COYOTE "Neckbreaker"
2015 - Independent




I brasiliani MONSTER COYOTE sono una bella scoperta. Il gruppo sceglie vari ingredienti già utilizzati da diversi musicisti della scena metal moderna per ottenere una formula dinamica, omogenea e potente: 9 brani corazzati che in alcuni fraseggi mi hanno ricordano Mastodon, Machine Head, Bison B.C., Devildriver. Ma il trio di Mossoró non disprezza nemmeno le influenze southern tipiche dei Down della Louisiana ("I Fucked a Witch", "The Shepherd Who Saves the Wolf Dooms His Sheep"). Quindi, per farla breve, modernità non significa necessariamente mediocrità. Penso a ciò dopo aver approfondito il terzo album autoprodotto "Neckbreaker". Dei Monster Coyote si subisce la loro cattiveria riversata sugli strumenti (degna di nota la voce catarrosa del cantante/bassista Kalyl Lamarck). Il lavoro ci viene sbattuto dritto in faccia senza pretese. Sono canzoni schiette, scritte per spezzare le gambe, ecco perché fanno leva solo ed esclusivamente su ritornelli di facile presa. Il risultato garantisce un buon impatto grazie ad una produzione bombastic curata e professionale. Tutto è al posto giusto. Concreti. La copertina è opera di Hugo Silva.

Contatti:

monstercoyote.com
facebook.com/MonsterCoyote

TRACKLIST: Rapture, Iddqd, Hand of Disaster, The Worst Blind, Capgras, Leap of Faith, Spiritual Karma, I Fucked a Witch, The Shepherd Who Saves the Wolf Dooms His Sheep